User Tag List

Pagina 2 di 2 PrimaPrima 12
Risultati da 11 a 12 di 12
  1. #11
    Partito d'Azione
    Data Registrazione
    22 Apr 2007
    Località
    Roma
    Messaggi
    13,157
     Likes dati
    309
     Like avuti
    928
    Mentioned
    40 Post(s)
    Tagged
    8 Thread(s)

    Predefinito Re: Le forze politiche antifasciste nella Resistenza (1975)

    Prima di tutto, per incidere in quel momento storico, era necessario combattere, avere coscienza che la guerra da fare era quella per la liberazione nazionale. Perciò bisognava respingere lo schematismo di una guerra di classe (lo schematismo classista avrebbe precluso la funzione egemonica della classe operaia), capire che la funzione della classe operaia non era quella di determinare, e tanto meno di scegliere, un’altra guerra ipotetica, ma quella di assumere una funzione di primo piano, di direzione e di partecipazione alla guerra di liberazione come forza capace di attrarre altre forze. Alla classe operaia e al suo partito si poneva così il problema dell’unità democratica e antifascista che poteva essere raggiunta superando lo schematismo e aiutando, per esempio, repubblicani e azionisti a superare quel settarismo che li portava ad anteporre il problema istituzionale a quello, per noi – e non solo per noi – essenziale, della priorità della guerra contro i tedeschi e i fascisti da combattere insieme a tutte le forze che in Italia potevano combatterla e che in altre parti del mondo da tempo già combattevano.
    Richiamarsi alla funzione egemonica della classe operaia in un vasto movimento nazionale di unità democratica e antifascista, voleva dire naturalmente porsi il problema dell’unità di classe e quindi, da una parte, meditare sulla tragica esperienza del primo dopoguerra, riflettere su quanto era costata la divisione e, dall’altra, rifarsi all’esperienza del fronte popolare e del patto di unità d’azione tra comunisti e socialisti. Si trattava soprattutto di riconoscere la realtà nuova nella quale i comunisti si erano impegnati. Era una realtà, per tanta parte, determinata dalla presenza del mondo cattolico, che aveva conservato non solo le sue tradizioni, ma anche una sua organizzazione, la sola che avesse potuto vivere una sua vita organizzata parallelamente al fascismo. Mentre altri considerava questa esistenza parallela solo un fatto da «condannare», per noi esso significava una realtà con la quale era necessario fare i conti. E bisognava fare i conti anche con ciò che il fascismo aveva creato, nel paese, con le sue organizzazioni, con la sua attività nel campo dell’educazione della gioventù e, quindi, porsi il problema del recupero dei giovani, e anche dei non più giovani, che il fascismo aveva conquistato. I comunisti si trovavano a lavorare in una situazione di crisi nuova: non bastava più una presa di posizione, un manifestino, una mano tesa; non bastava più una politica che trovasse qualche interlocutore, e non bastava più neppure un richiamo ai fascisti sul terreno della riconciliazione nazionale come era avvenuto qualche anno prima, ed era sembrato retorico e velleitario, ma era necessario riconoscere tutti i momenti di una situazione nuova, in cui questi problemi offrivano nuove, diverse e più ampie e concrete possibilità di lavoro. Affrontandoli, se ne coglieva tutto il significato. I comunisti si trovavano di fronte a una realtà che essi erano pronti a esplorare, ma via via che la esploravano si trovavano di fronte alla necessità di una nuova elaborazione politica che insegnava loro ciò che ancora non sapevano. Il partito comunista fu il più pronto a intendere e ad apprendere nell’impatto con la nuova realtà.
    Questo è dunque il quadro d’insieme nel quale i comunisti si trovano ad operare nel momento della Resistenza: che ha inizio con l’8 settembre, ma che può già contare sull’esperienza dei quarantacinque giorni di Badoglio, su quel breve periodo in cui il partito si presenta di nuovo alla luce del sole sia pure con un numero di aderenti che non supera i quindici-ventimila. Ma proprio nel momento in cui ha inizio la Resistenza, si può constatare come il partito possa contare su un elemento che lo pone immediatamente in prima fila. I comunisti, è vero – come spesso ha detto Ferruccio Parri -, sono un’avanguardia di ufficiali e di sottufficiali, ma soprattutto sono una forza che ha già maturato la profonda convinzione che la Resistenza si può attuare come movimento di massa e soltanto come movimento di massa. Perciò essi sono subito in azione ovunque possano incontrarsi con forze che, fino a quel momento, non si erano manifestate. I comunisti, che erano stati relegati ai margini e isolati, si trovano di colpo a operare in mezzo a grandi masse, in un nuovo spessore della realtà italiana. Qui l’accento torna sui cattolici, sulla Chiesa, e sui contadini, che del mondo cattolico erano tanta parte. Noi non pensammo allora che vi fossero, per la Resistenza, delle zone «bianche» solo perché influenzate e anche organizzate dalla Chiesa; non pensammo che vi fossero zone sorde al richiamo della Resistenza: pensammo invece che il mondo cattolico, con le sue organizzazioni, e gran parte della Chiesa stessa sarebbero stati disposti a combattere o ad aiutare. Nella realtà, verificammo che in queste masse c’era disponibilità a lottare per una riscossa nazionale che avesse per obiettivo la democrazia.
    Un discorso analogo si può fare per le generazioni influenzate dal fascismo. I comunisti furono capaci di far loro da maestri, ma seppero anche, quando era necessario, imparare da loro. La guerra partigiana reclutò i suoi combattenti e i suoi quadri non solo tra coloro che avevano combattuto in Spagna dalla parte della Repubblica, o tra coloro che avevano organizzato la lotta clandestina, ma anche tra quanti avevano imparato a organizzare e a fare la guerra militando nell’esercito e nelle organizzazioni fasciste. Non ci presentammo come missionari, ma come politici capaci di cogliere l’essenziale in un processo che in tanti avevano già raggiunto la svolta della consapevolezza e che in tanti altri si svolse fino alla maturazione durante la lotta. La classe operaia poteva affermare la propria egemonia soltanto se riusciva ad afferrare la prospettiva del processo storico, a presentarsi come classe nazionale e a fondare una politica di alleanze. In mancanza di questa politica, vi sarebbe stata contrapposizione là dove era possibile la collaborazione, e i comunisti sarebbero caduti in un isolamento che avrebbe loro precluso la possibilità di agire come protagonisti.
    Se è vero che la Resistenza poteva realizzarsi solo come movimento di massa, il primo compito del movimento operaio e del partito comunista era dunque quello di fondare una politica di alleanze che allargasse la partecipazione delle masse alla lotta. A questo punto, ecco porsi con evidenza il problema della democrazia e dell’unità. I comunisti furono i promotori del Comitato di liberazione non come semplici luoghi di incontro ai vertici tra i partiti, e tanto meno come luoghi di incontro di notabili, ma come punti di partenza di un processo in atto, che restituiva o dava per la prima volta una coscienza nazionale a masse che non l’avevano avuta, o l’avevano concepita in modo distorto, se non subita come una sorta di costrizione. Ne consegue che quando i comunisti affrontano il problema dell’unità e della democrazia, non parlano del dopo, ma della necessità della democrazia per il lavoro e per la lotta quotidiani. Del resto, la democrazia, in quel momento, era il solo strumento per organizzare una guerra che permettesse una reale partecipazione delle masse. E questo è il carattere specifico della partecipazione dei comunisti: il partito comunista è l’anima della democrazia che si va affermando nel nostro paese. È una democrazia che, in parte, si riafferma, ma che per quegli strati della nostra popolazione che non l’avevano conosciuta sotto nessuna veste, si afferma per la prima volta. Perciò i comunisti si adoperano per l’articolazione dei Comitati di liberazione in tutto il paese, nelle città, nei borghi, nelle frazioni, nei quartieri, nelle fabbriche. Il loro obiettivo è quello di immettere nella vita nazionale una unità articolata, un pluralismo effettivo. È significativo che, in gran parte delle fabbriche, i comunisti vadano a cercare gli altri partiti perché si costituisca il Comitato di liberazione. Altrimenti, ci sarebbero state soltanto le cellule comuniste. Analogamente essi sono per i «comitati di agitazione» e, non appena è possibile, per l’organizzazione del movimento sindacale e, infine, per la partecipazione alla lotta, in modo unitario ma autonomo, delle donne e dei giovani, che non avevano mai partecipato alla vita democratica del paese. Mentre per altri la democrazia consiste soltanto nel rifarsi al modello prefascista, per i comunisti la democrazia è partecipazione continua, giorno per giorno, alla costruzione di un regime democratico contrassegnato dal pluralismo e dall’unità.

    (...)
    Il mio stile è vecchio...come la casa di Tiziano a Pieve di Cadore...

    …bisogna uscire dall’egoismo individuale e creare una società per tutti gli italiani, e non per gli italiani più furbi, più forti o più spregiudicati. Ugo La Malfa

  2. #12
    Partito d'Azione
    Data Registrazione
    22 Apr 2007
    Località
    Roma
    Messaggi
    13,157
     Likes dati
    309
     Like avuti
    928
    Mentioned
    40 Post(s)
    Tagged
    8 Thread(s)

    Predefinito Re: Le forze politiche antifasciste nella Resistenza (1975)

    Ci dobbiamo chiedere a questo punto come il nostro internazionalismo si colleghi con la consapevolezza che quella che si combatte è una guerra nazionale. I comunisti non abbandonarono il loro internazionalismo. Al contrario, proprio dall’esperienza internazionalista essi trassero la convinzione che il sentimento nazionale era un elemento essenziale della nostra epoca. L’internazionalismo rese i comunisti più capaci di assimilare altre esperienze nazionali, di trarre forza dalla Resistenza sovietica, e di riconoscere il valore della collaborazione con gli alleati, che pure erano i rappresentanti di società che i comunisti non prendevano certo a modello. Era nuovo, quindi, anche il quadro della realtà internazionale, e nuova era la politica che i comunisti dovevano condurre. Furono i comunisti italiani a capire subito quanto importanti fossero i rapporti con i rappresentanti della Resistenza jugoslava. Ciò non impedì loro, tuttavia, di porre con forza il problema dell’italianità di Trieste e di contrapporsi alle rivendicazioni nazionali, che non consideravano giuste, da parte degli jugoslavi. I comunisti verificarono così, in questa lotta e in questo quadro politico, il loro internazionalismo e compresero che questo tanto più poteva manifestarsi quanto più essi riuscivano a incidere nella realtà del paese come una forza nazionale effettivamente operante. Quell’internazionalismo, fatto di un’esperienza direttamente vissuta, permetteva al partito di essere la forza che, liberandosi dalla retorica nazionalista del fascismo, affermava e permetteva di conoscere la realtà nazionale al di là di ogni gretto provincialismo. La posizione nei confronti della presenza decisiva degli inglesi e degli americani in questa parte del continente, dimostra come e quanto i comunisti avessero compreso che una politica nazionale non poteva né doveva essere la politica di un solo partito, né poteva né doveva identificarsi con schemi o con affinità ideologiche. Anche nella politica estera condotta durante la Resistenza, i comunisti portarono una visione nazionale, che già teneva conto della necessità della collaborazione europea e mondiale.
    La Resistenza fu un processo in cui la storia assunse un ritmo molto rapido. Si poteva esserne protagonisti solo se si riusciva a comprendere i nuovi compiti di lavoro e di lotta che via via si ponevano. Il partito comunista, come ho già ricordato, anche se durante i quarantacinque giorni succeduti al 25 luglio ’43, si presenta come una formazione che non conta più di quei quindici-ventimila militanti. Ma nella situazione nuova, essere una grande partito voleva dire essere qualche cosa di diverso: il partito comunista doveva essere capace di operare nella nuova realtà e di fare in modo che la sua lotta divenisse esperienza di un numero sempre più grande di militanti. I quindicimila o ventimila aderenti dei quarantacinque giorni diventano centinaia di migliaia, il partito deve guidare forze armate, condurre scioperi e, via via che il paese si libera, deve procedere alla costruzione e all’amministrazione di forme organizzate di democrazia, a un contatto di massa con altre forze politiche di massa, anch’esse in via di accrescimento e non più dirette, ormai, dai piccoli gruppi di antifascisti del periodo che aveva preceduto la dittatura. Si dovette quindi elaborare e, al tempo stesso, applicare la dottrina e la prassi del partito nuovo.
    Mi voglio richiamare ancora una volta alla complessità, al travaglio di questo processo, che ha un carattere unitario da non dimenticare. Direi che questa unità del processo, in tanta parte del paese e a tutti i livelli, dalla direzione della guerra partigiana alla direzione del governo (per fare dei nomi decisivi, da Togliatti a Longo) a mano a mano che l’Italia si libera, rivela quanto sia stato grande il valore teorico e politico della elaborazione togliattiana: e rivela contemporaneamente che il partito non si trova all’improvviso di fronte a una sorta di illuminazione, a una dottrina profetica accolta da quanti ne ricavano un motivo di conversione, ma – e ciò non toglie niente al valore della elaborazione di Togliatti, anzi dà maggiore risalto alla sua personalità – conquista nella lotta la capacità di dirigere un processo di forze reali. È una conquista del partito nel suo insieme, di quel partito nuovo che per tanta parte è composto di militanti formatisi durante la Resistenza. Non è un partito che conduce la Resistenza e, dopo qualche anno, raccoglie i frutti della lotta: è un partito che fa la Resistenza e che dalla Resistenza viene fatto.
    Per tutto questo, appunto, non possiamo staccare il momento della prima tappa della rivoluzione democratica e antifascista dai suoi precedenti. Bisogna tener conto della storicità di un processo che si rifletterà anche nel modo in cui il partito si presenterà dopo la Resistenza e per un lungo periodo successivo. È un processo che si collega a tradizioni ancor più lontane e che, pur nella novità e nella diversità delle situazioni reali, si riconnette a quanto è stato seminato e coltivato nella clandestinità. Il periodo della Resistenza è assolutamente nuovo, ma non prescinde dai periodi che lo hanno preceduto. Ce lo abbiamo ricordare oggi quando parliamo di seconda tappa della rivoluzione democratica e antifascista: poniamo problemi nuovi e indichiamo potenzialità nuove, e, al tempo stesso, intendiamo che essa è storicamente legata ai processi che l’hanno preceduta e preparata.

    Gian Carlo Pajetta
    Il mio stile è vecchio...come la casa di Tiziano a Pieve di Cadore...

    …bisogna uscire dall’egoismo individuale e creare una società per tutti gli italiani, e non per gli italiani più furbi, più forti o più spregiudicati. Ugo La Malfa

 

 
Pagina 2 di 2 PrimaPrima 12

Discussioni Simili

  1. La città dell’Arno nella Resistenza e nella Liberazione (1984)
    Di Frescobaldi nel forum Repubblicani, Socialdemocratici, Progressisti
    Risposte: 14
    Ultimo Messaggio: 07-01-20, 12:52
  2. Le forze politiche antifasciste nella Resistenza – Gli azionisti (1975)
    Di Frescobaldi nel forum Repubblicani, Socialdemocratici, Progressisti
    Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 25-04-18, 19:01
  3. Manifesto unitario delle forze democratiche antifasciste
    Di AB01 nel forum Sinistra Italiana
    Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 23-04-08, 17:03
  4. A proposito di riconciliazione tra le forze politiche
    Di C@scista nel forum Centrodestra Italiano
    Risposte: 6
    Ultimo Messaggio: 10-06-06, 17:02
  5. Forze politiche
    Di Hrodland nel forum Destra Radicale
    Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 01-03-06, 14:15

Tag per Questa Discussione

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito