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    Predefinito Chi fu veramente Garibaldi?

    Trascrivo l'intero intervento...Un po' lungo ma interessantissimo...

    L’Eroe dei due mondi.
    GARIBALDI

    Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente.(Indro Montanelli)
    Garibaldi era di corporatura bassa, alto 1,65, ed aveva le gambe arcuate. Era pieno di reumatismi e per salire a cavallo occorreva che due persone lo sollevassero. Portava i capelli lunghi perché, avendo violentato una ragazza, questa gli aveva staccato un orecchio con un morso. Era un avventuriero che nel 1835 si era rifugiato in Brasile, dove all’epoca emigravano i piemontesi che in patria non avevano di che vivere. Fra i 28 e i 40 anni visse come un corsaro assaltando navi spagnole nel mare del Rio Grande do Sul al servizio degli inglesi che miravano ad accaparrarsi il commercio in quelle aree. In Sud America non è mai stato considerato un eroe, ma un delinquente della peggior specie. Per la spedizione dei mille fu finanziato dagli Inglesi con denaro rapinato ai turchi, equivalente oggi a molti milioni di dollari. In una lettera, Vittorio Emanuele II ebbe a lamentarsi con Cavour circa le ruberie del nizzardo, proprio dopo "l’incontro di Teano": "... come avrete visto, ho liquidato rapidamente la sgradevolissima faccenda Garibaldi, sebbene - siatene certo - questo personaggio non è affatto docile né cosí onesto come lo si dipinge e come voi stesso ritenete. Il suo talento militare è molto modesto, come prova l’affare di Capua, e il male immenso che è stato commesso qui, ad esempio l’infame furto di tutto il danaro dell’erario, è da attribuirsi interamente a lui che s’è circondato di canaglie, ne ha eseguito i cattivi consigli e ha piombato questo infelice paese in una situazione spaventosa".
    SBARCO DI MARSALA: fu di proposito "visto" in ritardo dalla marina duosiciliana, i cui capi erano già passati ai piemontesi, e fu protetto dalla flotta inglese, che con le sue evoluzioni impedí ogni eventuale offesa. Tra i famosi "mille", che lo stesso Garibaldi il giorno 5 dicembre 1861 a Torino li definí "Tutti generalmente di origine pessima e per lo piú ladra ; e tranne poche eccezioni con radici genealogiche nel letamaio della violenza e del delitto", sbarcarono in Sicilia, francesi, svizzeri, inglesi, indiani, polacchi, russi e soprattutto ungheresi, tanto che fu costituita una legione ungherese utilizzata per le repressioni piú feroci. Al seguito di questa vera e propria feccia umana, sbarcarono altri 22.000 soldati piemontesi appositamente dichiarati "congedati o disertori".
    CALATAFIMI: contrariamente a quanto viene detto nei libri di storia, il Garibaldi fu messo in fuga il giorno 15 maggio dal maggiore Sforza, comandante dell’8° cacciatori, con sole quattro compagnie. Mentre inseguiva le orde del Garibaldi, lo Sforza ricevette dal generale Landi l’ordine incomprensibile di ritirarsi. Il comportamento del Landi risultò comprensibilissimo quando si scoprí che aveva ricevuto dagli emissari garibaldini una fede di credito di quattordicimila ducati come prezzo del suo tradimento. Landi qualche mese piú tardi morí di un colpo apoplettico quando si accorse che la fede di credito era falsa: aveva infatti un valore di soli 14 ducati.
    PALERMO: il Garibaldi, il 27 maggio, si rifugiò in Palermo praticamente indisturbato dai 16.000 soldati duosiciliani che il generale Lanza aveva dato ordine di tenere chiusi nelle fortezze. Il filibustiere cosí poté saccheggiare al Banco delle Due Sicilie cinque milioni di ducati ed installarsi nel palazzo Pretorio, designandolo a suo quartier generale. In Palermo i garibaldini si abbandonarono a violenze e saccheggi di ogni genere. A tarda sera del 28 arrivarono, però, le fedeli truppe duosiciliane comandate dal generale svizzero Von Meckel. Queste truppe, che erano quelle trattenute dal generale Landi, dopo essersi organizzate, all’alba del 30 attaccarono i garibaldini, sfondando con i cannoni Porta di Termini ed eliminando via via tutte le barricate che incontravano. L’irruenza del comandante svizzero fu tale che arrivò rapidamente alla piazza della Fieravecchia. Nel mentre si accingeva ad assaltare anche il quartiere S. Anna, vicino al palazzo di Garibaldi, che praticamente non aveva piú vie di scampo, arrivarono i capitani di Stato Maggiore Michele Bellucci e Domenico Nicoletti con l’ordine del Lanza di sospendere i combattimenti perché ... era stato fatto un armistizio, che in realtà non era mai stato chiesto.
    L’8 giugno tutte le truppe duosiciliane, composte da oltre 24.000 uomini, lasciarono Palermo per imbarcarsi, tra lo stupore e la paura della popolazione che non riusciva a capire come un esercito cosí numeroso si fosse potuto arrendere senza quasi neanche avere combattuto. La rabbia dei soldati la interpretò un caporale dell’8° di linea che, al passaggio del Lanza a cavallo, uscí dalle file e gli gridò "Eccellé, o’ vvi quante simme. E ce n’aimma’í accussí ?". Ed il Lanza gli rispose : "Va via, ubriaco". Lanza, appena giunse a Napoli, fu confinato ad Ischia per essere processato.
    I garibaldini nella loro avanzata in Sicilia compirono efferati delitti. Esemplare e notissimo è quello di Bronte, dove "l’eroe" Nino Bixio fece fucilare quasi un centinaio di contadini che, proprio in nome del Garibaldi, avevano osato occupare alcune terre di proprietà inglese.
    MILAZZO: Il giorno 20 luglio vi fu una cruenta battaglia a Milazzo, dove 2000 dei nostri valorosissimi soldati, condotti dal colonnello Bosco, sgominarono circa 10.000 garibaldini. Lo stesso Garibaldi accerchiato dagli ussari duosiciliani rischiò di morire. La battaglia terminò per il mancato invio dei rinforzi da parte del generale Clary e i nostri furono costretti a ritirarsi nel forte per il numero preponderante degli assalitori. Nello scontro i soldati duosiciliani, ebbero solo 120 caduti, mentre i garibaldini ne ebbero 780. Eroici, e da ricordare, furono i valorosi comportamenti del Tenente di artiglieria Gabriele, del Tenente dei cacciatori a cavallo Faraone e del Capitano Giuliano, che morí durante un assalto.
    Episodi di tradimento si ebbero anche in Calabria, dove nel paese di Filetto lo sdegno dei soldati arrivò tanto al colmo che fucilarono il generale Briganti, che il giorno prima, senza nemmeno combattere, aveva dato ordine alle sue truppe di ritirarsi.
    NAPOLI: Il giorno 9 settembre arrivarono a Napoli i garibaldini. Mai si vide uno spettacolo piú disgustoso. Quell’accozzaglia era formata da gente bieca, sudicia, famelica, disordinata, di razze diverse, ignorante e senza religione. Occuparono all’inizio Pizzofalcone, poi nei giorni seguenti si sparsero per la città, tutto depredando, saccheggiando ogni casa. Furono violentate le donne e assassinato chi si opponeva. Furono lordati i monumenti, violati i monasteri, profanate le chiese. Il giorno 11 il Garibaldi con un decreto abolí l’ordine dei Gesuiti e ne fece confiscare tutti i beni. Furono incarcerati tutti quei nobili, sacerdoti, civili e militari che non volevano aderire al Piemonte, mentre furono liberati tutti i delinquenti comuni. Il Palazzo Reale fu spogliato di tutto quanto conteneva. Gli arredi e gli oggetti piú preziosi furono inviati a Torino nella Reggia dei Savoia. Il filibustiere con un decreto confiscò il capitale personale e tutti beni privati del Re dal Banco delle Due Sicilie, che fu rapinato di tutti i suoi depositi. Napoli in tutta la sua storia non ebbe mai a subire un cosí grande oltraggio, eppure nessun libro di storia "patria" ne ha mai minimamente accennato.
    CAPUA, VOLTURNO, GARIGLIANO, GAETA: eliminati i generali traditori i soldati duosiciliani dimostrarono il loro valore in numerosi episodi. La vittoriosa battaglia sul Volturno non fu sfruttata solo per l’inesperienza dei nostri comandanti militari. In seguito, la vile aggressione piemontese alle spalle costrinse il nostro esercito alla ritirata nella fortezza di Gaeta, dove il giovane Re Francesco II e la Regina Maria Sofia, di soli 19 anni, diventata poi famosa con l’appellativo di "eroina di Gaeta", si coprirono di gloria in una resistenza durata circa 6 mesi. Gaeta non poté mai essere espugnata dai piemontesi, ma solo bombardata. Con la resa di Gaeta (13.2.61), di Messina (14 marzo) e di Civitella del Tronto (20 marzo), il Regno delle Due Sicilie cessò di esistere. I Piemontesi non rispettarono i patti di capitolazione e i soldati duosiciliani in parte furono fucilati, altri vennero deportati in campi di concentramento
    in Piemonte. Di questi soldati, morti per la loro Patria, oggi non c’è nemmeno una segno che li ricordi e non meritavano l’oblio cui li ha condannati la leggenda risorgimentale.
    PLEBISCITO. Il giorno 21 ottobre 1860 vi fu a Napoli e in tutte le provincie del Regno la farsa del Plebiscito. A Napoli, davanti al porticato della Chiesa di S. Francesco di Paola, proprio di fronte al Palazzo Reale, erano state poste, su di un palco alla vista di tutti, due urne: una per il Sí ed una per il NO. Si votava davanti ad una schiera minacciosa di garibaldini, guardie nazionali e soldati piemontesi. Il giorno prima erano stati affissi sui muri dei cartelli sui quali era dichiarato "Nemico della Patria" chi si astenesse o votasse per il NO. Votarono per primi i camorristi, poi i garibaldini, che erano per la maggior parte stranieri, e i soldati piemontesi. Qualcuno dei civili che aveva tentato di votare per il NO fu bastonato, qualche altro, come a Montecalvario, fu assassinato. Poiché non venivano registrati quelli che votavano per il Sí, la maggior parte andò a votare in tutti e dodici comizi elettorali costituiti in Napoli. Allo stesso modo si procedette in tutto il Regno, dove si votò solo nei centri presidiati dai militari con ogni genere di violenze ed assassini.FONTE PRINCIPALE:
    LE CONFESSIONI DI JOSEPH MARIE GARIBALDÍ
    Autore: Francesco Luca Zagor Borghesi
    Garibaldi racconta la vera storia dell’unificazione d’Italia
    LA LETTERA DI GARIBALDI A CARLO COLLODI.
    Giuseppe Garibaldi, qualche giorno prima di morire, scrive una lunga lettera allo scrittore Carlo Lorenzini, noto come Carlo Collodi, l’autore di Pinocchio.
    Si dichiara francese, a partire dal nome, Joseph Marie Garibaldì (accento sulla i finale). Mostra rimorso verso tutte le ingiustizie che vennero perpetrate nel nome di un’Italia che mai venne ad essere una nazione unita.
    Il protagonista ricorda, con dovizia di particolari, l’infanzia, la giovinezza, ma soprattutto l’evoluzione della propria coscienza. Confessa con sincerità le molte debolezze, prime, tra le tante, il sogno di ricchezza, le donne, il potere.
    Garibaldì si accorge troppo tardi di aver procurato, direttamente o indirettamente, male e dolore a tante persone. Anche per colpa sua, generazioni future conosceranno ancora privazioni.
    Ammette di aver servito diversi Stati e quindi di non essere patriota. Conferma di aver amato decine di donne, a volte per una notte a volte per qualche anno. Sottolinea di aver abbandonato i figli e quindi di non essere simbolo dell’unione neppure per la famiglia.
    La Spedizione dei mille e il Risorgimento
    Per conoscere la vera storia dell’unificazione d’Italia ci vuole un testimone veritiero. Borghesi utilizza Garibaldi per evidenziare una verità ormai nota ai più. Un punto di vista sui protagonisti dell’Unità d’Italia. Piemonte, Inghilterra, Regno di Napoli, Stato Pontificio. Questi gli attori di un intreccio che portò il ricco Sud ad essere invaso da un Nord in cattive acque.
    “Le confessioni di Joseph Marie Garibaldì” è un romanzo storico, frutto di studi accurati e non di semplici tradizioni, riportate per interesse.
    Fatti immodificabili sui quali accendere la luce della verità
    Ovviamente si tratta di una storia non agiografica, che si discosta in modo deciso dalle versioni ufficiali sull’Unità d’Italia e la Spedizione dei Mille.
    Una interpretazione degli eventi che getta una luce nuova, che costringe a riflettere. Un revisionismo che, se non stridesse con gli interessi attuali, sarebbe degno di esami e valutazioni oggettive.
    Il nostro, spogliatosi della veste d’eroe, chiede giustizia alle vittime tramite Collodi, confessandosi ad uno dei parlamentari del nuovo Stato unificato.
    La giustizia potrà essere dunque una meticolosa ricostruzione di ciò che fu e che non doveva essere.
    Il Sud dalla Borbonia felix al carcere di Fenestrelle. Perché non sempre la storia è come ce la raccontano.
    Roma, 2a Ediz. Ottobre 1996, pp. 256
    Rocco Chinnici
    magistrato italiano 1925 – 1983
    „Riprendendo le fila del nostro discorso, prima di occuparci della mafia del periodo che va dall'unificazione del Regno d'Italia alla prima guerra mondiale e all'avvento del fascismo, dobbiamo brevemente, ma necessariamente premettere che essa come associazione e con tale denominazione,
    C'est le temps que tu as perdu pour ta rose qui fait ta rose si importante

  2. #2
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    Predefinito Re: Chi fu veramente Garibaldi?

    Vorrei capire perché quando invio un messaggio (cliccando invio) non mi appare alcun avviso del messaggio inviato, tutto rimane come prima dell'invio, per cui non posso capire se il messaggio è realmente partito...Darioooo?
    C'est le temps que tu as perdu pour ta rose qui fait ta rose si importante

  3. #3
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    Predefinito Re: Chi fu veramente Garibaldi?

    Una ricostruzione molto tendenziosa e filoborbonica. Garibaldi non era un santo sicuramente, ma neanche un delinquente come viene dipinto. Fra l'altro non è vero che in sud america è considerato un delinquente visto che ci sono un sacco di monumenti a lui dedicati. E la battaglia del Volturno non fu una vittoria borbonica, e anzi qui si vide tutta la differenza fra Garibaldi e i generali borbonici.
    When the facts change, I change my mind. What do you do, sir? John Maynard Keynes

  4. #4
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    Predefinito Re: Chi fu veramente Garibaldi?

    mi sembra impossibile che uno Stato così nobile e potente come il regno delle due sicilie sia stato sconfitto da un simile personaggio così riprovevole sotto tutti i punti di vista.

    vorrei vedere la lettera a Collodi, dove è conservata?
    si hanno i nomi e la carriera di tutti i garibaldini, di una simile ciurma di delinquenti abbiamo la fedina penale o solo questo testo senza uno straccio di fonte citata?

  5. #5
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    Predefinito Re: Chi fu veramente Garibaldi?

    fu un golpe organizzato dal Piemonte con l'appoggio di Inghilterra e Francia che vollero cosi' ringraziare il regno Sabaudo dell'alleanza e del corpo di spedizione piemontese inviato alla guerra di Crimea

    Nel golpe erano coinvolte anche molte personalità del regno delle due Sicilie, che in cambio di denaro e pensioni stavano tradendo la loro patria, tra cui gli zii del giovane re Francesco II,

    il conte di Siracusa, che aveva sposato una principessa di Savoia e che invito' insistentemente il nipote a lasciare il trono in favore dell'unità d'Italia
    il conte dell'Aquila aspirava a prendere il posto del re come reggente

    Garibaldi fu solo un attore di quel golpe

  6. #6
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    Predefinito Re: Chi fu veramente Garibaldi?

    Citazione Originariamente Scritto da massena Visualizza Messaggio
    mi sembra impossibile che uno Stato così nobile e potente come il regno delle due sicilie sia stato sconfitto da un simile personaggio così riprovevole sotto tutti i punti di vista.
    Questa obiezione la faccio sempre ai filo borbonici (siano essi localisti, monarchici, addirittura persino qualcuno di sinistra).

  7. #7
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    Predefinito Re: Chi fu veramente Garibaldi?

    Il vero artefice dell'unità d'Italia fu Cavour.

  8. #8
    duca di rivoli
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    Predefinito Re: Chi fu veramente Garibaldi?

    che l'italia si riunisse era logico.

  9. #9
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    Predefinito Re: Chi fu veramente Garibaldi?

    Citazione Originariamente Scritto da CoronaFerrea Visualizza Messaggio
    Il vero artefice dell'unità d'Italia fu Cavour.
    pero' Cavour era piu' per una confederazione centro-nord, poi forse quando vide la debolezza del Regno delle due Sicilie e il via libera franco inglese, li' si senti' libero

  10. #10
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    Predefinito Re: Chi fu veramente Garibaldi?

    Citazione Originariamente Scritto da massena Visualizza Messaggio
    che l'italia si riunisse era logico.
    andava fatta un'unione federale come in Germania, che rispettasse i diversi stati su base federale, con un capo di stato a rotazione

 

 
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