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    Predefinito Il rapporto segreto di Churchill con Mussolini

    Cosa si aspettava Mussolini da Churchill?

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    Predefinito Re: Il rapporto segreto di Churchill con Mussolini

    da "Rinascita" [Quotidiano di Liberazione Nazionale]



    Gli scottanti contenuti del carteggio Mussolini-Churchill

    Maurizio Barozzi (1 settembre 2009)



    Oramai, buona parte della storiografia ritiene evidente l’esistenza di un carteggio tra Mussolini e Churchill intercorso alla vigilia della guerra. Ma non volendo o non potendo avanzare le giuste conclusioni sui suoi possibili contenuti, pena capovolgere l’interpretazione sulle responsabilità nella Seconda Guerra Mondiale, giornalisti e storici di regime avanzano le ipotesi più insulse.


    Di un «carteggio» che sarebbe intercorso tra Mussolini e Churchill, della sua grande importanza storica e della sua «scomparsa», se ne è parlato abbastanza spesso a sproposito.
    Non ci dilungheremo pertanto nella rievocazione delle sue vicende, nè su le tante prove della sua effettiva esistenza, la cui ricostruzione più seria ed attendibile la si può ritrovare nel pregevole libro di Fabio Andriola: «Mussolini Churchill carteggio segreto», SugarCo 2007, vero testo fondamentale in materia, al quale rimandiamo.
    Quello che qui, invece, vorremo fare è qualcosa di più complesso, cioè ipotizzare, alla luce di una certa logica storica e di alcuni riscontri oggettivi, i possibili e delicati contenuti di questo Carteggio.
    Nessuno fino ad oggi, tra coloro che hanno poi rilasciato attendibili e particolareggiate testimonianze, ha potuto leggere i contenuti del carteggio Mussolini Churchill, eccezion fatta per qualche breve passaggio, dicesi leggiucchiato o riferito qua e là, da testimoni occasionali sia di parte fascista che di partigiani e fatta forse eccezione per Luigi Carissimi Priori, nei giorni del dopo Liberazione all’ufficio politico alla Questura di Como, il quale però, traspare chiaramente, ha letto delle lettere intercorse tra i due statisti, ma solo fino alla vigilia della nostra entrata in guerra e non quelle decisive proprio a ridosso degli ultimissimi giorni a cavallo del 10 giugno 1940 [1].
    In effetti il contenuto di questo Carteggio, che tra febbraio e aprile 1945 Mussolini provvide a far riprodurre in almeno 3 copie al fine di salvarne il contenuto e in un secondo momento renderlo noto al popolo italiano, è un argomento di estrema importanza storica.
    Su questo possibile contenuto però gli “storici” di regime hanno spesso fatto il gioco delle tre carte, per non dover ammettere una realtà storica che di fatto avrebbe capovolto buona parte della storiografia sulla seconda guerra mondiale.
    Non è qui il caso di addentrarci in una ricostruzione storica sulle cause della seconda guerra mondiale, una storia che comunque andrà un giorno riscritta daccapo perchè è evidente che in effetti quella immane carneficina venne scatenata da Nazioni, Lobby e Consorterie che da secoli detenevano e non volevano perdere il monopolio mondiale delle ricchezze della terra e il dominio diretto o indiretto su altri popoli.
    E’ noto a tutti però che l’Italia era al tempo un vaso di coccio tra vasi di ferro ed in questa situazione di evidente inferiorità, Mussolini agì sempre, fin dalla presa del potere, nell'esclusivo interesse geopolitico della nazione costretto a muoversi sia su un piano insulare che peninsulare (continente e mediterraneo, oltre agli interessi africani).
    E’ indubbio che l’Italia aveva una sola possibilità per conservare alcune recenti conquiste coloniali e continuare la sua crescita morale e materiale che si era palesata negli anni ‘30: sperare che in Europa si mantenesse un equilibrio tra la secolare potenza anglosassone e la rinascente potenza tedesca. A Locarno, Stresa e Monaco, Mussolini si era sempre mosso in quest’ottica.
    Lasciamo stare gli aspetti ideologici, visto che tutte le nazioni, tedeschi compresi, agirono all’epoca su basi squisitamente geopolitiche, laddove gli interessi nazionali prevalevano su quelli ideologici o di partito e vediamo cosa esattamente accadde sullo scacchiere europeo.
    A maggio del 1940 con la Francia sull'orlo della capitolazione e con Hitler che disperatamente cercava un accordo su scala mondiale con l'Inghilterra, l'Italia non avrebbe più potuto mantenere la sua opportuna, ma non certo onorevole, neutralità. La bilancia bellica stava pendendo tutta da una parte e, peggio ancora, c'era il pericolo di un possibile accordo di pace, su larga scala, anglo - tedesco che ci avrebbe letteralmente spiazzati [2].
    Ma oltretutto se la guerra avesse invece proseguito estendendosi inevitabilmente, era facilmente prevedibile, data la nostra posizione geografica, di esserne coinvolti, magari con una invasione del nostro territorio sia da parte Alleata, per farne uno scalo verso la Germania o per attaccarla da Sud dove era più debole, sia da parte tedesca per prevenire tutto questo.
    Quindi, incoscienza criminale, sarebbe stata quella di NON scendere in campo, non quella di partecipare alla guerra!
    In ogni caso Mussolini aveva deciso, seppur non ancora operativamente, di partecipare al conflitto fin da marzo 1940, ma furono le accelerazioni belliche di maggio che lo spinsero ad entrare subito in guerra e questo nonostante che Mussolini quella guerra l’aborriva e la temeva, non per principio ovviamente, visto che sapeva bene che la guerra non è altro che la prosecuzione della politica con altri mezzi, ma perchè, in quella contingenza, era conscio della nostra estrema debolezza militare e finanziaria e per il timore di possibili sconvolgimenti degli equilibri di forze in Europa a tutto svantaggio delle nazioni intrinsecamente deboli quali l’Italia.
    Fu in quest’ottica che Mussolini nel memoriale al Re del 31 marzo 1940, motivò la propria decisione di entrare in guerra, ipotizzando una guerra parallela al fianco della Germania, basandosi su elementi tattici, strategici e di convenienza, ma non su motivazioni ideologiche.
    Comunque, in questa tragica situazione, il 10 giugno del 1940 l’Italia scese finalmente in guerra, ma è evidente che proprio ai primi di giugno accadde un “qualcosa”, sul piano della diplomazia sotterranea, che si potrebbe conoscere esattamente solo leggendo il famoso Carteggio con Churchill.
    Ci sono varie testimonianze che attestano questo e lo stesso Renzo De Felice, poco prima di morire, confidò al Generale e storico Giorgio Pirrone, di essere certo che Mussolini aveva una lettera di Churchill con la quale lo statista inglese gli chiedeva espressamente di entrare in guerra, desiderando di avere l’Italia al tavolo della pace per contenere le richieste tedesche. Come vedremo una ignobile bugia dell’inglese [3].
    Sono proprio gli eventi che si palesarono con l’inizio delle operazioni belliche che ci indicano che la nostra entrata in guerra era in quel momento “condizionata da una qualche specie di intesa”.
    In effetti l’Italia entrò in guerra, ma senza intraprendere alcuna iniziativa militare di carattere strategico e neppure di livello tattico decisamente significativa.
    E ovvio quindi che era in atto una specie di compromesso transitorio, di cui si ignorano l’esatta portata e le condizioni precise, ma che è facilmente distinguibile dalle vicende belliche di quei giorni ed i cui termini si trovavano nel carteggio Mussolini/Churchill essendo stato necessariamente formalizzato per lettera e/o documento.
    Un accordo o meglio una intesa, è bene dirlo subito, non contro la Germania, ma più che altro una specie di reciproco intento anglo-italiano sul come condurre quella prima fase di guerra e in vista di una assicurata imminente pace, di estrema convenienza per il nostro paese, costretto comunque a scendere in campo senza grandi mezzi e contro una nazione, l’Inghilterra, che però proponeva, facendo di necessità virtù, la limitazione dei rischi bellici ed altrettante condizioni vantaggiose (a spese della Francia) per l’Italia.
    Venne concepito e realizzato, probabilmente negli ultimissimi giorni, attraverso una serie di proposte e controproposte condizionate da una situazione militare in continuo cambiamento, e quindi con una Inghilterra altalenante, ma determinata a giocare carte strategiche di lungo respiro.
    Per quanto possa sembrare sorprendente, non c’è da meravigliarsi. Situazioni di questo tipo sono consuete durante certe contingenze storiche e del resto già se ne era avuta una anticipazione come si deduce da un telegramma di Mussolini al Re, ritrovato anni addietro all’Archivio centrale di Roma.
    Questo documento risaliva probabilmente verso la fine di agosto 1939 (cioè prima dello scoppio della guerra, quando inglesi e tedeschi, nonostante i venti di guerra, sottobanco cercavano anche di trovare un accordo globale che scongiurasse il conflitto).
    In ogni caso, il telegramma di Mussolini sia che fosse un precedente abbozzo di intese in caso di conflitto, ovvero che fu poi ripreso e tenuto presente ai primi di giugno 1940, ovvero alla vigilia della nostra entrata in guerra, è estremamente significativo:
    <<Desidero Maestà, nell’attesa di mandarvi tutto l’epistolario scambiato con il Führer, anticiparvene le conclusioni. E cioè l’Italia si limiterà almeno nella prima fase del conflitto ad un atteggiamento puramente dimostrativo. Francesi e inglesi ci hanno fatto sapere che faranno altrettanto>>.
    E’ molto probabile che a giugno del 1940, quando da più parti si riteneva possibile una imminente conclusione del conflitto, ci si mosse ancora su queste basi di tacita intesa.
    Ma ancor più: c’è una decisiva intercettazione telefonica, eseguita di nascosto dai tedeschi su Mussolini il 22 marzo 1945 che dimostra quanto appena affermato:
    al telefono Mussolini sta parlando con Claretta Petacci e riferendosi a Pavolini che era ancora ignaro dell’esatta portata della documentazione (ne verrà messo a parte pochi giorni dopo), ebbe a dire a Claretta:
    «Lui non conosce gli avvenimenti accaduti pochi giorni prima della nostra entrata in guerra. Non ne ho parlato con nessuno. E Churchill ancora meno. Bisognerà raccontare una buona volta questa storia. Chi dovrebbe parlarne oggi? In tutto la sanno cinque persone!».
    Da questa telefonata, quindi, si evince in linea di massima il grande segreto contenuto in quei pochi documenti risalenti al momento esatto dell’entrata in guerra dell’Italia (non prima), documenti dunque diversi e più scottanti di quelli, pur importanti, passati nelle mani di Carissimi Priori.
    In ogni caso per inquadrare esattamente quello che accadde alla vigilia del nostro intervento in guerra bisogna ricostruire quel periodo.
    Sir Winston Leonard Spencer-Churchill dopo il marzo 1939, sostenuto dalle lobby che volevano imporre una guerra ad oltranza alla Germania, venne portato da Chamberlain nel governo e fatto entrare nel gabinetto di guerra (War Gabinet), nominandolo Primo Lord dell’Ammiragliato.
    Fu proprio verso quest’uomo, fino a poco tempo prima screditato, che si focalizzarono e si appuntarono le strategie delle lobby occidentali risolute ad una guerra ad oltranza.
    Esse trovarono in lui quegli elementi idonei a strumentalizzarlo per i propri fini. Anzi, nella delicatezza della politica britannica, con vaste e forti realtà sicuramente avverse ad una nuova guerra contro i tedeschi, proprio le sue doti di cocciutaggine, ostinazione, impulsività e stravaganza, costituivano le condizioni favorevoli ad investire su di lui.
    Forti pressioni, attuate dietro interessi trasversali, a cui il venale Churchill non era insensibile, avrebbero inoltre consentito di condizionarlo nonostante il suo carattere da cane sciolto.
    Dall’aprile del 1940, quindi a guerra in corso, Churchill presiedette il Comitato di Coordinamento militare che comprendeva i capi di Stato Maggiore.
    Il 10 maggio del 1940, infine, diventò Primo Ministro.
    Tutto questo per sottolineare come, anche prima di diventare capo del governo, Churchill era in grado, se non di trattare, almeno di intercedere attraverso una diplomazia sotterranea con l’Italia, durante il periodo della nostra non belligeranza.
    E’ ovvio però che possono costituire oggetto di trattativa concreta e forte compromissione, con implicazioni di portata internazionale, solo gli impegni da lui presi ed effettivamente sottoscritti dal momento in cui divenne Premier.
    In ogni caso è indubbio che Churchill ebbe in mano le leve di potere dell’impero britannico proprio in uno dei suoi momenti più difficili e delicati. Giova solo ricordare:
    a maggio c’era stata Dunkerque con l’abbandono del vecchio continente da parte delle forze inglesi; con la prima settimana di giugno 1940, mentre la Francia è oramai avviata verso la capitolazione, gli inglesi anche in Norvegia furono costretti a reimbarcarsi a seguito del fallimento delle loro operazioni militari; infine l’8 giugno avvenne, a largo di Narvik, il non indifferente affondamento della portaerei Glorius;
    E’ chiaro che, in una situazione drammatica come questa, Churchill non si facesse di certo alcuno scrupolo ad intraprendere ogni più spregiudicata, ignobile e rischiosa operazione che tornasse utile alla salvezza dell’Inghilterra ed agli obiettivi strategici finalizzati al proseguimento della guerra ad ogni costo. Egli ebbe mano libera dopo la drammatica riunione segreta del gabinetto di guerra, tenuta nel pomeriggio del 28 maggio ‘40, dove Churchill riuscì definitivamente ad imporre la sua strategia che in quel momento prevedeva di separare i destini inglesi da quelli francesi e di rigettare ogni profferta di pace da parte tedesca.
    E’ da quel momento in poi che Churchill giocò le carte più spregiudicate della sua strategia bellica che prevedeva l’allargamento del conflitto con il coinvolgimento dell’Italia.
    Un certa storiografia, politicamente corretta, ma sostanzialmente falsa, visto che oramai non può più ignorare l’esistenza stessa e l’importanza di un certo Carteggio compromettente tra Mussolini e Churchill, tende per lo più a sostenere che questo Carteggio potesse contenere:
    1) delle favolose offerte, più che altro di natura geografica e territoriale, fatte da Churchill all’Italia e tutte a spese della Francia, affinché Mussolini tenesse il nostro Paese fuori dal conflitto, ed inoltre, in parziale alternativa,
    2) di un desiderio inglese di avere l’Italia in guerra, seppur come nemica, ma considerandola quale elemento moderatore rispetto ai tedeschi, in un tavolo di una fantomatica ed imminente pace.
    Vediamo queste due ipotesi di comodo separatamente.
    1. «Le favolose offerte fatte all’Italia a spese della Francia» affinchè l’Italia restasse neutrale.
    Che sia nel periodo precedente, ma soprattutto verso la fine della primavera del ‘40, trovandosi in gravi difficoltà militari Churchill, come lui stesso ebbe a dire «feci del mio meglio per tenere l’Italia fuori dal conflitto», è da tutti dato per acquisito e rientra nella logica delle cose e del resto le stesse comunicazioni ufficiali tra Italia e Inghilterra lo attestano.
    Meno noto è però il fatto che questa richiesta di tenere l’Italia fuori dalla guerra e le eventuali ricompense (di cui i francesi, nel loro momento di crisi, sembra erano propensi), fu eventualmente transitoria, di facciata e non è poi così storicamente importante.
    Secondo le interpretazioni più accreditate e sostenute da testimonianze di chi afferma di aver potuto sbirciare in quei documenti (Carissimi-Priori di Gonzaga), Churchill ad un certo punto avrebbe buttato a mare la Francia, quando ancora non si era arresa ed avrebbe addirittura offerto all’Italia l’intera Dalmazia e l’Istria, il possesso definitivo delle isole del Dodecaneso, la Tunisia, la Corsica, Nizza, e quant’altro pur di evitare questo tanto paventato intervento italiano.
    E’ probabile che su queste basi, se ne parlò nei primi giorni in cui Churchill divenne Premier (inizi di maggio 1940), quando delineandosi il crollo della Francia la situazione si fece critica per gli inglesi e poteva quindi esserci una effettiva necessità a procrastinare la neutralità italiana.
    Resta però il fatto che è estremamente complicato credere alla finalizzazione di vere e proprie trattative con una posta di ricompensa così esagerata, e questo per il semplice motivo che, non vediamo come avrebbe poi potuto l’Italia, restando fuori dal conflitto, impinguarsi in quel modo a spese della Francia.
    Non è pensabile infatti che l’Italia, per incassare quelle promesse, avesse dovuto sperare in una vittoria (tra l’altro in quel momento ritenuta improbabile) dell’Inghilterra, né viceversa la Germania gli avrebbe mai consentito, in caso di una sua solitaria vittoria, di annettersi quei territori.
    Con la creazione del governo di Vichy e gli obblighi germanici ad esso correlati, i tedeschi rispettarono tutti gli accordi ed i trattati stipulati e non c’era quindi spazio per eventuali esagerate rivendicazioni italiane verso la Francia e questo nonostante l’Italia fosse comunque scesa in guerra: figuriamoci se fosse rimasta fuori dal conflitto!
    La faccenda, se la si osserva bene, avrebbe assunto i contorni del ridicolo perchè, in pratica, Mussolini a guerra conclusa avrebbe dovuto «affacciarsi» al tavolo delle trattative di pace con un discorso di questo genere: «Cari camerati germanici, mentre vi facciamo i complimenti per aver concluso vittoriosamente la guerra, noi italiani, che non abbiamo sparato un colpo, siamo qui per intascare, quanto dagli inglesi ci venne promesso e sottoscritto»!
    Ma, per ultimo, e questo è decisivo, a guerra finita, queste offerte di Churchill, una volta conosciute, non lo avrebbero assolutamente danneggiato (come non lo danneggiò il crimine ben peggiore che aveva commesso il 3 luglio 1940 quando, a Mers el Kebir aveva massacrato la flotta dell’ex alleato), perchè avrebbe avanzato la ragion di Stato di aver dovuto salvare il salvabile ed invece Mussolini, se le avesse rese note, avrebbe addirittura peggiorato la sua situazione in quanto, nonostante le offerte, era comunque entrato guerra!
    Non si comprende quindi come Mussolini ed il Re, nonostante qualsiasi tipo di garanzia fosse stata fornita all’Italia e a meno che non fossero dei perfetti idioti, potevano fidarsi di un impegno del genere e di come potesse essere eventualmente onorato, visto che nel caso di una pace o di una vittoria tedesca, sarebbe stato impossibile per l’Italia, senza aver combattuto, incassare il premio!
    Quindi in quel famigerato Carteggio c’era ben altro che delle sia pur onerose offerte di bottino per star fuori dalla guerra! Mussolini, non a caso, nei suoi ultimi tempi assegnò una grande importanza ai documenti in suo possesso e cercava di metterli al sicuro affermando che quelle carte attestavano le vere ragioni per le quali l’Italia era entrata in guerra quindi - si badi bene - non del perché non era entrata in guerra!
    2. «L’Italia in guerra per averla al tavolo della pace»
    E’ questa un altra interpretazione, a fronte di svariate testimonianze in merito, in parte veritiera, ma stravolta dagli storici in malafede, che ammette la possibilità che Churchill possa avere, all’ultimo disperato momento, invitato l’Italia a scendere in guerra (sia pure come nemica) per poter usufruire di un suo servigio moderatore, nei confronti dei tedeschi, al tavolo di una pace imminente.
    Soltanto degli storici in malafede, però, possono fingere di credere ad una volontà di Churchill per un tavolo della pace e addirittura con presenza italiana.
    Churchill infatti non pensava minimante di addivenire a nessun tipo di tregua bellica (che, tra l’altro, avrebbe potuto ottenere in qualsiasi momento da Hitler e ad ottime condizioni!, mentre l’Italia era invece un intralcio visto che aveva tutti i suoi interessi geopolitici in contrasto con quelli britannici), anzi lui e le forze che lo sotto intendevano e che avevano operato per scatenare la guerra contro la Germania, operavano adesso per un allargamento del conflitto in virtù della preparazione dell’intervento americano (ancora lontano) e con il presupposto implicito di annullare qualsiasi tendenza che si manifestasse all’interno della nazione e favorevole ad una pace.
    E’ evidente allora che bisogna interpretare diversamente questa richiesta di Churchill, perchè siamo in presenza di una occulta e spregiudicata strategia finalizzata ad allargare e complicare il conflitto visto che, era logico, inevitabile, che l’Italia sarebbe sicuramente scesa in guerra.
    In pratica Churchill, ai primi di giugno, considerato che comunque l’Italia avrebbe dovuto scendere in guerra, pensò bene di giocare di anticipo, invitando direttamente Mussolini a farlo, con la promessa di un imminente tavolo della pace e con un tacito accordo a non farsi troppo male.
    Era una vera e propria trappola per il nostro Paese, altro che desiderare di avere l’Italia ad un fantomatico tavolo della pace!
    Di lì a pochi mesi, infatti, superato il momento di crisi, Churchill non mantenne (ed oltretutto neppure avrebbe potuto mantenere) i patti e scatenò tutto il suo apparato militare contro l’Italia, manifestando al contempo e in ogni modo alla Germania ed al mondo intero, la sua volontà di proseguire la lotta con irriducibile accanimento.
    Mussolini non dovette credere granché all’interesse inglese ad avere l’Italia nelle trattative di pace, ma ovviamente per l’Italia, dato il suo stato di impreparazione militare e debolezza economica, era estremamente conveniente entrare in guerra con questo «accordo» a non farsi troppo male e Mussolini non poteva esimersi dal tenerne conto, tanto più che, sbagliando, credeva veramente imminente la pace.
    Questa “intesa” giustifica persino l’entusiastica adesione alla guerra da parte dell’ambiguo, opportunista e filo occidentale Vittorio Emanuele III.
    Ecco perchè Mussolini annetteva estrema importanza durante la RSI, e lo garantiva anche ad Hitler, per una eventuale trattativa con le nazioni vincitrici, allo scambio di corrispondenza avuto con Churchill al momento dell’entrata in guerra dell’Italia!
    Ed ecco perché l’inglese fece carte false, scatenò tutti i suoi servizi segreti e pagò ingenti somme per riavere indietro le sue lettere.
    Infatti, una volta venuta fuori questa verità, sarebbe stato estremamente difficile o comunque impopolare addossare all’Italia una responsabilità nella guerra ed imporgli delle pesanti clausole di pace, visto che lo stesso Churchill ne aveva chiesto l’intervento e che l’Italia poi aveva rispettato questi patti senza intraprendere serie iniziative belliche nel primo mese di guerra.
    Ma oltretutto si sarebbe reso, già da allora evidente, il gioco degli occidentali che avevano programmato ed intrapreso una guerra di distruzione contro l’Europa!


    Maurizio Barozzi


    Note:

    [1] Il carteggio con Churchill, venne requisito a Dongo il 27 aprile 1945 in due o tre borse al seguito della colonna Mussolini. Si trattava di una documentazione che arrivava a ridosso della nostra entrata in guerra. Ma due o tre lettere, quelle decisive, immediatamente precedenti il 10 giugno 1940, erano indosso a Mussolini. Per le testimonianze di Carissimi-Priori vedasi Nuova Storia Contemporanea N. 1 Gennaio/Febbraio 2000, e il N. 5 del 2004, ed anche R. Festorazzi Mussolini Churchill Le carte segrete Datanews 1998.

    [2] In realtà un accordo anglo tedesco era impossibile, perchè il gioco diplomatico, militare e strategico era condizionato dall’ingerenza di certe Consorterie che sull’asse Londra – New York reggevano le fila della politica inglese. Queste Lobby transnazionali tenevano nelle loro mani tutta la strategia bellica Alleata, anche contro gli stessi interessi britannici, che in vista dell’affacciarsi di due grandi potenze planetarie, quali l’URSS e gli USA, rischiavano di perdere l’impero. Ma questa ingerenza, pur se al tempo conosciuta, non era ancora esattamente interpretata e ciò falsava il gioco, inducendo in errori strategici sia Hitler e soprattutto Mussolini. Hitler stesso lo ammetterà in uno dei suoi ultimi scritti del 1945.

    [3] Per la lettera del generale Giorgio Pirrone, inviata ad Augusto Fontana direttore di Italia Tricolore, vedesi il relativo numero 9 della rivista di settembre 2009.

    http://www.fncrsi.altervista.org/car...-Churchill.htm

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    Predefinito Re: Il rapporto segreto di Churchill con Mussolini

    Winston CHURCHILL, EROE O CRIMINALE ?

    Churchill

    Lo scorso agosto ero a Londra ed un giorno alcuni amici italiani mi hanno portato in una campagna ad una cinquantina di chilometri dalla capitale, a Liss Forest, dove vive, in compagnia di uno erculeo skinh e di un cagnaccio nero, una donna straordinaria di 84 anni che guida l'auto a 180 all'ora, veste una mezza divisa kaki e fa il saluto romano. Si chiama Rosine de Bounevialle e da 36 anni stampa a sue spese Candour, rivista dei cattolici "duri e puri" inglesi. In Italia di lei non si sa nulla, ma in Gran Bretagna tutti la ricordano perchè il 4 maggio del 1957 assaltò, da sola, il tavolo ove era seduto Winston Churchill, urlandogli di essere un assassino e un traditore. Fu il primo oltraggio storico allo statista, la cui statua domina Westminster.

    E' vero che quando morì, nel gennaio 1965, in trecentomila scesero in strada a Londra e 350 milioni di telespettatori seguirono in mondovisione le illustre esequie. Poca cosa, però, rispetto ai due miliardi e mezzo di teledipendenti incollati sul video per i funerali di Lady Diana. Fu comunque troppa grazia, troppo onore, per uno dei criminali della storia, quale fu il preteso Leone di Chartwell. Intendiamoci: non è solo il giudizio di un vecchio reazionario come il sottoscritto, ma il parere di numerosi storici del Regno Unito, quali William Manchester, David Irving e John Charmley.

    Nel 1954, nell'antica Misses Thomson School britannica di Hove, veniva inaugurata con adeguata cerimonia una piccola lapide dedicata "al ragazzo più arrogante del mondo" che era stato, a suo tempo, ospite dell'Istituto. Quel ragazzo era proprio lui, Winston Churchill, che così, sin dalla più tenera età, aveva presentato al mondo il suo primo biglietto da visita.

    La sua arroganza non si fermava nemmeno dinnanzi al gentil sesso. Bellicista e razzista, era pure infarcito di veteromaschilismo, al punto da odiare a morte Lady Astor, poichè era il primo deputato donna nel Parlamento britannico. Un giorno le disse "Se fossi vostro marito mi suiciderei". La Astor si limitò a rispondergli che era solo un ubriacone.

    La sua fama di violento guerrafondaio ebbe modo di dimostrarla platealmente già nel 1898, quando in Sudan comandò uno squadrone del 21.mo Lancieri di Sua Maestà contro i dervisci del Mahdi. Nelle sue memorie giovanili scrive, esaltandosi: "non si potrà vedere più nulla di simile". Commenta, a proposito di quella impresa imperialista, Gaetano Nanetti sul cattolico Avvenire: "E' un Churchill affascinato dalla guerra, più propenso a fare a fucilate che ad esercitare il suo mestiere di giornalista inviato dai giornali inglesi sul teatro delle guerre imperialistiche dell'Inghilterra". Un profilo, questo, evidenziato nello sceneggiato trasmesso a suo tempo da Retedue. Del resto, a proposito di quella guerra di conquista, è lo stesso futuro statista a definirla un fatto "teatrale", con la "vivacità e l'imponenza che dà fascino alla guerra". Questo "fascino" interessava al tenente Churchill, mica i diecimila morti della battaglia. Forse perchè quei morti erano in massima parte dervisci, cioè arabi, nemici, e per di più "selvaggi".

    Anche quella, che aveva visto undici anni prima Gordon, quale eroe tradito di una tragedia che avrebbe in seguito fornito lo spunto ad una serie di romanzi e di films fumettistici, fu una guerra imperialista, di cui Churchill andava orgoglioso. L'Egitto, che a quell'epoca dominava il Sudan con un regime brutale, fatto di corruzione e di crudeltà, minacciato dai volontari indipendentisti del Mahdi, si rivolse all'Inghilterra, la quale intervenne per tutelare i propri interessi economici nella regione. Secondo la mentalità positivistica dell'epoca, i "bianchi" incarnavano l'uomo della civiltà alle prese con orde di selvaggi fanatici e crudeli. Nessuno era sfiorato dal sospetto che quei 'selvaggi' fossero scesi in lotta per la libertà del proprio Paese.

    Qualche anno dopo, l'ufficiale Winston si distingueva in un'altra guerra imperialista, combattuta con una ferocia illimitata dai suoi soldati: quella contro i Boeri, i valorosi contadini olandesi del Transvaal. I britannici di Sir Winston li facevano volare a pezzi dopo averli legati alle bocche di cannone.

    Eppure Churchill, l'imperialista, si fece passare come lo strenuo difensore della libertà della schiavista Etiopia contro la colonizzazione italiana del '36, faceva finta di dimenticare che la Gran Bretagna era il maggior Stato razzista e colonialista del mondo. Lui stesso era un razzista di prim'ordine. Manchester, nella monumentale biografia sullo statista inglese, ha dimostrato come "l'Etiopia secondo il punto di vista di Churchill, non rappresentava un problema morale. Come per tanti della sua generazione, i neri costituivano per lui una razza inferiore... Non riuscì mai a liberarsi di questo pregiudizio". A Cuba, appena uscito da Sandhurst, egli aveva scritto che bisognava diffidare "dell'elemento negro tra gli insorti". Persino in Parlamento gli sfuggì di dire che "nessuno può sostenere la pretesa che l'Abissinia sia un membri adeguato, degno e paritario di una società di nazioni civili". E quando, anni dopo, gli chiesero cosa ne pensasse del film Carmen Jones, rispose che era uscito dal cinema perchè non sopportava "le negraggini".

    La sua malattia era, in realtà, la stessa di un Eden e di un Eisenhower: l'odio mortale antitedesco, anch'esso velato di uno strisciante razzismo. Le sanzioni, parziali e ambigue, contro l'Italia furono tali perchè, sino alla fine, Churchill volle, attraverso una sua politica personale di esasperato cinismo, spaccare l'alleanza italo-tedesca per isolare e schiacciare la Germania.

    John Charmley, docente all'Università di East Agle, ha messo a soqquadro il mondo accademico britannico con un libro dal titolo Churchill, the End of Glory. L'opera definisce testualmente Churchill come un "guerrafondaio", per aver voluto e provocato la guerra contro Hitler a tutti i costi. Per colpa dell' "ossessione antinazista" di Churchill -sostiene Charmley- l'Inghilterra avrebbe perso tutto il suo impero, per ridursi a vassallo degli U.S.A. Ciò provocò la stessa vittoria dei laburisti nel 1945. Il nazismo era un totalitarismo come tanti altri e non c'era poi il bisogno di accanirsi contro di esso, visto che il comunismo lo si è tollerato per settant'anni e senza tante storie. Hitler aveva soprattutto delle mire ad Est e aveva in tutti i modi cercato di evitare il conflitto con l'Inghilterra (che considerava "sorella" ariana) e si sarebbe volentieri disimpegnato in Europa per rivolgersi contro il bolscevismo. Ne fanno fede i discorsi a Norimberga nel 1942 e ne fa fede la missione segreta di Rudolf Hess, che avrebbe potuto chiudere il conflitto con i consanguinei "ariani" inglesi. Fu Churchill che dette ordine di arrestare Hess, rifiutandosi di incontrarlo e ascoltarlo. Non solo, ma dette ordine che il dossier sulla faccenda sparisse per sempre, com'è avvenuto. Hess, come si sa, è poi stato suicidato nel carcere di Spandau.

    La tesi di Charmley ha trovato consenzienti uomini Alan Clark, ex-ministro conservatore, che l'ha appoggiata autorevolmente sul Times. John Charmley, inoltre, riabilita completamente Neville Chamberlain, il primo ministro inglese "pacifista", odiatissimo da Churchill ed Eden. Chamberlain viene invece descritto dallo storico come "un formidabile premier" che cercava di preservare la sua nazione dal macello della guerra, voluta a tutti i costi dai "duri" alla Winston Chuchill. La preoccupazione di Chamberlain, condivisa da Lord Halifax, Rab Butler e Sir Neville Henderson, era quella di contrastare la potenza del comunismo sovietico. Per Charmley il governo di Chamberlain fece dunque bene ad organizzare con Hitler gli accordi di Monaco, aggiungendo che anche per Danzica c'era la possibilità di trovare un'intesa coi tedeschi, in modo da mettere i sovietici completamente fuori gioco. Furono i bellicisti con Churchill, Eden (che odiava, ricambiato, lo stesso Mussolini) e Harwey, a volere il conflitto a tutti i costi. Al proposito, Peregrine Worsthorme, uno dei più famosi columnist londinesi, ha scritto: "Se la Germania avesse vinto contro l'URSS e noi fossimo rimasti fuori dalla guerra domineremmo ancora il mondo".

    Ma il duo Churchill-Eden era talmente forte e stretto da risultare imbattibile, tant'è che Churchill dette in moglie ad Eden, nel 1952, sua figlia Clarissa.

    A guerra mondiale in atto, Churchill ebbe modo di dimostrare al mondo la sua natura cinicamente sanguinaria. Quando gli Alleati entrarono a Dachau, il 29 aprile 1945, trovarono di guardia ai prigionieri 560 soldati tedeschi giunti lì, dal fronte, solo quattro giorni prima. L'ordine, impartito dai capi anglo-americani, fu immediato: "Fucilateli tutti". E così fu fatto. Della strage, documentata da Irving, c'è anche un filmato. A quell'ordine Churchill acconsentì. Del resto, non aveva già autorizzato le ecatombi aeree sui civili di Amburgo, Dresda e Pforzheim? Non aveva fatto bombardare, nel porto di Lubecca, i feriti civili sulla nave-ospedale Cap Arcona, che aveva la Croce rossa dipinta sul ponte, massacrando 7.300 uomini inermi? Non aveva strizzato l'occhio ad Eisenhower, quando questi aveva programmato lo sterminio per fame di un milione di tedeschi nei lager anglo-americani?

    Ma ci sono altri particolari su questo pachidermico gentleman. Già il 9 ottobre del 1944, ben sette mesi prima della resa tedesca, Winston si incontrava con Stalin, per decidere che fare di Hitler, Mussolini e dei loro gerarchi. Lì si verificò la prima lite tra l'inglese e il russo. Perchè, strano a dirsi, Stalin pretendeva che si dovesse salvare la faccia processando i capi italo-tedeschi, mentre Churchill aveva un progetto semplicissimo: ammazzare subito tutti coloro che venivano catturati, senza processo e condanne formali. Arrabbiato del diniego sovietico, Winston scrisse a Roosevelt una lettera di suo pugno, protestando perchè "lo zio Giuseppe ha assunto una posizione ultragarantista" che vieta l'immediata uccisione dei nemici.

    Questa posizione stragista di Winston, del resto, era di vecchia data. Già alla fine del '42 aveva programmato i "linciaggi" scientifici di tutti i capi militari tedeschi catturati o arresi, che sarebbero stati trasportati nottetempo nei luoghi di occupazione e "affidati" alla "popolazione" per lo sbranamento collettivo. Di tutto ciò, sono conservati i verbali a Washington, alla Biblioteca del Congresso. Nel 1943, invece, preparò una lista di un centinaio di "criminali" italo-nippo-tedeschi da dichiarare "fuorilegge mondiali" e, come tali, passibili di morte immediata per mano di un qualsiasi ufficiale alleato.

    Irving documenta come Eden e Churchill, il 16 ottobre del 1944, promisero a Stalin il rimpatrio forzato di undicimila prigionieri di guerra russi e cosacchi, tutti anticomunisti, con le loro famiglie, per essere poi eliminati dai sovietici appena arrivati in territorio russo. Il giorno dopo Winston si incontrò con Stalin e, all'improvviso, gli disse: "A proposito di cibo, la Gran Bretagna è riuscita a organizzare l'invio di 45.000 tonnellate di manzo in scatola all'Unione Sovietica". Poi, ridacchiando, strizzò l'occhietto: "Vi manderemo pure 11.000 ex-prigionieri di guerra per mangiarlo, quel manzo".

    Qualche giorno prima, aveva detto a zio Giuseppe: "Bisogna uccidere quanti più tedeschi è possibile", proponendo il trasferimento coatto delle popolazioni della Prussia orientale e della Slesia: "tanto il posto c'è: la guerra ha già fatto fuori sette milioni di tedeschi". Si sfregò le mani, masticando tra i denti giallastri il celebre sigarone, e rise sommessamente.



    Pino Tosca

 

 

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