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    Predefinito Gli anarchici illegalisti

    Una particolare forma estrema di anarco-individualismo.

    https://it.wikipedia.org/wiki/Illegalismo

    Il termine illegalismo indica un comportamento o una condotta politica che contrasta le leggi dello Stato[1] praticando l'illegalità. Solitamente, il termine è usato in riferimento a una tendenza dell'anarchismo che si sviluppò principalmente in Francia, Italia, Belgio e Svizzera nei primi anni del 1900, spesso legata all'anarchismo individualista[2][3].

    L'illegalismo si fonda sull'anarchismo egoista e sulla filosofia di Max Stirner come giustificazione del comportamento criminale (di solito rapine, furti, taccheggio, sabotaggio, truffa) a fini ribellistici e individualisti. Come gli anarchici classici, essi sono anche forti avversari dell'idea di lavoro subordinato e di mercato. Non tutti gli illegalisti sono sostenitori di Stirner e della sua filosofia. Jules Bonnot e la banda Bonnot furono noti illegalisti, e, in Italia, Renzo Novatore e Sante Pollastri.


    Indice
    1 Storia
    1.1 Critiche
    2 Influenza
    3 Note
    4 Voci correlate
    Storia
    L'illegalismo salì alla ribalta per la prima volta tra una generazione di europei ispirata dai disordini degli anni 1890, durante i quali figure come Ravachol, Émile Henry, Auguste Vaillant e Caserio commisero audaci crimini in nome dell'anarchismo, nella logica di quella che è conosciuta come propaganda del fatto. Alcuni vengono considerati precursori del terrorismo politico tramite attentati.

    Influenzati dall'egoismo stirneriano[2], gli illegalisti, in Francia, si staccarono da anarchici come Clément Duval e Marius Jacob, i quali giustificarono il furto con la teoria della ripresa individuale (la reprise individuelle) o reclamazione individuale, e spesso sono considerati all'origine del movimento illegalistica. A differenza di quanto sostenuto da essi e poi dai fautori dell'esproprio proletario, gli illegalisti veri e propri sostenevano però che le loro azioni non richiedevano alcuna base morale e che gli atti illegali non venivano intrapresi in nome di un ideale superiore, ma per la semplice ricerca dei propri desideri, sebbene distinte dal semplice crimine attuato per arricchimento o impulso diverso, per il fatto che gli illegalisti erano spesso dichiarati anarchici, e agivano anche per autofinanziamento. A Parigi, questo ambiente era incentrato sui giornali settimanali L'Anarchie e le Causeries Populaires (gruppi di discussione regolari che si riunivano ogni settimana in diverse località della capitale e dintorni), entrambi fondati da Albert Libertad e dai suoi collaboratori[2].

    Quando Petr Kropotkin e altri decisero di entrare nei sindacati dopo le loro iniziali riserve[4], restarono gli anarco-comunisti anti-sindacalisti, che in Francia si raggrupparono attorno a Le Libertaire di Sébastien Faure. Dal 1905 in poi, le controparti russe di questi comunisti anarchici anti-sindacalisti diventano partigiane del terrorismo economico e degli espropri illegali[4]. L'illegalismo emerse come pratica effettivamente effettuata[3] anche da anarco-comunisti, e spesso il termine "illegalismo" venne usato per definire tutti i modi utili ai "compagni" di guadagnare[5].

    Tali atti di ribellione alle leggi, come i furti, sono stati spesso visti anche ideologicamente come gesti di protesta individuale contro il capitalismo e lo Stato, che avrebbero potuto alla lunga innescare un'insurrezione di massa, portando alla rivoluzione anarchica secondo la teoria del Verwirrung ("disordine, confusione") enunciata da Bakunin[3]. Tra i sostenitori e gli attivisti di questa tattica vi furono Johann Most, Luigi Galleani, Victor Serge e Severino Di Giovanni. In Argentina, queste tendenze fiorirono alla fine degli anni Venti e durante gli anni Trenta del Novecento[6].

    La banda Bonnot fu il gruppo più famoso ad abbracciare l'illegalismo. La banda di Bonnot (La Bande à Bonnot) fu un gruppo anarchico criminale francese che operò in Francia e Belgio durante la Belle Époque, dal 1911 al 1912. Composta da individui che si identificavano con l'emergente ambiente illegalista, i più famosi Jules Bonnot e Raymond Callemin, la banda utilizzava tecnologie all'avanguardia (tra cui automobili e fucili a ripetizione) non ancora disponibili per la polizia francese, principalmente per effettuare rapine a banche o ricchi borghesi.

    Critiche
    In seguito al suo arresto per aver ospitato membri della banda Bonnot, Victor Serge, che un tempo era un forte difensore dell'illegalità, divenne un critico acuto. In Memoirs of a Revolutionary, descrive l'illegalismo come "un suicidio collettivo"[7], inutile al fine della rivoluzione. Allo stesso modo, Marius Jacob rifletté nel 1948: "Non credo che l'illegalità possa liberare l'individuo nella società odierna... Fondamentalmente, l'illegalità, considerata come un atto di rivolta, è più una questione di temperamento che di dottrina"[3].

    Influenza
    L'illegalismo è stato ripreso da correnti come l'anarchismo insurrezionale (ad esempio in Alfredo Maria Bonanno) e l'anarchia post-sinistra. In Spagna e in America Latina è apparso una sorta di movimento chiamato Yomango (da "yo mango" cioè io rubo), che sostiene il taccheggio e quindi aggiorna l'idea di reclamazione individuale.

    Horst Fantazzini è stato un anarchico individualista italo-tedesco che ha perseguito uno stile di vita illegalista fino alla sua morte nel 2001. Ha acquisito notorietà mediatica principalmente a causa delle sue numerose rapine in banca in Italia e in altri paesi[8]. Nel 1999 è stato rilasciato un film basato sulla sua vita Ormai è fatta!, dalla sua omonima autobiografia scritta negli anni '70.[9].

  2. #2
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