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  1. #81
    Socialista Democratico
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    Predefinito Re: Sono i consumatori che decidono il prezzo, non le aziende

    Citazione Originariamente Scritto da Sinistra Anti-PD Visualizza Messaggio
    Esempio microeconomia eterodossa
    2.1: I postkeynesiani e l’ordinamento di natura lessicografica
    Mentre i postkeynesiani non hanno mai realmente sviluppato la loro visione della scelta del consumatore in modo sistematico, possiamo nondimeno trovare alcune intuizioni interessanti e coerenti provenienti da un certo numero di postkeynesiani assai noti e prolifici, come Joan Robinson (1956), Luigi Pasinetti (1981, cap. 4), Edward Nell (1992, cap. 17), Alfred Eichner (1987, cap. 9) e Philip Arestis (1992, cap. 5). Ma il lavoro più interessante da ricordare è stato realizzato da Peter Earl (1983). In Lavoie (1992a, cap. 2), possiamo ritrovare una discussione di cinque dei set- te principi qui descritti, e possiamo anche trovare una presentazione formale di ordinamenti di natura lessicografica in Drakopoulos (1994).
    Se dovessimo formalizzare i principi di separabilità (o divisibilità) e di subordinazione (o gerarchia) dei bisogni, molti postkeynesiani sarebbero tentati di adottare l’analisi di Kevin Lancaster (1971) in merito alle caratteristiche dei beni.
    Secondo Lancaster, i consumatori sono interessati alle caratteristiche di un bene particolare, non al bene stesso. Ciascun bene offre un vettore di caratteristiche; quindi tutti i beni presi assieme possono essere rappresentati da una matrice di consumo. Quando la matrice è scomponibile, ciò implica che uno specifico bisogno può essere attribuito a ciascun gruppo di caratteristiche. Si tratta del principio di separabilità (o divisibilità), che è accettato anche da al- cuni autori neoclassici.
    Di qui in avanti, se vogliamo discutere il principio di subordinazione, dobbiamo introdurre ordinamenti di natura lessicografica, i quali suggeriscono che noi ordiniamo e attribuiamo priorità a gruppi di caratteristiche. Lancaster (1971, p. 154) segue questo approccio, che chiama ‘dominanza’, ma non vi ripone molta fiducia, laddove Ironmon- ger (1972), che simultaneamente propone questo approccio, si mostra assai favorevole.
    Crescita, dipendenza ed ereditarietà. Ammettendo che esista davvero una gerarchia dei bisogni, com’è organizzata tale gerarchia? E come possiamo muoverci da un bisogno all’altro? I principi di crescita, dipendenza ed ereditarietà aiutano a spiegare tali questioni. Il principio di crescita af- ferma che le famiglie scaleranno la piramide dei bisogni mano a mano che il loro reddito cresce.
    Tratto da: M. Lavoie: L’Économie postkeynésienne
    M. Passarella: Corso di Teoria dell’impresa. Dispense per gli studenti ad uso interno. 17

    Gli effetti di reddito spiegano l’evoluzione all’interno della piramide dei bisogni. Noi assumiamo che la vetta della piramide sia costituita da bisogni morali, che includono le questioni ambientali.
    Box 2.2: René Roy: il primo sostenitore della teoria post-keynesiana della scelta del consumatore
    Nel 1943, René Roy, professore presso l’Ècole des Ponts et Chaussées, e collega di Maurice Allais, pubblicò un no- tevole articolo su Econometrica, intitolato ‘La hiérarchie des besoins et la notion de groupe en économie des choix’ [‘La gerarchia dei bisogni e il concetto di gruppo nella teoria della scelta del consumatore’], che ha presentato nel 1940. In questo scritto, Roy sviluppa molti aspetti di tale teoria alternativa del consumatore, in particolare i principi di sazietà, separabilità (o divisibilità) e subordinazione (o gerarchia), come mostrano i seguenti estratti.
    Questi gruppi sono concepiti e potrebbero in apparenza essere istituiti sulla base del fatto che, prima di consumare beni relativi all’estremo superiore della gerarchia dei bisogni, gli individui anzitutto destinano il loro reddito ai beni o servizi che sono essenziali per sopravvivere nelle condizioni dettate dal loro stato psichico, dalla loro provenienza, dalle peculiari caratteristiche della loro abitazione e dai vincoli sociali. È perciò possibile classificare in gruppi tutti i beni e i servizi e asserire che i consumatori non accedono a un gruppo di un certo livello fino a che essi hanno sod- disfatto pienamente i bisogni che i gruppi di livello inferiore sono in grado di appagare ...
    Nell’analisi finale, e con particolare riferimento ai fenomeni del consumo, pensiamo che il concetto di urgenza nel soddisfacimento dei bisogni umani serva a creare una graduatoria dei beni di consumo tale che essi possono es- sere classificati in gruppi, laddove il concetto di gusto è espresso all’interno di ciascun gruppo in termini di scelta di consumo individuale di oggetti che incontrano la le loro preferenze personali ...
    Soltanto all’interno di ciascun gruppo i prezzi relativi, combinati con i gusti individuali, hanno degli effetti sulla domanda indirizzata verso merci specifiche, attraverso il meccanismo della sostituzione.
    (Roy, 2005, pp. 50, 51, 54)
    Inoltre, come si formano i bisogni che abbiamo? Come prendiamo coscienza dei nostri bisogni? Le scelte e l’evoluzione dei bisogni sono influenzate dalla società in cui viviamo, dalle tendenze della moda e dalle campagne pubblicitarie. Questo è ciò che Galbraith (1958) chiama effetto di- pendenza: i consumatori osservano gli altri membri della società – quelli più noti o quelli che es- si cercano di emulare – e tentano di imitare il loro comportamento in fatto di consumi. Il princi- pio di dipendenza dei bisogni, talvolta chiamato principio di non-indipendenza, è anche stretta- mente legato al consumo ostentativo. Viene sottolineato il fatto che gli individui spesso consumo più per soddisfare gli altri che per sé stessi, come è stato dimostrato da Veblen, Bordieu ed altri.
    Ma esiste ancora un altro tipo di effetto dipendenza, il più essenziale, che è stato denominato principio di ereditarietà. È uno dei fatti testati con i migliori risultati nell’ambito della psicologia sperimentale. Mostra che le scelte non sono indipendenti dall’ordine in cui vengono effettuate. Georgescu-Roegen sostiene che le scelte compiute per abitudine sono soggette a tale principio di ereditarietà. La soddisfazione che si ricava da una particolare esperienza dipende, per esempio, dalle esperienze passate, dal tempo che intercorre tra questi eventi, ma anche dalla durata e dall’intensità delle esperienze passate. Il principio di ereditarietà è l’equivalente del tempo stori- co applicato alla teoria della scelte del consumatore: le scelte passate influenzeranno le scelte fu- ture. È un particolare tipo di effetto-isteresi: la situazione corrente dipende dal percorso intrapre- so nel passato. La scelta iniziale, poniamo, di una X-Box, farà venir meno la necessità di acqui- stare un lettore-DVD in futuro.
    Le implicazioni per la teoria e la politica economica
    Il principio di irriducibilità, che deriva dalla combinazione del principio di separabilità (o divisi- bilità) e di subordinazione (o gerarchia), implica che i beni non possano essere trattati allo stesso modo. In altre parole, esiste una asimmetria con riguardo all’impatto dei cambiamenti di prezzo sulla quantità domandata. Per esempio, ogni cambiamento nel prezzo di un bene appartenente ad un gruppo discrezionale (gingilli di ogni sorta) non avrà alcun impatto sulle quantità domandate di un bene associato con un bisogno essenziale (come il pane). Tuttavia, ogni cambiamento nel
    Tratto da: M. Lavoie: L’Économie postkeynésienne
    M. Passarella: Corso di Teoria dell’impresa. Dispense per gli studenti ad uso interno. 18

    prezzo di un bene essenziale avrà un effetto sulla quantità domandata dei beni di lusso o dei beni ritenuti meno essenziali.
    Il principio di irriducibilità di fatto giustifica alcuni interventi dello Stato, in particolare il controllo dei prezzi ed il sovvenzionamento dei beni di prima necessità che soddisfano i bisogni essenziali della popolazione. Lo stesso si potrebbe dire di politiche quali il controllo degli affitti o l’edilizia popolare.
    Le implicazioni per gli studi sull’ambiente
    La teoria del consumo post-keynesiana ci consente di spiegare un fenomeno che si osserva di frequente nell’ambito degli studi sull’ambiente. Alcuni autori usando modelli di valutazione con- tingente cercano di stimare l’ammontare di moneta che i consumatori sarebbero disposti a pagare o accettare a compensazione di un ambiente migliore o peggiore o per la salvaguardia della natu- ra. Tali autori hanno potuto esaminare per anni un incredibile numero di risposte – offerte (pro- poste, dichiarazioni) spontanee – che sono incompatibili con la teoria neoclassica e le sue curve di indifferenza.
    Molti individui rispondono che non accetterebbero alcuna compensazione, mentre altrove nel questionario, essi ammettono prontamente che sono preoccupati per le questioni ambientali. Altri intervistati forniscono risposte che implicano un ammontare di denaro inverosimile.
    Ancora, queste risposte hanno un senso compiuto se accettiamo che tali consumatori conside- rino l’ambiente un bisogno primario, soggetto a vincoli di reddito assai blandi. Nessun possibile ammontare di moneta è sufficiente per compensarli per il degrado ambientale; sicché per espri- mere il loro sentimento sulla questione, essi non offrono alcunché oppure offrono un ammontare quasi infinito. Si tratta di offerte di protesta (Spash e Hanley, 1995).
    2.2 I mercati oligopolistici e gli obiettivi delle imprese
    Le caratteristiche dell’impresa post-keynesiana
    La teoria neoclassica dell’impresa è in sostanza pura funzione: assume una piccola impresa che consegue rendimenti decrescenti, che massimizza i profitti nel breve-periodo in un contesto per- fettamente concorrenziale, spingendo la produzione fino al punto in cui il prezzo di mercato e- guaglia il costo marginale. L’impresa rimane a galla fino a che il prezzo si mantiene al di sopra del costo variabile medio. Se aumenta la domanda, aumentano del pari i prezzi.
    L’impresa post-keynesiana è di natura alquanto differente. Opera in un contesto di concorren- za imperfetta, più specificamente in mercati oligopolistici, dove poche grandi imprese, le grandi corporations (o megacorps), esercitano il proprio dominio su una serie di piccole imprese.
    Box 2.3: Jean Anouilh: una fine conoscitrice delle preferenze lessicografiche
    Jean Anoulih, autore di un certo numero di opere teatrali, è per definizione un’analista esperta del comportamento umano. Nel brano seguente, descrive la discussione tra Messerchmann, un ricco industriale, e Isabelle, una giovane, promettente ma povera ballerina che Mr. Messerchmann vorrebbe corrompere affinché lasci il castello, poiché la sua presenza offende la figlia (dell’industriale) che è innamorata del signore feudale. Si consideri il passo che segue:
    M: Quanto vuole per andarsene senza rivederlo mai più? I: Nulla, Signore. Non intendo rivederlo mai più.
    M: Signora, non mi piace quando le cose sono gratuite. I: La spaventano le cose gratuite?
    M: Mi sembrano assurde [priceless] ... La trovo assai simpatica e sono disposto ad essere molto generoso con lei. Quanto vuole?
    I: Nulla, Signore.
    Tratto da: M. Lavoie: L’Économie postkeynésienne
    M. Passarella: Corso di Teoria dell’impresa. Dispense per gli studenti ad uso interno. 19

    Tratto da: M. Lavoie: L’Économie postkeynésienne
    M: È troppo caro.
    (Jean Anouilh (1972)[1951], L’invitation au château, Paris: Éditions de la Table Ronde (Folio), Paris, Act IV, pp. 325-8)
    Il testo è un eccellente esempio di ordinamento lessicografico. Quando Messerchmann chiede a Isabelle quanto de- naro dovrebbe ricevere per lasciare il Castello, lei risponde ‘nulla’. Questa è una offerta di protesta. La sua partenza non può essere comprata, ovvero se potesse, l’ammontare richiesto di denaro sarebbe infinito. Le sue preferenze so- no lessicografiche. Messerchmann non è sciocco e lo capisce fin troppo bene. Sicché quando Isabelle risponde che il suo prezzo per accettare è zero – nulla – egli replica: ‘È troppo caro’!
    Le imprese sono anche interdipendenti, dato che le decisioni prese da un’impresa producono conseguenze sulle altre imprese. Ciò suggerisce che le imprese debbano tenere in considerazione le imprese rivali, incluse le imprese che potrebbero potenzialmente entrare nel mercato. Come tale, la strategia è una componente sostanziale degli affari: le imprese devono anticipare gli svi- luppi futuri e adottare una strategia con un occhio al lungo periodo. Questo è particolarmente ve- ro per quel che riguarda le decisioni di fissazione dei prezzi, come è mostrato in Tabella 2.2, in cui sono delineate le diverse tassonomie post-keynesiane dei meccanismi di definizione dei prez- zi e delle forme di mercato.
    Box 2.4: Le scelte di natura lessicografica all’interno dell’economia dell’ambiente
    Si assuma che gli individui debbano scegliere tra la qualità (o l’estensione) delle foreste e il loro consumo privato, f e y. Assumeremo che fino a che il loro reddito è inferiore a y*, essi preferiscano il paniere con il più elevato reddito netto (il loro consumo massimo), indipendentemente dall’estensione delle foreste. Tuttavia, a parità di reddito netto, gli individui preferiscono il paniere che contiene la maggiore estensione di foreste. Diremmo quindi che il consumo privato è la prima scelta dell’individuo mentre la foresta è la seconda scelta. Tutto ciò è rappresentato in Figura 2.1 con curve di quasi-indifferenza orizzontali a forma di freccia. Più alta è la curva, maggiore è il livello di soddisfa- zione. Ma per una data curva orizzontale, ogni movimento verso destra determina una soddisfazione ancora maggio- re.
    Tuttavia, per un reddito netto uguale o superiore a y*, la prima preoccupazione è la dimensione delle foreste, e il reddito netto diventa la seconda preoccupazione. Le curve di quasi-indifferenza sono ora verticali. Più gli individui si spostano a destra, più sono contenti. Sono diventati consumatori ‘verdi’. Quindi, con riferimento alla Figura 2.1, essi preferirebbero (nell’ordine) le seguenti situazioni: A > C > B > D > E > G.
    y
    ya y* ye
    BA DC
    G
    E
    f
    Si assuma che un individuo si trovi in corrispondenza del punto A, circondato da una foresta di una certa grandezza f0, con un reddito ya. sotto queste condizioni cosa sarebbe disposta a pagare tale persona per impedire una riduzione della foresta? Questo ammontare è ovviamente pari a ya – y*, dato che al di sotto di y* il reddito netto diventerebbe
    fd f0
    Figura 2.1: Giudizio di valore contingente con scelte di natura lessicografica
    M. Passarella: Corso di Teoria dell’impresa. Dispense per gli studenti ad uso interno. 20

    In questo senso, i prezzi non sono determinati dalle ‘forze del mercato’ o da un banditore fittizio e onnisciente. I prezzi sono fissati dalle imprese. Se esse sono price takers, si adegueranno sem- plicemente alle politiche di prezzo delle imprese dominanti dell’industria. Queste ultime sono quindi le price leaders. Tali imprese dominanti o barometriche devono decidere in merito al prezzo che faranno pagare, e questo prezzo diventa il punto di riferimento per il resto del merca- to. Una cosa è certa: i prezzi possono non portare i mercati all’equilibrio (o, come si dice, pulire i mercati); non vengono fissati con l’intento di eguagliare l’offerta e la domanda.
    Tabella 2.2: Due differenti approcci alla fissazione del prezzo e ai mercati
    Tratto da: M. Lavoie: L’Économie postkeynésienne
    la prima preoccupazione. Eppure tale ammontare sottostima fortemente il vero valore della foresta. Se la foresta fos- se considerevolmente ridotta e i consumatori si trovassero in quel momento al punto B, la loro soddisfazione sarebbe molto inferiore rispetto a quella fornita dal punto C. Inoltre, quale ammontare di denaro compenserebbe a sufficien- za ciascuno di essi per consentire la scomparsa di parte della foresta? Di fatto, questo ammontare sarebbe indetermi- nato o infinito.
    Di conseguenza, nel caso di individui per i quali la foresta è diventato il criterio primario per il loro ordinamento lessicografico, le valutazioni contingenti non riflettono adeguatamente uno scambio liberamente sottoscritto, come avverrebbe in ogni mercato, finanche in uno ipotetico. Piuttosto, la transazione proposta assomiglia ad un ricatto più che ad ogni altra cosa. Ancora, in ogni situazione di ricatto, una persona non può mai essere indifferente tra il valore (monetario) del riscatto pagato e il valore dei beni o delle persone riscattati. La teoria neoclassica del welfare viene quindi invalidata. Indipendentemente dal livello di riduzione della foresta, l’individuo può offrire solo ya – y*.
    Autore
    Kalecki (1971) Means (1936)
    Sawyer(1995)
    Okun (1981)
    Hicks (1974) Chandler (1977)
    La teoria post-keynesiana
    Prezzi determinati dai costi
    Prezzi rigidi
    Prezzi amministrati
    Prezzi determinati dalle imprese Prezzi strategici di lungo/termine
    Imprese price maker Mercati price-tag
    Mercati con prezzi rigidi Mano visibile del management
    La teoria neoclassica
    Prezzi determinati dalla domanda Prezzi flessibili
    Prezzi market-clearing
    Prezzi determinati dal mercato
    Prezzi di breve/periodo Imprese price taker
    Prezzi d’asta [auction-market prices] Mercati con prezzi flessibili
    Mano invisibile del mercato
    Alcuni postkeynesiani, come Galbraith (1967), sottolineano la separazione tra proprietari e manager come una delle caratteristiche delle imprese post-keynesiane. Ma al pari della Robinson (1956, cap. 7), assumiamo piuttosto che sia i proprietari che i manager condividano lo stesso o- biettivo: la sopravvivenza della impresa nel lungo periodo (tranne che in circostanze eccezionali, come è stato il caso dell’euforia finanziaria dei mercati degli anni novanta). Al fine di sopravvi- vere, svilupperanno un certo numero di strategie e di obiettivi.
    Una delle caratteristiche delle grandi corporation è la loro proprietà di numerosi fattori o di impianti (e stabilimenti), che offrono una grande varietà di beni e di servizi. I loro costi variabili medi sono naturalmente costanti, come discuteremo più avanti.
    Il potere e la crescita
    Molti studi hanno mostrato che la dirigenza (o management) abbia di fatto obiettivi multipli. Ma per sopravvivere, le imprese devono acquisire i mezzi per controllare il loro ambiente economi- co, per esempio, prevenendo l’entrata di imprese nuove e rivali nell’industria, sviluppando ricer-
    M. Passarella: Corso di Teoria dell’impresa. Dispense per gli studenti ad uso interno. 21

    ca&sviluppo, ed esercitando un monitoraggio su fornitori, finanziatori, sulle prospettive dell’industria e sulla legislazione del governo. Per esercitare il controllo, le imprese devono ave- re potere, che è il mezzo che garantisce la loro sopravvivenza. Il potere assicura altresì che la di- rigenza d’impresa occupi un posto elevato nella gerarchia sociale e che si assicuri il rispetto dei suoi pari. Ma siccome quello di potere è un concetto vago e dalle molte sfaccettature, alcuni stu- di hanno mostrato che le imprese hanno espliciti obiettivi multipli intermedi.
    Ma come fanno le grandi corporation ad ottenere il potere? Un’impresa con cifre di vendita impressionanti e un’ampia quota di mercato ha più potere. Il potere è perciò collegato alla di- mensione dell’impresa ed alla quota di mercato che essa occupa. Per guadagnare potere e quote di mercato, le imprese devono crescere. Perciò, la crescita è il mezzo attraverso cui un’impresa acquista potere addizionale. Ciò implica che se sosteniamo che le imprese veramente massimiz- zino qualcosa, dobbiamo concludere che esse cerchino di massimizzare la crescita.
    Tra i postkeynesiani, la crescita ha sempre giocato un ruolo essenziale. Secondo la Robinson (1962, p. 38), ‘il meccanismo centrale dell’accumulazione è lo stimolo delle imprese a sopravvi- vere e crescere’. Ciò è vero in ogni tempo nelle società capitalistiche, oggigiorno, al tempo di Veblen 100 anni fa, o al tempo di Galbraith 50 anni fa.
    Per i postkeynesiani, non c’è né una dimensione ottimale delle imprese, né rendimenti decre- scenti. Le imprese sono vincolate dai loro tassi di crescita, non dalla loro dimensione assoluta.
    @TheLastOfUs

  2. #82
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    Predefinito Re: Sono i consumatori che decidono il prezzo, non le aziende

    Citazione Originariamente Scritto da TheLastOfUs Visualizza Messaggio
    non importa che non la conoscono, anche se la conoscessero la sostanza non cambia.

    aziende e consumatori tramite i loro comportamenti si influenzano a vicenda fino ad arrivare a un prezzo di equilibrio

    tra l'altro non sono elucubrazioni matematiche fini a sè stesse, ma ad esempio un'azienda conoscendo l'elasticità al prezzo sa come varia la quantità venduta in base alla variazione di prezzo, oppure sa se col prezzo attuale in perdita all'azienda conviene stare sul mercato o uscire

    microeconomia è una materia molto importante
    La microeconomia e' l'economia (altre "economie" non ne esistono), ma in realta' la questione non si dirime con le equazioni, dato che le variabili (e le funzioni) nella pratica sono sconosciute.
    Nessuno in realta' sa quale variabile davvero comanda... e' la domanda a determinare il prezzo... o e' il prezzo a determinare la domanda ?
    Nessuno conosce quanto e' elastica una certa variabile e ripida una certa curva... se non a posteriori (cioe' troppo tardi)... domani la curva e' cambiata.
    Asserzioni tipo "l'incontro tra domanda e offerta determinano il prezzo di equilibrio" sono tentativi di matematizzare la questione che ci allontanano da come in realta' funziona l'economia, dato che poi alla fine gli attori (produttori e i consumatori) non agiscono in base ad alcuna funzione...

  3. #83
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    Predefinito Re: Sono i consumatori che decidono il prezzo, non le aziende

    Citazione Originariamente Scritto da ciddo Visualizza Messaggio
    La microeconomia e' l'economia (altre "economie" non ne esistono), ma in realta' la questione non si dirime con le equazioni, dato che le variabili (e le funzioni) nella pratica sono sconosciute.
    Nessuno in realta' sa quale variabile davvero comanda... e' la domanda a determinare il prezzo... o e' il prezzo a determinare la domanda ?
    Nessuno conosce quanto e' elastica una certa variabile e ripida una certa curva... se non a posteriori (cioe' troppo tardi)... domani la curva e' cambiata.
    Asserzioni tipo "l'incontro tra domanda e offerta determinano il prezzo di equilibrio" sono tentativi di matematizzare la questione che ci allontanano da come in realta' funziona l'economia, dato che poi alla fine gli attori (produttori e i consumatori) non agiscono in base ad alcuna funzione...
    Wow, per una volta siamo d’accordo ma per ragioni diametralmente opposte

  4. #84
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    Predefinito Re: Sono i consumatori che decidono il prezzo, non le aziende

    Citazione Originariamente Scritto da ciddo Visualizza Messaggio
    La microeconomia e' l'economia (altre "economie" non ne esistono), ma in realta' la questione non si dirime con le equazioni, dato che le variabili (e le funzioni) nella pratica sono sconosciute.
    Nessuno in realta' sa quale variabile davvero comanda... e' la domanda a determinare il prezzo... o e' il prezzo a determinare la domanda ?
    Nessuno conosce quanto e' elastica una certa variabile e ripida una certa curva... se non a posteriori (cioe' troppo tardi)... domani la curva e' cambiata.
    Asserzioni tipo "l'incontro tra domanda e offerta determinano il prezzo di equilibrio" sono tentativi di matematizzare la questione che ci allontanano da come in realta' funziona l'economia, dato che poi alla fine gli attori (produttori e i consumatori) non agiscono in base ad alcuna funzione...
    be, l'economia è una scienza complessa e microeconomia ne è una parte.

    in realtà non è che le funzioni non si possono determinare, è che non sono statiche ma dinamiche... però in condizioni che non siano transitori (cioè periodi con repentini cambi di inflazione) le funzioni sono abbastanza lente a cambiare..
    il miglior modo per evitare che un prigioniero possa scappare è essere sicuri che lui non sappia mai che si trovi in prigione
    -Fyodor Dostoevsky

  5. #85
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    Predefinito Re: Sono i consumatori che decidono il prezzo, non le aziende

    Citazione Originariamente Scritto da TheLastOfUs Visualizza Messaggio
    be, l'economia è una scienza complessa e microeconomia ne è una parte.
    Mh... permetti di dissentire. Ad esempio io credo che la macroeconomia sia sostanzialmente infondata... quella si una pseudo scienza che contraddice qualsiasi senso comune e i cui adepti sono paragonabili agli astrologi. Tutto il pacchetto "macro" e' da prendere e portare in discarica.

    in realtà non è che le funzioni non si possono determinare, è che non sono statiche ma dinamiche... però in condizioni che non siano transitori (cioè periodi con repentini cambi di inflazione) le funzioni sono abbastanza lente a cambiare..
    Ma anche il "quanto" sono dinamiche e' un'ulteriore incognita pero'... c'e' gente che ci rimette i risparmi scommettendo su certe elucubrazioni...

    Se le funzioni non si possono determinare, e se nel momento in cui le determini sono gia superate, allora tantovale approcciare la questione da un'altra angolazione...

  6. #86
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    Predefinito Re: Sono i consumatori che decidono il prezzo, non le aziende

    Citazione Originariamente Scritto da ciddo Visualizza Messaggio
    Mh... permetti di dissentire. Ad esempio io credo che la macroeconomia sia sostanzialmente infondata... quella si una pseudo scienza che contraddice qualsiasi senso comune e i cui adepti sono paragonabili agli astrologi. Tutto il pacchetto "macro" e' da prendere e portare in discarica.



    Ma anche il "quanto" sono dinamiche e' un'ulteriore incognita pero'... c'e' gente che ci rimette i risparmi scommettendo su certe elucubrazioni...

    Se le funzioni non si possono determinare, e se nel momento in cui le determini sono gia superate, allora tantovale approcciare la questione da un'altra angolazione...
    perchè mai la macroeconomia è infondata? la base teorica mi sembra ben consolidata, validata poi da modelli econometrici sempre più sofisticati.

    tra l'altro ad esempio le banche centrali non seguono azioni a caso, ma si portano dove si vogliono portare toccando precise leve non a caso ma seguendo le regole macroeconomiche...


    sai cos'è forse che toglie credito e fiducia alla macroeconomia? il mondo della politica.
    il mondo della politica (non voglio additare nessuno, ma è pratica comune diffusa) prende i consiglieri economici, e poi piega lo spazio tempo facendo di testa propria. i consiglieri economici poi si prestano al gioco perchè sennò perdono il posto.. ecco poi perchè sembra che le idee politiche siano avallate dal mondo economico, e allora non si capisce come mai siano conciliabili economisti di destra ed economisti di sinistra..

    in realtà la macroeconomia è solo una, il macroeconomista perde di credibilità quando si toglie i panni del tecnico e diventa consulente economico di un politico. se questi economisti fossero onesti intellettualmente prenderebbero le distanze spesso dal mondo politico che li usa
    il miglior modo per evitare che un prigioniero possa scappare è essere sicuri che lui non sappia mai che si trovi in prigione
    -Fyodor Dostoevsky

  7. #87
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    Predefinito Re: Sono i consumatori che decidono il prezzo, non le aziende

    Citazione Originariamente Scritto da TheLastOfUs Visualizza Messaggio
    perchè mai la macroeconomia è infondata? la base teorica mi sembra ben consolidata, validata poi da modelli econometrici sempre più sofisticati.
    Oddio... sinceramente la base teorica e' basata sull'idea che i comportamenti spontanei individuali siano dannosi su larga scala, e quindi servano dei correttivi da parte di una qualche entita' esterna (che pero' sempre umana e'...) che li indirizzi verso obiettivi piu desiderabili.
    Gia questa premessa non solo non e' dimostrata (a ben guardare e' un ragionamento circolare), ma io la trovo una cretinata in termini...

    "Validata da modelli econometrici" ?? non capisco di che parli... forse del fatto che i modelli predicono che se butti soldi dall'elicottero la gente li arraffa e corre a spenderli ? Non e' che serva qualcosa di particolarmente sofisticato per prevederlo...

    tra l'altro ad esempio le banche centrali non seguono azioni a caso, ma si portano dove si vogliono portare toccando precise leve non a caso ma seguendo le regole macroeconomiche...
    sta di fatto che il risultato sarebbe lo stesso che se guardassero i fondi del caffe'... come Bernanke nel 2007: " va tutto bene, non c'e' inflazione"... e come adesso: via coi quantitative... miliardi a tutti (ops, il prezzo del ferro passato da 0,6 al kg a 1,4 in tre mesi... che dici, l'avevano previsto ? ).

    sai cos'è forse che toglie credito e fiducia alla macroeconomia? il mondo della politica.
    il mondo della politica (non voglio additare nessuno, ma è pratica comune diffusa) prende i consiglieri economici, e poi piega lo spazio tempo facendo di testa propria. i consiglieri economici poi si prestano al gioco perchè sennò perdono il posto.. ecco poi perchè sembra che le idee politiche siano avallate dal mondo economico, e allora non si capisce come mai siano conciliabili economisti di destra ed economisti di sinistra..

    in realtà la macroeconomia è solo una, il macroeconomista perde di credibilità quando si toglie i panni del tecnico e diventa consulente economico di un politico. se questi economisti fossero onesti intellettualmente prenderebbero le distanze spesso dal mondo politico che li usa
    Veramene LoU io la vedo diversamente. La macroeconomia esiste perche' la politica vuole che esista. Dal punto di vista accademico la roba di keynes (la macro e' basata sostanzialmente sulla sua "teoria generale") sarebbe stata cestinata gia da 50 anni... e' campata per aria. Sai perche' sopravvive ? Perche' e' il potere politico a tenerla in vita !! La macro ha bisogno di quell'entita' esterna per poter essere messa in pratica... e la scelta puo' ricadere solo sullo stato.
    I politici adorano disporre di risorse... fa parte del loro DNA avere la presunzione di saper spendere i soldi dei cittadini meglio di quanto farebbero loro. Solo che siccome le risorse le possono prendere con le tasse o coi debiti (che sono malvisti dai cittadini), allora hanno bisogno di giustificazioni plausibili. E quale miglior giustificazione degli scritti di uno scienziato apparentemente serio ed illuminato che ha scritto tante belle formule che dimostrerebbero niente di meno che se i cittadini risparmiano il sistema va a rotoli... devono invece dare i soldi ai politici, cosi che possano "spenderli" per aumentare la domanda globale e portare prosperita' !!. Sinceramente rabbrividisco nell'osservare che di questo cortocircuito non se ne accorge nessuno (se non quei quattro austriaci miei compari).

 

 
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