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    Predefinito Le vittime dimenticate del Colonnello Claus Graf Schenk von Stauffenberg

    Il Colonnello Generale Friedrich Fromm – Il Colonnello Claus Graf Schenk von Stauffenberg – Il maggiore del Reggimento Grossdeutschland Otto Ernst Remer – Motivi che condussero al fallimento dell’attentato – Il Dottor Heinrich Berger – Il Maggiore Generale Heinz Brandt – Il Colonnello Generale della Luftwaffe Gunter Korten: Un soldato esemplare – Il Generale di Fanteria Rudolf Schmundt – Commenti sugli eventi ricordati



    di Giandomenico Bardanzellu



    Articolo tratto da l’Uomo libero n. 73 anno XXXIII Maggio 2012 pagg. 49 – 66




    Nel corso della storia sono innumerevoli gli episodi di tradimenti, assassini, disprezzo e distruzione di vite innocenti. Tali eventi sono spesso legati a delirio di potenza, a vigliaccheria o fanatismo religioso. Possono a volte essere accompagnati da clamorosa incompetenza. É tuttavia accaduto assai di rado che queste caratteristiche e pseudo motivazioni si siano riscontrate, tutte insieme, come avvenne nel caso dell’attentato e della congiura ordita da Stauffenberg e dai suoi complici contro Adolf Hitler il 20 luglio 1944.



    In quella data un individuo malato di ambizione sfrenata, dominato da fanatismo pseudo religioso e da un pesante complesso di inferiorità, un ufficiale tedesco traditore, tentò di uccidere il suo Comandante in Capo in uno dei più critici momenti della guerra, quello seguito allo sbarco in Normandia, mentre gli Americani già occupavano Livorno e i Russi Minsk.



    La Storia ci ricorda che la Guardia Imperiale non tentò di uccidere il suo Imperatore durante la battaglia di Waterloo, che i Piemontesi non tentarono di uccidere Carlo Alberto dopo Novara, né i Giapponesi tentarono di uccidere il loro Imperatore dopo l’apocalisse nucleare.



    Stauffenberg invece tentò di uccidere il suo Führer, ammazzando al suo posto tre suoi colleghi ufficiali, un funzionario civile e ferendo gravemente altre undici persone. Nella sua cieca ambizione riuscì a convincere gli altri congiurati a dover essere il solo a portare a termine l’attentato nonostante le sue menomazioni fisiche e alla condizione di salvare la propria vita. Da quest’ultimo punto di vista avrebbe avuto molto da imparare dai Kamikaze giapponesi, dai combattenti che oggi si immolano per i propri ideali in diverse parti del mondo. Le motivazioni di costoro si possono respingere oppure condividere, però è certo che chi sacrifica la propria vita per i suoi ideali dimostra un coraggio fisico e morale che mancò del tutto a Stauffenberg. Il tipo di attentato da lui escogitato presentava evidenti dubbi di successo ai fini di eliminare la vittima designata, ma era del tutto inidoneo a comportare la morte e il ferimento di personaggi estranei alle sue intenzioni.



    Il tragico bilancio dell’attentato fu di quattro morti fra ufficiali e funzionari civili di cui tre perirono entro le prime ventiquattro ore, mentre uno di essi agonizzò fino al mese di ottobre di quell’anno. Il Führer fu soltanto leggermente ferito. Lo scopo di questo scritto è di portare a conoscenza dei nostri lettori i nomi e le succinte biografie delle quattro vittime dell’attentato, tenute vergognosamente nascoste in tutte le cerimonie e le pubblicazioni ufficiali. La dinamica dell’attentato è stata a fondo ricostruita e portata a conoscenza del pubblico attraverso i libri di storia e a mezzo di due film di grande diffusione. Non viene qui ripetuta se non per alcuni necessari riferimenti. I nomi degli ufficiali traditori, fatti subito fucilare a loro volta dal traditore Fromm, sono incisi nel granito sulla stele dedicata a Stauffenberg. Ogni anno il 20 luglio vengono inscenate macabre commemorazioni pseudo militari di quell’evento. I nomi dei morti ammazzati da Stauffenberg non compaiono invece da nessuna parte, e sono sconosciuti ai più.



    Prima di volgerci alle vittime dell’attentato tratteremo le personalità e i ruoli di alcuni protagonisti degli eventi, ossia del Generale Friedrich Fromm, del Colonnello Claus von Stauffenberg e del Maggiore Otto Ernst Remer.




    Il Colonnello Generale Friedrich Fromm



    Il Generale Fromm dipendeva direttamente dal Feldmaresciallo Keitel ed era il Comandante in Capo delle Forze di Riserva della Wehrmacht. Il Colonnello Claus Schenk von Stauffenberg, con una benda sull’occhio, monco del braccio destro e privo di due dita alla mano sinistra a causa delle ferite riportate il 7 aprile 1943 in Nord Africa, dal 1° luglio 1944 era a capo del Personale (Chef des Stabes) del Generale Fromm.



    Il Generale Fromm occupa una posizione unica nella galassia dei traditori, quella cioè del "traditore dei traditori", come vedremo. La versione "politicamente corretta" sui congiurati del 20 luglio stabilisce che essi furono tutti vittime della ferocia dei nazisti assetati di sangue. La vittima più illustre, icona della "resistenza" al nazionalsocialismo, il "purissimo, immacolato eroe" Claus von Stauffenberg fu invece fatto fucilare la sera stessa dell’attentato dal suo diretto superiore, il Generale Fromm, "nazista" e complice della congiura!



    Il Generale Fromm aveva in passato deciso di assumere una posizione "attendista", decidendo di uscire allo scoperto solo e soltanto quando fosse stato sicuro che il Führer era morto.



    Uno dei suoi sottoposti, il Generale Friedrich Olbricht, anch’esso appartenente ai congiurati, si recò da Fromm intorno alle 14,00 del 20 luglio e gli disse di essere stato telefonicamente informato che era stato compiuto un attentato, che il Führer era morto e che pertanto il Generale Fromm doveva dare l’ordine di esecuzione dell’operazione Walkure (Valchiria), della quale gli era stato affidato il comando dai congiurati.



    L’operazione Valchiria consisteva in una complessa serie di azioni volte ad assicurare ai congiurati il potere civile e militare e permettere loro di aprire i negoziati con gli Anglo-americani per una guerra congiunta contro la Russia (l’ingenuità di una tale azione non ha bisogno di commenti). L’operazione Valchiria non fu inventata dai congiurati: si trattava di un piano di mobilitazione dei riservisti già preparato nel 1941 durante la campagna di Russia, e approvato da Hitler. I congiurati fecero ricorso ai piani già pronti, con minori modifiche, e ne mantennero il nome.



    La mobilitazione delle truppe di riserva era già avvenuta due volte per errore, a seguito di falliti attentati contro il Führer, e questi movimenti dovettero essere spiegati precipitosamente come "esercitazioni".



    Olbricht disse a Fromm che il piano doveva scattare subito, ancora prima dell’arrivo di Stauffenberg, in volo verso Berlino, perché era ormai certo che Hitler fosse morto. Questa volta, inoltre, non si poteva più mascerare l’operazione come "esercitazione". Fromm, sospettoso e prudente, non si fida. D’altronde i suoi stessi colleghi congiurati lo definivano "banderuola al vento", "inaffidabile", "opportunista", ecc. decide di telefonare al Feldmaresciallo Keitel a Rastenburg, nel Quartier Generale di Hitler. Fa l’ingenuo, fa finta di cascare dalle nuvole, avendo "raccolto le confuse, assurde informazioni, che circolano qui a Berlino. Ma c’è stato davvero un attentato? E come sta il Führer?".



    Keitel gli conferma che c’è stato un attentato ma che "grazie a Dio" (Gott sei Dank!) il Führer è stato solo leggermente ferito. E’ probabile che Fromm abbia detto anche lui "Ah bene! Gott sei Dank!". Stava per riattaccare, ma Keitel gli chiede dove si trovasse ora Stauffenberg, che aveva partecipato alla riunione con Hitler ma che si era reso irreperibile. Fromm balbetta: "Non lo so, so che è in volo per Berlino, ma non è ancora arrivato". Dicendo poi che c’erano disturbi alla linea telefonica, riattacca. La conversazione poteva diventare pericolosa. Convoca subito Olbricht e gli dice, furibondo, che non se ne parla neppure di dare il via all’operazione Valchiria in queste circostanze!



    Nel frattempo Stauffenberg atterra a Berlino verso le 16,30, convinto che l’operazione Valchiria sia già in pieno sviluppo. Intuisce però che qualcosa doveva essere andato storto, perché non c’era ad attenderlo neppure la sua automobile di servizio.



    Nel tardo pomeriggio le notizie contradditorie si moltiplicano. Stauffenberg, giunto finalmente all’ufficio di Fromm, si accanisce a convincerlo che Hitler è morto. Fromm urla a Stauffenberg della sua telefonata con Keitel. Stauffenberg diviene furibondo e sostiene che Keitel, al solito, mente, e che lui stesso – mentendo – ha visto il corpo esanime del Führer. In quella stanza, oltre a Stauffenberg e a Fromm, si trovavano altri quattro ufficiali, tutti naturalmente membri della congiura:

    Il Generale Ludwig Beck (designato come futuro Capo dello Stato)

    Il Capitano Werner von Haeften

    Il Colonnello Albrecht Ritter Merz von Quirnheim

    Il Generale Friedrich Olbricht.

    Ad un cenno del generale Fromm interviene un reparto della Wehrmacht con l’ordine di arrestare tutti gli ufficiali presenti. Alcuni di essi mettono mano alle armi, ne nasce una sparatoria nel corso della quale Stauffenberg viene ferito ad un braccio. Ben presto tutti gli ufficiali vengono neutralizzati. E’ noto che Beck chiese una pistola per suicidarsi e che si sparò due volte, senza riuscire ad uccidersi. Fromm gli fece dare il colpo di grazia. Fromm ordina l’immediata fucilazione dei quattro ufficiali "per alto tradimento", che avviene subito nel cortile dell’edificio dove era situato l’ufficio di Fromm, chiamato Bendlerblock.



    Fu Hitler a intuire subito che doveva essersi trattato di Stauffenberg, a differenza di Jodl che fossero stati gli operai dell’Organizzazione Todt, che lavoravano nelle vicinanze (Hitler lo bloccò subito, dicendogli che nessun operaio tedesco avrebbe mosso un dito contro di lui). Hitler notò che Stauffenberg era scomparso dalla riunione e, appena furono note le registrazioni dei suoi passaggi ai posti di blocco, non ebbe più dubbi e diede l’ordine di arrestarlo. Anche Fromm, però, capì subito che la Gestapo era ormai sulle tracce di Stauffenberg. Egli voleva assolutamente evitare che i congiurati che si trovavano nel suo ufficio cadessero nelle mani della polizia, si affrettò pertanto a eliminarli, paventandone la testimonianza.



    La versione "ufficiale" del dopoguerra volle per anni attribuire ai biechi nazisti l’uccisione dell’ufficiale traditore. Un regolamento di conti fra congiurati non sarebbe stata una versione politicamente corretta! Mentre Stauffenberg e gli altri ufficiali furono uccisi dal "fuoco amico" la notte stessa dell’attentato, il processo e le esecuzioni degli altri congiurati si protrassero fino al marzo 1945.



    Il traditore Fromm che non solo voleva apparire come lo scopritore della congiura, ma anche come l’angelo sterminatore dei principali colpevoli, venne scoperto e processato dallo stesso tribunale che giudicò gli altri congiurati. Venne condannato a morte il 7 marzo 1945 e l’esecuzione avvenne il 12 marzo nella prigione "Brandenburg".



    Coloro che furono i più stretti collaboratori di Fromm furono da lui stesso tempestivamente eliminati. I loro nomi sono oggi incisi nel granito, come se il massimo onore per un soldato fosse il tradimento.




    Il Colonnello Claus Graf Schenk von Stauffenberg



    Il falso eroe Stauffenberg osannato dai nemici storici del nazionalsocialismo (che di eroi difettano), nacque il 15 novembre 1907 da antica famiglia franco-sveva. Aderì al nazionalsocialismo già dal 1926. Aveva un suo concetto sulla "Germania segreta" (das gehime Deutschland) che avrebbe dovuto essere retta da una "nuova nobiltà" ed egli si vedeva come rappresentante di questa élite. Posizioni nazionalsocialiste come la teoria sulle razze, una chiara gerarchia delle strutture del popolo e dello Stato, la guida della Nazione sotto un’unica responsabilità, l’esaltazione del concetto di "Sangue e Suolo" (Blut und Boden) nonché altri basilari principi del Nazionalsocialismo si identificavano con i suoi ideali.


    In realtà Stauffenberg e i suoi congiurati potrebbero essere definiti come degli ottusi "deviazionisti di destra" del Nazionalsocialismo. Secondo loro il partito NSDAP era troppo vicino al popolo; non aveva capito che proprio questa era la sua forza. Per Stauffenberg la "nuova", la "nobile", la "sacra", la "segreta" Germania doveva sostituire la materialistica, plebea, ordinaria Germania che secondo lui, il Nazionalsocialismo stava forgiando. É da rilevare che Stauffenberg apparteneva ad una famiglia fanaticamente cattolica, e che sia lui che il fratello Berthold, di tre anni maggiore, fecero parte del circolo dello scrittore-poeta Stefan George (1), una setta di pseudo intellettuali che pendevano dalle labbra del "Maestro". Stauffenberg gli fu presentato nel 1923 e "da allora", scrive il biografo di Stauffenberg, Thomas Karlauf, "sia Claus che suo fratello ebbero come massima aspirazione quella di stare il più a lungo possibile in compagnia del Maestro". La cosiddetta "scuola di Stefan George" era radicalmente ambigua sul tema del sesso. L’autorevole quotidiano tedesco "Frankfurten Allgemeine Zeitung" del 3 agosto 2007 riporta che "sulla base di entusiastici argomenti pedagogici, per George la pederastia rappresentava la forma più elevata dell’Essere nella Società". Predicando questi argomenti il poeta-scrittore George era sempre circondato da giovani rampolli, che ammaliava facendo loro credere di appartenere alla più esclusiva delle élites, ossia a quella dei pederasti, e i fratelli Stauffenberg, come detto, pendevano dalle sue labbra.



    Stauffenberg, nel 1943 gravemente ferito dall’esplosione di una mina, rientrò in Germania. Lo storico Gerhard Ritter riscontra in Stauffenberg una "demoniaca volontà di potenza". Il Maggiore (poi Colonnello) Remer ritiene che Stauffenberg, a causa delle ferite riportate in Nordafrica, sia stato ossessivamente dominato dal terrore che la sua carriera militare ne sarebbe stata irrimediabilmente compromessa. Si convinse che, se fosse riuscito nel suo intentodi uccidere Hitler, avrebbe partecipato al nuovo governo, prendendone forse la guida, e ciò gli avrebbe assicurato un posto nella storia. Remer aggiunge altri dettagli: Stauffenberg non fu mai un comandante di truppe, e non conobbe mai la durezza e i sacrifici del fronte come li conobbero centinaia di migliaia di soldati combattenti. Questa mancanza di cameratismo contribuì alla sua totale indifferenza nel mandare a morte i suoi colleghi ufficiali, periti nell’attentato.



    Il cieco egocentrismo di Stauffenberg riuscì ad imporre ai suoi amici congiurati la propria volontà per essere l’unico delegato ad eseguire l’attentato, nonostante le pesanti menomazioni fisiche e la sua totale inesperienza nell’innescare una bomba e nel coordinare un’azione militare di quel livello. Si aggiunge a tale quadro la sua ferma intenzione di preservare la sua vita "per la causa" (così spiegò anche l’assassino di via Rasella, Rosario Bentivegna, quando gli chiesero perché non si costituì per salvare la vita di centinaia di ostaggi. Egli rispose che non lo fece perché "un marxista deve preservare la sua vita per la causa". Il Führer stesso dopo l’attentato osservò: "Se voleva uccidermi, trovandosi ad una distanza ravvicinata, perché non usò una pistola? Ciò sarebbe stato molto più sicuro e avrebbe preservato la vita dei suoi camerati! Ma preferì usare una bomba inadeguata al compito, ammazzare i suoi compagni e subito dileguarsi per salvare la sua miserabile vita".




    Il Maggiore del Reggimento "Grossdeutschland" Otto Ernst Remer



    In mezzo a tanto fango brilla di luce propria la stella del Maggiore del Reggimento "Grossdeutschland", Otto Ernst Remer, di stanza a Berlino. Il Comandante della Piazza di Berlino era il Generale Paul von Hase, anch’egli membro della congiura e diretto superiore di Remer. Nella loro perversa quanto ingenua fantasia i congiurati volevano far credere ai propri sottoposti che una "congiura anti-nazista", che aveva già ucciso il Führer, ora si accingeva ad assumere il governo della Germania. Autori ne erano i Gauleiter, i capi delle SS, gli alti gradi del Partito, i capi della Polizia, ecc., che pertanto dovevano essere arrestati. Uno dei caporioni della congiura sarebbe stato nientemeno che il Ministro degli Interni, il dottor Joseph Goebbels!


    Il Generale von Hase ordina a Remer di circondare con il suo reggimento il Ministero dove si trova Goebbels. Remer si trovava in quel momento a fare il bagno in una piscina. Scatta fuori dall’acqua, vola al suo ufficio e dà ordine (senza discutere) al suo reggimento di circondare il palazzo di Goebbels. A questo punto il Generale von Hase gli ordina di arrestare Goebbels!



    Remer, che era stato convinto da von Hase della morte di Hitler, diventa ora scettico sulle motivazioni degli avvenimenti. Pur avendo eseguito i primi ordini ricevuti da von Hase, decide stavolta di accertarsi personalmente sulla situazione. Egli risponde al suo superiore che Goebbels era anche il Gauleiter di Berlino, che era il "Protektor" di tutta la Divisione "Grossdeutschland" alla quale egli apparteneva e a cui era stato affidato il comando del reggimento di stanza a Berlino. Goebbels stesso lo aveva ricevuto per congratularsi con lui per il nuovo comando. Egli dichiara a von Hase di volersi recare da Goebbels stesso per chiedere chiarimenti sulla situazione. Furioso, von Hase glielo proibisce, ma Remer ormai ha deciso e si presenta a Goebbels che lo accoglie cordialmente. Remer gli dichiara di essere venuto per riconfermare la sua fede nei destini della Germania, anche, e soprattutto, ora che il suo Führer è caduto, al cui giuramento di fedeltà egli intende attenersi. Goebbels reagisce: "Ma di cosa parla Lei? Il Führer è vivo. Gli ho parlato ora al telefono. L’attentato è fallito, Lei è vittima di una mistificazione!". Remer rimane sconvolto. Goebbels lo capisce bene, vuole convincerlo e richiama la Wolfschanze al telefono, chiedendo di parlare di nuovo col Führer. Gli spiega in poche parole lo scopo della chiamata e subito passa la cornetta all’impietrito Remer. Il Führer gli dice le storiche parole, confermate ancora nel dopoguerra da Remer stesso e dai testimoni della telefonata: "Hier spricht der Führer! Erkennen Sie meine Stimme?" (Qui parla il Führer. Riconosce la mia voce?).



    Remer riesce solo a dire "Jawohl, mein Führer!". Hitler gli dice: "Lei, MaggioreRemer, riceve da me in questo momento tutto il potere sulla città di Berlino e sarà responsabile verso di me, e verso nessun altro, per riportare la tranquillità e la sicurezza nella capitale del Reich. Questo suo incarico durerà fino all’arrivo a Berlino del Reicgsminister Himmler".



    Remer prende subito in mano la situazione. Identifica le unità che avevano già ricevuto gli ordini dei congiurati per marciare su Berlino. Invia loro incontro i suoi ufficiali d’ordinanza che spiegano la situazione e che, da ultimo, chiedono ai comandanti delle unità: "Siete con o siete contro il Führer?". Entusiasticamente tutti rispondono di essere con il Führer. In tutta la Germania si conferma la fedeltà al Führer, così come a Vienna, a Parigi e dovunque i congiurati pensavano di mettere in atto i loro piani. Fin dalle ore 17,00 Keitel aveva cominciato a trasmettere per radio le notizie del fallimento dell’attentato. Ciò fu fatto in diverse lungue, fra cui il portoghese, l’arabo e il turco. La sera stessa infine il Führer parlò alla radio. Dopo il provvidenziale intervento di Remer, e le notizie trasmesse da Keitel, la viva voce di Hitler rimosse ogni dubbio sul definitivo fallimento dell’attentato e della cosiddetta "operazione Valchiria".




    Motivi che condussero al fallimento dell’attentato



    Il motivo principale, la ragione di fondo che oscura tutte le motivazioni secondarie che portarono al fallimento del putsch, risiedette nell’incrollabile fedeltà del popolo tedesco verso il suo Führer. La Germania era Hitler e Hitler era la Germania. Le utopistiche, ciniche e ambiziose elucubrazioni di un pugno di congiurati, distanti anni-luce dal popolo al quale appartenevano, non avevano nessuna possibilità di venire condivise dal popolo tedesco in guerra. Tutta la Wehrmacht rifiutò categoricamente di appoggiare la congiura, come subito confermarono le varie unità. In sintesi: la storia dimostra che il tradimento non si addice al popolo tedesco.


    I motivi secondari che condussero al fallimento sia dell’attentato che della successiva "operazione Valchiria" sono stati tema di vaste ricerche storiche, di interpretazioni politiche, nonché di rappresentazioni cinematografiche.



    Esistono due categorie di queste ragioni secondarie: la prima risiede nella dilettantistica organizzazione del piano, la seconda nella totale mancanza di interesse, e quindi di supporto, da parte degli Anglo-americani per qualsiasi soluzione della guerra che prevedesse solo l’annientamento del Nazionalsocialismo e non quello della Germania.



    Alla prima categoria di ragioni appartiene la cieca superficialità di Stauffenberg nel volere essere l’unico congiurato a innescare una bomba, che avrebbe richiesto invece l’abilità manuale di un orologiaio. La sua menomazione fisica gli impedì, fra l’altro, di armare in tempo la seconda bomba, che era stata prevista per l’attentato. Preso dal panico per voler salvare la propria vita e fuggire rapidamente dal luogo dell’attentato, non si curò di accertare le condizioni del Führer, ma decise ugualmente di diffondere la notizia della sua morte. Né Stauffenberg né alcuno dei congiurati previde inoltre la vitale necessità di isolare la Wolfschanze dalle comunicazioni radiofoniche col resto del mondo, in particolare con Berlino. Ciò permise la telefonata di Fromm a Keitel – e soprattutto la telefonata di Hitler a Remer.



    Il pericolo che l’operazione Valchiria potesse scatenare il caos, dovuto alla temporanea impossibilità da parte dei militari di sapere a chi dovessero obbedire, data la presenza di altissimi gradi fra i congiurati, fu provvidenzialmente evitato dal geniale e coraggioso intervento del Maggiore Remer.



    Per quanto riguarda la seconda categoria di ragioni, quelle esterne alla Germania, l’ingenuità dei congiurati fece ricorso anche a dei preti, totalmente inadeguati al compito, per agire come mediatori fra la Germania e gli Alleati. Il teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer, in una conferenza ecclesiastica segreta tenutasi a Ginevra nel 1941, aveva già dichiarato di "pregare per la sconfitta della Germania in quanto soltanto in questo modo essa potrà espiare i delitti di cui si è macchiata".



    I congiurati organizzarono nel maggio 1942 un incontro a Stoccolma fra Bonhoeffer e il vescovo anglicano di Chichester, Bell. Quest’ultimo venne convinto a sondare il governo inglese sull’atteggiamento che esso avrebbe tenuto verso la Germania nel caso Hitler fosse stato "rimosso". Il vescovo Bell riuscì a far giungere questo strabiliante quesito niente di meno che al Ministro degli Esteri inglese, Anthony Eden, il quale gli scrisse subito "di essere lieto di non dover rispondere, nell’interesse nazionale, a questo genere di domande". Bell però tornò alla carica una seconda volta, e questa volta Eden non gli rispose neppure, ma scrisse a mano sulla lettera di Bell "non vedo alcuna ragione per incoraggiare questo pestifero prete" (this pestilent priest).



    "L’appoggio internazionale" alla congiura non si fermò qui. La ricerca dei colpevoli della congiura fu facilitato da Churchill, che grazie ad agenti inglesi di stanza a Ginevra rese noti i nomi di molti veri o falsi congiurati attraverso la radio britannica. Lo scopo era quello di sbarazzarsi di più generali tedeschi possibile, congiurati o meno.


    * * *


    L’esplosione dell’unica bomba uccise quattro dei presenti e ne ferì altri undici. A Stauffenberg di questi morti e feriti non importava nulla. Altrettanto ipocrita sarebbe stato l’atteggiamento delle autorità tedesche e degli storici politicamente corretti dal 1945 in poi nei confronti delle vittime dell’attentato e soprattutto nei confronti delle loro famiglie. Si trattava di ufficiali e funzionari caduti nell’esercizio delle loro funzioni. Non erano colpevoli di alcun delitto,. Negli anni settanta l’atteggiamento ufficiale fu il seguente: "Poiché a Rastemburg il 20 luglio 1944 Hitler non è morto, gli altri morti non contano!" (non aggiungono per pudore: "anzi gli sta bene. Così imparano a stare vicino al Führer!").



    Rendiamo onore allo storico Werner Lanfhoff e all’editore Arndt per avere scritto e pubblicato il libro "Die Opfer des 20 Juli 1944 – Kollateralschaden einer hoheren Moral?" (Le vittime del 20 luglio 1944 – Danni collaterali in nome di una morale superiore?)



    I nomi delle vittime del 20 luglio 1944, in particolare delle quattro persone che persero la vita, devono essere conosciuti e non essere coperti dal silenzio di Stato:

    Lo stenografo Heinrich Berger, morto il 20/07/1944

    Il Colonnello Heinz Brandt, morto il 21/07/1944

    Il Generale della Luftwaffe Gunther Korten, morto il 22/07/1944

    Il Generale della Wehrmacht Rudolf Schmundt, morto il 01/101944

    Li vogliamo ricordare con dei brevi profili.

    Il Dottor Heinrich Berger


    Non era neppure iscritto al Partito e non ricopriva alcuna carica politica o militare. Nato il 29 gennaio 1905 a Strobitz presso Cottbus, si laureò in giurisprudenza e sviluppò eccezionali capacità nell’arte (è il caso di chiamarla così!) della stenografia dei sistemi "Stolze/Schrey" e "Gabelsberger". Partecipò nel 1928 ad una convenzione di stenografia, e scrisse 440 sillabe per minuto. Negli anni Venti e nei primi anni Trenta vinse tutti i concorsi di stenografia a cui partecipò e fu ritenuto il migliore stenografo del reich. I suoi interessi oltre alla professione e alla stenografia erano l’opera e la vita di Balzac, e la musica classica. La moglie si chiamava Hertha ed ebbero tre figli: Brigitta, Dorothea e Wolfgang. Heinrich Berger e tutto il corpo degli stenografi erano tenuti nella massima considerazione da Hitler. Essi erano vincolati al giuramento di segretezza su quanto ascoltavano e scrivevano. Gli aspetti amministrativi e disciplinari erano regolati da Martin Bormann, ma gli ordini su cosa scrivere venivano loro dati personalmente dal Führer. Egli attribuiva la massima importanza non solo alla capacità professionale degli stenografi, ma anche alla loro lealtà "perché", così scrisse, "io assumo la piena responsabilità verso la Storia e verso i posteri per ciò che ho ordinato, e pertanto tutto deve essere lealmente e correttamente stenografato".


    Il 20 luglio 1944 Berger si trovava al lato opposto dal tavolo dove Hitler stava al centro. Fra i due uomini vi era uno dei supporti del tavolo in pesante legno di quercia, all’interno del quale era stata poggiata la borsa con la bomba di Stauffenberg. Il Maggiore Brandt spostò la borsa all’esterno del supporto, che venne così a trovarsi proprio sotto la parte del tavolo dove lavorava Berger. Quando alle 12,42 la bomba esplose essa staccò di netto le gambe a Berger, che morì alle 17,00 dello stesso giorno.



    La sua morte lasciò la moglie e i tre figli nella povertà, alleviata all’inizio da un assegno mensile che il reich passò alla vedova fino alla fine della guerra. Strobitzsi trovò poi nella DDR, e la miseria più nera colpì la famiglia in quegli anni. Il figlio Wolfgang trovò però ancora più vile l’atteggiamento della Repubblica Federale dopo la riunificazione, che non riconobbe mai né alla madre né ai figli di Berger alcun emolumento, a differenza dei cospicui assegni passati alle famiglie dei congiurati. Il libro di Landhoff pubblica una lettera del Ministero delle Finanze del 30 settembre 1994 al figlio Wolfgang, in cui spiega che suo padre, sì morì il 20 luglio 1944 nel corso delle sue funzioni professionali al servizio dello Stato, ma non è stato ucciso dai nazionalsocialisti, per cui la famiglia di Berger non ha diritto ad alcuna pensione!



    Il 20 luglio 1994 ebbero luogo a Berlino le "celebrazioni" per il cinquantenario dell’attentato. Con gesto umanamente e politicamente coraggioso, il presidente della Repubblica Federale, Roman herzog, invitò anche Wolfgang Berger a parteciparvi. Il figlio di Stauffenberg, Franz Ludwig, era presente. Wolfgang Berger lo avvicinò per dirgli una parola di amicizia e di umana solidarietà, fra uomini che entrambi avevano perso i loro padri in quegli eventi. Quando il figlio di Stauffenberg capì chi era Wolfgang Berger, reagì come se un serpente a sonagli avesse voluto morderlo e urlò di non voler avere nulla a che fare con "certa gente", con "complici del Nazismo", ecc. Dimostrò così di aver ereditato la stessa nobiltà d’animo del padre.



    Il Maggiore Generale Heinz Brandt



    Heinz Brandt nacque nel 1907 a Berlino, figlio dell’Ufficiale di Cavalleria Georg Brandt. Il 1° aprile del 1925 fu ammesso al 12° Reggimento di Cavalleria della Wehrmacht e nel corso degli anni si dimostrò un eccellente Ufficiale e cavallerizzo. Il 1° ottobre 1930 fu nominato comandante della Scuola di Cavalleria ed il 1° dicembre 1932 fu promosso Capitano.



    Alle Olimpiadi del 1936, alla presenza del Führer e di 120.000 spettatori, il Capitano Brandt fece parte della squadra tedesca che conquistò la vittoria su di un percorso irto di ogni difficoltà al punto che su 450 cavalieri di 18 nazioni, solo 13 raggiunsero il traguardo. Il cavallo del Capitano Heinz Brandt si chiamava Alchimist, mentre i suoi compagni Tenenti von Barnekow e Hasse montavano Nordland e Tora (chi scrive non si intende di ippica, però ritiene che, per alcuni lettori, ritrovare i nomi dei cavalieri e dei destrieri che vinsero la Medaglia d’Oro alle Olimpiadi di Berlino del 1936 possa costituire una gradita curiosità).



    Il Capitano Brandt non era soltanto un eccezionale cavallerizzo. Egli si rivelò ben presto un efficiente e brillante ufficiale di Stato Maggiore. Il 1° settembre 1941 fu promosso Maggiore e il 1° maggio 1943 divenne Colonnello. Le sue Note Caratteristiche confermano tutte le sue brillanti qualità, definite come "superiori alla media", comprese le ultime note prima della sua morte, datate 1° aprile 1944.



    Il 20 luglio 1944 il Colonnello Brandt ricopriva la carica di capo del reparto Operativo dello Stato Maggiore, ed in tale veste partecipò alla riunione col Führer in quel giorno fatale.



    L’esplosione gli staccò di netto una gamba. Mentre lo trasportavano in ospedale, ormai in fin di vita, ebbe ancora l’animo di dire di avere avuto fortuna "perché quel piede gli faceva sempre male…".



    Hitler lo promosse post-mortem Maggiore Generale. Il generale Guderian che tenne il discorso funebre disse, fra l’altro, "col dolore orgoglioso l’Esercito abbassa le insegne della sua Bandiera di Combattimento di fronte al Maggiore Generale Heinz Brandt".



    Sul Maggiore Generale Heinz Brandt la Storia ha tuttavia proiettato la sinistra ombra del tradimento. Chi scrive ha ricercato la conferma della partecipazione di brandt alla congiura, ma non ha ritrovato riscontri convincenti. Nicolaus von below, Aiutante di Hitler per la Luftwaffe, fu presente alla riunione del 20 luglio e rimase leggermente ferito dall’esplosione. Egli è l’autore di uno dei più interessanti testi sul nazionalsocialismo per il periodo 1937-1945, grazie alla sua continua attività a contatto col Führer. Il testo si intitola "Als Hitlers Adjudant 1937-1945". In esso von Below liquida il caso Brandt scrivendo semplicemente che nel giorno stesso in cui morì ed in cui fu promosso Maggiore Generale, si "seppe della sua appartenenza ai membri della Resistenza". Nessun altro dettaglio viene fornito su questo tema. Il testo di Werner Landhoff "Die Opfer des 20 Juli" (Le Vittime del 20 luglio) è più obiettivo ed anzi lascia comprendere il contrario. Viene ricordato che il 13 marzo 1943 Hitler si trovava a Smolensk e doveva tornare a Berlino. Uno dei congiurati chiese ad un certo colonnello Heinz Brandt (che nessuno conosceva, ma che avrebbe volato con Hitler sullo stesso aereo), se volesse essere così gentile da consegnare un pacchetto con due bottiglie di Cognac al Generale Helmut Stieff (altro congiurato). Il Colonnello Brandt acconsentì, prese il pacchetto, e volà con esso e con Hitler a Berlino. La bomba notoriamente non esplose. Brandt la consegna a Berlino ad un altro congiurato, che intervenne in tempo per impedire uno scoppio ritardato (in questa occasione a Brandt furono poi date due vere bottiglie di Cognac per il Generale Stieff!). E’ pertanto evidente che Brandt non aveva idea della congiura, e che sarebbe stato ad essa cinicamente sacrificato. Ancor più categorico è William Shirer nella sua enciclopedica "Storia del terzo Reich". Egli scrive che quando fu richiesto a Brandt di portare il "pacchetto" al generale Stieff "di nulla sospettando, disse che l’avrebbe fatto assai volentieri". Shirer va oltre, appoggiando così involontariamente la tesi dell’innocenza di Brandt. Quando Stauffenberg lasciò la sala riunioni, come riferiscono i testimoni, disse a Brandt, che era vicino a lui: "Devo andare a telefonare. Tenete d’occhio la mia borsa. Vi sono documenti segreti". Stauffenberg aveva sistemato la bors all’interno di uno dei due pesanti sostegni del tavolo in legno di quercia, in modo che fosse il più possibile vicina ad Hitler. Durante la conferenza Brandt cercò d’avvicinarsi a Hitler che stava mostrando una carta, urtò contro la gonfia borsa di Stauffenberg, cercò di muoverla col piede, e alla fine la prese con una mano posandola all’esterno del pesante sostegno del tavolo, che si trovò così ad agire fra la bomba e Hitler come una paratia.



    Shirer conclude che "questa mossa apparentemente insignificante probabilmente salvò la vita al Führer, ma a Brandt costò la sua. Ma in tutto ciò vi era un incomprensibile destino…".



    Chi scrive non tenta di comprendere un tale destino, ma giunge alla personale conclusione che non esiste la minima prova per accusare Brandt di avere fatto parte della congiura.




    Il Colonnello Generale della Luftwaffe Gunther Korten

    Un soldato esemplare


    Gunther Korten nasce il 26 luglio 1898 a Colonia. Nel settembre 1914 si presenta volontario e si arruola nel 34° Reggimento di Artiglieria. Nel 1915 viene promosso tenente.


    Nel primo dopoguerra è uno dei pochissimi ufficiali inseriti nell’esercito dei 100.000 uomini imposto alla Germania dal Trattato di Versailles. Diventa pilota il 31 agosto 1926 e fa parte di quegli ufficiali che vengono segretamente addestrati su diversi tipi di aerei nell’Unione Sovietica, nella base di Lipezk. Rientra in Germania e comanda a Berlino il Centro di Addestramento per aerei da ricognizione. Le sue note caratteristiche sono ottime. Il 30 settembre 1930 il suo superiore, Generale Werner von Blomberg, futuro Ministro della Guerra, scrive di lui: "Un eccellente e promettente ufficiale". Il 1° ottobre 1931 viene promosso Capitano, il 1° dicembre 1934 Maggiore e il 1° gennaio 1940 viene nominato Capo di Stato Maggiore della Terza Flotta Aerea, che partecipa alla campagna di Francia.



    D’ora in poi Gunther Korten parteciperà a tutte le campagne aeree della 2° Guerra Mondiale. Partecipa alla Battaglia d’Inghilterra, conduce la campagna contro la Jugoslavia e la Grecia per la quale riceve la Croce di Guerra di 1° e di 2° Classe. Il 1° maggio 1942 viene promosso Tenente Generale ed assegnato al Fronte Orientale. Partecipa alla battaglia di Stalingrado e il 4 settembre 1943 diviene Capo di Stato maggiore della Luftwaffe succedendo al generale Jeschonneck.



    In tale veste partecipò alla fatale riunione del 20 luglio 1944. Morì il 22 luglio in seguito alle ferite riportate. Hitler lo nominò post-mortem Colonnello generale ed ordinò i funerali di Stato.



    Nei trent’anni della sua vita militare il Generale Korten ricevette le seguenti decorazioni:

    Croce di ferro di Prima e Seconda Classe

    Insegne per ferita di guerra

    Medaglia d’Onore per combattenti di prima linea (Frontkampfer)

    Decorazione della Wehrmacht dalla Prima alla Quarta Classe

    Cavaliere della Croce di Ferro

    Croce Germanica in oro

    Croce in oro e brillanti come Comandante dei piloti e dei Ricognitori

    Insegne della Battaglia di Crimea

    Insegne della Battaglia di Creta

    Ordine Militare Rumeno "Michele il Valoroso"

    Ordine Militare Rumeno "al Valore Aeronautico", con Spade

    Medaglia Finlandese "alla Libertà" di prima Classe, con Stella e Spade

    Durante il funerale di Stato, che ebbe luogo a Tannenberg con la massima solennità, Goering volle ricordarlo non solo come soldato ma anche come il suo "amico più fedele, valoroso e sicuro della vittoria".

    Ufficiali di questa caratteristica furono uccisi da Stauffenberg!




    Il Generale di Fanteria Rudolf Schmundt

    Primo Aiutante di Campo di Hitler




    Rudolf Schmundt nasce il 13 agosto 1896 a Metz, figlio del futuro Generale Richard Schmundt.



    Il giovane Schmundt prende subito parte alla 1° Guerra Mondiale nel 1914. Attraverso un’impressionante serie di azioni e di combattimenti alla Somme, alla marna e nella Champagne riceve numerose decorazioni al valor militare e promozioni sul campo.



    Dopo la guerra continua con successo la carriera militare. Sposa nel 1926 Annelise von Kummer, nella Cappella Militare di Potsdam. Avrà da lei due figlie e due figli. Nel 1932 viene assegnato al Ministero della Difesa a Berlino, dove suo superiore è il futuro Feldmaresciallo Keitel. Nel gennaio 1938 gli viene comunicata la notizia di essere stato scelto da Hitler come suo primo Aiutante di Campo. La proposta a Hitler sul nome di Schmundt fu fatta dallo stesso Keitel. Il 4 agosto 1939 Schmundt viene promosso Colonnello. Assieme alle sue qualità militari Schmundt rimarrà nel ricordo della Storia quale uomo dalle straordinarie qualità umane. I suoi rapporti con i colleghi e i sottoposti furono sempre improntati a cordialità, amicizia, lealtà. Egli si era posto come obiettivo di ottimizzare i rapporti tra il Führer e l’Esercito, dovendo spesso intervenire contro l’invadenza delle SS e del Partito.



    Quando Hitler inveiva contro l’Esercito per possibili tradimenti, violazioni dei suoi ordini o altro, Schmundt fu sentito intervenire dicendo: "Mio Führer, La prego! Lei vede dei fantasmi! Il corpo degli Ufficiali tedeschi ha versato tanto sangue per il Terzo reich! Ben 165 Generali sono caduti!". D’altro canto Schmundt non risparmiava le sue personali critiche agli alti gradi dell’Esercito, intervenendo nelle dispute e negli occulti tentativi di sabotaggio aventi l’obiettivo di far ricadere la colpa sui colleghi rivali.



    Goebbels scrisse di lui: "E’ un idealista, un sognatore, un uomo di animo buono, purtroppo privo della durezza che la sua posizione richiede. Ricordo ancora che, quando il Führer congelò von Manstein e von Kleist per la perdita dell’Ucraina, Schmundt riuscì a passare al Führer due cofanetti per consegnarli ai generali, ognuno dei quali conteneva la croce con spade e brillanti, per rendere meno crudele il loro congedo. Questo era Schmundt!".



    Schmundt fu poi promosso Tenente Generale e con tale grado partecipò alla fatale riunione del 20 luglio 1944.



    Nello scoppio della bomba riportò ferite dolorose e gravissime. Oltre alla menomazione dell’udito (che colpì la maggior parte dei presenti alla riunione) riportò varie ferite, bruciature, una emorragia cerebrale e la perdita dell’occhio sinistro, che dovette essere rimosso. Una volta lo si intese dire che avrebbe voluto perdere anche l’altro occhio per non dover vedere lo scandalo e il disonore ricaduto sull’esercito per il vilissimo attentato contro "il nostro Führer". Hitler lo visitò in ospedale e volle essere quotidianamente informato sul decorso del suo stato di salute. Hitler commentò: "I migliori sono sempre quelli colpiti più duramente (…) egli è il più insostituibile dei miei Aiutanti ed è anche il mio collaboratore più caro (…) Spero che accada un miracolo e che Schmundt possa guarire…"



    Il Generale Rudolf Schmundt morì il 1° ottobre 1944. Hitler ordinò i funerali si Stato, che si tennero a Tannenberg il 6 ottobre 1944. Erano presenti le massime cariche militari e la famiglia del Caduto. Risuonarono le note della marcia funebre di Wagner della "Gotterdammerung" e infine il commovente, antico inno militare "Ich hatt’ einen Kameraden" (fu anche il primo inno tedesco appreso da bambino da chi scrive) seguito dai tradizionali 17 colpi di cannone. Il feretro di Schmundt fu quindi portato al Cimitero degli Invalidi di Berlino, dove il Generale Guderian tenne l’ultimo discorso, citando una frase di Federico il Grande: "Nulla muterà il mio animo, io seguirò la mia strada, e farò ciò che riterrò utile ed onorevole". Dopo una pausa Guderian così concluse: "Addio, Camerata!"




    Commenti sugli eventi ricordati



    Il disprezzo ed il sarcasmo col quale gli anglo-americani commentarono l’attentato traspare dai giornali dell’epoca:

    Sul New York Times del 9 agosto 1944 fu scritto: "L’attentato a mezzo di una bomba ricorda i metodi del crimine organizzato e non quello di ufficiali di Stato Maggiore di un paese culturalmente sviluppato…"



    Sulla Herald Tribune fu scritto: "Noi americani non deploriamo affatto che Hitler sia stato risparmiato dalla bomba, e che si sbarazzi ora dei suoi generali. D’altro canto noi non abbiamo alcun debole per gli aristocratici, specie per quelli che danno le pugnalate alle spalle."



    Sul London Times fu scritto: "I generali che giocano a fare gli eredi al trono facevano finta di essere i combattenti per la libertà, mentre non combattevano che per il loro militarismo."



    La stessa Repubblica Federale Tedesca ha avuto e ha tuttora il suo da fare per dissipare i miasmi che esalano da quel tradimento. Non c’è stato un Dante Alighieri per mettere i traditori, come Giuda, Bruto e Cassio, nelle bocche di Satana per masticarli in eterno. In una nuova versione delle bocche di Satana al posto di Giuda ci potrebbe stare Stauffenberg, e nelle due bocche laterali potranno trovare comoda sistemazione diversi congiurati, fra i quali Gordeler, Hoepner, Canaris, Treschkow, ecc. Fra un dente e l’altro troverebbero posto anche i nostri Badoglio e Fini.



    Tralasciando le allegorie, la Repubblica Federale ha tentato di capovolgere i più semplici e basilari concetti dell’onore militare, che proprio in Germania vanta un’antica, ferrea tradizione. Il tradimento, il sabotaggio, l’intelligenza col nemico sono considerati delitti in tutti i Paesi del mondo e sono generalmente passibili della pena di morte, specie se il Paese è in guerra.



    "La congiura del 20 luglio 1944 non offrì un contributo positivo alla tradizione della Bundeswehr", come molto cautamente osò esprimersi un Capo Gabinetto della Presidenza della Repubblica, in quanto "Obbedienza, disciplina e coraggio costituiscono i principi basilari di una Forza Armata".



    In Germania oggi però fioriscono le caserme, i monumenti e le lapidi dedicate ai congiurati del 20 luglio. C’è la caserma a Wuppertal dedicata al Generale Erich Hoepner, diretto superiore di Stauffenberg nella campagna di Polonia e di Francia, che già cospirava contro Hitler nel 1939 e che i congiurati avevano designato a sostituire il Generale Fromm nel caso costui "avesse tentennato".



    C’è la "Graf Stauffenberg-Kaserne" a Sigmaringen ed altre numerose caserme in tutta la Germania dedicata ai congiurati.

    La morte di tutti e 24 i partecipanti alla riunione era stata messa in conto dai congiurati, ed i loro piani erano stati fatti in accordo con questa eventualità, come ad esempio l’uso di due bombe, mentre una sola poté essere attivata. La scelta della sede della riunione, inoltre, cadde all’ultimo momento sull’edificio in legno e non sul bunker in cemento inizialmente previsto. Questi eventi furono quelli che evitarono una strage di ben più vasta portata.



    Giuristi tedeschi hanno configurato l’attentato come "omicidio premeditato" ossia le vittime sono state assassinate, non sono state vittime di un "omicidio preterintenzionale" o, come si dice oggi, di "danni collaterali". Di questi poveri morti non esistono tracce visibili, neppure una lapide messa dal Governo in un cimitero di campagna.



    Tutto ciò è perverso e penoso, ed è il segno di quella "morale superiore", oggi in carica, menzionata sarcasticamente nel titolo del libro di Landhoff, Forse, più che di una morale superiore, si tratta di una morale capovolta.



    Da: l’Uomo Libero n.73




    Note

    Stefan George, nato il 12 luglio 1868 a Budesheim, morto a Locarno il 4 dicembre 1933. Poeta simbolista, di posizioni nietzschiane e platoniche, autore, fra l’altro, di Das Neue Reich.





    19/10/2012

    http://thule-italia.com/wordpress/20...-stauffenberg/
    Ultima modifica di Giò; 18-05-21 alle 22:20

 

 

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