Sentendosi ormai più transalpina che italiana, nel giugno 1873 tornò definitivamente in Francia. Accarezzò il sogno di una restaurazione monarchica, per la quale vagheggiava per sé un ruolo di regina, e cercò di conquistare uno dei pretendenti al trono, Henri d'Orléans, figlio di Luigi Filippo, che tuttavia non cedette al suo fascino.
Ma la contessa di Castiglione non era donna da arrendersi facilmente. Era ancora molto bella e decise di eternare questa sua dote in un numero esorbitante di ritratti, fotografie e tableaux vivants, che allora erano molto in voga, in una sorta di maniacalità ossessiva della propria immagine. In un'epoca in cui la fotografia era ancora agli albori, la contessa collezionò circa 500 ritratti fotografici che oggi farebbero impallidire anche la più accanita appassionata di selfie!
Per le foto si rivolse allo studio Mayer & Pierson, uno dei più famosi d'Europa e apprezzato da tutta la nobiltà parigina, spendendo un patrimonio... non soltanto per le fotografie in sé. Di ciascuna foto ideava lei stessa la scenografia, i costumi, le acconciature, gli accessori. Ogni ritratto era pensato per immortalare la sua "splendente giovinezza" attraverso scene complesse che evocavano momenti importanti della sua vita. La protagonista era sempre e solo lei, che impersonava ogni volta qualcuna delle sue eroine preferite viste a teatro, nelle opere liriche, nei balletti: Medea, la regina di Cuori, la Madonna, Anna Bolena, la regina della Notte, Lady Macbeth. Gli abiti e le acconciature erano, di conseguenza, molto scenografici con piume, inserti d'oro o di madreperla, pizzi e ricami.
I circa 500 scatti, concentrati in tre periodi di posa (1856-58, 1861-67 e 1893-95) raccontano la biografia romanzata della contessa ed ebbero notevole eco anche presso i contemporanei, perché furono mostrati all'Esposizione universale di Parigi del 1867, trasformando la contessa in un'autentica icona del suo tempo.
Ma erano gli ultimi fuochi. Sola e senza amici, quando si accorse che la sua bellezza cominciava a sfiorire decise di negarsi agli sguardi di tutti, compreso il proprio. Dal 1873 visse in un ammezzato in Place Vendôme e portò il lutto stretto per la sua bellezza svanita. Usciva di rado e solo di notte, incappucciata e col volto velato. In casa, viveva circondata dai ricordi di una vita di splendori: lettere, gioielli, abiti sontuosi, fotografie che la ritraevano nello splendore della sua giovinezza. Fece coprire tutti gli specchi di casa con un drappo nero per non assistere alla sua decadenza fisica.
Questi ultimi anni della sua vita furono molto tristi e vissuti in solitudine: dimenticata da tutti, nel 1893 fu sfrattata dall'appartamento in Place Vendôme, quando il gioielliere Boucheron comprò l'intero edificio. Si trasferì allora in una casa in un piccolo alloggio in rue Cambon, sopra il ristorante Voisin, e qui morì il 28 novembre 1899, alla vigilia del nuovo secolo, a soli 62 anni.
Fino alla fine conservò come una reliquia, in una teca di cristallo, la vestaglia di seta verde indossata durante la prima notte con Napoleone III a Compiègne. Nel suo testamento chiese di essere sepolta con quella vestaglia e, al collo, la collana di perle che lui le aveva regalato. Inoltre, chiese di essere sepolta a La Spezia, senza funzione religiosa né fiori, e che della sua morte non fosse data notizia né alla stampa né alle autorità. Ma le sue ultime volontà non furono rispettate, perché il testamento venne alla luce solo dopo la sua sepoltura. Invece, ebbe una regolare funzione religiosa e ai suoi funerali parteciparono 10 persone in tutto: i camerieri, un duca e un agente di cambio. Non venne sepolta in Italia, ma nel cimitero parigino di Père Lachaise, dove ancora oggi riposa.
All’indomani del suo funerale, la polizia e Carlo Sforza per l’ambasciata italiana distrussero tutte le lettere e i documenti compromettenti riguardanti re, politici, papi e banchieri: da Napoleone III a Bismarck, da Cavour a Pio IX, da Rothschild al re Vittorio Emanuele II. Ci restano i suoi diari e alcuni taccuini, rinvenuti dopo la sua sepoltura e salvati dalla distruzione da parte della polizia, in cui la contessa diseredava tutti i parenti indicandoli uno ad uno. Ma, per un destino beffardo, si dimenticò di elencare i Tribone di Genova, i quali, discendenti di una sorella del nonno materno, diventarono in tal modo i suoi eredi universali, ricevendo una vera e propria fortuna... stimata, all'epoca, in circa due milioni di lire.
Prima della sua morte, Virginia Oldoini aveva tentato, senza riuscirci, di organizzare una mostra delle sue fotografie all’Esposizione Mondiale del 1900, sempre a Parigi, che avrebbe dovuto intitolarsi "La donna più bella del secolo".
Il mito della contessa di Castiglione non si esaurì con la sua morte: la sua vita è stata oggetto, nel corso del tempo, di trasposizioni cinematografiche e televisive e di diversi libri a lei dedicati. L'ultimo, di Benedetta Craveri, è in uscita proprio fra pochi giorni, il 14 ottobre. Ne ho fatto una recensione qui.