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  1. #1
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    Predefinito Debord e "la società della Spettacolo"

    Anche se per qualche ragione il grande pubblico tende a dimenticarlo Debord è sostanzialmente un marxista che si preoccupa di analizzare una precisa fase del rapporto tra Capitale e Lavoro.
    Una fase molto successiva a quella che aveva visto o potuto prevedere Marx e anche autori più avanti cronologicamente (penso a Gramsci ad esempio).
    Qualcuno ha letto l'opera? e soprattutto, cosa ne pensate?

    A me pare che Debord bene analizza il passaggio in cui il lavoratore diventa consumatore e che da sola questa nuova visione lo abbia messo in vantaggio anche rispetto al 99% dei teorici del suo tempo, soprattutto marxisti, ancora intrappolati nella visione del conflitto e dello sfruttamento ai fini produttivi (quando invece, come nota Debord, ad un certo punto il problema è "vendere" non produrre).

    Lo trovo molto interessante a livello di analisi o se volete anche di attualizzazione del pensiero marxista, un po' meno lo trovo apprezzabile nella sua parte propositiva in cui mi pare lui poco dica e ancora meno dice il situazionismo senza di lui (per me al 90% composto da gente che cercava o propone solo stordimento ma sicuramente non consapevolezza rivoluzionaria).

    Voi, che ne pensate?

    Mi permetto di piazzare di sotto il video uscito sul tema sul mio canale che credo possa essere un buon riassunto /prima recensione per chi non ha proprio presente l'opera... chiaramente se vi sembra spam cancellate pure il link eh.. magari lasciate la discussione però ;-)

    https://www.youtube.com/watch?v=_X7IpmdNdyY&t=385s

  2. #2
    Nazbol-Ciucé
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    Predefinito Re: Debord e "la società della Spettacolo"

    Ciao, ho visto il tuo video. Conoscevo a vaghe linee il concetto di società dello spettacolo e la tua fatica ha confermato le mie impressioni iniziali. Detto questo non mi permetterò di entrare nel merito dell'opera stessa, che non ho letto.
    In ogni caso, mi sembra che il problema marxista di fondo non venga minimamente risolto. Giustamente fai riferimento alla necessità di superare il determinismo marxista classico, quello secondo cui l'avvento della società proletaria sia inevitabile, e tuttavia pare sempre rimanere nell'ombra il nocciolo fondamentale, quel nodo che il marxismo non può e non riesce a sciogliere, poiché costretto anzi ristretto in quella che è la sua matrice originaria, essenzialmente moderna.
    Noi diciamo che l'uomo è animale razionale; è certamente così, ma sul piano filosofico. Nella prassi, la nostra parte razionale è costantemente adombrata da un inconscio più o meno emotivo che prende egli stesso le nostre decisioni, e mette la componente razionale a suo servizio, piuttosto che viceversa. E Marx non fa eccezione. E' abbastanza ovvio che all'uomo Karl Marx importasse, emotivamente, del destino del proletariato. Ed è per questo che adoperò la sua parte razionale per crearsi un bel castello concettuale che potesse razionalizzare quella spinta pre-razionale che lo muoveva verso il bene delle classi meno abbienti. Cioè, è la volontà di fare ed augurare del bene al proletariato che spinge Marx a costruire il marxismo, e in particolare l'aspetto scientifico, deterministico del marxismo, e non viceversa. Creerò questo concetto di inevitabile emancipazione storica del proletariato perchè voglio il bene del proletariato, e non viceversa, cioè mi adopererò per il bene del proletariato perchè il bene del proletariato è scientificamente dimostrato come inevitabile (atto decisionale che che comunque non supera la tranciante critica humeana).
    Quando quindi il marxista ammette la necessità di superare il determinismo, si toglie la terra da sotto i piedi, e tutto il suo bel castello di carte collassa nel nulla. E' a questo punto che ritorna il tema di una "natura umana" o di una verità sulla stessa. Rimane questa critica morale, quasi moralistica, sulla società dello spettacolo come una società che perverte, travia, aliena e asserve l'uomo, uomo che tuttavia non si definisce. Come possiamo parlare di alienazione ed asservimento se non ci prendiamo la briga, PRIMA, di definire cos'è l'uomo? E' per questa ragione, e non altra, che Marx si inventa la scientificità del marxismo: nel prospettare l'inevitabilità dell'avvento della civiltà del proletariato, sposta in avanti quel perno fisso che invece, per poter portare una critica vera, dovrebbe aver dietro di sè: il capitalismo aliena l'uomo dalla sua natura che è in realtà il suo inevitabile, deterministico, meccanicistico futuro, che deterministicamente, inevitabilmente e meccanicisticamente dovrebbe togliere questo "velo d'ombra", il capitalismo, che ne ricopre la luce. Tolto questo determinismo scientista è tolta la possibilità di definire una natura umana, ed è tolta la natura profonda dell'uomo (e possibilmente dell'Universo): non ci rimane che questo corpo marcio che tenta disperatamente di "scaricare la sua coscienza" nell'etere vuoto della cibernetica, che è il luogo, per eccellenza, della manipolazione totalizzante, che non c'entra NULLA con socialismo vs capitalismo, ma, al contrario, coincide con la sovversione della modernità, che ci illude con la sua fittizia ed ingannevole dialettica tra lavoro e capitale.
    Dicono che viaggiare sviluppa l'intelligenza. Ma si dimentica sempre di dire che l'intelligenza bisogna averla già prima.-.G. K. Chesterton

  3. #3
    Forumista junior
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    Predefinito Re: Debord e "la società della Spettacolo"

    mmm interessante, non l'avevo mai vista sotto questo aspetto, però è convincente.
    Effettivamente per molti aspetti avrebbe molto più senso pensare che Marx ha costruito un proprio meccanismo soprattutto perchè "voleva" costruire un meccanismo che emancipasse il lavoratore a prescindere poi dalla scientificità del meccanismo stesso o forse addirittura dal successo stesso del meccanismo..

  4. #4
    Nazbol-Ciucé
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    Predefinito Re: Debord e "la società della Spettacolo"

    Indubbiamente. Marx era figlio del suo tempo, impregnato di positivismo. Bisognava abbandonare ogni riferimento a libero arbitrio, morale o giustizia rettamente intesa. L'unica cosa che il suo tempo poteva costruire a sostituzione di questi dei caduti, di modo che ne diventassero il vuoto simulacro, era una sorta di scientismo antropologico. Visto che la scienza alla fine è soprattutto questo, cioè previsione, si trattava semplicemente di prevedere cosa sarebbe successo, e questa previsione diventava il bene, il buono, lo scopo. Filosoficamente è una fallacia, ovviamente.
    Dicono che viaggiare sviluppa l'intelligenza. Ma si dimentica sempre di dire che l'intelligenza bisogna averla già prima.-.G. K. Chesterton

 

 

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