Giorgio Vasari, “Ritratto di sei poeti toscani”, olio su tavola, 1544, Minneapolis Institute of Art.
Da destra a sinistra sono ritratti: Guido Cavalcanti, Dante Alighieri, Giovanni Boccaccio, Francesco Petrarca (tutti e quattro con l’alloro in testa), Cino da Pistoia e Guittone d’Arezzo.

23 aprile: “Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore
” evento patrocinato dall’Unesco per promuovere la lettura, la pubblicazione dei libri e la protezione del diritto d'autore attraverso il copyright.

Dal 1996 la Giornata viene organizzata ogni anno il 23 aprile con numerose manifestazioni in tutto il mondo. E’ una data simbolica, coincide con la morte di tre grandi autori che hanno fatto la storia della letteratura: William Shakespeare (1564-1616), Miguel de Cervantes (1547-1616) e Inca Garcilaso de la Vega (1539-1616).

Le origini della Giornata mondiale del Libro si rintracciano in Spagna: lo scrittore ed editore valenciano Vincent Clavel Andrés (1888-1967) promosse una giornata all’anno dedicata al libro.

Il 6 febbraio 1926, il re Alfonso XIII promulgò un decreto reale che istituiva la Giornata del libro spagnolo. Questa festa, che inizialmente cadeva il 7 ottobre, fu spostata al 23 aprile dal 1931, giorno dedicato alla celebrazione di San Giorgio, il patrono della Catalogna.

Come vuole la tradizione, in questa giornata gli uomini regalano una rosa alla donna amata e i librai catalani offrono in omaggio una rosa per ogni libro venduto il 23 aprile.

Quest’anno la “Giornata mondiale del libro” coincide con il 700/esimo anniversario della morte di Dante Alighieri.

Nel prossimo mese di maggio questo scrittore fiorentino verrà celebrato declinando l’amore in tre filoni ispirati ad alcuni dei più celebri versi:

“Amor… ch’a nullo amato amar perdona“, dedicato all’amore nella sua più ampia accezione quando si accompagna ai sentimenti di empatia e solidarietà;

“Amor… che ne la mente mi ragiona”, legato all’intelletto e fonte di curiosità e desiderio di conoscenza;


“Amor… che move il sole e l’altre stelle“, pensato per abbracciare temi e riflessioni di natura diversa, ampi come la portata del sentimento che le anima.


Il “sommo vate” per il suo viaggio pedagogico descritto nella “Commedia” per raggiungere la sua amata Beatrice nel Paradiso si rivolge a Virgilio.

Appena fuori dalla “selva oscura”, minacciato dalla lupa, il poeta fiorentino sta per tornare sui suoi passi quando vede avvicinarsi un’ombra, che riconosce quasi subito: Virgilio. Si rivolge a lui dicendogli: “tu sei lo mio maestro e ‘l mio autore”. Autore nel senso di persona degna di essere creduta e rispettata.

Dante esprime a Virgilio sorpresa e riconoscenza; lo elegge a sua guida nell’Inferno e nel Purgatorio; lo definisce fonte di “largo fiume” (di poesia) e “onore e lume” di altri poeti.

Nel poema, fino alle soglie del Paradiso, Virgilio viene chiamato da Dante con numerosi appellativi, come “dolce duca mio”, “dolce padre”, “alto dottore”, “buon maestro”.

Nel XXX Canto del Purgatorio il pellegrino Dante si rivolge il suo maestro, ma questo è scomparso, perché Virgilio ha concluso la sua missione, di essere il suo “dux”. Gli appare Beatrice (versi 22 – 54).

L’Alighieri descrive l'apparizione di una donna coperta dalla nuvola di fiori e la paragona a quella del sole che, talvolta, sorge velato da spessi vapori che rendono l'oriente di colore roseo e permettono di fissare lo sguardo sull'astro. La donna indossa un velo bianco e una ghirlanda di ulivo, nonché un mantello verde e una veste color rosso vivo: anche se Dante non l'ha ancora vista in volto in quanto velata, il suo spirito avverte la potenza d'amore ed egli riconosce quella figura come la donna amata in vita, Beatrice. Turbato, si volta alla sua sinistra per parlare con Virgilio, ma il poeta latino è scomparso e ciò provoca in lui un enorme dolore; la bellezza dell’Eden intorno a lui non gli impedisce di piangere.

Beatrice si rivolge a Dante e, chiamandolo per nome, lo invita a non piangere, mentre gli angeli cantano il Salmo XXX (In te, Domine, speravi).