Ma la metodologia non è il problema, è normale che uno studio in fase II non garantisca né efficacia né sicurezza, ed è quindi sacrosanto prevedere 50 ore di visite nell'arco sei mesi per seguire l'evoluzione dello stato di salute, tanto più che le metodologie e le prassi di sicurezza sono le stesse.
La cosa peculiare è la preferenza per una cura, applicata ai casi non ospedalizzati in fase II ad un n vaccino in fase IV. Che poi le due cose non si sostituiscono, bensì si sommano, visto che il vaccino si limita a rendere meno probabile, meno contagiosa e meno grave la malattia.