Pesaro: giudice non ammette l’aggravante omofoba nell’aggressione a un ragazzo gay
Ecco a cosa serve il DDL Zan.

È entrato nel vivo il processo ai 3 responsabili del pestaggio omofobo avvenuto a Pesaro il 13 novembre 2019. Perché di questo si era trattato, un’aggressione omofoba. Ma per il giudice, come riporta Corriere Adriatico, l’aggravante di omofobia non è necessaria. E nemmeno la costituzione come parte civile di Arcigay, Anpi e Gens Nova.

Il ragazzo, quella notte, era fuori dalla discoteca “Il Colosseo” di Montecchio, quando un gruppo di 3 persone l’ha attaccato prima verbalmente e poi fisicamente. I 3 omofobi sono un ragazzo 20enne albanese, operaio e pregiudicato, uno studente 27enne di origini napoletane, anch’esso pregiudicato, e una studentessa di 27 anni.

Niente aggravante omofoba per il giudice di Pesaro
L’accusa per il gruppo era di lesioni personali aggravate dal “motivo abietto della discriminazione sessuale” e atti persecutori.

E le argomentazioni proposte dall’avvocato del ragazzo erano chiare: se 3 persone picchiano un coetaneo dicendogli “Brutto gay. Qui non puoi stare in questo locale. Vattene via o ti ammazzo” sarebbe giusto considerare l’aggravante di omofobia. Ma per il giudice, non è stato così. Una decisione che piace ai 3 imputati, e a cui applaude anche Marco Defendini, l’avvocato di uno dei tre:

Si è trattato di una lite e discussione tra ragazzi senza alcun intento di discriminazione della persona offesa o di qualsivoglia diritto di associazioni o enti.

La delusione di Arcigay
Arcigay Agorà Pesaro-Urbino, non ammessa come parte civile, non può che mostrare la propria delusione su come si siano svolti i fatti, e parla di:

Delusione riguardo la decisione del Tribunale di Pesaro di non riconoscere l’aggravante omofobica nel reato commesso contro un proprio iscritto, studente a Urbino, attaccato verbalmente e fisicamente nei pressi della discoteca Il Colosseo di Montecchio. È evidente dagli atti che gli aggressori non conoscevano la vittima, che hanno attaccato solo perché riconosciuta come gay. Come è possibile non vedere l’aggravante di omofobia qui?

È stata persino respinta la nostra richiesta, assieme a quelle di Anpi e Gens Nova, di costituzione di parte civile. Il giudice non riconosce quale danno materiale avremmo subito.

Partiamo dal presupposto che il danno lo si dimostra in corso di processo e non prima. Ribadiamo che se si attacca una persona perché fa parte di una minoranza, in questo caso quella LGBT+, proprio perché fa parte di suddetta minoranza, l’attacco non è solo personale ma riguarda la comunità LGBT+ tutta, dunque pure noi di Arcigay.

Il presidente Arcigay Giacomo Galeotti, conclude ironizzando:

Provocatoriamente invito la comunità LGBT+ di Pesaro e Urbino a farsi picchiare in Provincia di Rimini dove le aggravanti omofobiche vengono riconosciute in processi simili. Ci riserviamo il diritto di eventuali ricorsi con i nostri avvocati e continueremo a sostenere tutte le vittime di omolesbobitransfobia come abbiamo sempre fatto.

Nessuna discrezionalità con il ddl Zan
La situazione, alla fine, è sempre la stessa: in assenza di una legge come il ddl Zan, che preveda una condanna per questi reati riconoscendoli per quelli che sono – ovvero aggressioni omofobe – si ricade nella discrezionalità del giudice, che può decidere se inserire o meno l’aggravante, come avvenuto in altri processi simili.

Il ddl Zan, alla fine, serve proprio anche a questo: garantire la tutela a una minoranza in caso di discriminazioni, offese verbali o attacchi fisici. Senza una legge ad hoc, sarà sempre il giudice ad accettare la costituzione di parti civili che avrebbero tutto il diritto di essere presenti, e a considerare o negare un’aggravante.

Nel caso di Pesaro, in particolare, l’omofobia è stata la causa scatenante, che non ha portato solo lesioni alla vittima, ma anche mesi di paura, che il ragazzo è riuscito a scacciare solo con l’aiuto di quelle stesse associazioni LGBT che volevano costituirsi come parte civile.

https://www.gay.it/pesaro-giudice-no...un-ragazzo-gay