All’indomani delle elezioni politiche dell’aprile 1992, in cui il PSd’Az si vide dimezzare i consensi rispetto alle precedenti elezioni “regionali”, chiudendo così miseramente la stagione del “vento sardista”, le cui motivazioni sono state abbastanza analizzate ma che personalmente riduco alla semplice discrepanza tra programmi elettorali e coerenza nel perseguirli, si inserì una vicenda abbastanza emblematica, attuale anche per la piega (o piaga?) politica interna di questo Partito.

Nonostante la “débâcle”, con la lista di coalizione “Federalismo - Pensionati Uomini Vivi - PSd'Az”, furono eletti Giancarlo Acciaro alla Camera e Valentino Martelli al Senato.

Il noto cardiochirurgo, candidato come indipendente dall’allora segretario Giorgio Ladu, dopo la sua elezione espresse perplessità in merito al bilinguismo.

Michele Columbu, padre nobile del Sardismo, inviò all’Unione Sarda una lettera che venne così titolata: “Egregio senatore, il PSd’Az non è una lavatrice”.

Ne ripropongo il testo, soprattutto per le sue conclusioni, motivo di riflessione per gli attuali iscritti (immagino sempre meno numerosi) al PSd’Az.



L’UNIONE SARDA
Martedì 14 aprile 1992


Egregio senatore, il Psd’Az non è una lavatrice.

Ecco la lettera che ci ha inviato l'ex presidente dei Psd'Az Michele Columbu.


I sardisti, e forse anche altri sardi, dovranno essere pazienti col senatore Valentino Martelli e perdonargli la sconsideratezza di alcune dichiarazioni postelettorali rilasciate al giornalista Giovanni Puggioni per L'Unione Sarda dell'8 aprile.

Il professor Martelli è un chirurgo cardiologo dì grande reputazione. Per diventare cardiologo e chirurgo di grande reputazione egli ha dovuto seguire studi rigorosissimi, in Italia e all'estero, come pure affrontare una serie di stressanti esperienze. Siamo orgogliosi di annoverarlo fra i sardi illustri e benemeriti.

Per diventare uomo politico, invece, né lunghi studi, tirocinio e libri, né faticose esperienze, viaggi eccetera, ma soltanto una firmetta per accettare la candidatura. Poi se ne va a letto; e mentre lui dorme i sardisti votano per lui, come una fedele lavatrice automatica. Quando si sveglia si ritrova senatore, ben riposato e disposto a dichiarare che il Partito sardo non gli va bene perché «perde, tempo col bilinguismo» e «parla poco di zona franca, di trasporti, di Europa e di Cee». E altre sconcertanti dichiarazioni.

Io insisto che dobbiamo essere pazienti col nostro senatore, non indignarci e non insultarlo, considerato che egli è quasi certamente convinto di quello che dice. Basta pensare che scienziati più illustri di lui - faccio i nomi dì Carlo Rubbia e di Rita Levi Montalcini - seguendo i furori di Giorgio La Malfa, per salvare l'Italia da un ritorno al tribalismo hanno sottoscritto un manifesto contro l'insegnamento della lingua sarda.

Come mai, anche nella testa dì uomini colti e intelligenti, sopravvivano di queste pericolose superstizioni, è un mistero.

Non meno dei professori Rubbia e Montalcini, il professor Martelli è libero dì pensarla come vuole, sia riguardo alle cose che sa (atrii, valvole e ventricoli) e sia riguardo alle cose che non sa (bilinguismo, sardismo, eccetera). Ma anche noi, i sardisti sopravvissuti, abbiamo il diritto di domandare perché egli, pur sapendo chi eravamo e chi siamo, abbia preferito giocare con le speranze, l'amore e l'ingenuità dei sardisti, anziché avventurarsi col Partito repubblicano, per la lotta contro i dialetti, o nella Democrazia cristiana, dove alcuni amministratori lo volevano senatore a ogni costo).

La sua risposta non occorre; anzi è meglio che non offra ulteriori elementi per un giudizio morale già tanto pesante su questa faccenda da faccendieri che, in definitiva, lo coinvolge solo occasionalmente e parzialmente.

I sardisti scampati alle imboscate e ai tradimenti, quelli che ancora credono nella possibilità di una lotta politica onesta per la Sardegna, secondo una ragionevole stima, sono più di mille; cioè moltissimi e in grado di travolgere qualunque opportunista interno. Essi le domande più severe le porranno al segretario nazionale Giorgio Ladu. Non solo per sapere (è un modo di dire) che senso abbia l'elezione di un antisardista al Senato e la contestuale sottrazione di un prezioso cardiochirurgo alla comunità isolana; ma anche per sapere (si fa per dire) se egli, nell'azione politica, si ispiri ai generosi principi del sardismo o agli interessi della massoneria.

Nel 1821 in Italia i massoni rischiavano la pelle per l'Unità e per la Libertà. Erano idealisti. Se trasferiamo nel tempo i mille sardisti che dicevo, essi potevano essere massoni. Oggi no, i massoni non sono idealisti e non hanno quello spirito eroico. A me sembra che oggi pensino soprattutto a fermare il mondo per mangiarselo con più comodo; ma che ne so a che cosa pensa veramente un massone?

Io vedo che tutti i partiti ne sono pieni come le banche, le imprese eccetera, e mi faccio domande. Nel Partito sardo d'azione, da un po' di tempo, sono così numerosi (sarà un errore di qualche computer) che si fanno guerra fra loro, massoni rinnovatori, federalisti, conservatori, indipendentisti, di destra, di sinistra, ma soprattutto massoni. E i Mille che faranno? Stiamo a vedere.

Michele Columbu