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  1. #31
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    Predefinito Re: Salazar e l'Estado Novo

    Citazione Originariamente Scritto da Kavalerists Visualizza Messaggio
    Che fissazione che hai con sta monarchia.
    il nazionalsocialista vede a capo della piramide il capo assoluto a cui prestare obbedienza assoluta, il nazional cristiano sociale invece di vede una corona, simbolo dell'identità e della storia dello stato

  2. #32
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    Predefinito Re: Salazar e l'Estado Novo

    Citazione Originariamente Scritto da Vero Socialismo Visualizza Messaggio
    A vari 'utenti' quivi sopra, faccio notare che sia in Germania orientale che in Russia esistono fortissimi 'nostalgici' dei regimi 'comunisti' ivi presenti. Pertanto, come la 'mettiamo'?
    da ragazzo ho studiato per due mesi nella DDR in un certo senso anch'io ho l'Ostalgie, ma perchè c'era molta cultura, c'era gente veramente in gamba con un sacco di nozioni, di conoscenze, tedeschi umili, che sono una cosa che a occidente non esiste, dove sono sempre i primi della classe, e poi noi occidentali avevamo un potere d'acquisto enorme

    poi per la parte materiale era un disastro.

    le classi piu' sfigate, a cui andava bene l'appartamentino quasi gratis, la vacanza una volta l'anno sul Baltico o in Jugoslavia, gli studi garantiti per i figli, un impiego modesto ma sicuro, che permetteva la sopravvivenza

    a questi il comunismo andava benissimo

    Poi c'è tutta l'intellighenzia che sul comunismo ci ha fatto fortuna: artisti, scrittori, burocrati, capifabbrica, caporali, professori di un certo livello, politici, militari, gente che poteva viaggiare, che aveva dei privilegi

    Ovvio che esiste ancora una categoria di nostalgici di quei tempi

  3. #33
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    Predefinito Re: Salazar e l'Estado Novo

    Citazione Originariamente Scritto da IlWehrwolf Visualizza Messaggio
    Il Portogallo di Salazar – Franca Poli

    “E’ la crisi morale prima ancora di quella materiale a rendere infelice il mondo….”

    Salazar non è stato un Capo di Stato carismatico, non possedeva la dialettica fluente di Mussolini, né la carica combattiva di Hitler. Era un uomo mite più adatto forse alla carriera di prete, che pur aveva intrapreso in gioventù, che non a quella di leader politico, ma proprio questa sua mitezza ha fatto di lui un dittatore che fondò il potere esclusivamente sull’amore per il suo Paese e per il suo popolo. Mise in atto riforme per sostituire “la famiglia”, al “cittadino” che, secondo il suo pensiero, è la base portante di una nazione forte e unita e fondò l’intera concezione sociale e statale sul nucleo familiare.

    Mi reco spesso in Portogallo e incuriosita dal personaggio, a me pressochè sconosciuto, ho acquistato alcune biografie fra cui “Salazar e o estado novo” di Ruy Miguel e “Salazar e la rivoluzione in Portogallo di Mircea Eliade, dalle quali ho tratto questo pezzo, che vuole essere una breve ricerca, per trovare spiegazioni e, come piace a me, cercare di capire l’uomo oltre che il politico.

    Oggi in Portogallo, Salazar è quasi dimenticato, poco conosciuto dalle giovani generazioni, inviso ai più a causa della propaganda di sinistra che ne ha offuscato la memoria anche nei cervelli più svegli, fino a rinnegare ciò che di buono ha fatto per il Paese. “Nunca mais” è la risposta più frequente che ti senti dare se chiedi di lui. Ciononostante il 25 marzo 2007 sugli schermi di Rtp, l’emittente televisiva più importante del Portogallo, è stato reso noto il vincitore del sondaggio televisivo sul più grande personaggio della storia lusitana e il risultato ha lasciato sconcertati molti spettatori: era Salazar, il dittatore che aveva detenuto il potere per 35 anni, ma bisogna parlare coi vecchi, con gli umili, per sentirsi dire che se è vero che mancavano alcune libertà è pur vero che c’era più uguaglianza tra i ceti sociali. Il tassista che mi conduceva in aeroporto ha detto “oggi la libertà di stampa ci fa credere che siamo uomini liberi, ma in realtà siamo schiavi di un sistema corrotto che a volte fa rimpiangere gente risoluta ed onesta“ un pò il nostro “si stava meglio quando si stava peggio”. Salazar dunque resta un politico che, per integrità morale e competenza economico-finanziaria, sicuramente la gente comune rispetta.

    E’ difficile parlare di Salazar senza ricordare la sua creatura “o Estado Novo”, è impossibile separare l’opera dall’uomo, lo Stato Nuovo è opera di Salazar ed è la diretta conseguenza del 28 maggio 1926, quando la Rivoluzione gli aprì il cammino e si può dire che fu sicuramente il coronamento del pensiero e dell’azione di Salazar, in un primo momento come Ministro delle Finanze, poi come Capo del Governo.

    Ancora prima di essere chiamato a governare il Paese, Salazar aveva già ottenuto una grande notorietà con i suoi discorsi e i suoi scritti, dove indicava la strada per uscire dalla crisi che le divisioni politiche della prima repubblica avevano accentuato. Una prima repubblica che era stata completamente incapace di promuovere lo sviluppo economico del Paese, di modernizzare la società, di risolvere i problemi della popolazione rurale e che aveva attuato politiche coloniali contraddittorie.

    Ma andiamo per gradi, chi era Salazar? Il nome per intero era Antonio de Oliveira Salazar, era nato il 28 aprile 1889 da una modesta famiglia a Santa Comba sulle rive del fiume Dão, in una delle più belle regioni lusitane a circa quaranta chilometri a nord di Coimbra. Un paesino dalle case umili, circondate da giardini e alberi da frutta. Una terra ad economia agricola ricca di uliveti e campi di grano. Ci sono poche informazioni sull’infanzia di Salazar, ma furono senz’altro questo ambiente semplice, di gente onesta che suda e lavora e il ricordo di una famiglia unita e molto religiosa, a ispirare la sua formazione.

    Si sa che era un bambino modello, sempre pronto ad aiutare il prossimo bisognoso, secondo alcuni biografi il piccolo Salazar nascondeva nelle tasche la sua razione di pane per distribuirla ai bambini poveri del paese. Un comportamento sempre irreprensibile, nonostante ciò a soli undici anni, fece i conti con il rigorismo sociale di quei tempi e venne mandato in seminario a Viseu, perchè pare che in paese avesse stretto affettuosa amicizia con una ragazzina, figlia di un uomo molto ricco, e i genitori scelsero di allontanarlo, per non far crescere in lui false speranze. Un ritiro che durò oltre otto anni, durante i quali si dimostrò come era sempre stato, uno studente eccellente, serio, riservato e primo della classe. Un ragazzo pallido dal viso leggermente allungato e gli occhi limpidi, con temperamento equilibrato che si dedicava con rigore agli studi e poco ai divertimenti con gli amici. Un suo compagno di seminario lo descrisse dicendo:

    “non gli usciva mai dalle labbra una frase inutile (…) e nascondeva il suo grande valore intellettuale sotto una modestia così profonda da confondersi con la timidezza”

    Prima di vestire l’abito talare, trascorse un periodo come insegnante al doposcuola del collegio, fu allora che sentì nascere in sé il desiderio, la vocazione, di divenire un educatore per le giovani generazioni e lasciò definitivamente il seminario.

    Qualche decennio dopo, asserendo che i portoghesi avevano una formazione culturale inadeguata, scriveva

    “ … poco avrebbe contato il cambio dei governi o dei regimi, se non avessimo cercato, in primo luogo, di cambiare le persone. Avevamo bisogno di persone, dovevamo educarle”

    Fu infatti l’educazione dei giovani una delle sue priorità una volta al potere.

    Salazar era bravo a scrivere discorsi, una scrittura densa, professorale, ma per nulla a enunciarli, preparava con cura le cose da dire ma non sapeva infiammare le masse. Lui stesso diceva di sé

    “La natura non mi ha dotato di abilità oratoria”.

    Era però un attento osservatore e fin da giovane, già ai tempi dell’Università, idealizzò le giuste riforme per portare il Portogallo al progresso, vide la salvezza attraverso l’educazione morale del popolo e nelle occupazioni tradizionali, conservatesi ben vive fin dal Medio Evo.

    Schivo e dedito allo studio, passava inosservato col suo lungo impermeabile nero che dalle spalle arrivava ai talloni, divisa degli studenti di Coimbra. Trascorse il primo anno di studi senza che nessuno si accorgesse di lui, riservato, tranquillo sempre seduto all’ultimo banco non amava mettersi in mostra, finchè un giorno un professore, credendo di scatenare ilarità, gli pose una domanda a cui nessuno degli astanti che gremivano l’aula, aveva saputo dare risposta “potrebbe provarci quel signore là in fondo?” disse con una certa ironia. Salazar si alzò e senza timore, iniziò a parlare così a lungo e dimostrando una tale conoscenza della materia che fu applaudito e in poco tempo divenne famoso in tutta la città universitaria.

    Questa la gioventù del dittatore raccontata dai biografi forse di regime, forse obiettivi, non mi è dato saperlo, un personaggio controverso, per valori e modi di essere, di lui scrive il professor Nogueira Pinto.

    “Bisogna distinguere tra carisma e politica, non c’è nessuno di più lontano da me di Salazar: non aveva una famiglia, non ha mai viaggiato, non leggeva romanzi. Non era certo uno che ispirasse simpatia, per quanto avesse un grande senso dell’humour. Per certi versi siamo proprio agli antipodi. Ma non per questo ignoro la sua grandezza”.

    La carriera di stimato professore universitario di Salazar fu brillante, teneva conferenze e , profondamente credente, aveva dalla sua parte la gioventù cattolica portoghese. Nel 1921 si candidò e venne eletto, entrato per la prima volta in Parlamento e visto da vicino l’andamento della politica, uomo dedito al dovere, comprese immediatamente l’inutilità di tale istituzione e che in quel luogo, con quelle persone inconcludenti, avrebbe perso tempo, così abbandonò l’incarico dopo due giorni soltanto. Era il 2 settembre e forse Salazar aveva intuito con precisione la precarietà di quel governo, tant’è che la prima delle rivolte che sfociarono poi nel colpo di stato del 1926, avvenne poco tempo dopo durante la notte del 19 ottobre (noite sangrenta) in cui vennero uccisi diversi politici sedutisi con lui in quello stesso parlamento. Furono anni di caos, durante i quali il governo “democratico” riuscì a soffocare anche altre rivolte, insurrezioni popolari e colpi di stato militari.

    Arriviamo al 16 giugno 1925, quando Salazar durante un discorso tenuto alla Facoltà di Scienze Sociali, forse per la prima volta, lascia scorgere, all’ombra del pensatore anche l’uomo d’azione, decisamente ispirato al Fascismo di Mussolini in Italia. Egli aveva più volte confessato la sua totale ripugnanza nei confronti delle dottrine marxiste e iniziò ad esprimere il suo progetto politico.

    Il perdurare della crisi, l’incapacità di risolvere i problemi avevano profondamente screditato i partiti democratici nell’opinione pubblica.

    Vi era poi, non trascurabile, la questione delle colonie che aspiravano a ottenere gli statuti di autonomia che i governi repubblicani avevano promesso per contrastare la Monarchia, ma di cui continuavano a rimandare l’attuazione. Dopo i disordini e le sommosse in Angola, il Portogallo aveva concesso speciali regimi alla stessa Angola e al Mozambico, rinunciando al monopolio economico, ma la decisione creò forte scontento fra gli imprenditori portoghesi che avevano interessi in Africa.

    Durante i primi mesi dell’anno 1926, l’ondata di dissenso aumentò senza sosta. Nei bar, nelle strade, nelle case, si parlava apertamente di rivoluzione, si sentiva impellente il bisogno di liberarsi di un governo che, anche dalla stampa, veniva definito una “dittatura demagogica”. Il clima si era surriscaldato e dopo i precedenti colpi di stato, finiti spesso con spargimenti di sangue, il 28 maggio 1926 il generale Gomes da Costa, sostenuto dal popolo, dalla classe media e dalla classe operaia, iniziò la marcia su Lisbona, partendo da Braga. L’operazione non si presentava affatto semplice e di sicura riuscita, ma mentre alcuni ufficiali tentennavano, ottenne, fin da subito, l’appoggio di molti dipendenti statali come gli addetti ai telegrafi, che sabotarono le misure prese dal governo per contrastare la marcia, diffondendo false informazioni e anticipando in tal modo le adesioni delle guarnigioni ancora indecise. Così mentre da nord Da Costa avanzava verso la capitale, partirono da sud altre truppe rivoluzionarie al comando del generale Oscar Carmona. Nel frattempo il generale Cabeçadas, comandante della piazza di Lisbona, che aveva aderito al movimento rivoluzionario, con operazioni un po’ ambigue cercò di formare un nuovo esecutivo, ma non ebbe successo tanto che raggiunto dai due generali, insieme diedero vita al nuovo governo, una specie di triumvirato ove Cabeçadas era Presidente del consiglio, Da Costa ministro della Guerra e Colonie e Carmona degli Affari Esteri. Il colpo di stato era riuscito.



    Ma la sorpresa per la maggior parte dei portoghesi e soprattutto per i militari fu il nome di Antonio De Oliveira Salazar quale Ministro delle Finanze. Cabaçades era stato avvicinato dal maggiore Pedro de Almeida di Coimbra, che lo aveva convinto a chiamarlo, parlandogli con entusiasmo del valore di Salazar, a suo dire grande esperto di Finanza ed eminente giurista.



    Gli ultimi governi erano stati così invisi alla popolazione che l’instaurazione del nuovo regime, conclamata con una marcia trionfale il 6 giugno, venne accolta e applaudita da un tripudio di folla esultante.



    Tuttavia la dittatura militare, anti parlamentare, ebbe all’inizio un cammino incerto, difettava di un vero progetto politico, e la mancata libertà di gestione della finanza pubblica, indusse Salazar a lasciare l’incarico. Soltanto nel 1928, dopo aver ottenuto dagli altri Ministri carta bianca nella gestione economica dello Stato, riprese le sue funzioni e, in un anno, applicando una rigida politica di contenimento della spesa pubblica, riuscì a portare il bilancio in attivo, risultato che mancava al Paese da oltre un secolo, a stabilizzare la situazione finanziaria e a far ripartire l’economia. Coi risultati, grazie alle sue riforme, arrivarono anche la stima e la fiducia del popolo. Negli anni ’30 l’Europa e l’America erano attanagliate dalla crisi economica, al riguardo lo storico svizzero Gonzague de Reynold scrive:



    ”Il Portogallo, grazie alla dittatura del grande cristiano Salazar è il solo Stato del globo, il cui bilancio, si chiude, in questi ultimi anni, con un´eccedenza di entrate e con le tasse più leggere d’Europa”.



    Consapevole del lavoro che bisognava fare egli aveva da subito iniziato a gettare le fondamenta do Estado Novo basandosi con sacrificio e determinazione sulla sua percezione di ciò che il Paese poteva essere e non era stato. Salazar indirizzava spesso i suoi discorsi agli operai, ai cattolici e, rivolgendosi a loro parlava con la maggioranza del Paese:

    “Ai cattolici dico che il mio sacrificio mi dà il diritto d’aspettarmi da parte loro questo: essere i primi a fare i sacrifici richiesti e gli ultimi a chiedere favori che non potrò concedere”



    Allora il Portogallo viveva ancora slanci patriottici esaltanti e quando venne rifiutato senza esitazioni, un ingente aiuto economico della Società delle Nazioni che sarebbe stato concesso solo in funzione dell’invio di alcuni ispettori a verificare e approvare le manovre del Governo, significando di fatto una grave limitazione della sovranità nazionale, il popolo, galvanizzato, accolse trionfalmente anche questo dignitoso rifiuto. La dittatura militare riscosse un clamoroso successo agli occhi dell’ opinione pubblica, i portoghesi vivevano un orgoglio di appartenenza sopito da troppo tempo e l’unità della nazione non uscì minimamente compromessa dal mancato invio dei fondi.



    Salazar fu uno statista determinato, profondo conoscitore del suo popolo, delle sue molteplici necessità e di tutte le sue potenzialità. Era sempre il primo a dare l’esempio, conduceva un’ esistenza umile, una vita ritirata e lavorava molte ore al giorno, in tanti lo criticarono per la sua semplicità “contadina” quando in realtà questa caratteristica resta uno dei maggiori segreti del suo successo.

    Bisognava ridare fiducia e orgoglio alle nuove generazioni e ricordare loro che il Portogallo, al massimo della potenza militare ed economica, nel XVI secolo, si era diviso il mondo con gli spagnoli, in due aree di influenza egemonica, attraverso il trattato di Tordesilhas, esattamente come soltanto dopo la seconda guerra mondiale avrebbero fatto Stati Uniti e Unione Sovietica.

    Salazar con l’Atto Coloniale del 1933, secondo cui il Portogallo aveva “la missione storica di possedere, di colonizzare territori d’oltremare e di civilizzarne gli abitanti”, creò una specie di Commonwealth portoghese o meglio un mercato tra madrepatria e colonie, detto zona do escudo. Si può dire dunque che non si limitò a creare un Nuovo Stato, ma che diede vita e impulso a un mondo di cultura e lingua portoghese, idioma che resta a tutt’oggi il più parlato dell’emisfero sud.

    Rimessa in equilibrio la Finanza pubblica nei quattro anni durante i quali fu Ministro, nel 1932 Salazar, col pieno consenso popolare, divenne Capo del Governo, ebbe così la possibilità di continuare la sua opera nella ricostruzione nazionale, in tutti i settori. Primo passo fece introdurre, con un referendum (1.292.864 voti favorevoli 6.190 contrari), una nuova Costituzione che gli conferì pieni poteri.

    La Costituzione, accettata dai portoghesi, entrò in vigore l’11 aprile del 1933 e regolamentò lo Estado Novo. La formula politica adottata fu una Repubblica unitaria e corporativa, avente come obiettivo primario di stabilire nel Paese: unità morale, coordinare, stimolare e dirigere tutte le attività sociali, cercare di migliorare le condizioni delle classi meno abbienti, considerando la famiglia come cellula sociale la cui formazione e difesa dovevano essere garantite dallo Stato.

    Era nato il Fascismo portoghese, analogo nella natura e nei principi corporativi al Fascismo italiano al quale si ispirava apertamente. Il pensiero di Salazar era divenuto azione.

    “PORTUGAL NÃO DEVE MORRER! Deve vivere per i mondi che ha scoperto, per le nazioni che lo hanno osteggiato a causa della sua grandezza e del suo eroismo!

    Non c’è più da scoprire nuovi mondi, né da combattere nazioni straniere, ma c’è un grande lavoro di pace da fare (…) È necessario che i portoghesi di ieri facciano della gioventù, il glorioso Portogallo di domani, un Portogallo forte, un Portogallo istruito, un Portogallo moralizzato, un Portogallo lavoratore e progressista! È necessario per questo amare molto il paese? Oh! dobbiamo sempre amare la Patria e, come amiamo molto le nostre madri, amiamo anche la nostra patria, che è la grande madre di tutti noi! “

    A seguire, a grandi linee, le riforme introdotte e i risultati do Estado Novo:

    Riforma dell’Amministrazione finanziaria
    Salazar instaurò un comportamento irreprensibile nell’utilizzo del pubblico denaro con totale trasparenza, riformò la Corte dei Conti e modificò la struttura del Bilancio dello Stato, rendendolo pubblico ogni anno. Introdusse una importante riforma tributaria riducendo le tasse, portando maggior giustizia sociale nella ripartizione delle imposte e semplificando gli obblighi del contribuente. Fu approvata una revisione generale delle tariffe doganali e, con una profonda riorganizzazione della Cassa Generale Deposito e Prestito e annessa Cassa Nazionale del Credito, facilitò l’accesso delle attività produttive al credito bancario.

    Le riforme in breve tempo portarono alla stabilizzazione della moneta e negli anni l’escudo divenne una moneta forte a livello mondiale.

    Riforma dell’Istruzione
    il Ministero della Istruzione fu riordinato completamente, si chiamò Ministero dell’Educazione Nazionale e la riforma nel suo complesso divenne una missione dello Stato nella formazione delle nuove generazioni. I programmi di istruzione furono integrati con attività propedeutiche alla cura della salute fisica e della salute morale, cercando di dare ai giovani ciò che era considerato una formazione integrale e all’uopo ogni anno furono stanziati sempre un maggior numero di fondi, anche per la costruzione di nuove scuole nei paesi dove non ce n’erano. La preoccupazione di Salazar fu di combattere l’analfabetismo, e per sua volontà la popolazione scolastica passò ad aumentare del 67,5%.

    Opere pubbliche
    La rete stradale del 1926 era in rovina e pregiudicava tra le altre cose, la necessaria circolazione delle merci aggravandone i costi.

    Riparata la quasi totalità della rete stradale nazionale esistente , si passò alla costruzione di nuove strade per un totale di 5.671 km e furono costruiti 392 nuovi ponti. Fra questi una piccola parentesi merita il ponte fatto costruire tra il 1962 e il 1966 a Lisbona che unisce le due rive del Tago. Il giorno dell’inaugurazione, cento milioni di persone in tutta Europa videro in diretta televisiva l’imponente manifestazione. L’inno nazionale portoghese risuonava sulle rive del Tejo finalmente unite, 21 colpi di cannone vennero sparati a salve nel tripudio generale. “il grande simbolo del futuro”, titolava il giorno successivo il Daily News. Un’opera immensa che colpisce ancora oggi i turisti che giungono a Lisbona: 2300 metri di ponte costruito in soli quattro anni e che prese il nome del fondatore do Estado Novo. Il ponte sul Tago fu ed è la maggiore opera pubblica realizzata in Portogallo, fino ad epoca recente, e restò per molto tempo il ponte più lungo d’Europa. Fu un giorno di grande festa, orgoglio e consapevolezza, di grandi spontanei entusiasmi, tutta la popolazione si era riversata nelle strade si era arrampicata ovunque, aveva raggiunto le colline più alte della città per vedere la sera il ponte illuminarsi, uno spettacolo abbagliante, seguito dai fuochi d’artificio. Le conseguenze della nuova via di comunicazione, furono enormi e tutte indiscutibilmente positive: basti pensare alla crescita urbanistica ed economica della regione negli anni seguenti, e all’impulso dato al turismo. Il traffico fu da subito intenso tanto che il costo del ponte fu interamente recuperato in pochi anni tramite i proventi del casello. La gente dimentica in fretta, ne sappiamo qualcosa noi in Italia, oggi il ponte non si chiama più Salazar, ma è stato ribattezzato “25 aprile” data in cui nel 1974 con la cosiddetta rivoluzione dei garofani cadde il regime.
    Furono costruiti nuovi ospedali e investiti molti fondi per la valorizzazione della terra, impianti di irrigazione e ripopolamento forestale. Nel 1948 per celebrare la fornitura regolare di acqua nella zona orientale della città, fu inaugurata a Lisbona,la Fonte Monumental, meglio conosciuta come Fonte Luminosa, una imponente fontana, allora la più grande d’Europa, meta ancora oggi dei turisti che giungono in città. Incastonata nella grande e suggestiva Alameda Dom Afonso Henriques, è arricchita da imponenti sculture, bassorilievi nei pannelli laterali e statue che ricordano la mitologia marittima dei Lusíadas, con Tágides e Nereides, il più grande poema epico portoghese.

    Si diede impulso all’ammodernamento della rete ferroviaria e portuale; la rete telefonica passò dai 1060 km del 1926 ai 44451 del 1965 e vennero rinnovati e rinforzati gli equipaggiamenti di Marina ed Esercito. In tutto il Portogallo sorsero case popolari e sulla costa case per pescatori, che contrariamente a quello che sarebbe stato maggiormente economico per la spesa pubblica , non furono realizzate in grandi palazzi con molti appartamenti, ma Salazar optò per la costruzione di piccole dimore indipendenti pensando di rendere alle famiglie un ambiente migliore e più adatto alla crescita dei figli.

    Esattamente come in Italia, presero vita i luoghi di “dopolavoro” dove si svolgevano attività e servizi diretti ai dipendenti. Da Salazar i lavoratori si videro garantire anche un periodo di ferie annuali retribuite e le donne la concessione dell’astensione dal lavoro per maternità e fu vietato alle imprese il licenziamento senza preavviso.

    In ogni settore si creò un forte sviluppo, Salazar guidò il paese verso un corporativismo statale autoritario, con una linea di azione economica nazionalista. Prese per il Portogallo e le colonie, misure di protezionismo e isolamento di natura fiscale, tariffaria e doganale, che ebbero un grande impatto positivo sull’economia del Paese e grande consenso soprattutto fino agli anni ’60, quando il Portogallo cominciò ad aprire all’estero a causa di forti pressioni delle Nazioni Unite, e a causa dei crescenti problemi di gestione delle colonie.

    L’opera di cambiamento del Paese fu messa a dura prova nel 1936 con lo scoppio della guerra civile spagnola. Salazar era riuscito a resistere senza difficoltà, agli scarsi tentativi di rovesciamento interno fomentati dai comunisti e, contro questo pericolo fu intransigente:

    “ …non riconosciamo libertà alcuna contro la nazione, contro il bene comune, contro la famiglia, contro la morale…il comunismo raduna insieme tutte le aberrazioni dell’intelligenza e, come sistema, è la sintesi di tutte le rivolte, già viste in passato, della materia contro lo spirito, della barbarie contro la civiltà. Ecco è la grande eresia della nostra epoca. Nella sua furia distruttiva non distingue l’errore dalla verità, il bene dal male, la giustizia dall’ingiustizia...”

    Salazar intuì immediatamente il pericolo creato dalla vicinissima crisi spagnola, capì che una sconfitta delle truppe nazionaliste iberiche avrebbe provocato eventi a catena anche in Portogallo, con la possibilità di far crollare l’edificio così faticosamente costruito e significando non solo la fine del regime, ma quella di qualsiasi Portogallo indipendente. Fin da subito fu al fianco di Franco nel combattere i rossi.

    Pur esibendo una neutralità di facciata, consentiva il passaggio sul territorio portoghese di materiale bellico diretto in Spagna, inviò volontari portoghesi ( Viriatos) a combattere sui campi di battaglia iberici, non in corpi separati, ma all’interno dello stesso esercito spagnolo. Al contempo nacque la Legione Portoghese (camicie verdi), organizzazione paramilitare di lotta al comunismo, modellata sull’esempio delle Camicie Nere italiane.

    Superata la crisi spagnola, la figura di Salazar ne uscì rafforzata, aveva trasmesso ai portoghesi stile di vita dignitoso e orgoglio oltre che vigore alla moneta. Poco tempo dopo, allo scoppio della seconda guerra mondiale, pur nutrendo profonda stima per Mussolini, ne conservava una fotografia autografata sulla scrivania, e pur essendo idealmente così prossimo al fascismo italiano, Salazar mantenne durante tutto il corso del conflitto l’imperativo della neutralità.

    Fu proprio in questo periodo che il cardinale di Lisbona, ritornato da un viaggio in Brasile, fece voto che se il Portogallo non fosse entrato in guerra avrebbe fatto erigere una stata del Cristo Rej identica a quella di Rio de Janeiro. La statua, 75 metri di altezza, fu ultimata nel 1959 e ancora oggi domina la città dalla riva sinistra del Tago.

    Salazar firmò un patto di non belligeranza col Regno Unito, ciononostante non fu ostile a Germania e Italia, mantenne le relazioni commerciali, a tutto beneficio dell’industria portoghese, fornendo tungsteno ai tedeschi, mentre in contemporanea consentiva agli Alleati di installare basi militari nelle Azzorre e al Giappone di prendere posizioni in Timor Est e Macao. Diede anche severe istruzioni affinché i propri ambasciatori, nei paesi occupati, non rilasciassero permessi a persone che volevano fuggire. Quando durante l’estate del 1940 in Francia, il console portoghese di Bordeaux, concesse visti a un gran numero di ebrei, Salazar lo rimosse dalle sue funzioni e, anche a conflitto terminato, dopo la rivelazione della Shoah non gli perdonò la sua disobbedienza.

    Salazar convinto colonialista continuò a considerare Portogallo anche i territori d’oltremare, ribattezzati “province”, dove i prodotti naturali e del sottosuolo erano infiniti: gomma, cotone, caffè, cacao, zucchero di canna, frutti tropicali, ferro e diamanti. Arrivavano numerosissimi i coloni dalla madrepatria per la coltivazione organizzata della terra, sorgevano città, strade, ferrovie, si costruivano dighe, centrali idroelettriche, raffinerie, fabbriche per la lavorazione del tabacco, industrie alimentari. Lo Stato promuoveva inoltre l’alfabetizzazione degli indigeni e, dopo il Concordato con la Chiesa del 1940, cercò di aumentare la diffusione della religione cattolica. Aveva intravisto il pericolo dell’integralismo islamico:

    “Il controllo dell’Africa del nord da parte dell’Europa è essenziale per la pace. Senza di esso la sicurezza europea è compromessa (…) Se l’Europa continuerà ad indebolirsi e a perdere il suo coraggio, la sua volontà, quel che le resta d’ideali, il mondo arabo si mostrerà molto minaccioso”

    Salazar non cedette alle sommosse, ai movimenti indipendentisti, tanto da iniziare nel 1961, contro di essi in Africa, una lunga guerra,(Guerra do Ultramar ) dove gli indipendentisti ricevettero armi e istruttori da Unione Sovietica, Cina e Cuba.

    Il regime di Salazar era costantemente stato una spina nel fianco del “sistema russo-americano” e, sempre più isolato e contrastato, il suo successore Marcelo Caetano, destinò più della metà del bilancio statale alle spese crescenti per la guerra. Il popolo portoghese, che viveva il colonialismo come una specie di “relazione sentimentale”, soprattutto dopo il 1968, sentì venir meno questo feeling con “L’Oltremar” a causa degli alti costi pagati (cinquemila morti, trentamila feriti e ventimila mutilati) e la delusione contribuì alla formazione e alla popolarità del movimento anti regime.

    La guerra coloniale terminò soltanto nel 1974, quando il Portogallo, con i nuovi leader democratici, riconobbe le rivendicazioni di indipendenza e i contadini, i lavoratori, gli imprenditori portoghesi ivi occupati furono espulsi o fuggirono con propri mezzi abbandonando ogni ricchezza. La decolonizzazione si concluse con numerosi traumi sia in patria dove rientrando i portoghesi si ritrovarono poveri e senza lavoro, sia per le colonie stesse. I paesi africani infatti finirono per lo più sotto l’influenza sovietica e soprattutto Angola e Mozambico vennero sconvolti da sanguinose guerre civili, durate decenni.

    António de Oliveira Salazar morì il 27 luglio 1970, anche se la sua fine era iniziata

    il 3 agosto di due anni prima, presso il Forte di Sao Joao de Estoril, quando una banale caduta da una sedia di tela, aveva provocato gravi conseguenze che lo costrinsero ad abbandonare il governo del Paese. Ancora oggi molti storici si domandano se questo episodio sia mai accaduto e ancora oggi si dibatte se il regime salazariano sia stato veramente fascismo. Recentemente con l’autorevole contributo dello storico Luis Reis Torgal in Portogallo si avvalora la tesi che quello di Salazar, pur con le sue naturali incertezze, fu assieme al fascismo italiano, l’unica forma socio politica corporativa del secolo precedente congruamente realizzata.

    I funerali di Salazar si tennero nel Monastero dos Jerominos, che sorge nel quartiere di Beléma Lisbona, gremito, come il piazzale antistante, da una folla commossa. Il Portogallo intero pianse il suo leader, accompagnato al Cemitério Vimieiro, Distretto di Viseu, un corteo sobrio e silenzioso, come era stato lui in vita, si dipanò per le vie del paese fino all’ultima dimora.

    Di lui sulle pareti della casa natale, un edificio ormai vuoto e pericolante, rimane una piccola targa che ricorda “l’uomo gentile che ha governato e non ha mai rubato”.

    “devo à Providencia a graça de ser pobre… Devo alla Provvidenza la grazia di essere povero: senza beni di valore per molto tempo sono stato legato alla ruota della fortuna, nè mi sono mancate le occasioni di guadagno di ricchezza o di ostentazione; nella modestia a cui mi abituai e nella quale posso vivere, basta il pane quotidiano, non ho bisogno di coinvolgermi nella rete degli affari o in alleanze compromettenti. Sono un uomo indipendente.”(Salazar)

    Il Portogallo di Salazar – Franca Poli - EreticaMente
    Un aneddoto divertente: Salazar ogni domenica invitava i suoi migliori amici par consultarsi e parlare di politica, si trattava di industriali e politici conservatori e monarchici, ma era talmente parco e le porzioni talmente scarse che ne uscivano sempre affamati.

    Malgrado la dittatura alcuni ristoranti di Lisbona misero dei menu "alla Salazar" ad esempio il baccala' alle patate al forno che era il suo piatto preferito era composto da un pezzo di baccala' sui 100 grammi scarsi e 3 pezzi di patate al forno....in un grande piatto semivuoto

    Una domenica un suo amico industriale racconta che alla fine di un misero pranzo Salazar chiese alla sua domestica di portare il tacchino: rinfranchiti gli amici speravano di mangiare qualcosa di sostanzioso e invece rimasero delusi: il tacchino era VIVO : siccome Salazar non amava gli sprechi, aveva insegnato a un tacchino a beccare le briciole cadute dalla tavola dopo il pranzo

 

 
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