Hitler or Hell.
HAHAHAHHAH che ridere...
In effetti nulla, sarebbe come paragonare il bergamasco al tedesco, sotto certi aspetti..
Ma giammai che il bergamasco abbia subito dei teutonicismi come superstrato, innestati su un sostrato celtico italico preesistente.
Ma siiiiiiii, sono ironicissimo in effetti.
A me i dialetti piacciono, specialmente quelli del Sud, sono più veraci, mi sembra.
Originariamente Scritto da …:
“Se trovi che ho parlato di una Lamborghini te ne regalo una”.
https://forum.termometropolitico.it/...l#post21308108
Verace nel senso che sono più veri o autentici?
MMMMM.. insomma. Le lingue dialettali volgari del sud Italia hanno subito influenze medio orientali e meso elleniche, mentre quelle del nord sono fortemente influenzate da idiomi germanici, francesi, ma anche spagnoli.
Occidentale in un altra discussione, ebbe a scrivere che il dialetto bergamasco è "barbaricissimo" (cit sua), cosa che concordo, ma si potrebbe dire la stessa identica cosa di gran parte dei dialetti del sud Italia.
Siii.. Le lingue dialettali, nel loro insieme, sono belle,
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“Se trovi che ho parlato di una Lamborghini te ne regalo una”.
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Permettimi di correggerti.
I dialetti meridionali sono strutturati su una base greca e latina, ma con forti influenze dallo spagnolo, dal francese e in misura minore dall'arabo (frutto delle dominazioni succedutesi dal medioevo in avanti).
Qualche esempio dal napoletano:
giocare - pazzià, dal greco pàizein
ciliegia - cerasa, direttamente dal latino, ma notare che in francese è cerise, in spagnolo cereza
albicocca - grisommola, dal greco crysomelon (pomo aureo)
zucchina - cucuzziello, dal latino cucutium
all'improvviso - all'intrasatta, dal latino intras acta
spavaldo, camorrista - guappo, dallo spagnolo guapo (bello)
cavatappi - tirabbusciò, dal francese tire-bouchon
fretta - pressa, dallo spagnolo prisa
arancia - purtuallo, proprio dal Portogallo, perché questo frutto arrivava a bordo dei mercantili portoghesi
zoticone, cafone - tamarro, dall'arabo tammār (venditore di datteri)
...e così via.
Tutti guardano l'albero e nessuno vede la foresta.
Al mondo esistono solo due razze: gli uomini per bene e gli stronzi. Questi ultimi cercano quasi sempre di passare per i primi.
Arabismi nel napoletano:
Bazzariota (bazaar): venditore ambulante di merci al minuto.
Bardascia (bardaǧ): indica una prigioniera.
Ccaffè (qahwa): bevanda eccitante.
Paposcia (babusc): pantofola vecchia.
Dragumanno (targiumān): procacciatore di affari.
Gabèlla (qabāla): imposta/tassa.
Carcioffola (kharshūf): noto ortaggio dal caratteristico sapore dolce – amaro.
Cuttone (quṭun): fibra tessile ricavata dai peli che rivestono i semi della pianta omonima, da cui si ottengono filati e tessuti.
Caraffa (garrāfa) : un tipico recipiente panciuto di vetro.
Guallera (hadara): rigonfiamento delle parti intime maschili indotto da noia.
Scialle (shāl): indumento femminile di lana.
Tamarro (tammār): indica una persona, per lo più di periferia, dai modi e dagli aspetti rozzi, volgari e villani.
Tummeno (thumn): antica unità di misura.
Mammone (maimūn): mostro terrificante
Mammalucco (mamlūk): una persona priva di gestualità, cioè non si avverte la sua presenza poiché poco attiva nei rapporti umani.
Ed ecco una parziale campionatura di parole di matrice araba tuttora vive nel dialetto napoletano:
“BARDASCIA“: appellativo tipico della ragazza appena uscita dalla fanciullezza. La sua derivazione è da “bardag”, indicante la giovane schiava straniera, fatta preda di guerra o di razzia. Il termine, si badi bene, nulla ha a che vedere col dispregiativo volgare bagascia…
“BAZZARIOTA“: antica denominazione del venditore ambulante di merci al minuto, pervenuta da “bazaar”, il tipico mercato orientale. In seguito questa parola ha assunto la valenza di persona scansafatiche, poco affidabile, ed anche poco onesta.
“CANTARO” (attenti all’accento!): unità di peso pari a cento rotoli (circa kg. 90), sostituita dal nostro quintale con aggiunta. Ricorre nella colorita espressione “Fa’ tre fiche nove ròtole e quatto ceuze nu cantaro”, riferita a chi “la fa troppo pesante”. Dall’ ar. “qintar”.
“CARAFFA e GIARRA“: denominazioni proprie della piccola brocca in vetro dal contenuto inferiore al litro, da “garaf”.
“DRAGUMANNO“: fonema ormai in disuso, riferito al procacciatore di affari. Da “targuman”, intermediario, mediatore e anche interprete.
“FARFARIELLO“: appellativo riservato da Dante al diavolo, ma ampiamente diffuso nel nostro dialetto con analogo significato: da lui nella settecentesca Lo Guarracino viene metaforicamente “pigliato” lo sprovveduto Alletterato per il tradimento della fedifraga Sardella. Da “farfar”. demonio, spirito maligno.
“FELUSSE“: era uno (oggi obsoleto) degli ottantatré sinonimi nostrani del denaro, giuntoci da “fulus”, monete, immortalato dal Basile ne Le Muse napoletane (1635) con l’efficace aforisma “Nun se pò avere bontate e felusse”.
“FUNNACO“: vicolo cieco, sporco, sovraffollato, costellato da povere abitazioni. Deriva da “funduq”, precario alloggiamento per mercanti.
“GUALLARA“: questa denominazione dell’ernia discende da “hadara”, rigonfiamento.
“MAMMONE“: lemma evocato per spaventare bambini vivaci. Deriva da “maymum”, scimmione.
“PAPOSCIA“: pantofola vecchia e deformata (ma anche sinonimo di abnorme ernia scrotale), ripresa da “babusc”, la classica calzatura orientale con la punta rivolta all’insù.
“RUOTOLO“: unità di peso pari alla centesima parte del citato cantaro (e quindi a circa, gr. 900). Ricorre nella nostrana locuzione “pe ‘ ghionta ‘e ruotole”.
“SCIARAPPA“: bevanda sciropposa e zuccherina, riferita anche a vino dolce e gustoso, da “sharab”.
“SCIAVECA“: rete da pesca a strascico. Da “shabaka”, dello stesso significato.
“TARÌ“: moneta. L’etimo più convincente è da “dirahim”, soldone argenteo, ma non può escludersi una derivazione da “tariy”, fresco di conio.
“ZARRO“: ciottolo contro cui può inciamparsi e, per estensione, equivoco, abbaglio, cantonata (“Piglià nu zzarro”), da “zahr”, appunto sasso.
“ZIRACCHIO“: una unità di misura (circa cm. quindici) pari alla distanza intercorrente tra il pollice e l’indice della mano distesa. Come tale perviene da “zeraic”. Non vi ricorda nulla l’espressione a prendere in giro chi tanto alto non è? “Si avete nu palmo e nu ziracchio”.
“ZIRO“: recipiente in terracotta, orcio per la conservazione dell’olio, dall’equivalente “zir”. Sulla costiera amalfitana fa imponente mostra di sé la Torre dello ziro, dove internamente erano conservate ingenti quantità di olio.
Ora qui di seguito ed in sintesi, altri verbi, avverbi e sostantivi di derivazione araba ma, prestate attenzione, molti tra questi, per arrivare qua da noi, sono passati attraverso commistioni con le lingue straniere, specie greco, spagnolo e francese.
– Abbezzèffe – in gran quantità, abbondantemente / ar. biz-zaf – in abbondanza;
– acciacco – malanno, infermità / ar. saqqa – lamento, malattia;
– alliffare – allindare, azzimare / ar. laffa (pulire, attorcigliare i baffi);
– arrassare – allontanare, distanziare /ar. radda (restituire, allontanare, rifiutare);
– azzardo – azzardo / dall’ar. az-zahr;
– babbalucco – sciocco, balordo / ar. mamluk;
– valice/cia – valigia / waliha (gran sacco);
– gabbella – gabella / qabala (cauzione, garanzia);
– cabbala – cabala / ar. qabbala;
– cafè – caffè/ ar. qahwa;
– cala – piano inclinato per lo scivolo delle navi a mare/ ar. kalla – scendere, calare;
– calafare – calafatare / ar. qallafa;
– campora – canfora / ar. kafur;
– carace – garage/ ar. qarasa;
– carato – carato / ar. qirat;
– carcioffola – carciofo/ ar. harsuf
– caruofalo – garofano / ar. qaranful;
– casecavalle – caciocavallo / ar. qasqawal;
– chintale – quintale / ar. qintar;
– coffa – coffa, nassa / ar. kuffa;
– cuttone – cotone / ar. qutun;
– fustagna – fustagna, tipo di stoffa / ar. Fostat (sobborgo del Cairo dove si fabbricava questo tipo di stoffa);
– ghirba – sacco di pelle e simili per portare acqua / qirba;
– giarla – giara, brocca / ar. garra;
– lacca – lacca / ar. lak;
– lammicco – lambicco, alambicco / ar. anbiq (tazza);
– lebbeccio – libeccio / ar. lebeg;
– lellera – edera / ar. lelle;
– limone – limone / ar. laymun;
– matarazzo – materasso / ar. matrah (luogo dove si stende qualcosa);
– mesale – tovaglia da tavola / ar. misar;
– ‘nzalarchìa – itterizia / ar. saffar (ingiallire);
– damiggiana – damigiana / ar. damagan;
– recamo – ricamo / raqqama;
– sacca – piccolo sacco / fen. sáq;
– salamalecco – salamelecco / as-salam alayka;
– sansaro – sensale, mediatore / ar. simsar;
– sarracino – saraceno, musulmano / ar. sarqi (orientale);
– scerocco – scirocco / ar. suruq;
– sciàbbeca – sciabica / specie di rete; ar. sabaka (grossa rete da pesca);
– sciarro – bisticcio, litigio / ar. sarra;
– serchia – screpolatura, ragade / ar. srq;
– serracchio – saracco / ar. sarraqa;
– surbetta – tipo di gelato / sarbat (limonata, bevanda);
– tabbacco – tabacco / ar. tabbaq;
– tafanaro – deretano / ar. tafar;
– taliare – guardare fisso / ar. talai;
– tamàrro – persona rozza, zoticone / ar. tammar;
– tara – tara / ar. taraha;
– tarco – talco / ar. talq;
– tauto – bara / ar. tabut;
– trippa – stomaco di bue / ar. tariba;
– zaffarano – zafferano / ar. za’faran;
– zagara – fiore d’arancio / ar. zahra;
– zecca – zecca / ar. sikka;
– zuccaro – zucchero / ar. sukkar.
Ma potrei continuare ancora, lo stesso vale ovviamente per la Sicilia e la Puglia:
La lingua – Basta pensare alla tipica omissione delle vocali del dialetto per capire quanto la lingua locale sia stata influenzata dal mondo orientale. Del resto sono tanti i termini del vernacolo barese derivanti dall’arabo, almeno secondo l'autrice Maddalena Malcangio che ha scritto un libro sull'argomento ("La Puglia nel periodo dei saraceni"). Ad esempio terrise (“soldi”) proviene dall’arabo tari. Tavute (“bara”), da tabut. O ancora zacquare, parola usata per definire una persona sciatta, deriva da saqqa. Anche il verbo “andare” che in dialetto viene tradotto in scì proviene da namsci. Ed è a questo punto "arabo" il famoso scioglilingua barese Ce nge n’am’a scì, sciamanìnne. Ce no nge n’am’a scì, no nge ne sime scènne. Anche l’espressione mafisce feluse (“non ho soldi”) caduta ormai in disuso ha origini orientali, come i cognomi Melo e Morisco.
E cosi via..
Ergo, le lingue dialettali del sud sono barbaricissime tanto quelle del nord, visto che hanno subito influenze da popolazioni mediorientali.