Di Francesco Bechis | 22/06/2021 - Politica

Terremoto Sboarina. Il piano Lega-FI per fermare Meloni in Veneto

Dalle parti della Lega non hanno preso bene il passaggio del sindaco di Verona Sboarina in Fdi, “ha fatto tutto la Meloni”. Dalla visita lampo di Salvini in Veneto si fa strada un piano B: Fi e Lega federati insieme alle prossime amministrative, per sbarrare la strada ai meloniani. Anche il “Doge” Zaia darebbe il suo benestare

Parola d’ordine: federare. Anzi, foderare. Cioè mettere una fodera intorno a Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni che continua a scalare i sondaggi.

Verona, città dell’amore shakespeariano, potrebbe diventare la prima, vera città della discordia. Lega e Forza Italia, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, insieme per un candidato unitario alle elezioni comunali del 2022, senza la Meloni.

È lo scenario che si apre all’indomani dell’ultimo acquisto della leader di Garbatella in casa centrodestra: Federico Sboarina, cinquant’anni, sindaco di Verona dal 2017, fresco di tesseramento a Fdi. “Un ritorno a casa”, lo ha definito lui la scorsa settimana, quando ha dato l’annuncio. E in parte è vero: consigliere comunale nel 2002 con Alleanza nazionale, di nuovo assessore allo sport nel 2007, candidato (non eletto) con il Pdl nel 2012. La sua è una storia di destra.

Eppure la notizia dell’adesione a Fdi ha creato non poco scompiglio dalle parti del Carroccio, tanto da finire al centro del viaggio-lampo del segretario Matteo Salvini in Veneto, venerdì scorso. La visita, già in programma per presenziare, insieme al governatore Luca Zaia, ai funerali di Gianluigi Contarin, sindaco di Riese e vecchia guardia della Lega veneta, ha offerto l’occasione di un check-up nella roccaforte scaligera. Così l’agenda si è infittita. Due conferenze stampa, una per presentare i referendum sulla Giustizia, l’altra per inaugurare 12 nuovi sindaci di piccoli e medi comuni e una trentina di amministratori, poi i faccia a faccia con Zaia e i responsabili del Veneto.

La vicenda Sboarina brucia e non poco. Numeri alla mano, la Lega non ha niente da temere dalla Meloni in Veneto. Dalle regionali di settembre, che hanno incoronato ancora una volta il “Doge” con percentuali bulgare, le truppe di Fdi si sono rafforzate, ma hanno pescato altrove, fra Cinque Stelle e Forza Italia, e comunque senza ottenere alcuna posizione di rilievo. Fa eccezione Elena Donazzan, assessora all’Istruzione di Fdi, che però, racconta chi la conosce, è assai più vicina a Zaia che alla dirigenza romana del partito.

Per questo forse il salto del fossato di Sboarina ha suonato un campanello d’allarme. Che il primo cittadino veronese avesse un piede in Fdi non è un mistero, “aveva la tessera in tasca da ottobre”, mugugnano i leghisti. Ad avvicinarlo fu tempo fa il senatore ed ex assessore veronese Stefano Bertacco, scomparso prematuramente un anno fa e ricordato con una cerimonia pubblica dalla Meloni e da Sboarina questo week end.


È il tempismo a fare la differenza. La presidente di Fdi, ragionano in queste ore a via Bellerio, “ha voluto moltissimo” l’annuncio in pompa magna del sindaco di Verona. Ma alle elezioni manca ancora un anno, e un anno, in politica, è un’era geologica. Sboarina ha già detto di volersi ricandidare. I numeri, però, non sono proprio dalla sua parte. Dopo dieci anni di dominio incontrastato dell’ex leghista Flavio Tosi, il sindaco uscente passato nei ranghi della Meloni può sfoggiare sondaggi molto modesti: il 35,5% dei consensi, secondo una recente stima di Arcadia, tallonato alle spalle dal possibile candidato di centrosinistra, l’ex calciatore Damiano Tommasi (28.0%) e da Tosi (26,8%).

I malumori sono trasversali e attraversano anche il centrodestra. In consiglio Forza Italia non vuole neanche saperne di una ricandidatura e fra i leghisti c’è chi spera in un nome più affezionato alle “battaglie identitarie” del Veneto, a partire dall’autonomia. Il passaggio nella squadra di Fdi facilita il trapasso. Così in questi giorni si fa strada un piano B. Se la Meloni dovesse insistere per un bis di Sboarina, Lega e Fi potrebbero pensare a un candidato unitario e sbarrargli la strada verso il ballottaggio.

Sarebbe un primo, travagliato banco di prova per la tanto discussa federazione di Salvini e Berlusconi. Certo non resterebbe senza conseguenze. Ma l’ipotesi è in campo e trova una volta tanto compatto tutto il fronte leghista. In Veneto gli “zaiani” e Fdi sono come il gatto e il topo. E forse è anche questo il segnale che più di tutti allontana una “tentazione nazionale” da Zaia. Per fare i conti con i palazzi romani e aspirare alla leadership del centrodestra bisogna per forza parlare con la Meloni. Ma il “Doge”, per ora, sembra avere altri programmi.