Originariamente Scritto da
Guelfo Nero
[AI PIEDI DEL TRONO VUOTO] Sede vacante e guerra civile
di Luca Fumagalli e Piergiorgio Seveso
Questa rubrica di Radio Spada, agile collezione di appunti sparsi, schegge e notarelle epigrammatiche, non nasce senza una pretesa che, nel suo piccolissimo – per non dire infimo –, ha del rivoluzionario. Per la prima volta, infatti, due laici, con toni volutamente leggeri, senza alcuna pretesa d’esaustività, consegnano ai lettori una sorta di autodiagnosi del cosiddetto mondo “sedevacantista” italiano. Lo fanno, si diceva, con quel poco di acume che Dio ha avuto la benevolenza di donare loro, consapevoli che in tempi ferrigni come quelli in cui stiamo vivendo, ormai privati di tutto, persino della dignità, l’autoironia è forse l’unica cosa che rimane: non ridarà la speranza, non risolleverà i cuori, ma almeno – si spera – strapperà un sorriso e, chissà, magari toglierà un po’ di polvere dalle menti appassite. A tal proposito è bene precisare che non è intenzione degli autori offendere nessuno. Saranno elencati numerosi limiti di un mondo marginale, angusto, a tratti persino fetido, ma un mondo a cui loro sentono irrevocabilmente d’appartenere. Ci potranno essere persino sferzate indelicate. Nel qual caso saranno date con la medesima asprezza di quelle che pure loro meriterebbero. Ogni difetto evidenziato è quindi anche e soprattutto loro, anzi, forse loro stessi sono il peggio che questo piccolo mondo antico abbia mai prodotto. Non è falsa modestia: in tempi di mediocrità diffusa come quelli in cui viviamo, essere pessimi è pur sempre un segno di distinzione [RS].
L’apologetica sedevacantista è da molti anni impegnata in confronti serrati (un tempo su carta, ora più velocemente sul web) molto simili a logomachie diuturne, volti a sensibilizzare le coscienze di singoli e gruppi sull’evidenza, diremmo quasi sull’invasiva evidenza, della Sede vacante. Polemiche su polemiche, spesso fruttuose, a volte antiche rifritture tematiche in giro da più di un ventennio con interlocutori ormai ampiamente cristallizzati nelle proprie posizioni (siano esse all’interno dello stesso mondo sedevacantista oppure con i “cugini-fratelli coltelli” lefebvriani). Oggi non ci vogliamo ovviamente occupare di queste diatribe: se cliccate “sedevacantismo” sul motore di ricerca interno di Radio Spada, avrete di che leggere per almeno un annetto (forse di più). Piuttosto vogliamo occuparci in questo capitoletto di un tema poco affrontato, ovvero del “dopo”.
Eh sì, perché, volenti o nolenti, prima o poi ci sarà un dopo-sede vacante, ovvero un momento in cui la Sede petrina tornerà pienamente occupata da un Papa cattolico, ovvero da un Papa. Il tema è sempre stato lasciato volutamente nel vago, anche perché sarebbe temerario parlarne con troppe certezze. In quest’ultimo anno abbiamo fatto molte ricerche per stanare in ambiente sedevacantista (francofono, anglofono o ispanofono) un qualche romanzo o racconto breve scritto da autore cattolico e dedicato ad una narrazione (futuribile, ucronica o utopica) della fine della sede vacante. Purtroppo non abbiamo ancora trovato nulla, ed è un vero peccato, perché i romanzi sono spesso luoghi di concretazione per le attese, i desideri e i sogni dei gruppi “di frangia” o anche per comunicare in una maniera più leggera ciò che in un saggio risulterebbe difficile o stucchevole.
Come è noto a qualsiasi sedevacantista tesista (non da bar), due sono le vie maestre per la conclusione della Sede vacante: o per resipiscenza dell’eletto modernista (ad esempio Bergoglio o un suo successore) o per “deposizione” e sostituzione dell’eletto attraverso un conclave emergenziale (“concilium imperfectum sine papa”) convocato e composto da quel vescovo residenziale (o vescovi residenziali ex modernisti o anche altri elettori “cardinali” anch’essi resipiscenti) che avrebbe prima rivolto all’eletto modernista le monizioni canoniche (“Nemo haereticus nisi pertinax”). Entrambe le vie sono oggetto di discussione nel mondo sedevacantista (e non) ma questi dibattiti non possono essere tema del nostro articolo. A noi interessa l’impatto sociale e/o politico della fine della Sede vacante.
Sia che il nuovo Papa cattolico venga eletto in maniera canonica, sia che venga eletto in maniera straordinaria, la sua elezione produrrebbe un’immediata riduzione secca dei cattolici al mondo di almeno il novantacinque per cento (a voler essere ottimisti), dal momento che i “neo-cattolici” si rifiuterebbero di seguire un nuovo Papa che abrogasse il Novus ordo, il Concilio Vaticano II, il codice del 1983, dichiarasse nulle le ordinazioni montiniane e tutto quello scaturito dal mondo conciliare (un po’ quello che accade al protagonista della serie tv “The Young Pope”). Il mondo cattolico ufficiale gli opporrebbe certamente un Antipapa o rimarrebbe fedele al “Papa modernista”, peraltro ben protetto dai poteri statuali nazionali e internazionali. Persino in un affascinante romanzo ucronico tipicamente lefebvriano come “Pio XIV, un papa di transizione” scritto dal salesiano don Giuseppe Pace negli anni Settanta, i primi due papi cattolici dopo il Concilio, Pio XIV e Pio XV, che tentano una via “riformistica per il ritorno alla fede cattolica”, vengono assassinati. Una certa narrativa di ambiente ratzingeriano che suggeriva un ritorno all’ortodossia per “viam accomodationis” non è risultata convincente, anche perché la rivoluzione conciliare galoppa in maniera sempre più irreversibile.
Non è troppo credibile nemmeno una certa narrazione informale che giura che il ritorno del Papato romano possa essere accompagnato da segni prodigiosi, miracoli, apparizioni celesti, interventi angelici etc etc. L’anno di Fatima appena trascorso ha vanificato le aspettative, le speranze, le pie chimere di un certo mondo “tradizionalista”: nessun segno tangibile, nessun castigo, nessun evento spettacolare. Nada de nada. Tutto nel più grigio anonimato che ci ha richiamato più le disperanti e soffocanti atmosfere di “Roma senza Papa” di Guido Morselli (di cui parleremo in un prossimo articolo) piuttosto che le tambureggianti aspettative di Riconquista da alcuni preannunciate. Già sentiamo (sempre in taluni ambienti tradizionalisti) spostare in avanti le date dei prodigiosi interventi celesti come facevano già i Testimoni di Geova a inizio Novecento per la fine del mondo (e ci scuserete se il paragone possa sembrare irriguardoso).
Insomma, come narrato ne “Il Padrone del mondo” di mons. R. H. Benson, i “cattolici col Papa” si troveranno, nel momento decisivo, certamente in ampia, amplissima, forse sparuta minoranza, seguendo le vie della Grazia ma anche quelle più prosaiche di una nuova prospettiva ecclesiale da gestire. Certamente risulta, umanamente parlando, facilmente prevedibile che il Papa cattolico ed i vescovi a Lui fedeli non possano prendere possesso pacifico delle rispettive sedi (Vaticano, arcivescovadi, episcopi). Le sedi dovranno essere nuove, occasionali, forse clandestine e da trovarsi, a meno che qualche Garcia Moreno (cattolico e non “ortodosso”) redivivo nel terzo Millennio possa offrire ospitalità e ricovero al Papa cattolico, evidentemente espulso, perseguitato o perlomeno ostacolato nella propria azione di governo. Avremmo quindi un “Vaticano in esilio” (stavolta fortunatamente senza “Pope” Michael a oziare sulla sedia a dondolo) con tutto quello che una situazione del genere comporta. Evidentemente negli stati ove i cattolici fedeli al Papa fossero presenti coi loro vescovi, il contrasto coi neomodernisti diventerebbe via via più forte e cruento (a meno che qualcuno pensi che il ritorno del cattolicesimo romano sulla scena della Storia possa essere derubricato dall’aconfessionalismo degli stati moderni o dalla “laicità positiva” come mero fatto privatistico). Lo scenario “guerra di religione” è certamente possibile ma in modo molto diverso rispetto al conflitto cattolico-ugonotto, dal momento che i “nuovi ugonotti” (roncallian-montinian-wojtylian-ratzingerian-bergogliani) stavolta partirebbero da una posizione di vantaggio pressochè assoluta. Per quanto una certa parte di mondo sedevacantista (non solo italiano) si possa esser dotato di alcuni fedeli (di solito provenienti dall’estrema destra ma anche di questo parleremo in un futuro articolo) in qualche caso dalla formazione paramilitare abbastanza solida, in quei frangenti ci vorrà certamente qualcosa di più “corazzato” e di più articolato per affrontare tali emergenze.
Nel titolo abbiamo usato l’espressione “guerra civile” che rimane abbastanza iperbolica dal momento che realisticamente l’eventuale conflitto riguarderebbe solo una parte marginale delle popolazioni (almeno in queste terre), data la generale secolarizzazione e incredulità. Si potrà forse parlare meglio di “guerra per bande”. Altrove lo scontro potrebbe essere più diffuso, specie nei paesi latini americani e ancor di più nel vicino Oriente, dove il conflitto tra i “cattolici col Papa” e altre confessioni cristiane potrebbe inserirsi in una situazione bellica già endemica di quelle terre. Una cosa è certa: quell’evento spezza-Storia potrà essere per il nostro piccolo mondo l’occasione per mostrare i nostri lati peggiori (meschinità, estremismo parolaio, viltà, allucinazioni puristiche), come i nostri lati migliori (fedeltà, coraggio fisico e morale, strategia, pietà, testimonianza fino alla morte).
Quando avverrà? Ora ci chiedete troppo. Non siamo profeti, né (checché se ne ciarli) astrologi. Alla prossima.
Scritto nell’Ottava dei Ss. Pietro e Paolo 2018