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    Predefinito NAZI-MAO: cosa ne pensate?

    Da Evola a Mao: l’evoluzione dei postfascisti tra radicalismo e tradizione

    by Andrea Scarano 13 Settembre 2020 in Libri 4

    Un catalogo murale di autori “a destra”
    Le vicende del Movimento Sociale Italiano ricoprono un ruolo secondario nella storia repubblicana: emarginati dalla pregiudiziale antifascista i suoi fondatori si posero l’obiettivo della compattezza per sopravvivere in mezzo all’ostilità diffusa, intimamente convinti di trovarsi nella condizione psicologica che Marco Tarchi ha efficacemente definito degli “esuli in patria”. Ripercorrere gli itinerari della “galassia” neofascista analizzando le componenti giovanili ed un caleidoscopio di formazioni dissidenti e scissioniste, gruppi extra-parlamentari e non, quotidiani e riviste è l’intendimento di Alfredo Villano nel libro “Da Evola a Mao – La destra radicale dal neofascismo ai nazimaoisti”, pubblicato da Luni editrice nel 2018.

    Il dilemma della scelta tra l’inserimento nelle istituzioni democratiche oppure la contrapposizione frontale al sistema fu elemento scatenante di una serie di tensioni, lotte personali, contraddizioni e lacerazioni che ruotarono intorno alle direttrici in base alle quali il partito – oggetto di strategie democristiane al tempo stesso repressive (legge Scelba) ed integrative (riassorbimento per ostacolare il progetto della “Grande Destra” allargata a liberali e monarchici, avviato con le alleanze per le elezioni amministrative) – avrebbe dovuto dispiegare la propria politica.

    La collocazione a destra venne contestata da una corrente di Sinistra Nazionale che – richiamandosi agli ideali e ai principi repubblicani del fascismo-movimento ed a quelli di giustizia sociale ripresi a Salò, tra i quali quello della partecipazione dei lavoratori alla gestione ed alla ripartizione degli utili aziendali – propugnava l’avvento del socialismo nazionale, rivendicava l’equidistanza da USA ed URSS in nome dell’anticapitalismo e si opponeva all’adesione dell’Italia al Patto Atlantico, trovando una sponda – pressoché sconosciuta al di fuori del ristretto ambito accademico – nelle “attenzioni interessate” di Pajetta e Togliatti, già distintosi per il discusso decreto di amnistia e la blanda epurazione dei fascisti.


    Gli scontri di Valle Giulia con i fascisti in prima linea
    Il tentativo di infiltrazione – documentato dalle testimonianze di Lando Dell’Amico, da informative di polizia e del SIFAR e rientrante in una strategia tesa ad impedire che la DC beneficiasse alle elezioni politiche del 1953 del premio di maggioranza previsto dalla cosiddetta “legge-truffa” – mirava ad intercettare il consenso della gioventù fascista attraverso il finanziamento da parte del PCI della rivista “Il Pensiero nazionale”, fiancheggiatrice della sinistra missina. Quest’ultima, peraltro, non riuscì – per carenza di mezzi ed incapacità di attrazione del malcontento interno – a ritagliarsi uno spazio adeguato al punto da ritrovarsi in gran parte rappresentata da un soggetto che le era stato sostanzialmente estraneo: Almirante.

    Il ruolo di Julius Evola
    In un ambiente che ha sempre faticato a trovare intellettuali di riferimento, l’influenza di Evola ebbe un effetto dirompente: suggestioni spiritualiste – basate su valori etici, eroici e su una concezione della vita e del mondo che, entrando in rotta di collisione con l’idealismo gentiliano, si rivelò innovativa rispetto ai riferimenti culturali del fascismo – e tradizionaliste, opposte ai “prodotti” derivati dalla Rivoluzione francese (liberalismo, democrazia, lotta di classe) e alle “derive materialistiche” del capitalismo, del marxismo e di una società moderna destinata ad entrare in crisi, fecero breccia tra coloro che furono denominati, da parte di chi voleva ridicolizzarli, “figli del sole”.


    Il saggio per Luni editore
    La prevalenza dell’idea e della dottrina dello Stato organico (fondato sul principio d’autorità e sul trinomio ordine, giustizia e gerarchia) sulle concezioni ottocentesche di patria e nazione, subordinate se non apertamente disprezzate, crearono le premesse affinché la corrente spiritualista si contrapponesse alle teorie sullo Stato nazionale del lavoro della sinistra che, propugnando la partecipazione delle masse alla vita politica (intesa come “circolazione del corpo sociale”), accusava i primi di elitarismo. Parallelamente al fallimento del tentativo di confluenza tra le due correnti volto ad impedire, in vista del Congresso di Milano del 1956, la linea di inserimento nel sistema, si consumava la scissione di Ordine Nuovo.

    Il gruppo guidato da Pino Rauti
    Il gruppo animato da Rauti sostenne una rivoluzione culturale incentrata sui fascismi sconosciuti, le saghe nordiche e celtiche, le simbologie esoteriche e le visioni di Evola (la polemica anti-risorgimentale contro il nazionalismo borghese disgregatore dell’unità spirituale del vecchio continente si accompagnò al sostegno della razza bianca contro le “popolazioni sottosviluppate e meno capaci” dell’Africa), respinse il “nostalgismo spicciolo” della dirigenza missina (“imbelle, malata di riformismo e di attività parlamentare”), vagheggiò una Fiamma autenticamente rivoluzionaria aprendo alle tecniche della “guerra sovversiva” contro il comunismo e recuperando alcuni contenuti sociali del reducismo di Salò, condannò le alleanze del partito con i “traditori” monarchici e promosse campagne elettorali a favore della scheda bianca.

    Avanguardia Nazionale
    Un irrisolto equivoco di fondo – agire come centro di elaborazione teorica e di ricerca culturale oppure come soggetto politico che doveva puntare decisamente sull’azione militante – determinò non solo la scissione del gruppo di Delle Chiaie (che a partire dal 1960 assunse la denominazione di Avanguardia Nazionale), ma anche il fallimento dei Comitati di Riscossa Nazionale (promossi da Rauti al fine di fronteggiare la crisi dello Stato democratico fondato sulla partitocrazia ed in funzione anticomunista) come nuovo soggetto politico capace di occupare lo spazio lasciato dal MSI.

    Il contributo di Adriano Romualdi
    Il malcontento alimentato dall’immobilismo della gestione di Michelini indusse molti giovani ad avvicinarsi – anche grazie al contributo apportato da Adriano Romualdi nel considerare conclusa l’epoca dei nazionalismi e nella volontà di liberarsi dalla mentalità del nostalgismo lanciando il mito del Nuovo Ordine Europeo – ad esperienze nuove che, pur non essendo “compromesse” con il neofascismo, ne rielaborarono alcune tematiche.

    La concezione di un’Europa libera e unita, contrapposta a quella delle patrie sostenuta da De Gaulle ma soprattutto al dominio delle due superpotenze anche in campo militare (da qui il “sogno” dell’istituzione delle Brigate Europee da inviare a sostegno dei palestinesi), l’appoggio ai combattenti dell’OAS in Algeria, ai movimenti di liberazione nazionale latinoamericani e a Che Guevara convinsero alcuni ex militanti della Giovane Italia e dell’associazione studentesca Giovane Nazione ad aderire a Jeune Europe (ne fu attratto anche il giovane Renato Curcio) che, su impulso del fondatore Jean Thiriart, teorizzò un socialismo nazional-europeo depurato dal marxismo.

    La Nuova Repubblica
    Fuoriusciti missini aderirono a movimenti d’opinione che non appartenevano al microcosmo neofascista: è il caso dell’Unione Democratica per la Nuova Repubblica di Pacciardi, antifascista espulso dal partito repubblicano nel 1964, che condusse una battaglia a favore del presidenzialismo e della revisione della Costituzione al fine di fronteggiare la deriva partitocratica del sistema, ristabilire la divisione dei poteri nel rispetto dei valori democratici coinvolgendo tutte le forze politiche che condividessero una significativa connotazione anticomunista. L’appello per la nuova concordia nazionale rivolto a,i giovani (invitati ad archiviare “etichette di altri tempi” come le contrapposizioni destra/sinistra e fascismo/antifascismo) costituì, unitamente al ricordo delle lotte studentesche per Trieste, un chiaro segnale: i seguaci di Pacciardi del gruppo Primula Goliardica penetrarono nelle Università, specialmente in quella romana.

    La denuncia dei brogli alle votazioni per i parlamentini universitari – vicenda che si concluse con le condanne penali degli esponenti della giunta delle elezioni, comunisti e missini inclusi – e l’assunzione della responsabilità delle agitazioni da parte di Pacciardi non impedirono a Primula Goliardica di allontanarsi dalle posizioni filo-atlantiste e filo-sioniste dell’ex Ministro della Difesa, aderendo alle motivazioni di fondo della contestazione studentesca.

    Essi parteciparono, insieme ad esponenti di Caravella, Giovane Italia, Europa Civiltà ed ex di Avanguardia Nazionale, agli scontri con la polizia avvenuti il 1° marzo 1968 presso la facoltà di Architettura a Valle Giulia. Esauritosi ufficialmente nello spazio di quindici giorni, il coinvolgimento degli studenti di destra nella contestazione era il riflesso di una frattura prima con la linea di Michelini (che li isolò), poi con quella del suo successore alla segreteria del MSI Almirante, il quale non li coinvolse affatto nella strategia – volta ad intercettare il consenso di un’“elettorato d’ordine” composto dalla piccola e media borghesia spaventata dall’elevato tasso di conflittualità politica e sociale ed a recuperare fazioni e gruppi dispersi come quello ordinovista di Rauti, rientrato nel 1969 – che si tradusse nella formula della Destra Nazionale.

    Accame sul 1968
    Secondo Giano Accame la centralità dell’elemento generazionale, cioè la volontà diffusa di rompere il “cordone ombelicale” dei partiti di appartenenza, fu l’elemento che – unitamente alla grave crisi dell’istituzione universitaria – favorì i “cinesi”. Influenzati dal movimento intellettuale sorto a Berlino che si richiamava a Che Guevara, Marcuse ed Adorno, essi ripresero tematiche anticipate dai “figli del sole”, quali la polemica spiritualista contro la democrazia edonistica e la finta libertà, i miti della “violenza purificatrice” e del ritorno alla “mistica”, la critica del progresso e della società dei consumi. Pacciardi, dal canto suo, sottolineò l’importanza del mito della rivoluzione culturale cinese come elemento trainante, illudendosi che – dopo una fase “anarcoide e demolitrice” – molti giovani potessero orientarsi verso obiettivi pratici e concreti.

    Dopo un processo di “incubazione” avvenuto nel Movimento studentesco di Giurisprudenza di Roma, elementi di Primula Goliardica diedero vita all’Organizzazione Lotta di Popolo (OLP), cavalcando un radicalismo di destra e di sinistra, non disdegnando provocazioni intellettuali e rielaborando temi e concetti propri di Jeune Europe e della Sinistra nazionale, ma al tempo stesso non riuscendo – secondo l’opinione dell’autore – a farsi percepire come qualcosa di diverso dall’extra-parlamentarismo di destra. Da qui derivarono l’etichetta – attribuita da stampa e pubblicistica – di “nazimaoisti” e soprattutto le accuse, infamanti quanto deboli, di “fascismo camuffato”, di collusione con uomini ed ambienti poi invischiati in atti di terrorismo, di volontà di infiltrarsi nella sinistra extra-parlamentare.

    Lotta di popolo

    Scarsamente radicato sul territorio e deficitario sia sotto l’aspetto numerico che organizzativo, Lotta di popolo attribuì un ruolo centrale all’analisi geopolitica, individuando nella Cina maoista l’attore in grado di contrastare l’imperialismo russo-americano e di scardinare gli odiati equilibri internazionali stabiliti a Yalta. Il sostegno incondizionato ai movimenti di liberazione nazionale (causa palestinese in primis, Roger Coudroy e Wael Zwaiter diventarono i simboli della lotta contro i crimini sionisti) è strettamente connesso ad una concezione del popolo come “motore della storia”, chiamato alla lotta rivoluzionaria e a “spazzare via” il sistema borghese e dei partiti corrotti.

    Lo studio di Villano, prezioso e ben documentato ma talvolta prolisso, al punto da soffermarsi su fazioni e gruppi che ebbero meno di una decina di aderenti, non colma una lacuna: analizzando vicende ed esperienze concluse nei primi anni settanta, viene preclusa per scelta la possibilità di approfondire una storia (come quella della corrente “nazional-rivoluzionaria” del neofascismo) ancora sostanzialmente inesplorata.

  2. #2
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    Predefinito Re: NAZI-MAO: cosa ne pensate?

    NAZI-MAOISMO


    Il cosiddetto Nazi-maoismo fu un fenomeno politico diffuso in Italia in ambito universitario romano a partire dal 1968. Alcuni oggi lo identificano col movimento Lotta di Popolo, nel quale confluirono i gruppi “pionieri” del FUAN-Caravella, di Primula Goliardica ed altri, ma tutto ciò, all’epoca, appariva ed era tutt’altro che chiaro e ben definito, dal momento che in esso confluirono anche non pochi elementi appartenenti all’area della sinistra extra-parlamentare che non s’identificavano tuttavia nelle organizzazioni all’epoca maggiormente attive. In realtà la stessa definizione “nazimaoismo” è di origine giornalistica e poco si addice a comprendere delle realtà anche molto diverse fra loro.

    In nessuna occasione esso chiarì mai, quindi, quali fossero i suoi precisi referenti ideologici, neppure nel corso delle occupazioni che il movimento organizzò tra il 1968 e il 1969 nella Facoltà di Giurisprudenza dell’ateneo romano, come pure del tutto arbitrario è descrivere il movimento come modellato sull’ideologia di alcuni grandi rivoluzionari di sinistra, come Mao Zedong e Che Guevara, considerati come antagonisti del capitalismo. Men che meno (a dispetto dell’etichetta imposta dalla stampa e dallo stesso Movimento Studentesco, che avversavano per opposti motivi il movimento di Giurisprudenza), il cosiddetto “nazi-maoismo” si riferì mai a Adolf Hitler, per la sua pretesa purezza spirituale, il culto dell’eroismo e del superomismo ariano, in difesa delle identità contrapposti ad una società profondamente materialista ed eccessivamente cosmopolita.
    La miglior dimostrazione di ciò è che non ci fu mai un manifesto o uno striscione in cui il cosiddetto “Nazi-maoismo” inneggiasse a personaggi legati al nazismo o al fascismo, come pure ad altre icone della sinistra: dal Partito Comunista d’Italia a Stella Rossa, da Potere Operaio a Lotta Continua.

    In sostanza questo movimento mirava a percorrere una strada trasversale, genericamente movimentista, contestatrice tuttavia del potere costituito e della democrazia “borghese”, considerata ipocrita e corrotta, così come la società di cui era espressione, dominata dagli interessi economici a scapito dei valori tradizionali.

    In un certo senso si può intendere col senno di poi il nazi-maoismo come una corrente trasversale atta non tanto ad un’unità di fini e di mezzi tra estrema destra ed estrema sinistra, ma ad una contestazione intrinseca ad entrambe le aree in contrapposizione soprattutto al sentore di un’incipiente infiltrazione e strumentalizzazione dei classici e dei nuovi gruppi sia di destra che di sinistra da parte di forze allora oscure, ma che oggi sappiamo essere di riferimento dei servizi segreti volti a dare alle loro politiche un determinato incanalamento. Quindi in poche parole una concorrenza politica interna ai movimenti, nella quale il nazi-maoismo appare come un rifiuto dei militanti idealisti ad ubbidire alle manovre dei militanti “infiltrati” ed in quest’ottica si pongono le uniche finalità comuni tra destra e sinistra. Ragion per cui, allora come oggi, il nazi-maoismo è stato contrastato dagli ambiti del potere di entrambe le aree politiche e soprattutto dai loro referenti legati ai servizi segreti. Conferma di ciò ne è che la contrapposizione più forte tra base nazi-maoista e dirigenza politica ci fu all’interno dei due movimenti considerati dalla base maggiormente infiltrati al vertice, a destra Avanguardia Nazionale, a sinistra il Partito Comunista d’Italia (marxista-leninista). A questo proposito si nota che in epoca successiva (1979–80) secondo alcuni, l’eredità del nazi-maoismo venne ripresa dal movimento Terza Posizione, sempre per gli stessi motivi, ovvero il sospetto di infiltrazioni nei movimenti, in questo caso oltre ad Avanguardia Nazionale anche dei NAR; in realtà questi movimenti hanno poco in comune con l’ottica di superamento dello scontro fra le posizioni estreme.

    Una testimonianza autorevole, perché redatta a pochissima distanza di tempo dagli avvenimenti descritti, è quella proposta da Eduardo M. di Giovanni e da Marco Ligini[1], appartenenti alla cosiddetta “nuova sinistra”.

    Nella loro ricostruzione dell’assalto “squadrista fascista” alla Facoltà di Giurisprudenza, nella primavera del 1968, in cui rimase gravemente leso dal lancio di una pesante panca il leader di Potere Operaio Oreste Scalzone, gli autori – malgrado l’equivoco, anche loro, della matrice di destra del “Nazi-maoismo” – sottolineano come la Facoltà di Giurisprudenza fosse tutt’altro che consonante con le speranze del Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante e di Giulio Caradonna (che ritenevano il “Nazi-maoismo” allineato con gli ideali della loro parte ideologica) e scrivevano in proposito:

    « A qualche centinaio di metri [dalla Facoltà di Lettere occupata, NdR] anche la facoltà di Legge è occupata […] Nel pomeriggio un vicequestore[2], responsabile dell’ordine nella città universitaria, si presenta per avvertirli che “i comunisti stanno preparando un attacco per domani”. Gli studenti […] non lo stanno nemmeno ad ascoltare, lo scherniscono. Lo stesso succede a Stefano Delle Chiaie che più tardi cerca di convincerli dell’assalto imminente dei “rossi”. Qualcuno addirittura lo insulta, lui, il capo riconosciuto dell’estrema destra extraparlamentare, gridandogli “servo dei padroni” e “cane da guardia del capitale” […] A provocare i necessari incidenti provvederanno, allora, gli squadristi di pelo vecchio. Il giorno dopo una colonna di circa 200 uomini guidata da Giorgio Almirante, Giulio Caradonna e Luigi Turchi marciano verso il Piazzale della Minerva già affollato di migliaia di militanti del Movimento Studentesco. Caradonna ha fatto le cose in grande: per l’occasione le sue squadre di picchiatori sono arrivate da tutte le parti d’Italia e sono armate di spranghe di ferro, bastoni e catene. Lungo la strada la colonna fa una sosta alla facoltà di Legge per cacciare fuori gli studenti irresoluti, i camerati rammolliti, e convincerli a partecipare all’azione. Ma sono pochi quelli che si accodano. Lo scontro nel Piazzale della Minerva è violentissimo. Superato il momento di sorpresa il Movimento Studentesco reagisce, caccia e insegue i fascisti che per la ritirata scelgono la facoltà di Legge. Assediati da qualche migliaio di studenti esasperati, gli uomini di Caradonna lanciano dalle finestre tutto quanto hanno sotto mano, perfino scrivanie. e feriscono molti degli assedianti. Nonostante i lanci le porte stanno per cedere e i fascisti farebbero la fine che si meritano se non intervenisse provvidenzialmente la polizia a disperdere gli studenti. I fascisti fermati, che vengono scortati uno ad uno sino ai cellulari, sono 162. Fra essi ci sono anche Mario Merlino, Stefano Delle Chiaie e una decina di Bulgari reclutati nel campo profughi di Latina, i quali non saranno portati in Questura: la polizia li lascia andare in una zona tranquilla lontano dall’università, All’onta di essere stati sconfitti, e salvati dalla polizia, i fascisti debbono aggiungere l’amara sorpresa di aver visto tra gli studenti che li assediavano molti dei “camerati” di Legge che essi erano venuti a “salvare dai rossi” »

    La scorretta quanto inadeguata interpretazione del fenomeno “nazi-maoista” e dei fatti è dimostrata da quanto realmente accadde, impossibile da inquadrare in modo logico se si parte dall’assunto aprioristico degli autori che, come molti della sinistra, nuova o vecchia, non studiarono mai né capirono le indubbie fumose, e in certi casi ambigue, basi teoriche del movimento, senza riuscire in alcun modo a inquadrandolo adeguatamente in quella nebbiosa terra di nessuno che non apparteneva alla “istituzionale” tripartizione del mondo politico dell’epoca: una sinistra (parlamentare ed extra-parlamentare), una destra (parlamentare ed extra-parlamentare) e un magmatico centro, contiguo però per interessi alla destra, al di fuori dei quali schematici confini ideologici non esisteva altro che il deserto culturale e politico. [senza fonte] Ma, paradossalmente, la miglior testimonianza in merito è forse quella del neonazista Franco “Giorgio” Freda in una sua intervista del 1977 che riprendeva argomentazioni già esposte in una sua pubblicazione stampata a Losanna (Svizzera)[3]:

    « La formula paradossale del “nazi-maoismo” – non del tutto falsa, ma anche non del tutto giustificata – permette di scindere i suoi elementi costitutivi, perché i comunisti mirano a rilevare l’aspetto “nazi” per terrorizzare i compagni e i neofascisti del MSI mirano ad evidenziare gli aspetti “maoisti” per impaurire i camerati. »

    La fine del fenomeno “nazi-maoista” è solitamente fatta coincidere con lo scioglimento di Lotta di Popolo, nel 1973, ma in realtà come sottolineato non è possibile identificarlo con un singolo movimento. Sebbene molti autori abbiano scritto sull’argomento sono ben pochi ad averne una reale conoscenza, così che spesso è facile rintracciare biografie inventate e storie false, essendo un tema sin troppo scottante essendo collegato ad una proposta di unione dei vari rivoluzionari. Le opposizioni pure di destra e sinistra si sono da sempre ritrovate accomunate dall’attaccare il nazi-maoismo, che con la sua semplice esistenza mette a repentaglio la logica ed il significato degli “opposti estremismi”.

    Del tutto arbitrario rintracciare le origini storiche di questo abortito movimento in alcuni scritti di Adolf Hitler[senza fonte], nei quali affermava che il marxismo era un falso socialismo e che quello vero fosse quello prefigurato dal futuro Führer, vale a dire il nazional-socialismo. Non manca neppure chi crede che il punto di riferimento del Nazi-maoismo fosse l’opera di Julius Evola, edita nel 1968, Cavalcare la Tigre, anche se lo stesso Evola si affrettò a sconfessare duramente i suoi presunti autoproclamati discepoli[4].

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  4. #4
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    Predefinito Re: NAZI-MAO: cosa ne pensate?

    Tutte cazzate di gente che non ha il coraggio di definirsi nazionalsocialista per la radicalità del Nazionalsocialismo
    Il punto principale del programma Nazionalsocialista è di sopprimere il concetto liberale dell’individuo e quello marxista di umanità e sostituirli con la comunità popolare, radicata nella terra e vincolata insieme dal legame del sangue comune.

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    Predefinito Re: NAZI-MAO: cosa ne pensate?

    Non è vero: esiste una sinistra nazionalsocialista che era dentro (e anche fuori come Niekish ) dallo Nsdap.Lotta di Popolo poi si spaccò in una linea nera (più filofascista)e una più filosocialista (linea rossa). della linea Rossa fece parte ad esempio Ugo Gaudenzi direttore di Rinascita. lotta di Popolo era radicataa a Milano (Gozzoli, Polverosi, Sanviti, Cerutti), Bergamo, Cremona , Roma e Napoli (Guarino, Golia)
    Bazooka!!!

  6. #6
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    Predefinito Re: NAZI-MAO: cosa ne pensate?

    Citazione Originariamente Scritto da Gallarò Visualizza Messaggio
    Non è vero: esiste una sinistra nazionalsocialista che era dentro (e anche fuori come Niekish ) dallo Nsdap.Lotta di Popolo poi si spaccò in una linea nera (più filofascista)e una più filosocialista (linea rossa). della linea Rossa fece parte ad esempio Ugo Gaudenzi direttore di Rinascita. lotta di Popolo era radicataa a Milano (Gozzoli, Polverosi, Sanviti, Cerutti), Bergamo, Cremona , Roma e Napoli (Guarino, Golia)
    Spiega un pò....

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    Predefinito Re: NAZI-MAO: cosa ne pensate?

    Per @Gallarò puoi spiegare cosa era Lotta di Popolo?

  8. #8
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    Predefinito Re: NAZI-MAO: cosa ne pensate?

    Era un movimento nato nel 1968 quando molti neofascisti (al contrario dei missini ufficiali) simpatizzavano per le lotte studentesche e operaie.Una parte dei suoi militanti provenivano dal movimento Nova repubblica di Pacciardi. Ideologicamente univa alcuni aspetti del pensiero fascista ad altri del pensiero maoista. Dopo qualche anno andò in crisi e si divise in due gruppi : la linea rossa che guardava a sinistra e la linea nera che guardava verso il neofascismo. La linea nera mi pare dette vita ai comitati pro-Freda.Ugo Gaudenza rappresentante della linea rossa lavorò per l'Ansa epoi diresse il quotidiano del Psdi l'Umanità. Negli anni 90 aderì all Fronte Nazionale e diede vita al quotidiano di sinistra nazionale Rinascita. C'è da dire che non pochi protagonisti del Sessantotto provenivano dal neofascismo tra tutti 'Sacha' Orsenigo Marzorati , Renato Curcio, Pino Masi e tanti altri...
    Bazooka!!!

  9. #9
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    Predefinito Re: NAZI-MAO: cosa ne pensate?

    Citazione Originariamente Scritto da Gallarò Visualizza Messaggio
    Era un movimento nato nel 1968 quando molti neofascisti (al contrario dei missini ufficiali) simpatizzavano per le lotte studentesche e operaie.Una parte dei suoi militanti provenivano dal movimento Nova repubblica di Pacciardi. Ideologicamente univa alcuni aspetti del pensiero fascista ad altri del pensiero maoista. Dopo qualche anno andò in crisi e si divise in due gruppi : la linea rossa che guardava a sinistra e la linea nera che guardava verso il neofascismo. La linea nera mi pare dette vita ai comitati pro-Freda.Ugo Gaudenza rappresentante della linea rossa lavorò per l'Ansa epoi diresse il quotidiano del Psdi l'Umanità. Negli anni 90 aderì all Fronte Nazionale e diede vita al quotidiano di sinistra nazionale Rinascita. C'è da dire che non pochi protagonisti del Sessantotto provenivano dal neofascismo tra tutti 'Sacha' Orsenigo Marzorati , Renato Curcio, Pino Masi e tanti altri...
    Curcio?? Ma non è di estrazione cattolica?

  10. #10
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    Predefinito Re: NAZI-MAO: cosa ne pensate?

    Citazione Originariamente Scritto da FRUGALE Visualizza Messaggio
    Curcio?? Ma non è di estrazione cattolica?
    Pare anche a me...

 

 
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