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    Predefinito Come i Sovietici “persero” la Seconda Guerra Mondiale

    - Poslednyaya Respublika (“L’Ultima Repubblica”), di Vikto Suvorov (Vladimir Rezun). Mosca: TKO ACT, 1996. 470 pagine. Rilegato. Con fotografie.
    Fonte: The Journal of Historical Review, Luglio-Agosto 1998 (Vol. 17, N° 4), pag. 30 in poi
    Tratto da: http://www.ihr.org/jhr/v17/v17n4p30_Michaels.html

    Recensito da Daniel W. Michaels

    Per molti anni, un ex ufficiale del controspionaggio militare sovietico, Vladimir Rezun, ha provocato accese discussioni in Russia per la sua sorprendente opinione che Hitler attaccò la Russia sovietica nel Giugno 1941 proprio mentre Stalin si stava preparando a travolgere la Germania e l’Europa occidentale come parte di una operazione ben pianificata per “liberare” tutta l’Europa e porla sotto il giogo comunista.
    Scrivendo con lo pseudonimo di Viktor Suvorov, Rezun ha sviluppato questa tesi in tre libri. Icebreaker (il rompighiaccio) che è stato pubblicato in una edizione in lingua inglese. Dni M (il Giorno M). Entrambi recensiti nel Journal of Historical Review del Novembre-Dicembre 1997. Il terzo libro, qui recensito, è un’opera di 470 pagine: “L’Ultima Repubblica: Perché l’Unione Sovietica Perse la Seconda Guerra Mondiale”, pubblicato in russo a Mosca nel 1996.
    Suvorov esibisce un mucchio di prove che dimostrano che quando Hitler lanciò “l’Operazione Barbarossa” contro la Russia sovietica il 22 Giugno 1941, le forze tedesche riuscirono ad infliggere enormi perdite ai sovietici proprio perché le truppe dell’Armata Rossa erano sì meglio preparate ad una guerra, ma per una guerra di aggressione, prevista per gli inizi di Luglio, e non per una guerra difensiva alla quale furono costretti in seguito all’attacco preventivo di Hitler.
    Nel Il RompighiaccioSuvorov elenca in dettaglio le forze messe in campo dalle forze sovietiche nel Giugno 1941, descrivendo proprio come Stalin ammassò enormi quantità di truppe e armamenti lungo la frontiera europea, non per difendere la patria sovietica ma in preparazione di un attacco ad ovest e cruenti battaglie sul territorio nemico.
    Così, quando le forze tedesche colpirono, il grosso della forza aerea e terrestre russa era concentrata lungo le frontiere occidentali sovietiche che si affacciavano su paesi vicini, specialmente il Reich tedesco e la Romania, pronta all’assalto finale all’Europa.
    Nel suo secondo libro sulle origini della guerra, “ Il Giorno M “ (M sta per Mobilitazione), Suvorov spiega dettagliatamente come, fra la fine del 1939 e l’estate del 1941, Stalin allestiva metodicamente e sistematicamente la più potente e meglio armata forza militare al mondo, anzi, la prima superpotenza mondiale, per la sua conquista pianificata dell’Europa. Suvorov spiega come la drastica conversione di Stalin dell’economia del paese ad economia di guerra, rese la guerra inevitabile.

    UN UNIONE SOVIETICA GLOBALE
    Nel libro “L’Ultima Repubblica”, Suvorov aggiunse alle prove esibite nei suoi due precedenti libri, a rinforzo dei suoi argomenti, che Stalin si stava preparando pe runa guerra di aggressione, mettendo in evidenza in particolare la motivazione ideologica delle azioni del leader sovietico. Il titolo si riferisce a quello sfortunato paese che sarebbe stato incorporato come la “repubblica finale” nelle “Repubbliche Socialiste dell’Unione Sovietica” globali, completando in tal modo la rivoluzione proletaria mondiale.
    Come spiega Suvorov, questo piano faceva completamente parte della dottrina Marxista-Leninista e delle politiche di Lenin nei primi anni del regime sovietico. Lo storico russo sostiene in modo convincente che non fu Leon Trotsky (Bronstein), ma piuttosto Stalin, il suo amico meno sfavillante, ad essere un discepolo fedele di Lenin nel promuovere la rivoluzione comunista mondiale. Trotsky insisteva con la sua dottrina di “rivoluzione permanente” in base alla quale il giovano stato sovietico avrebbe aiutato a fomentare i disordini e la rivoluzione dei lavoratori locali nei paesi capitalisti.
    Stalin invece voleva che il regime sovietico si avvantaggiasse degli “armistizi” occasionali nella lotta globale per consolidare la forza militare sovietica in attesa del momento giusto, quando forze sovietiche più imponenti e meglio armate avrebbero invaso l’Europa centrale e occidentale, aggiungendo nuove repubbliche sovietiche man mano che questa schiacciante forza si faceva strada attraverso il continente. Dopo il consolidamento riuscito e la sovietizzazione di tutta l’Europa, l’URSS, raggiunta una tale espansione, sarebbe stata pronta per imporre il potere sovietico sull’intero pianeta.
    Come Suvorov dimostra, Stalin si accorse che, dando loro una libera scelta, i popoli dei paesi occidentali avanzati non avrebbero mai scelto volontariamente il Comunismo. Questi andava quindi imposto con la forza. Questo piano ambizioso, decise poi in seguito Stalin, poteva essere realizzato solo attraverso una guerra mondiale.
    Una prova critica in merito è il discorso di Stalin del 19 Agosto 1939, venuto recentemente alla luce negli archivi sovietici (citato in parte nel Journal of Historical Review del Novembre-Dicembre 1997, pag. 32-33). In esso, l’erede di Lenin affermava:
    “ L’esperienza degli ultimi 20 anni ha dimostrato che in tempo di pace il movimento Comunista non è mai abbastanza forte da prendere il potere. La dittatura di tale partito sarà possibile solo in conseguenza di una grande guerra. In seguito, tutti i paesi che avevano accettato la protezione della rinata Germania, diverranno anch’essi nostri alleati. Avremo un’ampia prospettiva per sviluppare la rivoluzione mondiale “.
    Inoltre, come hanno anche accentuato teorici sovietici, il Comunismo non avrebbe mai potuto coesistere pacificamente sul lungo termine con altri sistemi socio-politici. Pertanto, la guida comunista sarebbe stata inevitabilmente imposta in tutto il mondo. Questo obiettivo di “rivoluzione mondiale” era così radicato nella natura e nello sviluppo del “primo stato dei lavoratori” che rappresentava un aspetto vitale del programma sovietico persino prima che Hitler e il suo movimento Nazionalsocialista arrivassero al potere in Germania nel 1933.
    Stalin decise di colpire in una data e in un luogo di sua scelta. A questo scopo, lo sviluppo sovietico dei più avanzati armamenti offensivi, in particolare carri armati, aerei e truppe aviotrasportate, era già iniziato agli inizi degli anni 30. Per assicurarsi il successo di questa intrepida avventura, alla fine del 1939 Stalin ordinò l’allestimento di una potente macchina da guerra che fosse stata superiore in quantità e qualità a tutte le possibili forze nemiche. Il suo primo ordine segreto per una totale mobilitazione militare-industriale del paese fu emesso nell’Agosto del 1939. Un secondo ordine di mobilitazione totale, questa volta di mobilitazione militare, veniva emesso lo stesso giorno nel quale ebbe inizio la guerra.

    DELUSIONE
    L’attacco “Barbarossa” tedesco mandò a monte il ben progettato piano di Stalin di “liberare” l’Europa. Al riguardo, Suvorov sostiene che Stalin “perse” la Seconda Guerra Mondiale. Il premier sovietico poteva considerare la sconfitta della Germania e la conquista dell’Europa orientale e centrale solamente come una delusione.
    Secondo Suvorov, Stalin rivelò la sua delusione sull’esito della guerra in vari modi. Primo, la parata della vittoria del 1945 non fu condotta da lui in persona ma dal comandante supremo Gen. Georgi Zhukov. Secondo, non fu più autorizzata nessuna parata ufficiale del 9 Maggio fin dopo la morte di Stalin. Terzo, Stalin non portò mai nessuna delle medaglie delle quali fu insignito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Quarto, una volta, in un momento di umore depresso, espresse ai membri del suo circolo esclusivo il desiderio di ritirarsi ora che la guerra era finita. Quinto, e forse il più significativo, Stalin abbandonò l’opera a lungo progettata del Palazzo dei Soviets.

    UN MONUMENTO INCOMPIUTO
    L’enorme palazzo dei Soviets, approvato dal governo sovietico agli inizi degli anni 30, doveva essere alto 1.250 piedi (381 metri), sormontato da una statua di Lenin alta 300 piedi (91 metri), più alto dell’Empire State Building di New York. Doveva essere costruito al posto della vecchia Cattedrale di Cristo Salvatore. Su ordine di Stalin il magnifico simbolo della vecchia Russia fu fatto saltare nel 1931, un atto per mezzo del quale i governanti comunisti del paese radevano al suolo simbolicamente l’anima della vecchia Russia per fare posto all’epicentro dell’URSS mondiale.
    Tutte le “repubbliche socialiste” del mondo, inclusa “l’ultima repubblica”, sarebbero state infine rappresentate nel Palazzo. La sala principale di questo santuario secolare doveva portare l’iscrizione del giuramento che Stalin aveva reso ai funerali di Lenin con cadenze quasi religiose: “ Quando ci ha lasciati, il compagno Lenin ci ha lasciato in eredità la responsabilità di rafforzare ed espandere l’Unione delle Repubbliche Socialiste. Ti facciamo la solenne promessa, compagno Lenin, che noi assolveremo con onore il tuo sacro comandamento “.
    Comunque, furono terminate solo le fondamenta di questo grandioso monumento e, durante gli anni 90, dopo il collasso dell’URSS, la Cattedrale del Cristo Salvatore fu accuratamente ricostruita nello stesso luogo.

    LA VERSIONE UFFICIALE
    Per decenni la versione ufficiale del conflitto germano-sovietico del 1941-1945, sostenuta dagli storici di regime sia in Russia che in Occidente, è stata più o meno qualcosa del genere:
    Hitler lanciò una “guerra lampo” a sorpresa contro una misera Unione Sovietica impreparata, ingannando il suo leader, l’ignaro e fiducioso Stalin. Il Fuehrer tedesco era mosso dalla bramosia di “spazio vitale” e di risorse naturali nell’Est arretrato e, con la sua determinazione covata d alungo tempo, spazzare via il “Comunismo Ebraico” una volta per tutte. In questa vigliacca aggressione, che era una parte importante del folle progetto di Hitler di “conquistare il mondo”, gli aggressori “nazisti” o “fascisti” all’inizio sbaragliarono ogni resistenza con la loro superiorità di aerei e carri armati moderni.
    Questa opinione, affermata dai giudici alleati al Tribunale postbellico di Norimberga, viene ancora largamente accettata sia in Russia che negli Stati Uniti. In Russia oggi, la maggior parte della gente (e non solo coloro che sono nostalgici del vecchio regime sovietico), accetta questa linea “politicamente corretta”. Da un lato essa “spiega” le enormi perdite in uomini e materiali dell’Unione Sovietica durante la Seconda Guerra.

    SEGNATI FIN DALL’INIZIO
    Contro la tesi ufficiale che l’Unione Sovietica non era preparata alla guerra nel Giugno 1941, Suvorov in effetti evidenzia che erano i tedeschi a non essere veramente pronti. Il piano “Operazione Barbarossa” frettolosamente preparato dalla Germania, che prevedeva una vittoria nella “guerra lampo” in quattro o cinque mesi da parte di forze inferiori su tre vasti fronti, era segnato fin dal suo inizio.
    Inoltre, continua a mettere in evidenza Suvorov, la Germania mancava di materie prime (incluso il petrolio), essenziali a sostenere un conflitto di tali dimensioni.
    Suvorov sostiene che, un'altra ragione della mancanza di preparazione da parte della Germania era che i suoi leaders militari sottovalutarono seriamente l’azione delle forze sovietiche nella guerra invernale contro la Finlandia del 1939-1940. Va detto che combatterono in condizioni invernali tremendamente rigide, temperature di meno 40 gradi e molti centimetri di neve, contro le fortificazioni di cemento armato ben predisposte e basi sotterranee della “Linea Mannerheim” finlandese. Nonostante questo, viene spesos dimenticato che l’Armata Rossa, dopo tutto, costrinse i finlandesi ad un umiliante armistizio.
    Suvorov sottolinea che è sempre un errore sottovalutare il proprio nemico. Ma Hitler fece questo calcolo sbagliato. Nel 1943, quando la marea bellica si era rivolta contro la Germania, egli ammise la sua valutazione errata delle forze sovietiche due anni prima.

    DISPARITA NELLE UNITA CORAZZATE A CONFRONTO
    A riprova che era Stalin, e non Hitler, ad essere pronto per la guerra, Suvorov mette a confronto l’armamento sovietico e quello tedesco alla metà del 1941, in particolar modo per quanto riguarda tutto quell’armamento di natura offensiva come carri armati e forze aviotrasportate. E’ un assioma generalmente accettato nell’arte militare che le forze attaccanti debbano avere una superiorità nu,merica di tre a uno nei confronti degli aggrediti. Come spiega Suvorov, quando i tedeschi lanciarono l’offensiva la mattina del 22 Giugno 1941, attaccarono con un totale di 3.350 carri, mentre i sovietici ne avevano un totale di 24.000, cioè Stalin aveva sette volte più carri armati rispetto a Hitler, ossia un numero di carri ben 21 volte superiore a quello che sarebbe stato necessario per una difesa adeguata. Inoltre Suvorov evidenzia che i carri sovietici erano superiori in tutti gli aspetti tecnici, inclusa la potenza di fuoco, raggio e spessore della corazza.
    Lo sviluppo della produzione di carri pesanti era già iniziato agli inizi degli anni 30. Ad esempio, già nel 1933 i sovietici stavano già producendo in serie e distribuendo al loro esercito, il modello T-35, un carro da 45 tonnellate con tre cannoni, sei mitragliatrici e 30 mm. di protezione corazzata. Mentre invece i tedeschi iniziarono lo sviluppo e la produzione di un carro armato similare, da 45 tonn, solo dopo che la guerra era iniziata alla metà del 1941.
    Nel 1939 i sovietici avevano già aggiunto tre modelli di carri pesanti al loro inventario. Inoltre i sovietici disegnarono i loro carri con cingoli più larghi e con motori a diesel (che erano meno infiammabili di quelli che usano carburanti convenzionali). Inoltre i carri armati sovietici erano costruiti con il motore e la guida posteriore, migliorando l’efficienza generale e la vista dell’operatore. I carri armati tedeschi avevano un allestimento meno efficiente, col motore posteriore ma con la guida nella parte anteriore.
    Quando iniziò il conflitto nel Giugno del 1941, afferma Suvorov, la Germania non aveva carri pesanti, solo 309 carri medi e solamente 2.668 carri inferiori leggeri. Dal canto loro, i sovietici, allo scoppio della guerra, non avevano a loro disposizione solo carri più pesanti ma anche di migliore qualità.
    In merito, Suvorov cita il ricordo del generale tedesco delle forze corazzate Heinz Guderian, il quale scrisse nelle sue memorie Panzer Leader (1952/1996, pag. 143):
    Nella primavera del 1941, Hitler aveva specificatamente ordinato che venissero mostrate ad una commissione militare russa le nostre scuole per carristi e le nostre fabbriche. Questo affinché non fosse loro nascosto niente. Gli ufficiali russi in questione si rifiutavano di credere che il Panzer IV fosse in effetti il nostro carro più pesante. Dissero ripetutamente che stavamo nascondendo loro i nostri modelli più nuovi e asserivano che non stavamo eseguendo gli ordini di Hitler di mostrare loro ogni cosa. La commissione militare fu così insistente su questo punto che, alla fine, i nostri produttori ed i funzionari dell’Ufficio Armamenti conclusero: “sembra che i russi siano già in possesso di carri migliori e più pesanti dei nostri “. Fu alla fine di Luglio del 1941 che il carro T-34 fece la sua apparizione al fronte ed il mistero del nuovo modello russo fu risolto.
    Suvorov cita un altro fatto rivelatorio, tratto da World War II Almanac (almanacco della Seconda Guerra Mondiale) di Robert Goralski (1982, pag. 164. Il 24 Giugno 1941, solo due giorni dopo lo scoppio della guerra tedesco-sovietica:
    I russi fecero entrare in azione vicino a Raseiniai (Lituania) il loro carro armato gigante Klim Voroshilov. Modelli che pesavano da 43 a 52 tonnellate sorpresero i tedeschi che trovavano il KV quasi inarrestabile. Uno di questi carri russi ricevette 70 colpi diretti ma nessuno penetrò la sua corazza.
    Per farla breve, la Germania affrontò i colossi sovietici con carri troppo leggeri, troppo pochi numericamente e inferiori sia nelle prestazioni che nella potenza di fuoco. E questa disparità continuava mentre la guerra andava avanti. Solo nel 1942, le fabbriche sovietiche produssero 2.553 carri pesanti, mentre i tedeschi ne produssero soltanto 89. Persino alla fine della guerra, il miglior carro in combattimento era il modello sovietico IS (“Iosif Stalin”).
    Suvorov invita sarcasticamente gli storici militari di regime di studiare un libro sui carri armati sovietici di Igor P. Shmelev, pubblicato nel 1993, tra le altre cose, dalla Hobby Book Publishing Company di Mosca. Il lavoro di un onesto analista militare come Shmelev, uno che interessa e ama il suo hobby e la verità, dice Suvorov, è spesso superiore a quello di un impiegato pagato dal governo.

    DISPARITA’ NELLE FORZE AVIOTRASPORTATE
    Persino più evidente era la superiorità sovietica nelle forze aviotrasportate. Prima della guerra, i bombardieri sovietici DB-3f e SB, nonché i TB-1 e i TB-3 (dei quali Stalin ne possedeva un migliaio), erano stati modificati per il trasporto sia di truppe che di bombe. Alla metà del 1941 le forze armate sovietiche avevano addestrato centinaia di migliaia di paracadutisti (Suvorov dice almeno un milione) per l’attacco pianificato contro la Germania e l’Occidente. Queste truppe aviotrasportate dovevano essere paracadutate e dispiegate dietro le linee nemiche in diverse ondate, ognuna di esse consistente di cinque corpi di assalto aviotrasportati (VDK’s), ogni corpo consistente di 10.149 uomini, personale di servizio, una divisone di artiglieria ed un battaglione corazzato a parte (50 carri). Suvorov elenca gli ufficiali comandanti e le basi delle prime due ondate, cioè dei primi dieci corpi. I corpi della seconda e della terza ondata includevano truppe che parlavano francese e spagnolo.
    Poiché l’attacco tedesco non permise a queste truppe altamente addestrate di essere usate come pianificato in origine, Stalin le convertì in “divisioni di guardie”, che usò come riserve e “vigili del fuoco” in situazioni di emergenza, un po’ come Hitler dispiegava le forze della SS.

    MAPPE E FRASARI
    A sostegno della sua tesi principale, Suvorov cita ulteriori dati che non furono menzionati nelle sue due precedenti opere sull’argomento. Per prima cosa, alla vigilia dello scoppio della guerra nel 1941, le forze sovietiche avevano in dotazione mappe topografiche solo di zone di frontiera ed europee; non avevano mappe per difendere il territorio o le città sovietiche, visto che la guerra non doveva essere combattuta in casa. Il capo dei Servizi Topografici Militari dell’epoca, e quindi responsabile per la distribuzione delle mappe militari, Maggiore Generale M.K. Kudryavtsev, non venne punito e nemmeno espulso per non aver fornito mappe del proprio paese, ma continuò a godere di una lunga carriera militare di successo. La stessa cosa per il Capo di Stato Maggiore Generale Zhukov, il quale non fu mai ritenuto responsabile per le sconfitte nei primi mesi della guerra. Nessuno dei massimi comandanti militari poteva essere ritenuto responsabile, fa notare Suvorov, perché avevano tutti seguito alla lettera gli ordini di Stalin.
    Seconda cosa, agli inizi del Giugno del 1941 le forze armate sovietiche iniziarono a ricevere migliaia di copie di libretti con frasi dal russo al tedesco, con capitoli dedicati a queste operazioni offensivi militari come la presa di stazioni ferroviarie, orientare i paracadutisti e così via, ed espressioni utili come “ smettila di trasmettere altrimenti sparo “. Questi libri-frasari furono prodotti in grandi quantità dalle case editrici militari di Leningrado e Mosca. Tuttavia non raggiunsero mai le truppe sulle linee del fronte e si dice che siano stati distrutti nella fase iniziale della guerra.

    AIUTI DAGLI STATI UNITI “NEUTRALI”
    Suvorov fa notare che gli Stati Uniti hanno rifornito la Russia sovietica di armamenti pesanti sin dalla fine degli anni 30. Cita lo studio di Antony C. Sutton, National Suicide (suicidio nazionale), Arlington House, 1973, il quale racconta che nel 1938 il Presidente Roosevelt concluse un accordo segreto con l’URSS per lo scambio di informazioni militari. Per uso e consumo del pubblico americano, comunque, Roosevelt annunciò l’imposizione di un “embargo morale” all’Unione Sovietica.
    Nei mesi precedenti all’entrata in guerra ufficiale dell’America (Dicembre 1941), i bastimenti navali nell’Atlantico degli Stati Uniti apparentemente neutrali erano già in guerra contro le forze navali tedesche. (Vedi: Mr. Roosevelt’s Navy: The Private War of the U.S. Atlantic Fleet, 1939-1942, di Patrick Abbazia (la marina del Sig. Roosevelt: la Guerra privata della flotta atlantica Americana, 1939-1942), Annapolis; Naval Institute Press, 1975. E due giorni dopo l’attacco “Barbarossa”, Roosevelt annunciò gli aiuti americani alla Russia sovietica nella sua guerra per la sopravvivenza contro l’Asse. Così, allo scoppio appunto dell’Operazione Barbarossa, Hitler scrisse una lettera a Mussolini dicendo: “ A questo punto non fa alcuna differenza se l’America entra ufficialmente in guerra o meno, visto che sta già sostenendo i nostri nemici a tutto campo con enormi forniture di materiali bellici “.
    Dal canto suo, Winston Churchill faceva tutto quello che era in suo potere durante i mesi precedenti il Giugno 1941, quando le forze britanniche subivano una sconfitta militare dopo l’altra, per portare Stati Uniti ed Unione Sovietica in guerra al fianco della Gran Bretagna. In verità, la coalizione anti-Hitler dei “Grandi Tre” (Stalin, Roosevelt, Churchill) era già in atto persino prima che la Germania attaccasse la Russia e fu un ulteriore ragione per la quale Hitler si sentiva obbligato a colpire l’Unione Sovietica e dichiarare guerra agli Stati Uniti cinque mesi dopo. (Vedi il discorso di Hitler dell’11 Dicembre 1941, pubblicato nell’inverno 1988-89 nel Journal of Historical Review, pag. 394-396, 402-412)
    Le ragioni del sostegno di Franklin Roosevelt a Stalin sono difficili da individuare. Lo stesso Presidente Roosevelt disse una volta a William Bullitt, il suo primo ambasciatore nella Russia Sovietica: “ Penso che se gli do (riferendosi a Stalin) tutto quello che posso e non gli chiedo niente in cambio, lui non cercherà di annettersi tutto e lavorerà con me per un mondo di pace e di democrazia “ (Citato in: Robert Nisbert, Roosevelt and Stalin: The Failed Courtship (Roosevelt e Stalin: il corteggiamento mancato), 1989, pag. 6. Forse la spiegazione più logica (e più gentile) per l’atteggiamento di Roosevelt è una profonda ignoranza, l’auto-illusione o ingenuità. Secondo l’opinione accreditata di George Kennan, storico ed ex diplomatico americano di alto rango, in materia di politica estera Roosevelt era “ un uomo molto superficiale, ignorante, dilettante, con un orizzonte intellettuale altamente limitato “

    UN AZZARDO DISPERATO
    Suvorov riconosce di essere affascinato da Stalin, che definisce “un animale, un selvaggio, un mostro sanguinario, ma un genio di tutti i tempi e popoli”. Comandò la più grande macchina militare della Seconda Guerra Mondiale, quella forza che più di ogni altra sconfisse la Germania. Specialmente negli ultimi anni del conflitto, egli dominò sull’alleanza militare Alleata. Deve aver considerato entrambi Churchill e Roosevelt come utili idioti.
    Agli inizi del 1941, siccome la Germania era ancora militarmente impegnata contro l’Inghilterra nel Nord Africa, nel Mediterraneo e nell’Atlantico, nessuno riteneva che Hitler si sarebbe mai impegolato in un secondo fronte ad Est. (Ricordandosi la disastrosa esperienza della Prima Guerra Mondiale, nel Mein Kampf egli ammoniva sul mortale pericolo di una guerra su due fronti). Era appunto perché confidava nel fatto che Stalin presumesse che Hitler non avrebbe aperto un secondo fronte che portò il leader tedesco ad iniziare l’Operazione Barbarossa. Questo attacco, insiste Suvorov, fu un enorme e disperato azzardo. Ma, minacciato da forze sovietiche superiori pronte a schiacciare la Germania e l’Europa, Hitler non aveva altra alternativa che lanciare il suo attacco preventivo.
    Ma fu troppo poco e troppo tardi. Nonostante il vantaggio di attaccare per primi, furono i sovietici che alla fine prevalsero. Nella primavera del 1945, truppe dell’Armata Rossa riuscirono ad issare la bandiera rossa sul palazzo del Reichstag a Berlino. Lo dobbiamo agli immensi sacrifici delle forze tedesche e dell’Asse se le truppe sovietiche non sono riuscite ad issare la bandiera rossa a Parigi, Amsterdam, Copenhagen, Roma, Stoccolma e, forse, Londra.

    IL DIBATTITO SI INASPRISCE
    Nonostante la resistenza da parte degli storici “di regime” (che in Russia sono spesso ex comunisti), il sostegno alla tesi di Suvorov circa “l’attacco preventivo” è in costante aumento sia in Russia che nell’Europa occidentale. Fra coloro che simpatizzano con le opinioni di Suvorov ci sono giovani storici russi come Yuri L. Dyakov, Tatyana S. Bushuyeva e I.V. Pavlova. (vedi The Journal of Historical Review del Novembre-Dicembre 1997, pag. 32-34).
    Per quanto concerne la storia del 20° secolo, gli storici americani in genere sono di mentalità più chiusa rispetto ai loro colleghi europei o russi. Ma anche negli Stati Uniti si sono alzate alcune voci a sostegno della tesi “dell’attacco preventivo”, il che è veramente degno di nota visto che i libri di Suvorov sulla Seconda Guerra Mondiale, tranne The Icebreaker (Il Rompighiaccio), non sono mai stati tradotti in inglese. (Una di queste voci è quella dello storico Russell Stolfi, un professore di storia europea moderna presso la Naval Postgraduate School di Monterey, in California. Vedi la recensione del suo libro: Hitler’s Panzers East nel Journal of Historical Review del Novembre-Dicembre 1995).
    Non tutti i riscontri all’opera di Suvorov sono stati positivi. Ha provocato critiche e ripetute affermazioni da parte dell’opinione ortodossa che dura da decenni. Fra i più strenui nuovi difensori della “linea” ortodossa ci sono gli storici Gabriel Gorodetsky dell’Università di Tel Aviv e John Ericson dell’Università di Edimburgo.
    Rigettando qualsiasi argomento che possa giustificare l’attacco tedesco, Gorodetsky in particolare critica aspramente e ridicolizza le opere di Suvorov, specialmente in un suo libro intitolato “The Icebreaker Myth” (Il Mito del Rompighiaccio). Infatti, Gorodetsky (e Ericson) attribuiscono le perdite sovietiche alla mancanza di preparazione alla guerra dell’Armata Rossa. “ E’ assurdo “ – scrive Gorodetsky – “ asserire che Stalin avesse avuto l’idea di attaccare la Germania, come alcuni storici tedeschi amano ritenere, in modo da mandare all’aria, tramite un attacco a sorpresa, l’aggressione preventiva pianificata dalle Germania “.
    Non a caso, Gorodetsky è stato elogiato dalle autorità del Cremlino e dai leaders militari russi. Storici “di regime” tedeschi condividono la tesi dello storico israeliano. A spese del contribuente tedesco, ha lavorato e insegnato al semi-ufficiale Ufficio di Ricerca Storica Militare tedesco (MGFA), che nell’Aprile 1991 pubblicò il libro di Gorodetsky Zwei Wege nach Moskau (due strade per Mosca).
    Nel libro “ L’Ultima Repubblica “, Suvorov replica a Gorodetsky e ad altri critici dei suoi primi due libri sulla storia della Seconda Guerra Mondiale. E’ particolarmente aspro nella sua critica verso l’opera di Gorodetsky, in particolare “Il Mito del Rompighiaccio”.



    ALCUNE CRITICHE
    Suvorov scrive in modo caustico, sarcastico e con grande amarezza. Ma se è fondamentalmente nel giusto, come il sottoscritto ritiene, allora egli, e tutti noi, abbiamo tutto il diritto di essere amareggiati per essere stati fuorviati e disinformati per decenni.
    Sebbene Suvorov meriti la nostra gratitudine per la sua importante analisi storica, la sua opera non è senza difetti. Da una parte, il suo elogio per gli obiettivi raggiunti dal complesso militare-industriale sovietico e per la qualità dell’equipaggiamento militare e per l’armamento sovietico, è esagerato, forse addirittura esaltato. Dimentica di riconoscere le origini occidentali di gran parte dell’armamento sovietico. Gli ingegneri sovietici svilupparono un talento per modificare, semplificare e, spesso, migliorare con successo i modelli e i concetti occidentali. Ad esempio, il rude motore a diesel usato dai carri armati sovietici era basato su un motore a diesel tedesco per aerei della BMW.
    Una critica che per correttezza non si può fare a Suvorov è la mancanza di patriottismo. Consapevole che le prime vittime del comunismo furono i russi, egli fa giustamente una acuta distinzione fra il popolo russo ed il regime comunista che lo governava. Egli scrive non solo con la competenza di uno storico in gamba ma anche nel rispetto di milioni di russi le cui vite furono sprecate nei folli progetti di Lenin e Stalin per la “rivoluzione mondiale”.


    CIRCA L’AUTORE
    Daniel W. Michaels è laureato alla Columbia University (Phi Beta Kappa, 1954), membro del progetto Fullbright per lo scambio di studenti in Germania (1957), e ritiratosi di recente dal Dipartimento della Difesa americano dopo 40 anni di servizio.

    Traduzione a cura di: Gian Franco SPOTTI

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    Predefinito Re: Come i Sovietici “persero” la Seconda Guerra Mondiale

    Consiglio la lettura dello scritto di Mutti Claudio "Sotto uno Stendardo Rosso", un testo dedicato alla eroica figura di Pierre Drieu la Rochelle.

 

 

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