Commento critico al documento sul "subsistit in"
di Fra' Alessio Bugnolo



Premetto che, essendo un cattolico romano tradizionalista, commenterò il documento sul testo latino seguendone l’ordine.

Il documento inizia così:


Ad catholicam profundius intelligendam ecclesiologiam nemo ignorat quantum Oecumenica Vaticana Synodus II contulerit, sive per dogmaticam Constitutionem Lumen gentium, sive per Decreta de Oecumenismo (Unitatis redintegratio) atque Orientalibus de Catholicis Ecclesiis (Orientalium Ecclesiarum). Ad hoc Romani autem Pontifices peropportune rem aestimaverunt penitus indagari, praesertim quod ad praxim recte dirigendam spectat: exinde Litterae Encyclicae Ecclesiam suam Pauli PP. VI (1964), necnon Ut unum sint (1995) Ioannis Pauli PP. II.


Devo fare una confessione pubblica, quando ho letto:


"Ad catholicam profundius intelligendam ecclesiologiam nemo ignorat quantum Oecumenica Vaticana Synodus II contulerit"


non ho potuto fare a meno di prorompere, con tutto il rispetto, in una sonora risata.

Perché, se la verità fosse che il Concilio Vaticano II ha approfondito la teologia della Chiesa non ci sarebbe la necessità di questo documento per chiarificare il senso dei testi tratti dal Concilio.
Il documento, quindi, si contraddice fin dall’ inizio.
La verità è che il Concilio Vaticano II ha oscurato la dottrina che riguarda la Chiesa, tant’ è che questo documento prova a chiarificarla.
Ritengo che si tratti di uno scritto politico, non teologico, e aggiungo che neanche a questo livello si possa definire un buon documento perché anche in politica è un vizio dire bugie, come in qualsiasi altro aspetto della vita.
Questa prima sentenza dimostra, infatti, chiaramente che lo scritto manca del necessario fondamento nell'onestà cristiana e dà notizia a tutti i lettori onesti che non parlerà secondo le regole della semplicità cristiana.
Anche l'ultima sentenza del paragrafo dà forza a quest'interpretazione; si sostiene infatti che i Romani Pontefici post conciliari hanno esplicitato la dottrina del Concilio sorretti dalla retta prassi della dottrina stessa. Se gli insegnamenti conciliari fossero stati chiari non ci sarebbe stata la necessità dell’esistenza stessa dei cattolici tradizionalisti.



Multiplices ecclesiologiae facies ad profundius investigandas, minime consectaneum theologorum defuit officium, quod locum vero praebuit ut tempestive locupletissima studia florescerent. Sed si thema certo certius ferax evasit, nihilominus necessariis curis explanationibusque indiguit: quod evenit per Declarationem Mysterium Ecclesiae (1973), per Epistulam Ecclesiae Catholicae Episcopis Communionis notio (1992), per Declarationem Dominus Iesus (2000): documenta quae omnia a Congregatione pro Doctrina Fidei promulgata sunt


Qui il testo prova a spiegare che la dottrina del Concilio che riguarda la Chiesa ha avuto bisogno di essere spiegata tramite ben tre documenti promulgati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.
Mi pare un’ulteriore conferma del fatto che, se tre documenti curiali hanno già provato a spiegarla e si presume lo abbiano fatto in modo chiaro, non avrebbe dovuto esserci necessità alcuna di questo ennesimo documento chiarificatore.
Quindi, si confessa candidamente che i sunnominati precedenti documenti di spiegazione non hanno ottenuto lo scopo per cui erano stati prodotti. Questa è una confessione onesta!



Huiusmodi argumenti structuralis complexitas et quidem multarum propositionum novitas inintermisse excitant theologica studia haud semper immunia a deviationibus dubia incitantibus, quae haec Congregatio diligenti perscrutavit cura. Quamobrem – clarescente sub lumine integrae ac universae doctrinae circa Ecclesiam – mens est huius Congregationis necte firmare germanam significationem nonnullarum sententiarum ecclesiologicarum Magisterii, ne sana theologica disputatio interdum erroribus – ambiguitatis causa – offendatur.


In questo paragrafo del documento si ammette che la dottrina conciliare contiene "novità" in molte delle sue proposizioni; anche questa è una confessione onesta.
Nel prosieguo si afferma che la Congregazione per la Dottrina della Fede ha vagliato le conclusioni del Concilio "sotto la luce chiarificatrice della dottrina integra ed universale riguardante la Chiesa" ma non dice di quale dottrina si tratti, se di quella della Chiesa Cattolica o della “dottrina” modernista.
Si conclude dicendo che la Congregazione vuole evitare che il significato di molte sentenze venga mal compreso a causa di errori dovuti ad ambiguità. Questa è una proposizione onesta in sé ma, nel contesto del documento “politico”, non ha un senso certo né tantomeno oggettivo.



RESPONSA AD QUAESTIONES
1. Quaeritur: Utrum Concilium Oecumenicum Vaticanum II mutaverit praecedentem doctrinam de Ecclesia?
Respondetur: Noluit mutare, at evolvere, profundius intellegere et fecundius exponere voluit, nec eam mutavisse dicendum est.
Quod Ioannes XXIII incipiente Concilio dilucide affirmavit[1]. Quod Paulus VI repetivit[2]et in promulgatione Constitutionis Lumen gentium sic expressit: "Huius vero promulgationis potissimum commentarium illud esse videtur, quod per eam doctrina tradita nullo modo immutata est. Quod Christus voluit, id ipsum nosmetipsi volumus. Quod erat, permansit. Quae volventibus saeculis Ecclesia docuit, eadem et nos docemus. Tantummodo, id quod antea solum vitae actione continebatur, nunc aperta etiam doctrina exprimitur; quod usque adhuc considerationi, disputationi, atque ex parte etiam controversiis obnoxium erat, in certam doctrinae formulam nunc redactum est"[3]. Eandem intentionem episcopi iterum iterumque manifestaverunt et consecuti sunt[4].



Nelle traduzioni ufficiali in volgare la risposta alla prima domanda è mal tradotta. Perché il Latino dice


1. Quaeritur: Utrum Concilium Oecumenicum Vaticanum II mutaverit praecedentem doctrinam de Ecclesia?
Respondetur: Noluit mutare, at evolvere, profundius intellegere et fecundius exponere voluit, nec eam mutavisse dicendum est.


che in italiano vuole dire:


1. Si chiede: il Concilio Ecumenico Vaticano II ha cambiato la dottrina precedente che riguarda la Chiesa?
Si risponde: No, non l'ha voluta cambiare ma ha voluto che si evolvesse perché fosse intesa più profondamente e si esprimesse in maniera più feconda, non bisogna quindi affermare che abbia mutato la Dottrina.


Per questa ragione non tengo conto delle traduzioni autorevoli, mancano infatti molte parole significative presenti nel testo latino.
Nel suddetto testo latino si può vedere con chiarezza che questo documento non è tradizionale né cattolico, mai nessun Concilio ecumenico ha voluto "evolvere" la dottrina!
In un senso (se intendiamo il termine"evolvere" nel senso moderno) questa confessione significa che il documento ammette pubblicamente che il Concilio Vaticano II non è infallibile perché, secondo la dottrina del Concilio Vaticano I, il Magistero non ha l'autorità necessaria per fare evolvere la dottrina.
In un altro senso (se invece intendiamo"evolvere" nel senso classico) questa confessione significa che la Congregazione vuole che si comprenda che il Concilio ha voluto illuminare, chiarire le stesse dottrine che in passato non erano ben conosciute e ben comprese. Quindi, se ciò fosse vero, il resto del documento dovrebbe sviluppare argomentazioni solidamente fondate sui monumenti della Fede ma questo, come vedremo, non si verificherà; si tratta quindi di un’affermazione priva di significato.

Il brano di Paolo VI, inoltre, riguarda sì il testo della Lumen Gentium ma non in occasione dell’approvazione pontificia del documento conciliare, si tratta solamente di un commento personale sulla forma finale del testo e quindi non costituisce un giudizio definitivo sulla certezza della LG ma solo il suo “visto”. Sostiene certamente che fu sua intenzione, e intenzione dei padri conciliari, tenere ferma la dottrina antica ( quindi significa che non ha voluto insegnare eresie ) ma le intenzioni non bastano, perché molti si trovano all’inferno a causa di buone intenzioni senza buoni atti.
Tuttavia, questa confessione di Paolo VI giustifica qualsiasi critica della Lumen Gentium, come del documento oggetto della presente analisi, che, fondata su argomenti tradizionali, si opponga a qualunque senso o interpretazione nuova che indebolisca o contraddica la dottrina tradizionale, perche tale critica è interamente in accordo anche con le intenzioni dei padri del concilio.



2.Quaeritur: Quomodo intelligendum sit Ecclesiam Christi subsistere in Ecclesia Catholica?
Respondetur: Christus unicam Ecclesiam "his in terris… constituit" et ut "coetum adspectabilem et communitatem spiritualem"[5] instituit, quae inde a sua origine in decursu historiae semper exsistit exsistetque et in qua sola permanserunt ac permanebunt omnia elementa ab eo instituta[6]. "Haec est unica Christi Ecclesia, quam in Symbolo unam, sanctam, catholicam et apostolicam profitemur […]. Haec Ecclesia in hoc mundo ut societas constituta et ordinata, subsistit in Ecclesia catholica, a Successore Petri et Episcopis in eius communione gubernata"[7].
Subsistentia in Constitutione Dogmatica Lumen gentium 8 est haec perpetua continuatio historica atque permanentia omnium elementorum a Christo institutorum in Ecclesia catholica[8], in qua Ecclesia Christi his in terris concrete invenitur.
Dum secundum doctrinam catholicam recte dici potest, Ecclesiam Christi in Ecclesiis et communitatibus ecclesialibus nondum plenam communionem cum Ecclesia catholica habentibus adesse et operari propter sanctificationis et veritatis elementa quae in illis sunt[9], verbum "subsistit" soli Ecclesiae catholicae ut singulare tantum attribuitur, quia refertur nempe ad notam unitatis in symbolis confessam (Credo…unam Ecclesiam); quae Ecclesia una subsistit in Ecclesia catholica[10].


Qui la Congregazione affronta la proposizione decisiva della Lumen Gentium: "la Chiesa di Cristo sussiste (subsistit) nella Chiesa Cattolica"
In primo luogo, è necessario sapere che il verbo latino "subsistit" significa letteralmente "sedere sotto"; nella filosofia scolastica questo verbo si usa solamente in riferimento ad una cosa che possa essere sia "in" un'altra che "dentro" un'altra. Il suddetto verbo è adoperato solamente in riferimento ad una forma o ad una persona, non si usa a proposito delle essenze che sono il tutto o l’intero di altre.
Quindi, "la Persona del Figlio di Dio subsistit in Christo" è un detto cattolico retto, così come è giusto, ad esempio, affermare che: “La forma dil tavolo sussiste in questo particolare tavolo”.

Ma, come possiamo vedere, l'uso di questo verbo è aperto alla conoscenza dei diversi atti di esistenza.
Perché, anche se la forma di tavolo subsistit in questo tavolo la stessa forma può benissimo subsistere in un altro tavolo.
Teoreticamente la Persona del Figlio Eterno avrebbe, secondo questa logica, potuto incarnarsi in un altro uomo, quindi subsistere in un altro uomo.
Inoltre, l’espressione"la Chiesa di Cristo" vuole dire una cosa reale non essendo né una forma né una persona. Infatti, la Chiesa è una comunione morale delle persone umane con la Santissima Trinità tramite Gesù Cristo, essa non è la forma della Chiesa di Cristo né è possibile affermare che la Chiesa di Cristo esiste nella Chiesa di Cristo; sarebbe vuota tautologia dire che una cosa esiste nella cosa medesima.

In definitiva, l'espressione "la Chiesa di Cristo subsistit nella Chiesa Cattolica" è del tutto mal formulata e mostra chiaramente l’ignoranza dell’autore della Lumen Gentium.
Come se non bastasse, non è onesto il tentativo di usare un termine scolastico classico in un senso sbagliato, né lo è difendere tale uso, ma così agisce la Congregazione in questo documento.
La spiegazione offerta, qui di seguito, non risponde in alcun modo alle questioni prima sollevate.

Infatti, nel sostenere che:


Subsistentia in Constitutione Dogmatica Lumen gentium 8 est haec perpetua continuatio historica atque permanentia


la Congregazione va incontro ad un altro problema, essa definisce il termine"subsistentia" in un modo incompleto ed erroneo. La sussistenza di una cosa non riguarda l'esistenza storica della cosa stessa, ma l'essere della cosa astratto dal tempo e dai suoi rapporti con qualsiasi altro essere; ciò è detto sia di una forma che di una persona con riguardo sia alla cosa composita (di forma e materia) sia alla sostanza che è unita alla persona o nella quale la persona si verifica unicamente.
Se subsistentia significa solamente "la perpetua continuazione storica e la permanenza" della Chiesa di Cristo, vuol dire che anche nelle Chiese Ortodosse si trova la Chiesa di Cristo “sussistente” e quindi che la Chiesa Cattolica non è unicamente la Chiesta di Cristo. Ciò sarebbe ereticale ed erroneo, lo scrivente si riferisce però solamente all’oggettiva scarsa logicità della proposizione e della spiegazione fornita a sostegno, non alle intenzioni della Congregazione.

Nell’ultimo paragrafo la Congregazione prova a forzare i termini e il loro senso logico, in direzione della politica ecumenica, alla sua volontà. Si sostiene infatti che sia di Fede affermare che la Chiesa di Cristo è presente nelle Chiese Ortodosse e allo stesso tempo che la Chiesa di Cristo subsistit unicamente nella Chiesa Cattolica. Ma l’espressione"subsistit in" non ha mai avuto questo significato prima del concilio e quindi abbiamo un’ altra novità… per spiegare la novità dello scritto conciliare!

Basta con la politica ecclesiastica! Basta!

Non sarebbe più onesto riconoscere che la Lumen Gentium contiene almeno un errore d'espressione? Quanto inchiostro dobbiamo ancora versare per difendere un errore così evidente?



3. Quaeritur: Quare vocabulum "subsistit in" et non simpliciter verbum "est" adhibetur ?
Respondetur: Usus vocabuli retinentis plenam identitatem Ecclesiae Christi et Ecclesiae Catholicae doctrinam de Ecclesia non immutat, rationem tamen habet veritatis, apertius significans quod extra eius compaginem "elementa plura sanctificationis et veritatis" inveniuntur, "quae ut dona Ecclesiae Christi propria ad unitatem catholicam impellunt"[11].
"Proinde ipsae Ecclesiae et communitates seiunctae, etsi defectus illas pati credimus, nequaquam in mysterio salutis significatione et pondere exutae sunt. Iis enim Spiritus Christi uti non renuit tamquam salutis mediis, quorum virtus derivatur ab ipsa plenitudine gratiae et veritatis quae Ecclesiae catholicae concredita est"[12].


Qui la Congregazione prova a dire che l'espressione "subsistit in" permette di riconoscere che ci sono elementi dati da Cristo alla Chiesa Cattolica che si trovano fuori della Chiesa Cattolica.
Ma non è ovvio rilevare come anche la semplice "è" permetta questo? Altro inchiostro versato a cagione di impenitenza e di superbia.
La Congregazione cita, poi, il paragrafo erroneo di Unitatis Redintegratio. In esso si dice "crediamo" che le comunità separate hanno un difetto di comunione con la Chiesa e che lo Spirito Santo non ricusi di usarle come strumenti della salvezza!

Non capisco il perché si usi un paragrafo offensivo alle orecchie dei cattolici per spiegare l'uso di un termine erroneo, a meno che la Congregazione non voglia più essere fedele all’ intenzione precedentemente manifestata, cioè, possedere la stessa fede che la Chiesa ha sempre posseduto e conservato.

Non possono esserci strumenti dello Spirito Santo privi della conformità alla volontà di Dio, se usiamo il termino "strumento" nel senso proprio, così come il martello non può essere usato dall’operaio se il martello stesso vuole essere separato dall'operaio che deve utilizzarlo!

Quindi, se Dio agisce tramite i peccatori Egli, tuttavia, non li usa nel senso proprio, cioè nel medesimo senso in cui usa i santi, perché non c'è nessun merito nell’ uso primario per coloro che sono usati.

Non ha senso dire che i peccatori sono usati da Dio per confermare la loro dignità, tale uso, infatti, non ne migliora la dignità e gli stessi peccatori, in tal modo giustificati nei loro peccati, diventerebbero ancor più superbi e malvagi; questo modo di agire non è, in alcun modo, conforme alla Carità cristiana!



4. Quaeritur: Quare Concilium Oecumenicum Vaticanum II Ecclesiis orientalibus a plena communione Ecclesiae catholicae seiunctis nomen "Ecclesiae" attribuit?
Respondetur: Concilium usum traditionalem nominis accipere voluit. "Cum autem illae Ecclesiae quamvis seiunctae, vera sacramenta habeant, praecipue vero, vi successionis apostolicae, Sacerdotium et Eucharistiam, quibus arctissima necessitudine adhuc nobiscum coniunguntur"[13], titulum merentur "Ecclesiae particulares vel locales"[14], et Ecclesiae sorores Ecclesiarum particularium catholicarum nuncupantur[15].
"Proinde per celebrationem Eucharistiae Domini in his singulis Ecclesiis, Ecclesia Dei aedificatur et crescit"[16]. Quia autem communio cum Ecclesia catholica, cuius visibilis Caput est Episcopus Romae ac Successor Petri, non est quoddam complementum Ecclesiae particulari ab extra adveniens, sed unum e principiis internis quibus ipsa constituitur, conditio Ecclesiae particularis, qua potiuntur venerabiles illae communitates christianae, defectu tamen afficitur[17].
Ex altera parte, plenitudo catholicitatis Ecclesiae propria, a Successore Petri et Episcopis in eius communione gubernatae, propter divisionem christianorum impeditur in historia plene consummanda[18].


L’espressione che le Chiese Ortodosse sono "chiese" è tradizionale, si è sempre detto, infatti, che le chiese locali sono chiese; allo stesso modo è noto che una chiesa locale possa essere “sorella” o “figlia” di un'altra chiesa locale, anche se la sorella o la figlia cadessero nello scisma, perché tali termini ("sorella" o "figlia") hanno valore di metafora.
Ma non è tradizionale dire che una chiesa locale è la Chiesa o la sorella della Chiesa Cattolica: si può dire rettamente che sia la sorella della Chiesa Romana, ma non della Chiesa Cattolica.

Diversamente dalle precedenti, queste proposizioni della Congregazione sono buone:



5. Quaeritur: Cur textus Concilii et Magisterii subsequentis communitatibus natis ex Reformatione saeculi XVI titulum Ecclesiae non attribuunt?
Respondetur: Quia secundum doctrinam catholicam hae communitates successionem apostolicam in sacramento Ordinis non habent, ideoque elemento essentiale Ecclesiam constitutivo carent. Illae communitates ecclesiales, quae, praesertim propter sacerdotii ministerialis defectum, genuinam atque integram substantiam Mysterii eucharistici non servant[19], secundum doctrinam catholicam Ecclesiae sensu proprio[20] nominari non possunt.


E’ ovvio che le comunità protestanti non sono chiese locali, né tantomeno la Chiesa. Tuttavia la Congregazione indebolisce la dottrina tradizionale nell’ affermare che non sono chiese "secondo la dottrina della Chiesa" come se fosse possibile che la Dottrina e la verità oggettiva non siano identiche l'una all'altra. La Congregazione apre sempre una porta al cambiamento futuro della dottrina della Chiesa Cattolica, anche se questa non è la sua intenzione.

In conclusione, questo documento curiale non offre molto aiuto per spiegare il Concilio, anche se manifesta più chiaramente che il Concilio non ha approfondito la dottrina della Chiesa. Esso, piuttosto, ha sottomesso la Dottrina a restrizioni di natura politica che hanno il sapore dell’ecumenismo e dell’ indifferentismo.


Fra' Alessio Bugnolo