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    Predefinito Re: Il Socialismo Nazionale a confronto con il Nazional Socialismo

    Vandea Trincea della Tradizione

    Con il termine di guerre di Vandea s’intende una serie di rivolte di stampo cattolico realista, scoppiate nella regione della Vandea dopo la rivoluzione francese (1789) nel periodo storico che va dal 1793 al 1796.
    Le cause primarie delle rivolte sono da ricercarsi nelle politiche anticlericali tra cui la nazionalizzazione dei terreni del clero del 2 novembre 1789 che privò la Chiesa cattolica francese dei suoi mezzi finanziari. A questo seguì lo scioglimento di tutti gli ordini ecclesiastici all’infuori di quelli dediti all’insegnamento e all’assistenza dei poveri.
    A questi provvedimenti seguì l’approvazione della Costituzione civile del clero che sottopose l’attività sacerdotale a un rigido controllo statale. Quando fu stabilito che gli ecclesiastici, in quanto dipendenti statali, giurassero fedeltà allo stato si verificò una frattura tra i cosiddetti refrattari, ovvero coloro che si rifiutarono di giurare fedeltà allo stato e alla costituzione civile del clero e quelli che invece giurarono.
    L’arresto dei reali (12/13 agosto) e la proclamazione della repubblica (21 settembre) nel 1792 causarono forti malcontenti nella Vandea senza tuttavia giungere all’insurrezione armata.
    Le scintille che fecero scoppiare l’incendio in Vandea furono la decapitazione di Luigi XVI (21 gennaio 1793) e lo scoppio della prima coalizione (1793) che portò la Convenzione Nazionale a emettere una legge che prevedeva la leva obbligatoria per 300 mila cittadini attorno alla fine di febbraio. Questo scatenò le guerre di Vandea.
    All’inizio delle guerre i rivoltosi si trovarono quasi sempre in vantaggio ma nonostante alcune vittorie e il ricorso a tattiche di guerriglia, i vandeani furono duramente sconfitti dagli eserciti inviati dalla Convenzione. La repressione fu spietata, nel 1794 il generale Louis Marie Turreau ideò le cosiddette “colonne infernali” create con il compito di mettere a ferro e fuoco la Vandea. Gli storici parlano di un numero di morti tra i 170 mila e i 250 mila.
    Le rivolte ebbero origine in ambienti rurali dove l’attaccamento ai valori cattolico-monarchici era, nonostante la rivoluzione, ancora molto forte ed ebbero come principali protagonisti le masse contadine, il clero (fortemente attaccato dal governo rivoluzionario e in generale dal processo di scristianizzazione) e i nobili che erano riusciti a scampare alle persecuzioni anti-monarchiche (bisogna tener presente che ci furono diversi nobili vandeani a difendere il palazzo delle Tuielieries durante l’assalto che si concluse con l’arresto dei reali).
    Per comprendere meglio la mentalità dei ribelli della Vandea riportiamo un testo tratto da un “Discorso ai Francesi”, vergato dall’Abate Bernier, per illustrare il punto di vista dei ribelli del Nord-Ovest della Francia e incitare le altre regioni della Francia a seguire l’esempio vandeano.
    “Il Cielo si è dichiarato a favore della più sante e giusta delle cause. (Il nostro) è il sacro segno della croce di Gesù Cristo. Conosciamo il vero desiderio della Francia, perché è anche il nostro: è il desiderio di riscattare e preservare per sempre la nostra santa religione cattolica, apostolica e romana [….] È il desiderio di avere un Re che ci faccia da padre all’interno e da protettore all’esterno……..
    Patrioti, nemici nostri, voi ci accusate di sovvertire la nostra patria con la ribellione ma siete stati voi, sovvertendo tutti i principi dell’ordine religioso e politico, i primi a proclamare che l’insurrezione è il più sacro dei doveri. Avete introdotto l’ateismo al posto della religione, l’anarchia al posto delle leggi, avete messo uomini che sono tiranni al posto del Re che per noi era come un padre. Ci rimproverate il nostro fanatismo religioso voi che dalle vostre pretese di libertà siete stati trascinati alle posizioni estreme.”
    Questo discorso riletto nell’Italia odierna dovrebbe far assai riflettere;
    Se guardiamo a ciò che è ridotta la Tradizione, ovvero quella memoria delle nostre origini che ci viene tramandata di generazione in generazione e che è, in un certo senso, l’ossatura dello spirito del nostro popolo, è uno spettacolo veramente avvilente .
    Lo Stato Italiano ha la cultura e la sua diffusione della stessa tra le sue ultime priorità.
    Al contrario, è facile notare da tutte le parti media in primis l’istigazione a un cosmopolitismo che diventa annientamento delle proprie origini tramite i miti del cittadino del mondo, della globalizzazione (che è in realtà un fenomeno derivante da un adattamento sociale del capitalismo, ovvero il cercare di concentrare i consumatori in poche ma grandissime categorie dai bisogni facilmente soddisfabili) e dal progressivo imbarbarimento dei costumi. Nella massa del popolo italiano questo decadimento morale si riscontra assai facilmente nella scarsa volontà della gente di prendere cognizione delle proprie origini e della propria storia a favore invece della cultura dello sballo e dello stordimento, dell’abbandono dei libri a favore della televisione, della ricchezza come scopo della vita, dell’egoismo legge sovrana, dell’esibizionismo come modo per emergere, dell’edonismo imperante. Coloro che invece sono consci e fieri delle proprie origini, coloro che le difendono vengono spesso visti come disadattati, stupidi o in certi casi addirittura pericolosi.
    Ma l’esempio che il valore vandeano ci dà è quello di lottare in nome della propria identità ad ogni costo, di tenerla viva, di svegliare chi dorme.
    La vera forza di Roma non stava dentro le legioni ma in quella virtù civica che spingeva i singoli individui a dare il meglio di se per e in nome della comunità. Si narrano episodi di consoli che si spinsero a giustiziare i loro figli quando questi mettevano in pericolo la comunità.
    Molto importante è educare l’individuo fin da giovane in modo che impari il concetto di comunità e quindi renderlo conscio del sua identità, di esserne parte, di insegnargli a essere ambizioso affinché possa coltivare il desiderio di dare il meglio di sé per la comunità e in questo modo anche per sé stesso ma anche allo stesso tempo di essere pronto al sacrificio in nome della comunità e del bene comune. La comunità deve esaltare i modelli di virtù affinché essi costituiscano l’esempio per i suoi membri. Allo stesso tempo essa deve saper riconoscere e ricompensare gli sforzi di coloro che s’impegnano per essa. La meritocrazia deve essere la via maestra.
    Sangue
    Suolo
    Spirito

    Franz Camillo Bertagnolli Ravazzi

  2. #12
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    Predefinito Re: Il Socialismo Nazionale a confronto con il Nazional Socialismo

    Sulla questione razziale* nel Nazionalsocialismo

    Fonte della citazione: Gianantonio Valli, L’ambigua evidenza, L’identità ebraica tra razza e nazione, seconda edizione, ampliata e corretta, effepi edizioni, Genova, Luglio 2010, pagg. 313-316. Le persone interessate a possedere l’opera possono richiederla telefonando al numero 338-9195220, oppure inviando una email al seguente indirizzo: effepiedizioni@hotmail.com . La pubblicazione del testo avviene col consenso dell’Autore, che ringraziamo per la naturale, signorile, disponibilità. Olodogma

    (…) << Quanto al problema della «superiorità razziale­», e­quilibrate sono le tesi di Eichenauer, espressione della più ve­ra, completa e radicale concezione razziale na­zionalsocia­li­sta, riecheggiata anche da Walter Groß (Der deutsche Rassengedanke und die Welt, Junker und Dünnhaupt, 1939), medico, capo dell’Ufficio per la Politica Razziale della NSDAP, deputato, autore e curatore di numerosi saggi sulla razza e l’ebraismo, dal 1942 capo del dipartimento Scienze Naturali dell’Amt Rosenberg (nato nel 1904, cadrà combattendo a Berlino, nella sua casa, il 25 aprile 1945):
    «Noi apprezziamo il fatto che i membri di un’altra razza siano diversi da noi […] Se quest’altra razza sia “migliore” o “peggiore”, non ci è possibile giudicare. Perché questo esigerebbe che superassimo i nostri limiti razziali per la durata del giudizio e assumessimo un’attitudine superumana, perfino divina, dalla quale soltanto potrebbe essere formulato un verdetto “impersonale” sul pregio o il difetto di tante fra le molte forme viventi dell’inesauribile Natura».
    Già cinque anni prima (Nationalsozialistische Rassenpolitik – Eine Rede an die deutschen Frauen, Junker und Dünnhaupt, 1934 [ed. italiana: La politica razziale nazionalsocialista – Un discorso alle donne tedesche, Effepi, 2009]), lo stesso Groß aveva espresso gli stessi concetti in un discorso pienamente inserito nella visione del mondo pagana, poi diffuso in opuscolo a larghissima diffusione, tenuto a Colonia il 13 ottobre ad un convegno femminile durante il congresso del Partito del Gau Köln-Aachen:
    «Nel nostro Reich, noi separiamo ciò che ci appartiene, perché è sangue del nostro sangue, da ciò che non ha legami con noi, in quanto straniero. E stiamo facendo quanto è giusto non soltanto in questo momento, ma per l’eternità. Credetemi, cari compatrioti, non è vero, come alcuni sostengono, che questa dottrina sia un segno di arroganza o di superiorità o di millanteria. Noi non ci reputiamo migliori di altre razze sulla terra. No, non ci crediamo migliori, neppure pensiamo che gli altri siano peggiori di noi.
    Noi insistiamo soltanto su un punto, una legge stabilita dallo stesso creatore: “Al mondo ogni uomo è diverso da un altro e ciascuna razza dall’altra”. Gli altri possono essere migliori o peggiori, ma sono certo differenti da noi e poiché sono diversi vi è una sorta di muro fra noi e ciò è parte delle leggi della vita. Questo è il nucleo del pensiero razziale nazionalsocialista. Il nostro obiettivo non è quello di oltraggiare gli altri o dire “Quanto sono grande!”. Anzi, noi teniamo all’umile riconoscimento che ogni parte sana della vita possiede il suo angolo nel mondo e i suoi compiti speciali. Ciò è giusto e vero tanto per gli esseri umani quanto per le piante e gli animali in tutta la loro varietà. Sappiamo che una specie non è più preziosa di un’altra. Ma sappiamo anche che ciascun genere di vita ha diritto all’esistenza fino a quando si mantiene puro e forte. Solo quando un albero produce i suoi frutti ha diritto alla vita. Altrimenti verrà abbattuto e distrutto. Noi non sappiamo perché le cose stanno così, e sarebbe sciocco chiederne la ragione. Ma stanno così. Il nostro compito è quello di accettare semplicemente le leggi che governano l’umana esistenza ed acconsentire al fatto che siamo nati tedeschi in Germania, e non cinesi o eschimesi. Ciò non per le nostre virtù, neppure per i nostri difetti e neanche per nostra volontà. È stata la volontà del destino che viene dall’alto. Non abbiamo altra scelta se non quella di accettare questa sorte e sviluppare le capacità che il destino ci ha accordato secondo la necessità e la legge. Gli altri possono svilupparsi seguendo la propria strada, nella propria terra. Noi dobbiamo dare ascolto all’interiorità del nostro stesso popolo, per attingere dal nostro sangue e dal nostro retaggio quella forza di cui abbiamo bisogno per costruire la nostra patria […] Muoviamoci sul cammino del sangue e della razza che non trascura la fede, la conoscenza e il senso delle potenze superiori. Seguiamo questa strada, che non è cammino di materia, superstizione ed eresia, bensì una via di profonda umiltà e di pietà nei confronti delle leggi divine».
    Oltre agli esponenti e alle opere ufficiali e semiufficiali di cui abbiamo dato le conclusioni, ricordiamo infatti che identiche sono le anali­si dei manuali operativi:

    Der rassische und völkische Grundge­danke des Natio­nalsozia­lismus, “Fonda­menti ideologici razzia­li ed etnonazionali del nazionalso­cia­li­smo”, del professor Wolfgang Schultz dell’Università di Monaco, e
    Vom Wesen der Volks­gemeinschaft, “Essenza della comunità di popo­lo”, del segreta­rio di Stato al ministero delle Finanze dottor Fritz Reinhardt, numeri 4 e 7 della raccolta Die Verwaltungs-Akademie – Ein Hand­buch für den Beamten im natio­nal­so­zialistischen Sta­at, Band I: Die weltanschau­lischen, politischen und staats-rechtli­chen Grundlagen des nationalso­ziali­stischen Staa­tes, “Scuola superiore di amministra­zione – Manuale per i funzionari dello Stato nazionalsocialista, vol.I: I fondamenti ideologi­ci, politici e giuridici dello Stato nazionalsocialista”;
    Das Rassenge­danke und seine gesetzliche Gestaltung, “La concezione razziale e la sua strutturazio­ne giuridica”, a cura del Capo della Sicherheitspolizei e del Sicherheit­sdienst, “Nur für den Gebrauch inner­halb der Sicherheitspolizei und des SD, Solo per uso interno della SP e del SD”, della serie Schriften für politische und weltanschauli­che Erziehung der SP und des SD, “Scritti per l’educazione politica e ideologica della SP e del SD”; e
    il numero 2, Die Gesetze des Lebens – Grundlage unserer nationalsoziali­sti­schen Weltanschau­ung, “Le leggi della vita – Fondamenti della nostra visione del mondo nazionalsocia­li­sta”, degli SS Handblät­ter für die weltanschaulische Erzieh-ung der Truppe, “Opuscoli SS per l’educazione ideologica dei militari”, editi dal Reichsführer SS – SS Hauptamt.

    Tale concezione riposa infatti su un postulato, che è poi anche il risultato dello studio disincantato del divenire umano: l’impos­si­bilità di una razionale classificazione gerarchica delle razze. O, meglio, l’inesistenza di un sistema di valori comune, l’assenza di parametri condivisi, comune­mente applicabili ed e­gualmente ac­cetti dalle varie razze (cosa che, con diverse articolazioni, è alla base delle concezioni spengle­riane della storia).
    Ed è per questo, aveva scritto nell’ufficiale periodico NS-Briefe del 1° giugno 1927 il trentaseienne Dietrich Klagges (An alle Völker der Erde – I: Die Zukunft der Nationen, Alma-Druck + Verlag KG, 1972), che
    «non esiste alcuna nazione idonea e destinata a dominare e possedere la Terra, nessu­na può realizzare da sola gli obiettivi dell’umanità; le nazioni sono destinate a vivere una accanto all’altra, collaborando. Perciò è la pace, e non la guerra, la condizione naturale tra le nazioni»
    (Ministerpräsident di Braunschweig, a cagione dell’alta carica ricoperta, dopo il Crollo sarebbe stato condannato dapprima all’ergastolo, poi a quindici anni di carcere).
    Determinato come Groß nell’affermare l’irriducibilità di una razza all’altra e l’impossibilità di una strutturazione gerarchica dell’umanità – data anche l’ontologica incapacità umana di comprendere il destino del mondo – è Adolf Hitler al Reichstag, il 30 gennaio 1937:
    «La più grande rivoluzione compiuta dal nazionalso­cia­lismo è quella di avere spalanca­to le porte al riconoscimen­to che tutti gli errori umani sono contingenti e con ciò rimediabili, all’infuori di uno: l’errore sull’impor­tanza di mantenere puri il sangue e la stirpe, vale a dire l’essenza propria dataci da Dio. A noi uomini non spetta di giudicare perché la Provvidenza abbia creato le razze, ma solo di riconosce­re che essa castiga chi offende la sua creazione […] Come il riconoscimento della rotazione della Terra intorno al sole rivoluzionò il concetto dell’universo, così dalla dottrina nazio­nalsocialista del sangue e della razza risulterà un mutamen­to radicale delle idee e del quadro della storia umana del passato e del­l’av­venire […] il senso e il fine ragionevoli d’ogni umano pensiero e d’ogni azione umana non stanno nella reazione o nella conservazione di organizzazioni o funzioni ideate dagli uomini, bensì nel consolidare ed elaborare l’elemento-popolo [Volk, vale a dire «razza», stirpe, nazione] dato dalla Provvidenza. Ecco perché con la vittoria del movimento nazionalsociali­sta il popolo è stato posto al di sopra di ogni organizza­zio­ne, costruzione e funzione, come un ele­mento vivo e duraturo. A noi mortali non è dato di riconoscere o di rilevare il senso e lo scopo della esisten­za delle razze create dalla Provvidenza. Ma senso e fine delle umane organizzazioni e delle loro funzioni si misurano da quanto di utile queste e quelle possiedono per la conservazio­ne del popolo, elemento vivo ed eterno. Pertanto l’elemento primario è il popolo; partito, stato, esercito, economia, giustizia, ecc., sono manifestazioni secondarie, mezzi per raggiungere il fine, vale a dire per conser­vare il popolo». >> (…)

    0994 ? Il dott. Gianantonio Valli su questione razziale­ e Nazionalsocialismo | "Olodogma"

  3. #13
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    Predefinito Re: Il Socialismo Nazionale a confronto con il Nazional Socialismo

    Avessimo l' inglese come lingua primaria, il confronto non si potrebbe porre, perché in inglese l' aggettivo va sempre prima del sostantivo, quindi scriveremmo sempre "national-socialism"; ma anche in italiano, per quanto possiamo invertire aggettivo e sostantivo, il risultato è sempre uguale. Dunque, io ritengo che il nazionalsocialismo germanico hitleriano sia l' applicazione, nel contesto della Germania del primo novecento, avvallata dal suo principale esponente, Adolph Hitler, dell' idea generale socialismo nazionale o nazionalsocialismo. Date le differenze di contesto, culturale, storico, ecc. il nazionalsocialismo germanico hitleriano ebbe diversità anche ben vistose rispetto ad altri socialismi nazionali. Tra le più importanti, ,anzi forse la principale, non poteva che esserci la questione razziale, appunto per la specificità etnica e culturale della Germania e dei paesi nordici in generale.
    FASCISMO MESSIANICO E DISTRUTTORE. PER UN MONDIALISMO FASCISTA.

    "NELLA MIA TOMBA NON OCCORRE SCRIVERE ALCUN NOME! SE DOVRO' MORIRE, LO FARO' NEL DESERTO, IN MEZZO ALLE BATTAGLIE." Ken il Guerriero, cap. 27. fumetto.

  4. #14
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    Predefinito Re: Il Socialismo Nazionale a confronto con il Nazional Socialismo

    Citazione Originariamente Scritto da IlWehrwolf Visualizza Messaggio
    Francisco Franco: L’ultimo crociato



    di Daniele Bernava

    Francisco Franco Bahamonde, noto gli appellativi di Generalissimo e “Caudillo de Espana” (capo e guida della Spagna), è un personaggio storico non conosciuto molto bene.

    Detestato dai democratici, dai comunisti, dai socialisti, dai fascisti, dalla Massoneria (sua nemica mortale) e da tutta la marmaglia politicamente corretta, compresa quella “cattolica”, ma anche da molti che si ritengono fuori da certi schemi. Pochi conoscono davvero la figura del piu’ grande spagnolo del XX° secolo, che diventò il piu’ giovane generale d’Europa a soli 33 anni, il cui coraggio è riconosciuto persino dai suoi avversari (Arturo Barea e Indalecio Prietro), insignito della piu’ alta onorificenza dell’ordine equestre pontificio, l’Ordine Supremo del Cristo. Quasi tutte le sue promozioni furono per meriti di guerra. Egli difese la Spagna e la Chiesa dal caos in cui rischiarono di precipitare negli anni 30. Quando mori’ (20 Novembre 1975) le file successive per rendere omaggio alle sue spoglie mortali erano di chilometri, con attese fino a 14 ore (come riportato dal quotidiano ABC). Un gigante della storia, che non appartiene solo agli spagnoli, ma a tutti gli uomini che si identificano nei tre Sacri valori: Dio, Patria e Famiglia.

    Nacque il 4 Dicembre 1892 a Ferrol, cittadina nota fino al 1982 come “El Ferrol del Caudillo” in suo onore, in Galizia, territorio nel nord-ovest della Spagna. Fin da piccolo mostrò una fede cattolica fortissima, fu adoratore notturno del Santissimo Sacramento. Una Fede professata fedelmente che lo guidò fino alla morte. Di carattere estremamente prudente, ciò gli è valso spesso la cattiva interpretazione di opportunista e di pavido nel campo decisionale, invece come dimostra la storia, gli permise spesso di prendere decisioni sagge senza farsi guidare dall’istinto, cosciente del fatto che dalle sue azioni dipendeva la vita di un popolo. Quando l’Alzamiento (sollevazione) del Luglio 1936 fu percepito come l’unico rimedio per evitare che la Spagna finisse tra le grinfie del mostruoso anarco-comunismo, egli non si tirò indietro Attese fino all’ultimo per via della sua proverbiale lealtà alle istituzioni, prerogativa e limite dei militari. Il titolo di Generalissimo e condottiero dell’Alzamiento gli fu imposto, non fu un’autoproclamazione, egli fu lontanissimo dalle “autocelebrazioni”.

    Il cosiddetto Franchismo (1939-1975) fu un regime autoritario basato sulla Dottrina Sociale Cattolica. Non fu una dittatura la sua, né tantomeno può essere definito come una replica del Fascismo italico, come una certa storiografia vuole far credere, visto che in lui mancò la componente socialista e “statolatrica” e non vi fu nemmeno una sottomissione statale ad un partito, si verificò l’esatto opposto. Ebbe forti frizioni con i falangisti che vennero contenuti al massimo. Alcuni di essi tentarono di ucciderlo. Sintetizzò tutte le forze nazionali nel Movimiento Nacional. L’Autorità fu al di sopra del potere. Non mancò di certo la politica sociale, cosa che dovrebbero apprendere certuni che vedono solamente come reazionario e militaresco questo governo. Si possono riportare alcuni dati e fatti, per smentire quest’ultima approssimazione menzognera. Franco incaricò dei tecnocrati per avviare lo sviluppo della nazione, che portarono risultati eccellenti, tanto da poter parlare di “miracolo spagnolo”, il cosiddetto “Desarrollo” (1959-1973), anche se ciò comportò l’emarginazione dei falangisti e l’apertura a tendenze liberali in senso economico. A causa dell’isolamento internazionale, la scelta può dirsi che fu obbligata.

    Nel 1973 fu dato alla Spagna l’Oscar d’oro delle nazioni, occupò l’8° posto al mondo tra le potenze industrializzate, raggiunse il pieno impiego e il secondo posto per crescita al mondo in quel periodo, le esportazioni aumentarono di 10 volte. C’è chi parlò addirittura di “marxismo” di Franco , come nel caso di una testimonianza di una persona che lottò contro Franco durante la guerra civile spagnola (1936-1939), che parlò di come impiegò il denaro dello stato per le opere comunitarie presso Vega de Arriba (nelle Asturie), della fondazione dell’Opera di Educacion y Descanso (Educazione e Riposo) e delle “Scuole di Qualificazione sociale”, definite copie delle opere sovietiche della “gioia del lavoro”, citando anche la creazione di 8000 alloggi per i lavoratori nella residenza di Murias, presso Oviedo. La Spagna dal 1940 al 1970 crebbe di 8 milioni di abitanti, la rendita per ogni spagnolo aumentò di 4 volte, aumentò la superficie forestale di ben 2960 volte (2.350.000 ettari), dalle 32.000 case costruite nel 1940 si arrivò a 3.121.931 abitazioni nel 1970, l’assistenza sanitaria passò da 81000 assistiti (1940) a 25.134.956 (1970), ovvero 81 volte di più. Nello stesso periodo (1940-1970) furono creati 3.897.000 posti di lavoro, l’analfabetismo e la criminalità furono quasi azzerati, il turismo aumentò di 290 volte e la produzione editoriale di quasi cinque volte.

    Risultati e numeri che dovrebbero fare riflettere anche i piu’ scettici antifranchisti, visto ciò si ebbe nonostante un clima di parziale isolamento internazionale, che il Caudillo tentò di scardinare intraprendendo la politica del recupero della “Hispanidad” con le relazioni con l’America Latina e persino con la Cuba castrista, dimostrando una sorprendente elasticità diplomatica e un acume geopolitico ragguardevole, che lo fece accettare anche dagli USA (solo a livello funzionale e non ideologico), visto che mantenne sempre la sua visione anticomunista.

    Non si può parlare di Francisco Franco senza soffermarsi sulla guerra civile spagnola, che fece circa 300.000 vittime. Non fu solo uno scontro politico, tra coloro che furono abbagliati dall’Anarchia e dal Comunismo e coloro che si sollevarono a difesa della civiltà e della Tradizione. Si scontrarono due essenze metafisiche, una tradizionale e cristiana e l’altra sovversiva (rasentò il demoniaco), pur con le dovute sfumature da tenere in conto a causa della limitatezza della giustizia dell’operato umano, difficilmente esente da errori anche quando è dalla parte “giusta”. I prodromi già si ebbero negli anni precedenti, in cui le infiltrazioni massoniche e anarco-comuniste deviarono la politica dei governi repubblicani successivi alla deposizione di Re Alfonso XIII (1931). Leggi inique diedero il via alla persecuzione delle tradizioni cristiane spagnole, che culminò nella guerra civile, scoppiata a causa della legittima reazione della Spagna sana, che fu davvero una Crociata, visto che 13 Vescovi, 4317 sacerdoti, 2489 religiosi, 283 suore e 249 seminaristi furono assassinati, per non citare le innumerevoli profanazioni e distruzioni di monumenti e chiese dettate da una ferocia anticristiana inaudita. Migliaia di attentati furono compiuti. Questa fu l’essenza della rivoluzione rossa, nemica della Chiesa e della Patria. Si sparò alle statue di Cristo, alle statue della Vergine, all’Eucarestia nei Tabernacoli. I corpi dei Santi ( San Narciso, San Bernardo Calvò) riesumati e dileggiati, venivano riesumati i cadaveri di ecclesiastici a cui venivano legati i prigionieri per lasciarli morire di stenti a cui toccò la comune decomposizione all’aria aperta, per non parlare di altre indicibili torture, l’espianto degli occhi, sventramenti, sepolture, bruciature, tutte azioni compiute su persone in vita. La sorte peggiore toccava ai membri della Chiesa.

    I sostenitori rivoluzionari gridavano “Viva la Russia”, prima sostenitrice della sovversione con finanziamenti e forniture di armamenti ai repubblicani, che affidarono i comandi militari a russi, praticamente consegnando la propria nazione in mano straniera. Da evidenziare il sostegno del governo messicano laicista, responsabile anch’esso di persecuzioni religiose in Messico a cui si opposero i “Cristeros” messicani. Cosa dire delle democrazie liberali. Europee? Ufficialmente neutrali ma di fatto appoggiarono la sovversione anarco-comunista, anche nel concreto, d’altronde come potevano parteggiare per la difesa della Tradizione essendo anch’esse antitradizionali per definizione?

    Ecco cosa affermò Winston Curchill:
    “Franco ha ragione perché ama la sua Patria. Egli difende l’Europa dal pericolo comunista. Però io preferisco la causa avversaria e il trionfo dei suoi nemici. Infatti Franco può essere una minaccia per gli interessi inglesi, gli altri no” (2).

    Francisco Francò combattè e vinse contro tutto ciò, nessuna propaganda avversaria può toglierli un merito cosi’ grande. Grazie a lui la Chiesa rifiori’ e con essa l’anima cristiana della Spagna.
    Si potrebbe obiettare sulla faziosità di tale giudizio, ma come non credere alle affermazioni di personaggi insospettabili come Salvador De Madariaga, storico spagnolo repubblicano? “Nessuno che abbia insieme buona fede e buone informazioni può negare gli orrori di quella persecuzione: per anni bastò il solo fatto di essere cattolico per meritare la pena di morte, inflitta spesso nei modi più atroci”. Cosa dire sulle affermazioni dello storico liberale Hugh Thomas? “Non si era mai visto niente del genere dai tempi di Diocleziano. Più di sedicimila tra preti, vescovi, suore, seminaristi vennero massacrati nei modi più atroci. Oltre a un imprecisato numero di laici credenti. Vennero vietati i nomi cristiani e anche il saluto adios, che conteneva la parola Dio. Profanati e incendiati chiese e conventi, fucilate anche le statue religiose, sterminati anche i parenti degli ecclesiastici” Non serve aggiungere altro se non un terribile quesito: cosa c’entrava tutto ciò con il benessere del proletariato?

    Coloro che si opposero a tale schieramento e presero parte all’Alzamiento venivano da una pluralità di ambienti, monarchici, falangisti, carlisti, semplici soldati, tutti uniti per la difesa della Spagna. Non esenti da errori e da efferatezze (furono uccisi ecclesiastici sospettati di essere favorevoli alla separatismo basco), neanche lontanamente si macchiarono di barbarie come i repubblicani, nelle zone controllate da essi vigeva l’ordine e si combatteva portando spesso reliquie addosso e inneggiando a Cristo Re. Ovviamente il culto religioso era libero ed
    incoraggiato, al contrario delle zone rosse dove si veniva uccisi per esso. Furono supportati massicciamente dall’Italia fascista, mentre il contributo del Reich hitleriano fu limitato all’invio della “Legione Condor,” divenuta celeberrima a causa del bombardamento di Guernica, ingigantito dalla propaganda repubblicana e da un Pablo Picasso opportunista e mercenario (3).

    La figura del Generalissimo, non si limitò alle realizzazioni sociali, ma tese soprattutto al Metafisico, alla Spiritualità. Cattolico, fu educato fin da piccolo alla pratica religiosa, incentrò tutto il suo governo al servizio della Chiesa Cattolica e della Patria. Egli ripristinò la religione di stato, per l’appunto quella Cattolica Romana e rispettò la Chiesa nell’esercizio delle sue funzioni. Passava diverso tempo davanti il Santissimo Sacramento, riconosciuto come Adoratore Notturno Attivo, soprattutto durante scelte difficili da prendere. Durante la guerra d’Africa, verso il 1915-1916, egli, allora capitano, difendeva una compagnia a Melilla (Africa del Nord-ovest).

    Una testimonianza riporta il suo raccoglimento davanti il Tabernacolo interrotto da un soldato che disse: “Signor capitano, che sarà di noi?“, Franco gli rispose: “Avendo qui il Signore, non abbiamo nulla da temere”.

    Non interrompeva mai la contemplazione del Santissimo neanche quando veniva sollecitato da comunicazioni urgenti.

    Interessante è l’episodio riguardo l’ultimatum di 48 ore dato dall’ambasciatore tedesco Von Moltke nel 1942, che esigette per conto di Hitler l’intervento della Spagna a fianco dell’Asse, per evitare un’invasione della stessa, Gli Alleati , saputa la cosa, fecero la medesima richiesta. Il Caudillo si chiuse in preghiera davanti al Tabernacolo in Cappella, pregando intensamente. Dopo 24 ore arrivò la notizia della morte dell’ambasciatore tedesco per un’improvvisa appendicite fulminante, quindi l’ultimatum non ebbe risposta, il momento critico passò e la Spagna restò neutrale come lo stesso Franco volle. Un evento del genere sicuramente influi’ sulla decisione del Generalissimo. Riguardo al mancato intervento spagnolo nella Seconda Guerra Mondiale sono molte le ipotesi speculatrici, tra cui quella di un cospicuo pagamento in denaro da parte alleata, decisamente contestabile sia per il fatto appena menzionato sia per il fatto che la Spagna era a pezzi (solamente una pazzia poteva trascinare un Paese devastato dalla passata guerra civile in un conflitto immane), inoltre il Franchismo fu lontano dalla ideologia hitleriana, ferocemente antiebraica.

    Documentato è l’apporto a favore di numerosi Ebrei perseguitati, secondo il Mossad 40000. Non ci fu alcun bisogno di corromperlo e la stessa corruzione sarebbe andata in contrasto con la possibilità che diede a molti falangisti di combattere a fianco dell’Asse con la “Division Azul ”, composta da circa 50000 volontari, ciò fu fatto per ricambiare l’aiuto tedesco e italiano nella guerra civile. Le trattative e la rassicurazioni tra gli Alleati e Franco sulla non belligeranza spagnola in ogni caso ci furono, dettate da esigenze tattiche, la Spagna era un vaso di terracotta in mezzo a vasi di ferro. Egli di fatti siglò con il Portogallo di Salazar il “Patto Iberico” per rafforzare la neutralità.

    Franco diede prova della sua onestà e della sua fedeltà alla Chiesa, rifiutò pure un cospicuo aiuto economico, in tempi difficilissimi,in cambio della concessione di più ampie libertà religiose, per restare fedele alla Chiesa “preconciliare”. Successivamente, per obbedienza, conformò le leggi in materia di libertà religiosa secondo il Concilio Vaticano II. Papa Giovanni XXIII nel 1960 disse di lui: ” Franco promulga leggi cattoliche, è un buon cattolico, cosa si può desiderare di più?” Dopo il Concilio Vaticano II la posizione di molti ecclesiastici nei confronti del Franchismo cambiò, incentivando l’influenza verso la democratizzazione liberale. La necessità di “dialogare” del Vaticano con il mondo comunista ebbe grande effetto sul raffreddamento dei rapporti nei confronti del Franchismo, come la virulenza del clero progressista spagnolo. Una componente di esso sostenne il separatismo basco. Un comportamento che danneggiò la Chiesa spagnola stessa, falcidiata da guerre intestine e che trascurò l’attività pastorale per farsi trascinare, sull’onda del progressismo dilagante, politicamente a sinistra. Essa si rese invisa agli spagnoli, di fatti con l’avvento della Democrazia perse il suo ruolo di protagonista in Spagna. Paolo VI, che non comprese a pieno la realtà spagnola, contribui’ purtroppo a tutto ciò.

    Franco era consapevole di essere una transizione, designò infatti come suo successore Juan Carlos, restaurando la Monarchia, che doveva essere guidato dal suo uomo di fiducia Carrero Blanco, ucciso in un attentato dell’ETA (1973). Se dovessimo analizzare la decisione di Franco, alla luce del successivo operato di Juan Carlos, il quadro risulterebbe decisamente negativo, visto che proprio l’ex Re (ha abdicato di recente) ha contribuito in maniera fondamentale alla laicizzazione della Spagna, che tra l’altro è sul punto di frantumarsi a causa delle forze separatiste, catalane su tutte. La situazione economica è disastrosa, la disoccupazione è alle stelle, mentre quando ereditò la nazione dal Franchismo essa aveva un’economia solida. Con il senno di poi è facile giudicare e la
    tentazione di affermare che le cose sarebbero andate diversamente, se la scelta fosse ricaduta sul ramo legittimista carlista dei Borbone-Parma, è fortissima. Cosa dire, si è concessa agli spagnoli la “Movida”, anestetico potente per non fare sentire il dolore di un sistema politico iniquo e antinazionale.

    Il Caudillo ci ha lasciato un monumento a testimonianza della Fede, “El Vallo de los Caidos” (la valle dei caduti) nei pressi di Madrid. Un abbazia sormontata dalla Croce piu’ alta del mondo (150 m visibile da oltre 40 km di distanza), in cui riposano le sue stesse spoglie mortali, quelle di José Antonio Primo de Rivera (fondatore della Falange Spagnola) e quasi 40000 caduti di entrambi gli schieramenti della guerra civile (nazionalisti e repubblicani). Simbolo di pacificazione nazionale libero da rancori. Recentemente il governo laicista di Zapatero ha tentato la chiusura del sito, d’altronde la “democrazia” è maestra di tolleranza, mentre il dibattito sulla “scomoda” Valle dei Caduti tiene sempre banco in terra iberica. Molti si recano presso l’abbazia , chiedendo persino intercessioni a Franco e c’è chi parla addirittura di grazie ricevute. In essa si trovano le casse con la documentazione sull’operato del Caudillo, tutto con testimonianze comprovate. Franco operò fino all’ultimo in Cristo e la Spagna.

    Un giorno ci sarà la completa riabilitazione del Generalissimo.

    Riferimenti bibliografici: Francisco Franco, Cristiano Esemplare, di Manuel Garrido Bonaño , Effedieffe.

    Riferimenti e note:

    1) Intervista a La Naciòn, Buenos Aires, 14 /8/ 1938

    2) Pablo Picasso ricevette indirettamente l’equivalente di un milione di Euro dall’Unione Sovietica per modificare il quadro “En muerte del torero Joselito”, divenuto in seguito “Guernica”. Per completezza d’informazione le vittime furono qualche centinaio, non migliaia, persino il Municipio è in piedi assieme ad altri edifici giunti fino ad oggi, inoltre è falso il presunto bombardamento sul mercato, in quanto il Venerdi’ pomeriggio a Guernica non ci fu.
    Anche se un pò fuori tema, l' articolo è interessante.
    Indro Montanelli riportò la storia del regime franchista che salvò, protesse molti ebrei mentre i paesi occidentali rifiutavano ad un certo punto di accoglierli. Al di là dell' antipatia che si può provare per quel popolo (ma io sono contrario a perseguitare una persona in quanto appartenente ad un preciso popolo), questo dimostrerebbe che Franco non fu il mostro che fu ritratto ogni tanto.
    Purtroppo ebbe il difetto di essere un clericale, un cattolico-tradizionalista conservatore. Un conto è difendere la libertà religiosa, tutelare i luoghi sacri; un conto è affidare troppo potere alla casta sacerdotale e imporre una certa visione innaturale a tutta la popolazione.
    L' articolo conferma poi il rapporto conflittuale tra franchismo e falangisti, rapporto che divenne ancora più brutto a fine anni '50 con l' adozione di politiche più liberali in economia. Al di là di questo, ripeto, non avesse avuto la connotazione rigida-clericale-religiosa che ebbe, questo regime verrebbe ricordato meglio. Un pò di laicismo, un pò di libertarismo, l' avrebbero reso meno grigio e plumbeo.
    FASCISMO MESSIANICO E DISTRUTTORE. PER UN MONDIALISMO FASCISTA.

    "NELLA MIA TOMBA NON OCCORRE SCRIVERE ALCUN NOME! SE DOVRO' MORIRE, LO FARO' NEL DESERTO, IN MEZZO ALLE BATTAGLIE." Ken il Guerriero, cap. 27. fumetto.

  5. #15
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    Predefinito Re: Il Socialismo Nazionale a confronto con il Nazional Socialismo

    Citazione Originariamente Scritto da Avanguardia Visualizza Messaggio
    Avessimo l' inglese come lingua primaria, il confronto non si potrebbe porre, perché in inglese l' aggettivo va sempre prima del sostantivo, quindi scriveremmo sempre "national-socialism"; ma anche in italiano, per quanto possiamo invertire aggettivo e sostantivo, il risultato è sempre uguale. Dunque, io ritengo che il nazionalsocialismo germanico hitleriano sia l' applicazione, nel contesto della Germania del primo novecento, avvallata dal suo principale esponente, Adolph Hitler, dell' idea generale socialismo nazionale o nazionalsocialismo. Date le differenze di contesto, culturale, storico, ecc. il nazionalsocialismo germanico hitleriano ebbe diversità anche ben vistose rispetto ad altri socialismi nazionali. Tra le più importanti, ,anzi forse la principale, non poteva che esserci la questione razziale, appunto per la specificità etnica e culturale della Germania e dei paesi nordici in generale.
    Il nazionalsocialismo germanico è l' applicazione, nel contesto della Germania del primo novecento, dell' idea generale di Socialismo Nazionale che è preesistente, su questo sono assolutamente d'accordo.
    E quello hitlerista è esso stesso una variante dell'originario ns germanico del primo NSDAP. Si può essere d'accordo o meno con i contenuti di questa variante e molti possono essere felici che ciò sia avvenuto, ma credo sia indubitabile la sua realtà storica.

    Quanto al SSNP la traduzione precisa sarebbe Partito Nazionalista Sociale Siriano.
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
    "Solo i ricchi possono permettersi il lusso di non avere Patria."- Ledesma Ramos
    "O siamo un Popolo rivoluzionario o cesseremo di essere un popolo libero" - Niekisch

  6. #16
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    Predefinito Re: Il Socialismo Nazionale a confronto con il Nazional Socialismo

    @Avanguardia, ed a tutti coloro che possono 'vantare' un 'interesse' per la materia, condivido un testo, purtroppo edito solo in spagnolo: LA NOCHE DE LOS CUCHILLOS LARGOS - Librería Central Librera Ferrol. Tale libro confuta il mito (assolutamente fasullo) su una presunta "ala sinistra" del Partito NazionalSocialista.

  7. #17
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    Predefinito Re: Il Socialismo Nazionale a confronto con il Nazional Socialismo


  8. #18
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    Predefinito Re: Il Socialismo Nazionale a confronto con il Nazional Socialismo

    Faccio notare come l'autore del testo di cui sopra fu un ex falangista.

 

 
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