MicaMacho Fest: abbattere il maschio tossico che è in noi e ripensare il maschile

Lorenzo mi fa subito capire la musica: “Io sono agender, ma non preoccuparti per i pronomi”. Ecco il programma dei talk in calendario. E dove vogliono arrivare quell* del collettivo MicaMacho.

QueerGiuliano Federico11.09.2021 - 12:18

Sei nato maschio. Sarai predatore. Conquisterai e dominerai. Ridicolo, no?A Gay.it abbiamo deciso di segnalare ai nostri lettori un progetto in divenire: MicaMacho. E’ un epicentro di energia che riverbera la corrente messa in stato d’accusa del patriarcato, mostro ormai posto sul banco dell’imputato eccellente, possibile origine di gran parte dei mali passati e presenti. Ma anche futuri. Soprattutto se, rinchiudendoci, fingiamo di non sentire le nuove voci che si levano, impertinenti e impossibili da ignorare. Voci che, volendo sovvertire l’ordine, fanno tremare la terra sotto i piedi di elite e poteri incrostati. Che di solito reagiscono manifestando un semplice fastidio, ma che in verità sanno che saranno presto travolti da questa rivoluzione. Impertinenti e con le idee chiare ci sono sembrati quest* ragazz* di MicaMacho.
Lorenzo mi fa subito capire la musica: “Io sono agender, ma non preoccuparti per i pronomi”. Mi racconta così di MicaMacho, nato un anno fa. “La situazione era questa: eravamo alcuni uomini nati maschi e abbiamo deciso di confrontarci tra di loro sul come percepirsi maschi. Abbiamo aperto un dialogo, in particolare sulla violenza, e sulla condivisione non consensuale di materiale intimo su Telegram. Questi fatti spesso vengono denunciati dalle donne e Mica Macho voleva proprio riflettere sulla responsabilità maschile e sulla necessità che anche gli uomini esprimessero il loro dissenso e disagio a proposito di queste e altre pratiche violente. Non solo, l’obiettivo era capire insieme cosa muovesse queste dinamiche da una prospettiva maschile, per poi decostruirle. Questo implica ovviamente un processo di autoanalisi.


Un progetto di autocoscienza maschile, una sorta di auto-denuncia. Così nasce il collettivo, basato a Milano, di ragazzi tutti appartenenti alla Gen Z. “Ma siete tutti maschi?”, chiedo a Lorenzo – e un po’ mi vergogno della domanda, ma mi pare logica – che mi spiega che no, che “il progetto ha avuto subito un’ampia eco – Michela Murgia li segue su Instagram – e oggi conta un multiforme gruppo di esseri umani di varie nazionalità, maschi, femmine e queer e il nostro auspicio è che lo diventi sempre di più, includendo tutt* coloro che vogliono partecipare a questa discussione”.
Domenica 12 Settembre al Magnolia di Milano, MicaMacho presenta il proprio evento MicaMacho Fest, tre incontri pomeridiani di discussione.
Ecco il programma:
17 – 18.30 Fratellanza tossica e maschile sostenibile
Topic: Come sarebbe un maschile sostenibile se dovessimo immaginarlo? Raccoglieremo le testimonianze di ogni ospite a proposito della trasformazione delle loro identità alla luce delle consapevolezze legate a autocoscienza, divulgazione e attivismo. Intervengono (in ordine alfabetico): Claudio Nader, Educate Future Men, Maschile Plurale, Pierluca Mariti, Flavio Nuccitelli.
18.30 – 20 Genere e rappresentazioni
Topic: Quali storie racconteremmo se la rappresentazione del nostro genere non fosse univoca? Oltre alle testimonianze dirette delle loro esperienze di vita, ogni ospite ci racconterà il suo approccio professionale e creativo al tema del genere. Intervengono (in ordine alfabetico): Alessandro Carnevale, Antropoché, Carly Tommasini, Carolina Benzi, Muriel De Gennaro, Protopapa.
20 – 21.30 Mascolinità e comunità LGBTQ+
Topic: Come si esprime la mascolinità nell’ambiente LGBTQ+? Come diventa tossica ricalcando lo schema binario? Ogni ospite argomenterà il proprio lavoro a questo proposito e racconterà la propria esperienza. Intervengono (in ordine alfabetico): Ella Bottom Rouge, Francesco Cicconetti, Loredane Tshilombo, Pietro Turano, Strega Femminista, Vergo.
“Mascolinità tossica non è solo il gesto estremo, ma una serie di comportamenti, abitudini, pensieri sviluppati negli anni, e riguarda tutt* – continua Lorenzo – Abbiamo cominciato a riflettere sulle nostre esperienze, sulle nostre relazioni, sulle nostre amicizie, per andare a scovare questa prassi socio-culturale. Vogliamo dare voce a un modo diverso di definire il maschile e di conseguenza la nostra identità di genere. La nostra riflessione parte dal ripensare il maschile in quanto tale, nei suoi processi interiori, e non solo in relazione all’altr*.”

Così in questo anno i ragazzi si sono concentrati sul ruolo di genere proposto alla nascita e su come esso condizioni, fino a permettere al maschio di prevaricare impunemente, in uno scenario di incoraggiamento alla cultura predatoria del maschio dominante. I MicaMacho hanno messo in pista un piano editoriale collettivo, raccogliendo testimonianze e ragionamenti di altri maschi. In testa il progetto di costruire un contenitore dove lo spazio sia infinito, così infinito da immaginare di contenere tutte le persone stanche della virilità machista.


Sul canale Instagram, che invito i lettori a divorare, mi ha colpito la testimonianza di un 17enne etero cis che racconta il proprio disagio nel fuggire dalle occasioni di sesso che la sua fidanzata cercava in ogni modo di organizzare. “Un giorno mi invita per una serata di giochi da tavolo con il gruppo di nostri amici. Io volevo essere sicuro che non saremmo rimasti soli, volevo assolutamente evitare di ritrovarmi di nuovo in quella situazione. Mi sarei sentito ancora a disagio. I miei amici avevano confermato che lei aveva invitato anche loro alla serata. Mi tranquillizzai e andai a casa sua, ma una volta arrivato scoprii che eravamo di nuovo soli. Mi avevano mentito. Nonostante le sue pressioni mi mettessero in imbarazzo, quello che mi spinse ad andare fino in fondo fu l’idea che i miei amici mi avrebbero deriso o considerato ‘meno uomo’ se mi fossi tirato indietro e non ne avessi approfittato per farmi una scopata. Non ebbi il coraggio di dire un altro no. (continua qui ) ‘”.
Accanto a questo post, i ragazzi di MicaMacho scrivono: Questa è una testimonianza. Stiamo raccogliendo storie come questa da mesi, parole di ragazzi che scelgono di esporsi. Raccontiamo di tutte le volte in cui ci siamo adeguati e ci siamo sentiti inadeguati, in cui abbiamo reagito e ci siamo liberati, in cui ci hanno oppresso e abbiamo oppresso. Vogliamo aprire uno spazio di confronto e condivisione, libero e riflessivo, partendo da storie di uomini. Vogliamo migliorare la nostra vita ed il rapporto con l’altr*, sforzandoci di abbattere la mascolinità tossica che abbiamo tutt* dentro.
“E questo festival allora fa il punto su tutto questo?”, chiedo a Lorenzo. “Non esaustivamente, ma facciamo comunque un punto – risponde lui, e poi riparte di gran carica – noi vogliamo mettere in discussione le regole tossiche a proposito della mascolinità che ancora vengono proposte ai nuovi nati, fino a condizionare un intero sistema sociale, comprendendo tutti gli altri generi.”
“Sì ma adesso consentimi di fare domande anche agli altri, chi sono?” dico, e cerco di fare un po’ quello che vuole smascherarli, perché quest* ragazz* mi sembrano concentrat* e ben focalizzat*, meritano di essere incalzat*. Lorenzo non fa una piega. Mi fa parlare con altr* del collettivo. Chiedono di indicare soltanto i nomi, ma non per nascondere i cognomi (che trovate comunque indicati alla fine dell’articolo). “Non indichiamo i cognomi perché ci piace l’informità, è il nostro modo di comunicare, non conta il cognome, conta la persona“.
Cosa deve fare un maschio etero cis che abbia voglia di mettere in discussione il proprio modo di percepirsi maschio?
Risponde Giacomo (he/him, 25 anni, brand strategist).
“Mi sono chiesto: cosa vuol dire essere maschio? E forse la cosa da fare è guardarsi dentro, non guardare fuori, dove per fuori intendo la percezione. Penso non si debba partire dagli aspetti relazionali della vita sociale in termini comportamentali, anche se i campanelli d’allarme arrivano da lì. Spesso ci accorgiamo di stare male solo quando le persone ci fanno da specchio. Se non ci guardiamo dentro non siamo di fatto in grado di capire la fenomenologia di tutto questo, perché siamo portati a evitare di soffrire, a cercare l’evasione da quello che ci fa stare male. Imputiamo la nostra sofferenza ad altro, oppure la ignoriamo. Invece dovremmo proprio guardarla in faccia e chiederci perché ci fa stare male. Guardarsi dentro significa provare ad ascoltare e dare spazio anche alle fragilità e alla vulnerabilità, aspetti che cozzano per definizione con l’idea di maschio che viene trasmessa e che finiamo per imporci. Ci porta a considerarci fallibili. Si tratta di compiere il primo passo verso un processo che porti a riconoscere la tossicità nel nostro ruolo di genere, che fino al giorno prima avevamo dato per scontato.”


Come ci si può avvicinare a voi e rendersi attivi in questo vostro “movimento”?
Risponde Pietro (he/him, 23 anni, studente):
“Basta semplicemente seguirci su instagram! Oltre ai nostri contenuti, ci sono moltissimi modi di partecipare attivamente al nostro progetto e far parte della community. Si può semplicemente rispondere ai sondaggi e alle domande nelle stories, ma anche inviare una testimonianza personale che poi verrà pubblicata, fino ad arrivare, iscrivendosi alla newsletter, a partecipare a speciali incontri di autocoscienza, confronto e discussione mensili aperti a tutt*, come quello che faremo Domenica a Milano!”




Dove volete arrivare?
Risponde Lorenzo (no pron/any pron, 27 anni, content creator):
“Tutto il progetto è nato senza un quid da raggiungere, proprio perché volevamo soprattutto confrontarci e discutere. Personalmente penso che porsi un obiettivo in termini di risultato non sia sempre la cosa migliore da fare, soprattutto quando si parla di attivismo. Non lo dico per moralità, ma perché penso che senza il confronto si rischi di confinarsi nel confirmation bias della propria comfort zone (o gabbia, a seconda di come la si vive). Penso sia necessario parlare di più con le persone che non sono sensibilizzate alle questioni sulla sostenibilità sociale, altrimenti finisce che ci diamo solo delle gran pacche sulla spalla a vicenda. Viviamo in un presente dove le persone non hanno necessariamente la possibilità di questionare il loro genere o il loro orientamento sessuale, nemmeno in Italia. Direi che l’obiettivo di Mica Macho in questo senso potrebbe essere costruire uno spazio dove sia possibile mettere tutto in discussione, anche e soprattutto l’uomo forte che non deve chiedere mai.”
Fratellanza tossica e maschile sostenibile” è il tema del primo talk che terrete domenica 12 Settembre al Magnolia di Milano: come sarà sviscerato?
Risponde Benedetto (he/him, 23 anni, studente):
“Magari poterlo sviscerare in un’ora! L’obiettivo, però, è avvicinarsi il più possibile. Il mezzo è (finalmente!) parlarne insieme di persona. Premettendo che la mascolinità non è tossica di per sé, ma, come per la farmacologia, dipende dalla qualità e quantità della dose. Cercheremo di partire dai background e dalle esperienze diverse delle persone per dare un nome ed individuare nel concreto i modelli socio-culturali che portano al sovradosaggio e quindi ad aspetti di tossicità manifesta sia nell’intimo sia nelle relazioni. Per questo abbiamo voluto parlarne con i nati maschi. Noi, come per i nostri ospiti, lungo il percorso abbiamo avvertito delle esigenze, il risultato è quello che facciamo. Il passo successivo sarà confrontarsi su quelle esigenze ed immaginare quindi da dove partire per costruire un modello di maschile libero dal paradigma che lo vuole dominante, mai debole, etero, conquistatore eccetera. Un modello che sia quindi sostenibile per il sé e per una vita comunitaria alla pari, dove bisogna scardinare una cultura patriarcale opprimente e ricostruire insieme solidi argini per un fluido letto culturale.”


Il secondo talk è: Genere e rappresentazioni. Spiegateci come vorreste affrontarlo.
Risponde Giorgia (she/her, 25 anni, graphic designer e direttrice creativa di Mica Macho)
“Principalmente lo affronteremo attraverso la testimonianza. Personalmente la prima volta che ho intuito la differenza di genere è stata in occasione di quella che per me fu un’ingiustizia. Per Natale volevo il volante per la Playstation, invece mi hanno regalato il microfono del karaoke. Immediatamente non avevo capito perché avessero tradito le mie aspettative, negli anni poi la consapevolezza matura, ma le distinzioni si danno per buone. Quando ho sentito l’espressione “performance di genere” per la prima volta, ho messo in fila tutte le volte che ho performato il genere femminile o che mi hanno spinta a farlo. Prima di questo, per me il genere era un’opinione che le persone potevano avere di me, non mi era chiaro il binarismo sistemico con tutte le implicazioni. Gli stereotipi rendono più facile la comprensione della realtà, ma ovviamente possono diventare una gabbia. Mica Macho mi ha fornito la possibilità di indagare anche un genere non mio, di capire un canone diverso in una prospettiva non prescrittiva, ma descrittiva. Questo è quello che vorrei succedesse durante il talk sulla rappresentazione: creare uno spazio per discutere il nostro genere, ma anche tutti gli altri.




Parlerete infine di Mascolinità e comunità LGBTIQ+. E’ un tema delicato, perché c’è molta tossicità non elaborata in una grande fetta della comunità gay. Siete pronti a puntare il dito contro “certi gay”?
Risponde Francesco (he/him, 31 anni, antropologo):
“Certo! L’obiettivo non è quello di attaccare determinate persone, piuttosto un tipo di narrazione che viene perpetrata. La mascolinità tossica nella comunità LGBTQIA+ è un tema estremamente delicato e necessita di essere affrontato con chiarezza e senza paura. Dobbiamo ricordare, però, che il nemico non si trova nelle persone che abbiamo davanti, ma nel sistema culturale tossico e fallace, creato dall’essere umano, quindi di conseguenza parziale e imperfetto. Sarebbe troppo facile puntare il dito contro la persona. Solo con tanta lucidità e coraggio possiamo affrontare i tabù che questa società ci impone, così che, una volta abbattuti, saremo poi in grado di ricostruire una narrazione culturale che non sia più tossica.”
Ecco nomi e cognomi de* ragazz* di MicaMacho che hanno voluto raccontarmi la breve storia e le grande aspirazioni ideali di questo collettivo: Giacomo Zani, Giorgia Crisci, Francesco Ferreri, Benedetto Palazzi, Pietro Vincenzi e Lorenzo Mattiello.

Fonte:


https://www.gay.it/micamacho-fest-ab...nsare-maschile