Circa trent’anni fa, pubblicando nella collezione dell’Institut de relations internationales et stratégiques di Parigi uno studio sugli aspetti geopolitici del cristianesimo ortodosso[1], François Thual mostrava attraverso il caso esemplare dell’Ortodossia l’importanza del fattore religioso quale parametro fondamentale della geopolitica. Nasceva così la “geopolitica delle religioni”, di cui Thual si occupò successivamente in altri saggi, di argomento sia specifico sia generale[2]. Accogliendo la lezione di Thual, nel 2014 “Eurasia” diede alla luce un numero intitolato Geopolitica delle religioni[3], nel quale venivano prese in esame le implicazioni geopolitiche delle varie religioni in diverse aree del mondo. Anche in seguito il tema è stato oggetto di particolare cura da parte di “Eurasia”, come è attestato ad esempio da dossari quali L’islamismo contro l’Islam?[4], Luoghi santi e “Stato Islamico”[5], La guerra civile islamica[6], Geopolitica dell’Ortodossia[7], Cattolici, ortodossi, evangelici, Islam[8].
Se il fattore propriamente religioso rientra fra quelli che la geopolitica si sforza di identificare e comprendere per le sue indagini, perché non considerare anche il fattore costituito dalle sètte? “Eurasia” ha provato a farlo dedicando alle Sètte dell’Occidente[9] un recente dossario, in cui sono stati presi in esame alcuni fenomeni settari che negli ultimi tempi hanno goduto di una certa celebrità. Per quanto limitata, la panoramica che è stata offerta al lettore consente di constatare un fatto di notevole importanza, ossia la straordinaria familiarità degli Stati Uniti con la multiforme realtà dell’universo settario. È stato infatti rilevato che “la maggior parte dei gruppi che vanno sotto il nome di ‘sètte’ o ‘nuovi movimenti religiosi’ sono nati negli Stati Uniti, [come nel caso] dei Testimoni di Geova, dei Mormoni, della Christian Science, della Scientologia”[10]; che l’espansione di molte sètte sorte fuori dal territorio statunitense spesso ha inizio col trasferimento del loro capo o “maestro” negli Stati Uniti; che gli stessi Stati Uniti d’America hanno alle loro origini l’azione di una setta, quella puritana; che l’attuale presidente Joe R. Biden è legato da un vecchio rapporto alla setta ebraica Chabad Lubavitch.
Ma i Lubavitcher, che già nel 2008 sostenevano Biden per le sue posizioni filosioniste[11], costituiscono solo l’aspetto più pittoresco di quella “coalizione informale di organizzazioni e individui che si adoperano per orientare la politica estera degli Stati Uniti in direzione filoisraeliana”[12], vale a dire di quel gruppo di pressione che, definito col termine inglese lobby[13], si configura come “la Lobby” per eccellenza, ossia come una vera e propria “supersetta”.
Infatti, se quasi il settanta per cento dell’ebraismo mondiale si è concentrato negli Stati Uniti[14] e in Palestina[15], è negli Stati Uniti che esso “dispone di alcune grandi associazioni che difendono le sue tesi e i suoi interessi, sia presso i governi nazionali, sia presso le organizzazioni intergovernative”[16]. Si tratta di “un impressionante spiegamento di organizzazioni, la più potente e conosciuta delle quali è l’AIPAC”[17] (American Israel Public Affairs Committee), la cui collocazione “super partes” rispetto ai partiti politici è dimostrata dalle sue conferenze annuali, alle quali partecipano esponenti sia democratici sia repubblicani, come, ad esempio, nel 2016 Hillary Clinton e Donald Trump (che pronunciò un discorso scritto da suo genero Jared Kushner, giudeo ortodosso).
“La conferenza annuale dell’AIPAC – spiega un giornalista statunitense – si svolge a Washington ogni primavera e costituisce un avvenimento importante della stagione politica. (…) Il discorso introduttivo viene di solito tenuto dal Presidente degli Stati Uniti, dal Vicepresidente o dal Segretario di Stato. (…) Come tributo al potere della lobby, partecipano alla conferenza circa la metà dei membri del Congresso, compresi i capigruppo democratico e repubblicano di entrambe le Camere. Ovviamente i loro discorsi riflettono la loro personale fedeltà e l’appoggio incondizionato dell’America a Israele. I nomi dei membri del Congresso che percorrono la passerella vengono pubblicati sul sito web dell’AIPAC, il che fa crescere le loro possibilità di ottenere contributi da parte dei principali donatori ebraici. Altrettanto importanti ma raramente pubblicizzate sono le cene e i pranzi regionali organizzati dall’AIPAC nell’intero paese, avvenimenti a cui vengono invitati a prendere parte i dirigenti politici locali (…) Alla fine di questi avvenimenti, i personaggi invitati ricevono come premio dei viaggi completamente spesati in Israele, offerti dai Consigli della comunità ebraica locale, dalle Federazioni o da altre Organizzazioni ebraiche. In Israele, vengono ricevuti dal Primo Ministro, dal Ministro della Difesa e dal Capo Maggiore dell’esercito, vengono portati in visita in Israele e nelle colonie in Cisgiordania, e infine vengono condotti al museo dell’Olocausto dello Yad Vashem”[18].
La Lobby non comprende soltanto ebrei, ma anche personalità eminenti della chiesa evangelica e di altre “denominazioni” confessionali; in particolare essa include i cosiddetti sionisti cristiani, “una setta interna al più ampio e politicamente orientato gruppo della destra cristiana (…) una sorta di ‘partner minore’ dei vari gruppi filoisraeliani della comunità ebraica americana”[19]. La setta dei sionisti cristiani trae origine dal dispensazionalismo[20], una corrente teologica di origine anglosassone particolarmente diffusa fra le chiese evangelicali.
Prima di approdare negli Stati Uniti, questa corrente aveva avuto una certa diffusione in Inghilterra, dove probabilmente contribuì “a rendere il ministro degli Esteri inglese Arthur Balfour particolarmente sensibile all’idea di creare una patria per gli ebrei in Palestina”[21]. Secondo la teologia “premillenarista” della setta, gli ebrei governeranno la “terra di Israele” per mille anni dopo che Gesù Cristo avrà “rapito” i cristiani per portarseli in Paradiso; trascorso il Millennio, sorgeranno il nuovo cielo e la nuova terra preannunciati dall’Apocalisse di Giovanni. I dispensazionalisti, e con loro la setta dei sionisti cristiani, sono dunque certi che il presunto “ritorno”[22] degli ebrei in Palestina sia un evento fondamentale di quel processo escatologico che culminerà col Secondo Avvento di Gesù; perciò ritengono che gli Stati Uniti debbano sostenere con tutte le loro forze il regime sionista di Tel Aviv e prepararsi a combattere al suo fianco nella battaglia finale di Armageddon. La diffusione delle tesi dispensazionaliste è dovuta anche ad una fortunatissima attività letteraria a tema “apocalittico”, per la quale ci basterà citare un paio di casi. Il primo è rappresentato dal teologo-conduttore televisivo Harold (Hal) Lindsey (1929- ), noto per la sua campagna a favore di un attacco nucleare contro la Repubblica Islamica dell’Iran, “unica possibile scelta logica per Israele”. Lindsey è autore di The Late, Great Planet Earth (28 milioni di copie dal 1990), da cui è stato tratto un film con Orson Welles. Il secondo caso è quello di Timothy (Tim) LaHaye (1926-2016), conferenziere specializzato nelle profezie bibliche nonché autore di una serie di sedici romanzi (Left Behind, Tribulation Force, Soul Harvest, Nicolae ecc.) che fino ad oggi hanno venduto oltre 60 milioni di copie ed hanno ispirato diversi film.

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Qual è il peso esercitato dalla Lobby nelle ultime due amministrazioni statunitensi?
Donald Trump, oltre ad assegnare la carica di “consigliere anziano” (senior advisor) al genero Jared Kushner ed alla figlia Ivanka (entrambi giudei ortodossi), attinse dai ranghi della Lobby almeno una ventina di collaboratori, fra i quali: Stephen Miller (consigliere politico), Steven Mnuchin (segretario al Tesoro), David Friedman (ambasciatore in Israele), Jason Greenblatt (assistente del Presidente e rappresentante speciale per i negoziati internazionali), Elliot Abrams (rappresentante speciale per il Venezuela, poi per l’Iran), Anne Neuberger (viceconsigliere per la sicurezza nazionale e responsabile della sicurezza informatica), Gary Cohn (consigliere economico, poi presidente della IBM), Lawrence (Larry) Kudlow (direttore del National Economic Council) ecc. ecc.
Per quanto concerne l’amministrazione attuale, l’8 dicembre 2020 Nathan Posner annunciava trionfalmente su “Atlanta Jewish Times” che il governo di Joe Biden sarebbe stato “storicamente ebraico (historically Jewish)”[23]. Un mese dopo, infatti, la Lobby ha piazzato i suoi uomini (e le sue donne) nella nuova amministrazione.
Antony (Tony) John Blinken, già viceconsigliere per la Sicurezza Interna all’epoca di Barack Obama, il 26 gennaio è subentrato a Mike Pompeo nella carica di segretario di Stato. “La storia della sua vita sembra una fiction sull’alta società ebraica”, ha scritto il “Washington Post”, ricordando che Blinken “ha avuto voce in capitolo in ogni dibattito sulla sicurezza nazionale e sulla politica estera dell’amministrazione del presidente Obama”[24]. Un articolo del “Wall Street Journal” ricordava, in particolare, che “la grande attenzione dell’amministrazione Obama sulla Siria era dovuta a Blinken, le cui raccomandazioni tendevano a seguire la linea dura”[25].
Nello stesso giorno in cui ha avuto inizio il mandato di Blinken, la carica di segretario al Tesoro è stata assegnata a Janet Louise Yellen, originaria di una famiglia ebraica di Brooklyn. Già vicepresidente e poi presidente della Federal Reserve, nel 2014 la Yellen ha ottenuto il secondo posto nella lista delle cento donne più potenti del mondo secondo “Forbes”[26].
Anche la direzione della Central Intelligence Agency (CIA) è stata assunta da un’ebrea[27], Avril Danica Haines, già vicedirettrice della CIA dal 2013 al 2015 e viceconsigliera della sicurezza nazionale (come sostituta di Blinken) dal 2015 al 2017.
La carica di segretario della Sicurezza Interna è toccata ad Alejandro Nicholas Mayorkas, già vicesegretario del medesimo dipartimento dal 2013 al 2016; Mayorkas è nato all’Avana da genitori ebrei che lasciarono Cuba dopo la Rivoluzione e si trasferirono a Miami.
L’economista Jared Bernstein, collaboratore del “New York Times” e del “Washington Post”, è diventato consigliere economico di Biden. È stato dato particolare risalto al fatto che Bernstein, per celebrare la propria nomina nel Council of Economic Advisers, abbia fatto ricorso al lessico yiddish[28].
Capo di gabinetto della Casa Bianca dal 20 gennaio è Ronald (Ron) Alan Klain, già capo del personale di due vicepresidenti: Al Gore (1995-1999) e Joe Biden (2009-2011). Klain, il quinto esponente della Lobby che diventa capo del personale del presidente, ha celebrato il bar mitzvah in una sinagoga di Indianapolis affiliata al giudaismo ricostruzionista. Nell’aprile 2020, nel corso di una conversazione televisiva col rabbino Dennis Sasso, Klain ha dato prova della sua competenza in fatto di esegesi biblica paragonando l’epidemia di Covid-19 alla decima piaga d’Egitto, quando “vi fu un grande lamento in Egitto, perché non c’era casa dove non vi fosse un morto”[29] e “gli Israeliti (…) si fecero dare dagli Egiziani oggetti d’argento e d’oro e vesti. (…) Così essi spogliarono gli Egiziani”[30].

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Chi volesse rintracciare le origini storiche della “supersetta” americana, dovrebbe risalire alla nascita della loggia massonica inizialmente chiamata Bundesbrüder, che venne fondata il 13 ottobre 1843 all’Aaron Sinsheimer’s café di Wall Street, a New York, da dodici ebrei provenienti dalla Germania. Il gruppo, che ben presto assunse la denominazione di Independent Order of B’nai B’rith, si proponeva, secondo l’articolo 2 del suo statuto, di “unire gli ebrei in vista della promozione dei loro interessi più elevati e del bene dell’umanità”, essendo il “popolo d’Israele” il necessario mediatore fra Dio e il genere umano. Nel 1851 il B’nai B’rith contava dodici logge e poco più di un migliaio di affiliati; ma, dato il continuo incremento della popolazione ebraica statunitense (un milione nel 1900, 5.200.000 nel 1945), nel settembre del 1945 gli effettivi dell’Ordine ammontavano già a 160.000 uomini e oltre 70.000 donne. Avendo assunto nel frattempo il carattere e di una vera e propria organizzazione internazionale, il B’nai B’rith poteva contare su una rete mondiale di 250.000 affiliati ed avvalersi delle attività della Anti-Defamation League of B’nai B’rith, che esso aveva fondato nell’ottobre 1913.
L’ADL, che ha il proprio quartier generale a New York e dispone attualmente di una trentina di succursali sul territorio statunitense, nonché di alcuni uffici all’estero, non fa nessun mistero delle sue attività spionistiche. Abraham (Abe) H. Foxman[31], direttore nazionale dell’ADL, ha dichiarato esplicitamente: “La nostra missione consiste nel controllare e scoprire coloro che sono antiebrei, razzisti, antidemocratici (…) Siccome le organizzazioni estremiste sono inclini alla segretezza, talvolta l’ADL può arrivare a conoscere le loro attività solo usando strumenti nascosti”[32]. Naturalmente è servita a ben poco la causa giudiziaria promossa nel 1993 contro l’ADL da dodici gruppi per i diritti civili guidati dall’American-Arab Anti-Discrimination Committee e dalla National Lawyers Guild. (Per quanto riguarda in particolare l’influenza esercitata dall’ADL in Italia, gioverà ricordare che nell’agosto 1994 il capo del governo, Silvio Berlusconi, fu costretto a scusarsi con Abe Foxman per una dichiarazione del ministro del Lavoro Clemente Mastella, il quale aveva insinuato che la caduta della lira sul mercato internazionale fosse stata causata da manovre della Lobby ebraica americana. Diventato ministro della Giustizia nel governo Prodi (2006-2008), Mastella espiò la sua colpa presentando un disegno di legge finalizzato a punire le “idee antisemite” ed a finanziare un programma internazionale di educazione sull’Olocausto).
Tornando al B’nai B’rith, nel settembre 1957 esso si installò nella nuova sede di Washington, che fu inaugurata dal presidente Richard Nixon. “Da allora, i diversi Presidenti americani, le più alte personalità dello Stato e numerosi Capi di Stato stranieri hanno costantemente seguito ed appoggiato l’Ordine del B’nai B’rith (…) Le campagne presidenziali passano ormai inevitabilmente attraverso le assemblee del B’nai B’rith, dove i candidati, sia democratici che repubblicani, vengono a portare i loro messaggi di sostegno a Israele (accusando sempre i propri avversari di tiepidezza nei confronti della causa sionista). (…) Nel 1963 (…) l’ospite d’onore fu il presidente John Kennedy. (…) Qualche mese dopo, toccò al nuovo presidente Lyndon Johnson”[33].
L’Ordine ha avuto ottimi rapporti con tutti i presidenti degli Stati Uniti, sollecitando ciascuno di loro ad impegnare le energie del Paese nella difesa del regime sionista e dei suoi interessi nel Vicino e Medio Oriente. Subito dopo l’elezione di Donald Trump, il presidente Gary P. Saltzman e il vicepresidente esecutivo Daniel S. Mariaschin hanno inviato al neopresidente il seguente messaggio: “Il B’nai B’rith plaude al Suo dichiarato impegno per la sicurezza di Israele ed al Suo impegno a fare tutto ciò che è in Suo potere per impedire all’Iran di ottenere l’arma nucleare. Riconosciamo che la dirigenza americana – e il cruciale partenariato dell’America con il suo alleato democratico Israele – sono essenziali per il nostro obiettivo condiviso di un Medio Oriente pacifico e stabile. Ci rassicura molto, quindi, sapere che Israele, l’unica democrazia del Medio Oriente, paese che ha combattuto il terrorismo e l’aggressione fin dalla sua indipendenza, avrà un fedele alleato nel presidente degli Stati Uniti”[34].
Non molto diverso, nella sostanza, il messaggio inviato dal presidente e dal vicepresidente dell’Ordine al neoeletto presidente Joe Biden: “Adesso è il momento che la Nazione stringa i suoi ranghi, unita nella guarigione e compatta davanti alle sfide più gravi. In qualità di organizzazione umanitaria ebraica globale, noi ci concentriamo sui diritti umani, sulla sicurezza e la difesa di Israele e del popolo ebraico, sulle questioni che riguardano gli anziani, la tolleranza e la diversità. Non vediamo l’ora di lavorare con la nuova amministrazione e con il Congresso su questioni critiche per gli Stati Uniti e Israele”[35].

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