Presi dal comprendere che piega prenderà l'emergenza, stiamo togliendo troppo tempo prezioso alla comprensione del problema principale che sta mettendo in crisi le democrazie mondiali e il benessere delle masse: lo strapotere del capitale globalizzato e il collasso del potere contrattuale dei lavoratori, che hanno fatto venir meno l'equilibrio di interessi tra classi sancito nelle costituzioni democratiche di tutto il mondo.
Questo è un passaggio determinante per capire le ragioni del declino politico, sociale e morale a cui stiamo assistendo: la macchina democratica cessa di funzionare nel momento in cui il capitale prende (nuovamente) il sopravvento, poiché la perdita del potere contrattuale dei lavoratori si traduce nella perdita di potere politico delle masse, facendo venir meno l'interesse della politica a tutelare l'interesse generale.
In questa folle corsa alla privatizzazione e alla globalizzazione incontrollata, il grande capitale riesce agevolmente a trasformare il potere dei soldi in potere politico, esercitando pressioni dentro le istituzioni pur non prendendone parte.
Essendo i centri di profitto del capitale globalizzato sparsi negli svariati settori produttivi e sociali, inevitabilmente si assiste ovunque a un riassetto del sistema di regole sbilanciato in favore dei suoi interessi, dal pubblico al privato.
Anziché evitare simili derive, la politica le asseconda, ma dovendosi comunque accreditare dinanzi alle masse cerca vie traverse per celare la reale posta in gioco, e quindi cerca di autolegittimarsi con poteri straordinari, retti da un interesse superiore, che insieme danno luogo allo stato di eccezione. Non importa quale sia l'eccezione – qualche anno fa era la crisi economica e finanziaria, oggi è l'emergenza sanitaria – il risultato è noto: accentramento di potere nelle mani dell'esecutivo e neutralizzazione del volere dell'elettorato in nome dell'interesse superiore, che parte appunto dai settori dell'emergenza per espandersi in tutti gli altri.
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