Originariamente Scritto da
IlWehrwolf
Ad una visione liberale, cioè individualista, egocentrica e dissolutoria dell’idea di Stato si contrappone uno sguardo diverso: l’individuo non può essere il fine della società, ma deve esserne il mezzo in cui si esalta una nuova qualità umana differenziata, capace di essere testimone e mostrare al mondo il volto di una visione antimaterialista e antiborghese della vita, capace di conquistare la realtà che la circonda, tramite una ferrea aderenza ad un etica del dovere, contrapponendo all’ateismo il sacro, all’egualitarismo la meritocrazia, all’egoismo e alla morale del gregge la poesia dell’eroismo e del sacrificio, all’ipocrisia il coraggio di scegliere, al servilismo la libertà.
Nel 150° dell’Unità d’Italia non è peregrino chiedersi cos’è e cosa può essere la destra oggi. Io mi rispondo che prima di tutto è e dev’essere il “luogo politico” della Nazione. La Patria non è un’idea che puzza di nostalgia. L’Italia si deve rigenerare e gli italiani devono riconoscere e infuturare i valori sui cui si fonda il nostro essere comunità di destino. Debbono, al tempo stesso, recuperare il culto della tradizione, il senso della storia comune. Per essere esempio bisogna essere esemplari.
Un uomo che si spoglia di tutto ciò che lo “lega”, che perde le tradizioni e ripudia il passato, proteso esclusivamente a una corsa verso l’avvenire, privo dei riferimenti che l’hanno formato, è un uomo sradicato, che vive un presente di comodo e diventa demiurgo della sua infelicità.
L’uomo conservatore è quello che non sceglie i suoi valori sulla base del “vecchio” e del “nuovo”, bensì per il loro contenuto universale.
Ora che i retaggi dei conflitti del secolo scorso pesano di meno, la nostra destra sembra aver superato quella sorta di complesso d’inferiorità che ne ha condizionato per decenni l’agire: scardinata la logica della ferrea contrapposizione rossi-neri, la destra ha compreso che bisogna recuperare le centrali di produzione culturale, lanciare l’offensiva di riconquista della statualità e dei suoi presidi in nome dell’orgoglio nazionale e dell’etica repubblicana.
Vogliamo provare a declinarla, la nostra destra? È quella che intende l’uomo come soggetto autonomo, libero da ogni massificazione e capace di puntare sempre sulla libertà contro tutti gli autoritarismi. Quella destra che auspica un’Italia che guarda con attenzione alle rivoluzioni liberali e sociali europee, perché la difesa autentica e non demagogica dello Stato sociale nasce proprio dalla lotta contro lo Stato burocratico, ipertrofico, contro i parassiti che in esso si annidano e si moltiplicano, chiedendo un’assistenza che inevitabilmente sfocia nell’assistenzialismo.
La destra sente il senso profondo della comunità nazionale, del bene comune. Destra è meritocrazia contrapposta all’egualitarismo forzato di sinistra; destra è studio severo e responsabile contrapposto alla scuola facile e al “6 politico”; destra è sobbarcarsi il fardello delle responsabilità contrapposto alla volontà di scaricarlo sulla previdenza sociale; destra è rispettare i valori dell’ordine nazionale contrapposto alla messa in discussione dell’intero sistema-Paese. Destra è in primo luogo una concezione equilibrata del diritto e del dovere, perché chi sbaglia paga, perché la legge, le istituzioni sono gli assiomi dell’equilibrio democratico.
Eguaglianza non è egualitarismo: gli esseri umani sono allo stesso tempo eguali e diversi, unici e irripetibili. L’uomo, nelle relazioni che lo collegano agli altri, agisce utilizzando anzitutto gli elementi che lo differenziano e deve, quindi, essere valutato di conseguenza.
Destra non può che essere l’ambizione a uscire da un’ottica strettamente materiale per interpretare il mondo e definire invece una più consona accezione sacrale. Spiritualità, senso d’appartenenza alla Nazione e allo Stato, valorizzazione della famiglia sono, in fondo, gli assiomi del diritto naturale, di quel giusnaturalismo che per San Tommaso d’Aquino altro non era che «l’insieme di principi etici, generalissimi», ovvero il diritto dell’uomo a rivendicare sempre la propria libertà.
Per la destra, come insegnava Papa Wojtyla, «il Patriottismo si colloca nell’ambito del quarto comandamento, il quale c’impegna ad onorare il padre e la madre. È infatti uno di quei sentimenti che la lingua latina comprende nel termine pietas, sottolineandone la valenza religiosa…
Il patrimonio spirituale che ci è trasmesso dalla Patria ci raggiunge attraverso il padre e la madre, e fonda in noi il corrispettivo dovere della pietas. Patriottismo significa amore per tutto ciò che fa parte della patria: la sua storia, le sue tradizioni, la sua lingua, la sua stessa conformazione naturale. È un amore che si estende anche alle opere dei connazionali e ai frutti del loro genio. Ogni pericolo che minaccia il bene della patria diventa un’occasione per una verifica di questo amore…».
La difesa della propria cultura e della propria identità non si rovescia nell’odio contro le radici e le ragioni altrui in una sorta di delirante darwinismo. Essere di destra è cercare di riunire nuovamente, 150 anni dopo, tutti gli italiani intorno all’amore per la propria Patria, uniti dalla convinzione che in ogni essere umano brilla l’aspirazione di una scintilla interiore, di un sogno ideale da realizzare. Perché oggi come ieri la destra c’è ed è la scommessa del nuovo senza omettere i valori fondanti della nostra cultura nazionale.
Roberto Menia – Futuro e Libertà
Fonte: http://www.area-online.it/articoli/politica/293-la-destra-secondo-me.html?start=3
Di certo ci sentiamo molto più vicini a quel che focalizzava, l’esser di Destra, Adriano Romualdi:
Che cosa dovrebbe propriamente significare “esser di Destra”?
Esser di Destra significa, in primo luogo, riconoscere il carattere sovvertitore dei movimenti scaturiti dalla rivoluzione francese, siano essi il liberalismo, o la democrazia o il socialismo.
Esser di Destra significa, in secondo luogo, vedere la natura decadente dei miti razionalistici, progressistici, materialistici che preparano l’avvento della civiltà plebea, il regno della quantità, la tirannia delle masse anonime e mostruose.
Esser di Destra significa in terzo luogo concepire lo Stato come una totalità organica dove i valori politici predominano sulle strutture economiche e dove il detto “a ciascuno il suo” non significa uguaglianza, ma equa disuguaglianza qualitativa.
Infine, esser di Destra significa accettare come propria quella spiritualità aristocratica, religiosa e guerriera che ha improntato di sé la civiltà europea, e — in nome di questa spiritualità e dei suoi valori — accettare la lotta contro la decadenza dell’Europa