Originariamente Scritto da
Giò
I Germani erano divisi in tribù nomadi, pertanto non conoscevano per evidenti motivi 'pratici' la proprietà immobiliare. Il fatto che fosse l'autorità politica in carica a distribuire gli appezzamenti di terra non significa comunque che l'appezzamento in questione fosse considerato in mera gestione anziché oggetto di un diritto pieno ed esclusivo di godimento e di disposizione, per quanto limitato dagli obblighi e dai vincoli sociali.
Riguardo a Sparta, per quel che ne sappiamo, la proprietà privata c'era eccome, anche se tendenzialmente concentrata in poche mani.
Non è così, perché i germani mai considerarono la proprietà come la considerò il "diritto romano", il quale fu antesignano del capitalismo. Ti consiglio di andare sul sito del movimento "Der Dritte Weg" e di leggere la storia del Deutscher Sozialismus. Circa Sparta, agli spartiati furono assegnati dei lotti di terreno, tutti di eguali dimensioni, ma a mo di usufrutto, non come "proprietà" nel senso del "diritto romano" e capitalista.
Lo Stato di per sé è la società politica organizzata retta da un'autorità riconosciuta. Finché sussiste una 'cosa' del genere, lo Stato esiste, a prescindere dalla forma di governo assunta. Che lo scopo del movimento sovversivo comunista sia l'estinzione dello Stato non cancella il fatto che, in attesa della realizzazione di questo scopo, anzi, proprio per realizzare questo scopo remoto, edifichi uno Stato collettivista, iper-totalitario, soffocante e poliziesco, spesso oltre i limiti della paranoia.
Ed allora? Quello che affermi è vero, ma comunque non si può affermare che fossero "statolocrati" pel mero motivo che misconobbero il concetto stesso di "Stato".
Se conosci bene il distinguo posto da Evola tra Stato organico e totalitario, dovresti anche sapere che la sua critica allo Stato "omnia faciens" è, sostanzialmente, una critica allo statalismo, cioè ad una visione dello Stato eccessivamente "accentratore" ed irrispettoso delle autonomie particolari di carattere individuale, locale, ecc.
Il fascismo nella famosa Carta del lavoro del 1927 affermò un principio che, se bene inteso, risulta in netta antitesi con ogni forma di statalismo: "L'intervento dello Stato nella produzione economica ha luogo soltanto quando manchi o sia insufficiente l'iniziativa privata o quando siano in giuoco interessi politici dello Stato. Tale intervento può assumere la forma del controllo, dell'incoraggiamento o della gestione diretta". Se l'intervento dello Stato nell'economia viene subordinato alla mancanza o all'insufficienza dell'iniziativa privata o alla sussistenza di effettive esigenze del bene comune della società, allora non si sta affermando un principio statalista di intervento generalizzato bensì quello che oggi chiameremmo "principio di sussidiarietà".
Come ben sai, la "Carta del Lavoro" funse solamente da 'apripista', poiché negli anni '30 gli interventi statali, soprattutto dopo la 'costituzione' dell'IRI nel 1933, furono assai ingenti. Però, qui si rimanda al discorso che 'statalizzare' non significa "fare del Socialismo".
Sia il nazionalsocialismo tedesco che il fascismo italiano cercarono di subordinare il capitalismo alle esigenze della nazione e al rispetto della giustizia sociale, in un'ottica interclassista. È in questa subordinazione che stava la valorizzazione del capitalismo stesso, ovviamente non più inteso secondo l'accezione liberale e/o plutocratica allora (e purtroppo non solo allora) corrente, bensì come fattore di benessere materiale e di potenza per tutta la società. Quindi nessuna "panzanata" (sic): purtroppo, fai l'errore di fissarti troppo sull'uso del termine "capitalismo", ma ti sfugge il fatto - molto più importante ai fini del discorso - che il nazionalsocialismo, analogamente al fascismo italiano e ad altri movimenti simili dell'epoca, non voleva abolire il capitale, ma subordinarlo alle necessità del bene comune. Discorsi che abbiamo già fatto altre volte, ma in tal caso repetita iuvant. Che poi il fascismo italiano ed il nazionalsocialismo tedesco, nella prassi, abbiano seguito vie differenti e, per alcuni aspetti, anche opposte nella realizzazione di questo disegno è vero, ma è tutto da dimostrare che la differenza sostanziale fra l'uno e l'altro fosse, in modo dirimente, una maggior subordinazione del fascismo alle forze capitaliste (curioso poi che, in altri casi, accusi me di assumere prospettive "marxiste" o "para-marxiste", mentre invece qui dimostri di fare tua, almeno parzialmente, una chiave di lettura della parabola storica del fascismo tipica degli storici marxisti). E giusto per smentire la tua ultima "sparata": discorsi in mezzo agli operai e agli imprenditori furono fatti tanto da Hitler quanto da Mussolini. Quindi, evitiamo di mistificare.