Ma il punto è proprio questo: la testimonianza di una vittima non vale nulla senza le prove.
E per fortuna visto che c'è una caterva di false vittime. Mogli che inventano violenze da parte del marito per ottenere l'affidamento dei figli e addirittura mogli che inventano
di aver visto il marito violentare i figli ed educano i figli a dire che è stato così. Falsi incendi, falsi rapimenti, false estorsioni, falsi incidenti, falsi furti. E certo falsi stupri.
La coercizione è sempre violenza sessuale. E costringere una persona a bere contro la sua volontà è coercizione. Usare polverine per stordirla e avere rapporti senza il suo esplicito consenso è violenza sessuale.
Su questo non ci piove.
Ma qui si tratta di andare oltre l'ingenua premessa che una ragazza non possa mentire o avere ricordi confusi di una notte.
Si tratta di accettare che ci sono tante ragazze che vorrebbero fare cose più trasgressive e volontariamente bevono per superare l'inibizione e volontariamente dicono "vogliono fare una cosa a 4 ma ho bisogno
di bere per accettare l'idea" e sono appena alticce ma completamente in grado di intendere e volere con dettagli specifici di cosa vogliono provare, risate, baci eccetera.
Ma finita l'ebrezza, non soltanto alcolica ma proprio del momento, della notte, delle luci soffuse, della segretezza, alla luce del giorno ci si potrebbe pentire fino ad elaborare di non essere stata una cosa voluta ma obbligata. Ci sarebbe un mondo da scrivere su quanto la mente può giocare brutti scherzi anche solo a distanza di 12 ore. Presente quando non troviamo le chiavi e sono nel frigo e non ricordiamo in alcun modo in qualche momento abbiamo fatto il gesto di aprire il frigo e metterle dentro, tanto da chiederci se eravamo ipnotizzati e obbligati da qualcun'altro? Ecco.
Qualora emergessero prove di un chiara coercizione, allora certo che è violenza. La coercizione contro la propria volontà lo è sempre.
Ma qui si tratta di non saltare a conclusioni affrettate solo perché "una ragazza ha detto".
La compagna di Massimo Di Cataldo andava a piangere dai procuratori dicendo che lui la picchiava e loro trovavano lividi e tagli.
Dopo un anno di inferno che ha reso Di Cataldo "un mostro" perché l'opinione pubblica ha troppo insistito in fase di accusa e ignorato il tutto in fase di scagionatura, si è scoperto
che la pover pazza si procurava da sola lividi e tagli con pietre e coltelli. Ma siccome lei era donna e una donna non mentirebbe su fatti così gravi, non piangerebbe a comando, non reciterebbe
la parte della spaventata mentre sotto sorride diabolicamente per averla fatta sotto il naso a tutti, lui è sempre stato colpevole a prescindere e la sua carriera è distrutta anche se non ha mai alzato
un dito contro anima viva.