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    Predefinito Cottarelli ammette: “i noglobal del G8 di genova guardavano avanti”

    G8 Genova, 20 anni dopo. Cottarelli: "I No Global guardavano avanti, i problemi persistono"
    Nel 2001 era all'Fmi. "Chi allora guidava economia e finanza si rendeva solo in parte conto dell’entità dei fenomeni che stavano accadendo”
    Di
    Giuseppe Colombo
    06/07/2021 018pm CEST
    Carlo Cottarelli
    LUCA ZENNARO ANSA
    Carlo Cottarelli
    “Quei movimenti guardavano in avanti e chi allora guidava l’economia e la finanza internazionale si rendeva solo in parte conto dell’entità dei fenomeni che stavano accadendo”. Quando nel luglio del 2001 Genova diventò il palcoscenico delle istanze dei No global, Carlo Cottarelli era al Fondo monetario internazionale, il nemico per definizione di chi protestava con il neoliberismo sfrenato, ma anche contro le politiche economiche fondate sul debito, ancora contro la distribuzione iniqua della ricchezza mondiale. Cottarelli oggi, vent’anni dopo, riconosce che i costi della globalizzazione erano stati sottovalutati in alcuni importanti aspetti e, anche ora, dice in un’intervista a Huffpost, “su tanti dei temi sollevati siamo rimasti ancora alle parole”.
    Professore, nel fine settimana il G-20 proverà a chiudere un’intesa storica sulla tassa minima globale. Vent’anni fa, al G-8 di Genova, sembrava fantascienza. Allora a chiedere un fisco più equo era chi stava oltre la zona rossa. Perché è avvenuto questo ribaltamento di prospettiva?
    Vent’anni fa il Fondo monetario internazionale pensava che la liberalizzazione dei movimenti di capitale fosse una priorità e c’era molta prudenza nel fare politiche di finanza espansiva. Ma con la crisi enorme del 2008, che ha portato a una caduta imponente del reddito, ci si è resi conto che le crisi di domanda si dovevano fronteggiare solo con politiche espansive, sempre che ci fossero adeguate fonti di finanziamento. Inoltre, con la riduzione dei tassi di interesse reali a livello mondiale, è diventato meno oneroso indebitarsi. Insomma si sono verificate delle circostanze che hanno favorito un ragionamento differente rispetto ad allora. Ma ha contato molto anche un altro elemento.
    Quale?
    Con la crisi del 2008, le istituzioni che governano l’economia mondiale hanno iniziato a riflettere sul fatto che la globalizzazione poteva avere non solo effetti positivi, ma anche negativi. Abbiamo assistito a un vero e proprio ripensamento della globalizzazione stessa.
    Perché questo ripensamento non è iniziato prima, nel 2001, quando erano milioni di persone nel mondo a chiederlo?
    In realtà il tema di una tassazione minima globale è una rivendicazione del Fondo monetario internazionale già dagli anni Novanta. Vito Tanzi, a capo del Dipartimento fiscale dell’Fmi, pose già in quegli anni la questione di una world tax organization, sostenendo che i Paesi si sarebbero fatti una concorrenza spietata per attirare capitali se non fosse subentrato un coordinamento delle politiche di tassazione.
    Però alla fine non se ne fece nulla. Perché?
    Il problema è diventato sempre più evidente. Basta pensare al fatto che a metà degli anni ’80 il livello medio delle tassazioni dei profitti delle società nei Paesi Ocse era il doppio rispetto ad oggi. Oggi il G-20 riparla di tassa minima globale, ma non sono così fiducioso che questa possa essere la volta buona.
    Cioè?
    Per ora c’è l’accordo nel G-7, ovviamente un accordo nel G-20 è auspicabile e necessario, ma poi bisognerà convincere tutti. Ci sono 200 Paesi nel mondo. Anche negli Stati Uniti non c’è un’opinione pubblica uniforme sul tema. Come facciamo a convincere tutti? Nel diciannovesimo secolo si mandavano le cannoniere. Oggi, fortunatamente, non si fa più ma diventa più difficile tirare tutti dentro a un disegno comune.
    Non solo le tasse, ma in generale tutti i temi economici della piattaforma del Genoa Social Forum sono diventati ora i grandi temi all’attenzione delle istituzioni che governano l’economia e la finanza mondiale. Vent’anni fa si parlava di cancellazione del debito e il tema è tornato oggi al centro del dibattito. Ha senso andare in questa direzione?
    Se si guarda ai Paesi poveri sì, ma nei Paesi avanzati cancellare il debito non è così facile quando i creditori sono i residenti interni. La cancellazione del debito è una tassa sul creditore e se i creditori sono i cittadini significa che si stanno tassando i cittadini stessi. Non so sinceramente a chi possa convenire un simile scenario. Sicuramente però resta il problema della sostenibilità. C’è stato un abbassamento tendenziale del livello dei tassi di interessi reali e questo rende più facile sostenere il debito. Ma se i tassi dovessero aumentare, il problema ritorna e Paesi come il nostro finirebbero nei guai.
    Restiamo alle grandi questioni che furono sollevate nel 2001 dai movimenti no global. Nessuno li prese sul serio allora quando parlavano di sviluppo sostenibile, cambiamenti climatici, deforestazione, allevamenti intensivi. Oggi, con il Recovery, è scoppiato l’innamoramento verso uno sviluppo basato sul green, tutti parlano di auto elettriche e di piantare alberi ovunque. Perché ci si è arrivati vent’anni dopo?
    Perché occuparsi nell’immediato dell’ambiente ha un costo. La politica e i cittadini non vogliono pagarlo. In Europa c’è una sensibilità maggiore che in altre parti del mondo, ma ci sono ancora molte variabili che possono affossare nuovamente questo impegno. Le politiche di Biden rischiano di essere stravolte se tra tre anni Trump tornasse alla Casa Bianca. Anche oggi non si vuole affrontare la questione principale e cioè che è necessario affrontare un costo immediato per salvare il pianeta. Per questo dico che su molti dei temi sollevati nel 2001 siamo rimasti ancora alle parole.
    Un’altra grande questione è la distribuzione della ricchezza. La pandemia ha accresciuto le diseguaglianze, la competizione più agguerrita non è solo quella tra i Paesi ricchi e quelli poveri, ma anche, se non soprattutto, quella che si gioca dentro l’area della ricchezza. Eppure vent’anni fa sempre da Genova era arrivato un alert.
    Indubbiamente la globalizzazione ha portato a un cambiamento di distribuzione del reddito a favore del capitale e dei più ricchi all’interno di ogni Paesi, soprattutto negli Stati Uniti e nei Paesi anglosassoni dove lo Stato è meno presente e il sindacato meno forte. Ma la globalizzazione ha anche tirato fuori un miliardo di persone dalla povertà assoluta. Forse chi protestava nel 2001 non ha focalizzato bene questo aspetto.
    Con la crisi del 2008, e poi con quella più recente, il tema di come governare la globalizzazione è ancora alla ricerca di soluzioni. Lei ne ha qualcuna?
    Non è facile governare la globalizzazione. Uno strumento può essere la tassazione minima globale così come sarebbe auspicabile uniformare le tutele per i lavoratori, ma come si fa ad obbligare i Paesi in via di sviluppo ad accettare questo impegno? I Paesi più avanzati ripetono che bisogna ridurre le emissioni di CO2, ma per decenni ne hanno prodotto quantità enormi: è difficile convincere i Paesi in via di sviluppo che ora bisogna farlo. Viviamo in una stagione di grandi conflitti d’interesse.
    Siamo destinati a essere vittime della globalizzazione e delle sue trasformazioni?
    Qualcuno propone di invertire il processo di globalizzazione, ma lei comprerebbe un cellulare a un prezzo doppio rispetto a quello attuale? Nulla ci impedisce di rifiutare di comprare prodotti che arrivano da Paesi dove non c’è rispetto per l’ambiente, ma non lo facciamo. Ci piace invece comprare prodotti a prezzi bassi. Sottolineo le contraddizioni perché è troppo facile pensare che esistano facili soluzioni.

  2. #2
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    Predefinito Re: Cottarelli ammette: “i noglobal del G8 di genova guardavano avanti”

    Ma i noglobal del G8 di Genova erano anche contrari alle migrazioni...? O quelle per loro andavano bene?
    proverbi popolari:
    Il medico pietoso fa la piaga puzzolente
    Chi vuole, va; chi non vuole, manda
    Chi sa, fa; chi non sa, insegna
    Chi ha argomenti, spiega; chi non c'ha una mazza, insulta

 

 

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