In questa sede si è dibattuto anche aspramente del pensiero del filosofo dadaista in tutte le sue principali componenti, anche e soprattutto in relazione al fascismo.
Tuttavia volevo far presente un curioso aneddoto che forse non è mai stato preso in considerazione.
Evola fu probabilmente un membro del «deep-state» fascista: pubblicò su libri e riviste anche di argomenti scottanti, fece missioni all'estero, conobbe personalità influenti del regime, ricevette uno stipendio dal ministero, fu uno dei pochi a vedere il Duce in Germania dopo la liberazione dalla prigionia. Nonostante ciò nel secondo dopoguerra scrisse che il suo incontro di persona col Duce a Piazza Venezia avvenne solamente nel 1941, dopo la pubblicazione di un suo libro su un argomento spinoso come il razzismo.
Eppure De Begnac nei «Taccuini mussoliniani» annota di un dibattito sulla decadenza delle civiltà proprio tra il Duce, Evola, Volpe, e Spengler. Come sappiamo, questo incontro può essersi svolto solamente entro il 5 maggio del 1936, giorno della morte dello scrittore tedesco; quindi ben cinque anni prima rispetto a quanto riportato da Evola.
Come mai Evola sminuì il suo ruolo durante il fascismo, ma rivendicò una vicinanza alle strutture del regime in momenti ben più scottanti (sostanzialmente il periodo dell'Asse)?