I liberisti non si limitano a dire che nel plusvalore non ci sia nulla di male, ma sostengono addirittura che il plusvalore non esista.
Per chi non lo sapesse, il plusvalore è la differenza tra il prezzo di un bene e la remunerazione complessiva data a tutti i lavoratori che hanno lavorato per produrlo.
Nella teoria marxista il valore di un bene è oggettivo, ma in realtà non lo è: su questo hanno ragione i liberisti. Infatti il prezzo di un bene viene stabilito da quanto il consumatore è disposto a spendere per averlo e dalla remunerazione minima pretesa dai produttori.
Fatto sta che una volta che il prezzo di un bene viene soggettivamente stabilito, possiamo dire senza alcun dubbio che i lavoratori che hanno prodotto il bene non si mettono in tasca tutto il suo valore, altrimenti il padrone dell'azienda non guadagnerebbe nulla assumendo personale.
Immaginate per esempio che uno sviluppatore di siti web lavori come indipendente e a un certo punto i clienti diventano troppi e non riesce più a fare tutto il lavoro da solo: a questo punto comincerà ad assumere personale dipendente, ma se non fosse per il plusvalore non guadagnerebbe nulla in più rispetto a prima: con il lavoro che delega agli altri farebbe semplicemente pareggio di bilancio.
Se si esce dalla logica monetaria e si ragiona in termini di beni reali il concetto è ancora più facile da capire.
Luca ha un terreno nel quale coltiva pomodori. Siccome non sa cosa farsene di tutti quei pomodori, baratta alcuni pomodori con patate, altri pomodori con un generatore elettrico e così via...
Immaginate invece che Luca non possieda un terreno per coltivare pomodori perché di famiglia povera (in poche parole non possiede capitale).
Per sopravvivere dovrà rivolgersi a qualcuno che possiede un terreno coltivabile.
Raffaele ha un terreno coltivabile e propone a Luca il seguente accordo: Luca coltiverà i pomodori nel terreno di Raffele, ma dovrà consegnare il 50% dei pomodori che produce a Raffaele.
Quel 50% di pomodori che Raffele trattiene sono il plusvalore.
Raffaele non ci guadagnerebbe niente se non trattenesse una parte di ciò che Luca produce: È EVIDENTE!
I liberisti poi possono dire che è normale che sia così, perché altrimenti Raffele non avrebbe alcun motivo per permettere a Luca di coltivare il terreno di sua proprietà, ma il punto è che questo spiega perché la logica capitalistica dei diritti di proprietà porta a situazioni di sfruttamento e parassitismo. Chi ha capitale può parassitare su chi lavora e il lavoratore non si fa inculare perché gli piace, ma perché non ha altra scelta.
La parte più divertente della teoria liberista è che considera lo stato sociale come parassitismo ai danni di chi lavora, però invece il capitalista parassita che si mette magari milioni o miliardi in tasca grazie al lavoro degli altri viene quasi idolatrato, come se il vero lavoratore fosse lui e non chi sgobba per produrre i beni.
In realtà lo stato sociale non è parassitismo purché chi contribuisce a pagarlo ha diritto a ricevere prestazioni qualora si verifichino determinati eventi.
Se per esempio in USA venisse creato uno strumento dello stato sociale a cui hanno accesso solo i neri ma che viene pagato anche dai bianchi allora si potrebbe parlare di parassitismo.
Se invece colui che paga non è escluso dal diritto alle prestazioni allora non c'è nessun parassitismo.
Evidentemente per avere diritto ad avere prestazioni dallo stato sociale si deve verificare il rischio coperto: se si parla di sanità pubblica o assicurazione sanitaria pubblica il contribuente avrà diritto alle prestazioni quando si ammalerà o si ferirà, se è un sussidio per i poveri il contribuente avrà diritto quando sarà povero, e così via...
Al contribuente non vengono rubati soldi, perché chi ti ruba soldi non ti dà nulla in cambio. Lo stato sociale in cambio dei soldi ti dà la copertura contro una serie di rischi.