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  1. #81
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Citazione Originariamente Scritto da Guelfo Nero Visualizza Messaggio



    Volentieri riprendiamo da Il Talebano questa intervista con Piergiorgio Seveso, Presidente SQE di RS:

    Grazie caro Piergiorgio di concederci questa intervista. Tu sei stato protagonista negli anni 2000 dell’ ala Tradizionalista del leghismo un vero e proprio ponte tra il Centro Studi Davide Abertario e il MUP (Movimento Universitario Padano) della Cattolica diventato CAP (Comunità antagonista padano) con la rivista “Il Cinghiale Corazzato”. Vuoi parlarci di questa esperienza?

    Anzitutto grazie a Te per le parole immeritate e a “Il Talebano” per farmi ricordare di momenti assai entusiasmanti. Non so se io sia stato protagonista, di certo ci sono stato e ciò è quello che davvero conta. Come cofondatore e segretario del centro studi “Davide Albertario” (nato il 28 gennaio 2002) mi sono trovato quasi accidentalmente ad essere tramite e punto di raccordo tra questo Centro studi cattolico integrale (nato dall’iniziativa dell’Istituto Mater Boni Consiilii) e il gruppo degli Universitari Padani dell’Università Cattolica di cui sono diventato viceresponsabile nel maggio 2003. La cosa produsse tantissime buone cose: ad esempio un doppio ciclo annuale di conferenze che portarono a parlare in Cattolica personaggi molto rilevanti di entrambi gli ambiti (parliamo ovviamente degli anni 2002-2004): Andrea Rognoni, Don Ugo Carandino, Mario Spataro, Gilberto Oneto, Don Ugolino Giugni, Federico Bricolo, Don Thomas Cazalas, Sergio Terzaghi, Don Giuseppe Murro, Lorenzo Busi, Don Francesco Ricossa, Paolo Bassi, Martino Mora, solo per citarne alcuni.

    Erano gli anni in cui l’allora leader Umberto Bossi tuonava contro il “Concilio Vaticano Secondo” e i “massoni” che l’avevano generato, c’era una rubrica cattolica integrale su Radio Padania, le iniziative cattoliche tradiizionaliste erano seguite da media padani, c’erano Messe in latino “Non una cum” a molte iniziative della Lega Nord, c’erano banchetti librari sedevacantisti sia a Pontida che a Venezia (tra tutti ricordiamo quello del maggio 2003 che balzò all’onore delle cronache per alcuni libri assai controcorrente). In questo gran fervore d’opere, in questa particolare “sintonia”, in questo prodigioso “allineamento dei pianeti”, era naturale che si creasse un laboratorio di collaborazione politica tra cattolicesimo integrale e il giovane leghismo dell’epoca. E questo luogo fu senza alcun dubbio l’allora Movimento Universitario Padano dell’Università Cattolica (anche se vi furono altri episodi specie nel Triveneto).

    Non posso dimenticare che in quel gruppo, governato da una profonda Amicizia metapolitica, elementi pagani, laici e cattolici integrali si confrontavano quotidianamente su questioni politiche e sulle grandi Verità che illuminano la vita e devo ringraziare Fabrizio Robbiani e Davide Alemanni, i due resposabili di allora, per aver accolto con rispetto e con stima le nostre iniziative.

    Poi si sa, il contatto tra politica quotidiana e i grandi valori assiali e veritativi del Cattolicesimo integrale genera cambiamento, “conversione”, miglioramento: alla fine l’accodarci al liberalismo berlusconiano ci stava stretto, il progressivo (e allora meno percepibile) trasformarsi della Lega Nord da movimento identitario localista a movimento neo nazionalista (filo americano e filo sionista in politica estera, filo atlantista in poliitca europea, securitario e neocons in politica interna) ci stava ancora più stretto, Così il 20 marzo 2006, per una serie di molteplici occorrenze, ci trasformammo in Comunità Antagonista Padana e abbiamo festeggiato da poco i quindici anni di vita. Riacquistata una piena libertà d’azione tematica e politica, abbiamo vissuto anni meravigliosi, testimoniati dalle copertine del nostro giornale “Il Cinghiale corazzato”. Col passare degli anni anche l’elemento cattolico romano confessionale divenne indiscusso protagonista delle nostre iniziative.

    Libera dall’interesse verso la politica italiana, la CAP ha potuto condurre in questi anni campagne contro le aggressioni americano-sioniste ai paesi del Mediterraneo e del vicino Oriente (Libia, Siria, Libano, Iraq e Iran), a favore della rinascita russa e dei movimenti identitari nell’est Europa e, in ambito culturale, a favore del revisionismo storico per le piccole patrie preunitarie (specialmente contro il “risorgimento” ma anche per la libera ricerca in genere, ad esempio sull’omicidio rituale ebraico grazie a Luca Fumagalli). In una Università come la nostra, dilaniata dalla Scilla del modernismo e dalla Cariddi tecnocratico aziendalistica, abbiamo cercato di portare la viva testimonianza della Res publica christiana.

    Il proseguimento di questa esperienza è stata Radio Spada. Di cosa si tratta?

    Esattamente così. Nel naturale svilupparsi delle dinamiche umane del nostro gruppo, era normale che tra i laureati e quelli che erano arrivati o erano rimasti in Università si volesse creare qualcosa che rinsaldasse il nostro legame e portasse anche fuori dalle muraglie rosso mattone della nostra Università le nostre battaglie. Così nel giugno 2012 abbiamo fondato il Blog Radio Spada con lo scopo di farne nel breve termine una casa editrice controcorrente, apartitica, antagonista e confessionalmente cattolica integrale, lontana sia dallo pseudo-restaurazionismo ratzingeriano che dalle pulsioni neoconservatrici e benpensanti di molti nostri ambienti, spesso più pericolose della rivoluzione stessa.

    L’esperienza delle Edizioni Radio Spada che hanno sede in Insubria a Cermenate, molto impegnativa dal punto vista umano e intellettuale, ha dato i suoi frutti, dal momento che abbiamo pubblicato più di novemila articoli e navighiamo ben oltre i sessanta titoli pubblicati.

    Tra i piccoli ma fondamentali meriti di questa casa edtrice (un’editrice tra le tante ma sotto certi aspetti unica) c’è quello di aver contribuito a mettere in movimento l’ambiente cattolico tradizionalista italofono, legittimamente soverchiato dal neo modernismo trionfante nell’epoca bergogliana e altrettanto naturalmente incline all’ipnosi della coazione a ripetersi e al minimalismo della sopravvivenza.

    Infatti, o per emulazione o per antagonismo, molte iniziative sono state messe in campo dopo la nostra nascita e questo aver “smosso le acque” non ci può che rendere lieti: per il resto parlo con pudore di questa nostra casa editrice perchè detesto fortemente le dinamiche autopromozionali, amando molto la vita ritirata.

    Da questo buon ritiro, esco raramente. Se c’è un buon motivo per uscirne, è per tutelare l’unico vero sovranismo che mi sta cuore, da cui ovviamente i sovranismi “minori” dovrebbero trarre linfa vitale, grazie per scegliere, dottrine da custodire, linee guida per agire, ovvero la sovranità di Cristo Re ed il suo Sacro Cuore sui singoli e sugli Stati. Grazie ancora.

  2. #82
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Citazione Originariamente Scritto da Luca Visualizza Messaggio
    https://www.radiospada.org/2018/07/a...uerra-civile2/

    Sede vacante e guerra civile

    di Luca Fumagalli e Piergiorgio Seveso

    Questa rubrica di Radio Spada, agile collezione di appunti sparsi, schegge e notarelle epigrammatiche, non nasce senza una pretesa che, nel suo piccolissimo – per non dire infino –, ha del rivoluzionario. Per la prima volta, infatti, due laici, con toni volutamente leggeri, senza alcuna pretesa d’esaustività, consegnano ai lettori una sorta di autodiagnosi del cosiddetto mondo “sedevacantista” italiano. Lo fanno, si diceva, con quel poco di acume che Dio ha avuto la benevolenza di donare loro, consapevoli che in tempi ferrigni come quelli in cui stiamo vivendo, ormai privati di tutto, persino della dignità, l’autoironia è forse l’unica cosa che rimane: non ridarà la speranza, non risolleverà i cuori, ma almeno – si spera – strapperà un sorriso e, chissà, magari toglierà un po’ di polvere dalle menti appassite. A tal proposito è bene precisare che non è intenzione degli autori offendere nessuno. Saranno elencati numerosi limiti di un mondo marginale, angusto, a tratti persino fetido, ma un mondo a cui loro sentono irrevocabilmente d’appartenere. Ci potranno essere persino sferzate indelicate. Nel qual caso saranno date con la medesima asprezza di quelle che pure loro meriterebbero. Ogni difetto evidenziato è quindi anche e soprattutto loro, anzi, forse loro stessi sono il peggio che questo piccolo mondo antico abbia mai prodotto. Non è falsa modestia: in tempi di mediocrità diffusa come quelli in cui viviamo, essere pessimi è pur sempre un segno di distinzione [RS].



    L’apologetica sedevacantista è da molti anni impegnata in confronti serrati (un tempo su carta, ora più velocemente sul web) molto simili a logomachie diuturne, volti a sensibilizzare le coscienze di singoli e gruppi sull’evidenza, diremmo quasi sull’invasiva evidenza, della Sede vacante. Polemiche su polemiche, spesso fruttuose, a volte antiche rifritture tematiche in giro da più di un ventennio con interlocutori ormai ampiamente cristallizzati nelle proprie posizioni (siano esse all’interno dello stesso mondo sedevacantista oppure con i “cugini-fratelli coltelli” lefebvriani). Oggi non ci vogliamo ovviamente occupare di queste diatribe: se cliccate “sedevacantismo” sul motore di ricerca interno di Radio Spada, avrete di che leggere per almeno un annetto (forse di più). Piuttosto vogliamo occuparci in questo capitoletto di un tema poco affrontato, ovvero del “dopo”.

    Eh sì, perché, volenti o nolenti, prima o poi ci sarà un dopo-sede vacante, ovvero un momento in cui la Sede petrina tornerà pienamente occupata da un Papa cattolico, ovvero da un Papa. Il tema è sempre stato lasciato volutamente nel vago, anche perché sarebbe temerario parlarne con troppe certezze. In quest’ultimo anno abbiamo fatto molte ricerche per stanare in ambiente sedevacantista (francofono, anglofono o ispanofono) un qualche romanzo o racconto breve scritto da autore cattolico e dedicato ad una narrazione (futuribile, ucronica o utopica) della fine della sede vacante. Purtroppo non abbiamo ancora trovato nulla, ed è un vero peccato, perché i romanzi sono spesso luoghi di concretazione per le attese, i desideri e i sogni dei gruppi “di frangia” o anche per comunicare in una maniera più leggera ciò che in un saggio risulterebbe difficile o stucchevole.

    Come è noto a qualsiasi sedevacantista tesista (non da bar), due sono le vie maestre per la conclusione della Sede vacante: o per resipiscenza dell’eletto modernista (ad esempio Bergoglio o un suo successore) o per “deposizione” e sostituzione dell’eletto attraverso un conclave emergenziale (“concilium imperfectum sine papa”) convocato e composto da quel vescovo residenziale (o vescovi residenziali ex modernisti o anche altri elettori “cardinali” anch’essi resipiscenti) che avrebbe prima rivolto all’eletto modernista le monizioni canoniche (“Nemo haereticus nisi pertinax”). Entrambe le vie sono oggetto di discussione nel mondo sedevacantista (e non) ma questi dibattiti non possono essere tema del nostro articolo. A noi interessa l’impatto sociale e/o politico della fine della Sede vacante.

    Sia che il nuovo Papa cattolico venga eletto in maniera canonica, sia che venga eletto in maniera straordinaria, la sua elezione produrrebbe un’immediata riduzione secca dei cattolici al mondo di almeno il novanta per cento (a voler essere ottimisti), dal momento che i “neo-cattolici” si rifiuterebbero di seguire un nuovo Papa che abrogasse il Novus ordo, il Concilio Vaticano II, il codice del 1983, dichiarasse nulle le ordinazioni montiniane e tutto quello scaturito dal mondo conciliare (un po’ quello che accade al protagonista della serie tv “The Young Pope”). Il mondo cattolico ufficiale gli opporrebbe certamente un Antipapa o rimarrebbe fedele al “Papa modernista”, peraltro ben protetto dai poteri statuali nazionali e internazionali. Persino in un affascinante romanzo ucronico tipicamente lefebvriano come “Pio XIV, un papa di transizione” scritto dal salesiano don Giuseppe Pace negli anni Settanta, i primi due papi cattolici dopo il Concilio, Pio XIV e Pio XV, che tentano una via “riformistica per il ritorno alla fede cattolica”, vengono assassinati. Una certa narrativa di ambiente ratzingeriano che suggeriva un ritorno all’ortodossia per “viam accomodationis” non è risultata convincente, anche perché la rivoluzione conciliare galoppa in maniera sempre più irreversibile.

    Non è credibile nemmeno una certa narrazione informale che giura che il ritorno del Papato romano possa essere accompagnato da segni prodigiosi, miracoli, apparizioni celesti, interventi angelici etc etc. L’anno di Fatima appena trascorso ha vanificato le aspettative, le speranze, le pie chimere di un certo mondo “tradizionalista”: nessun segno tangibile, nessun castigo, nessun evento spettacolare. Nada de nada. Tutto nel più grigio anonimato che ci ha richiamato più le disperanti e soffocanti atmosfere di “Roma senza Papa” di Guido Morselli (di cui parleremo in un prossimo articolo) piuttosto che le tambureggianti aspettative di Riconquista da alcuni preannunciate. Già sentiamo (sempre in taluni ambienti tradizionalisti) spostare in avanti le date dei prodigiosi interventi celesti come facevano già i Testimoni di Geova a inizio Novecento per la fine del mondo (e ci scuserete se il paragone possa sembrare irriguardoso).

    Insomma, come narrato ne “Il Padrone del mondo” di mons. R. H. Benson, i “cattolici col Papa” si troveranno, nel momento decisivo, certamente in ampia, amplissima, forse sparuta minoranza, seguendo le vie della Grazia ma anche quelle più prosaiche di una nuova prospettiva ecclesiale da gestire. Certamente risulta, umanamente parlando, facilmente prevedibile che il Papa cattolico ed i vescovi a Lui fedeli non possano prendere possesso pacifico delle rispettive sedi (Vaticano, arcivescovadi, episcopi). Le sedi dovranno essere nuove, occasionali, forse clandestine e da trovarsi, a meno che qualche Garcia Moreno (cattolico e non “ortodosso”) redivivo nel terzo Millennio possa offrire ospitalità e ricovero al Papa cattolico, evidentemente espulso, perseguitato o perlomeno ostacolato nella propria azione di governo. Avremmo quindi un “Vaticano in esilio” (stavolta fortunatamente senza “Pope” Michael a oziare sulla sedia a dondolo) con tutto quello che una situazione del genere comporta. Evidentemente negli stati ove i cattolici fedeli al Papa fossero presenti coi loro vescovi, il contrasto coi neomodernisti diventerebbe via via più forte e cruento (a meno che qualcuno pensi che il ritorno del cattolicesimo romano sulla scena della Storia possa essere derubricato dall’aconfessionalismo degli stati moderni o dalla “laicità positiva” come mero fatto privatistico). Lo scenario “guerra di religione” è certamente possibile ma in modo molto diverso rispetto al conflitto cattolico-ugonotto, dal momento che i “nuovi ugonotti” (roncallian-montinian-wojtylian-ratzingerian-bergogliani) stavolta partirebbe da una posizione di vantaggio pressochè assoluta. Per quanto una certa parte di mondo sedevacantista (non solo italiano) si possa esser dotato di alcuni fedeli (di solito provenienti dall’estrema destra ma anche di questo parleremo in un futuro articolo) in qualche caso dalla formazione paramilitare abbastanza solida, in quei frangenti ci vorrà certamente qualcosa di più “corazzato” e di più articolato per affrontare tali emergenze.

    Nel titolo abbiamo usato l’espressione “guerra civile” che rimane abbastanza iperbolica dal momento che realisticamente l’eventuale conflitto riguarderebbe solo una parte marginale delle popolazioni (almeno in queste terre), data la generale secolarizzazione e incredulità. Si potrà forse parlare meglio di “guerra per bande”. Altrove lo scontro potrebbe essere più diffuso, specie nei paesi latini americani e ancor di più nel vicino Oriente, dove il conflitto tra i “cattolici col Papa” e altre confessioni cristiane potrebbe inserirsi in una situazione bellica già endemica di quelle terre. Una cosa è certa: quell’evento spezza-Storia potrà essere per il nostro piccolo mondo l’occasione per mostrare i nostri lati peggiori (meschinità, estremismo parolaio, viltà, allucinazioni puristiche), come i nostri lati migliori (fedeltà, coraggio fisico e morale, strategia, pietà, testimonianza fino alla morte).

    Quando avverrà? Ora ci chiedete troppo. Non siamo profeti, né (checché se ne ciarli) astrologi. Alla prossima.

    Scritto nell’Ottava dei Ss. Pietro e Paolo 2018

  3. #83
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto



    [PASTOR BONUS] S.E.R. Monsignor Daniel Dolan (1951-2022]

    “For I am even now ready to be sacrificed: and the time of my dissolution is at hand. I have fought a good fight, I have finished my course, I have kept the faith. As to the rest, there is laid up for me a crown of justice, which the Lord the just judge will render to me in that day: and not only to me, but to them also that love his coming. Make haste to come to me quickly.” -2Timothy 4, 6-8

  4. #84
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto



    A presto per nuove puntate

  5. #85
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    La strobosfera n. 5: La Morte, Draghi e i vestiti nuovi dell’Imperatore




    di Piergiorgio Seveso

    Cotidie morimur

    Ogni giorno da quando è iniziata la pandemia annotiamo contagiati e morti sul registro delle attività quotidiane della Comunità Antagonista Padana dell’Università Cattolica, una specie di chronicon che conta ormai più di trenta volumi dove segnamo con acribia da quasi vent’anni le attività quotidiane interne del nostro gruppo, polemiche, prese di posizione, cartelloni, visite, aperture e chiusure delle attività. Accanto a queste notizie “ad intra”, aggiungiamo le cose più eclatanti del mondo esterno.

    Dal 24 febbraio 2020 teniamo questa triste conta: se la cifra dei contagi è certamente aleatoria, quella dei morti (con o per il Virus) è almeno “oggettiva” (o ha almeno l’oggettività della morte). In un perenne richiamo al memento mori, ai Novissimi, al giudizio particolare, ognivolta che trascriviamo quella cifra giornaliera, vediamo questi sciami di anime, quasi stelle cadenti, andare al loro destino sovrannaturale nei regni ultramondani (Paradiso, Purgatorio, Inferno). Quelli che nei telegiornali sono meri numeri, son invece anime immortali con le loro storie d’affetti ed il loro carico di buone e cattive azioni, si presentano presso il Supremo Giudice e il tribunale celeste. Nella meccanicità delle news tutto questo carico escatologico scompare, sommerso da mille altre notizie minori se non futili: tra Chiara Ferragni e il rapper Fedez, tra Ilary Blasi e Totti, tra Letta e Conte, queste luci si fanno flebili e impercettibili, eppure anche nella nostra aula risuona ogni giorno “Et fidelium animae per misericordiam Dei requiescant in pace”. Possano anche queste nostre tenui voci contribuire al sollievo dei periti e dei sopravvissuti che rimangono a custodire un focolare deserto e abbandonato.

    Amare Draghi

    Ebbene, lo vediamo in questi giorni: in Democrazia è possibile amare Draghi, implorarne il ritorno, inondarne le mani di lacrime perchè non ci abbandoni, considerarlo usbergo e tutamen della salute pubblica, raccogliere firme di magnati e comparse perchè rimanga nei suoi palazzi. Ovunque risuonano parole come responsabilità, figura di alto livello europeo, garanzia internazionale. E ci viene da rimpiangere masanielli e guitti della prima e della seconda repubblica di fronte a questo oceano di melassa. Non dimenticatelo mai quando riflettete su quale sia la migliore forma di governo (tra Aristotele e Leone XIII): in Democrazia è possibile amare (i) Draghi.

    I vestiti nuovi dell’Imperatore

    Non ci occupiamo ora di modestia maschile – anche se risulta evidente che modestia maschile non significa vestirsi tutto l’anno come seminaristi prima della vestizione o come monaci laici in salsa brasiliana – ma di una nota favola di Hans Christian Andersen. La favola la ricordano in molti: alla corte di quest’imperatore alcuni “tessitori” truffaldini “tessevano” ogni giorno di un tessuto preziosissimo e rarissimo il nuovo abito dell’imperatore. Era così prezioso e ricco, così raro e mirabile da essere invisibile e infatti…non esisteva. I falsi tessitori tessevano l’aria ma l’Imperatore e di riflesso la sua corte non osavano mostrare ignoranza, inadeguatezza, incapacità di “vedere” un tessuto tanto meravoglioso che produceva un abito altrettanto mirabile. Non osavano dire di non vedere nulla. Finche’ il “vestito” fu pronto e l’Imperatore sfilava impettito in mutande, tra due ali di folla, nella pubblica agorà tra la meraviglia di tutti che “vedevano” un vestito che non c’era. Finche’ un bambino, un quidam de populo, gridò: “L’imperatore è nudo”. E la “magia” si spezzò e in tanti risero. Nuditas (e qui non parliamo di dagherrotipi) che fa rima con Vanitas: ebbene in questi giorni ho letto alcuni status di Facebook di alcuni amici (tra cui Martino Mora) che mi hanno ricordato quest’apologo. Ben vengano altre voci per gridare al mondo che l’Imperatore è nudo.

  6. #86
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    La strobosfera n.11: caleidoscopi cattolici, dottori privati e compagni al Concistoro



    di Piergiorgio Seveso

    Caleidoscopi cattolici

    Anche questa volta la strobosfera esce con un giorno di ritardo per permettere ai nostri lettori di fruire più agevolmente e senza eccessive distrazioni dei video delle conferenze della settima giornata di cultura radiospadista di Rubiera, in particolare modo dei brevi ma incisivi interventi del c.d “caleidoscopio radiospadista”.

    Mentre presentavo gli interventi pomeridiani, mostravo al pubblico dei convenuti, attenti e stupiti, un piccolo caleidoscopio metallico dove piccole pietre colorate, ad ogni millimetrico spostamento, creavano nuovi mirabili scenari, nuove combinazioni coloristiche tali da meravigliare ed edificare chi vedeva.

    Così era nata l’idea del caleidiscopio: in una salda cornice dottrinale, portare la ricchezza dello sguardo e del giudizio cattolico (integrale e mai termine fu meno abusato) sulla realtà tutta intera, su tutti gli aspetti della vita, in tutti i più sconosciuti e imprevedibili meandri dell’apologetica cattolica.

    La figura del Caleidiscopio in fondo rende tutti i relatori parte di una comunità di ingegni e talenti dove nessuno primeggia, nessuno deborda, nessuno travalica con relazioni verbose e sonnolente, non esistono “one-man-show” (quelli semmai li fanno i comici a teatro o i piazzisti alle convention) ma tutti sono necessariamente costretti alla brevità, alla trasmissione di concetti chiari ad un uditorio che merita certamente l’approfondimento ma anche la linearità, sfrondata da vezzi narcisistici, da pose gladiatorie, intellettualoidi o (para)accademiche.

    Dottori privati

    Tanti e tanti anni fa il milanese professor Antonio Zocco, tipica figura di tradizionalista eccentrico anni Settanta e Ottanta, latinista, celibe, in un distinto appartamentino ricolmo di libri e di memoria in centro città e con un ciarliero merlo indiano come compagno di vita, mi ammoniva con tono amicale e sentenzioso: “Stia attento ai dottori privati!”.

    Era l’ultima volta che ci incontravamo, poco più tardi un severo incidente domestico e una conseguente malattia l’avrebbero condotto alla morte ma volevo che ne rimanesse cara memoria anche in questa rubrica.

    Lì per lì, non compresi del tutto il senso e la portata dell’affermazione, in fondo ero ancora un cattolico “tradizionalista” alle prime armi, un’’Alice nel paese delle meraviglie dell’integrismo, un giovane affetto dal “mal guerardiano” in braghe corte, ma con gli anni la cosa si era sedimentata carsicamente in me.

    Una frase che mi fece pensare e che è divenuta sempre più attuale negli ultimi anni.

    Eppure lo stesso professore che la proferiva aveva una tenera e appassionata dedizione verso un famoso e dottissimo “dottore privato” di quegli anni ovvero Romano Amerio.

    Oggi, infatti, privi come siamo di guide visibili o certe e con lo stesso episcopato “cattolico” passato armi, bagagli e croci pettorali (in legno) tra le schiere del Gran Turco o della Gran Loggia, ci troviamo ad avere solo dottori privati, privi di autorità ma non per questo privi di autorevolezza.

    Ovviamente è necessario avere verso tutti questi dottori privati il giusto senso di equilibrio, il giusto ponderato rispetto che non ne faccia dei novelli San Tommaso ma nemmeno degli opinionisti da talk show.

    Anni fa scrivevo cose consimili, prefando uin libro del carissimo “nemico” don Curzio Nitoglia, e mi sovvengono ogni volta che vergo queste righe. Proprio per modestia o, forse meglio, per realismo.

    Questa stessa rubrica mantiene STATUTARIAMENTE e ONTOLOGICAMENTE una sua irregolarità di uscita, una sua estemporaneità d’argomenti proprio per preservarci dalla “tentazione oracolare” tanto presente nel mondo tradizionalista, dall’impancarci a nuovi banditori, a Savonarola in trentaduesimo, a Fra’ Cipolla confusionari e ridicoli.

    L’unica voce fedele e affidabile è quella della dottrina romana, noi al massimo ricamiamo, infioriamo, tracciamo qualche ulteriore svolazzo per attualizzare e volgarizzare, applicando le massimo eterne alle dolorose contingenze ecclesiali dell’oggi. Lo facciamo anche per confortare gli amici, spesso stretti dalla morsa di dubbi e scrupoli, e per mettere in guardia i nemici, lanciando giuliottianamente le uova marce del nostro sarcasmo.

    Compagni al concistoro

    Per citare una vecchia canzone degli “Amici del vento”, si è svolto l’ottavo “concistoro” dell’era bergogliana: una ventina di nuovi “cardinali” accuratamente scelti tra latinoamericani, terzomondiali, vescovi delle periferie esistenziali e dei deserti asiatici, gesuiti, fedeli esecutori, “ordinari locali” innocui e vagamenti inebetiti. Il quadro del futuro (futuribile) nuovo conclave si delinea sempre più con una maggioranza schiacciante fedele al nuovo corso bergogliesco.

    Volendo quantificare perché la matematica può essere severa, circa un centinaio di “porporati” appartengono o per fedeltà pregressa, o per gratitudine creaturale, o per insignificanza congenita o per forma spiritualis alla mente e al cuore del “gerente”.

    Il tradizionalista medio certamente potrebbe sillabare di ”interventi straordinari dello Spirito Santo” ma la dura legge dei numeri è questa.

  7. #87
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    La strobosfera n.15: il senso della nostra battaglia, l’arte di Giovanni Gasparro, l’unicum di Radio Spada



    di Piergiorgio Seveso

    Il senso della nostra battaglia

    Spesso quello che diciamo e facciamo viene spacciato in modo spicciolo come mera “opzione tradizionalistica”, come uno scegliere dettato da gusti o attitudini psicologiche aspetti del cattolicesimo che verrebbero da noi ipostatizzati. Si tratterebbe in ultima analisi di un “picking cherries”, di un cogliere ciliege, quelle più vicine o più comode o più mature.

    La realtà è invece assai più drammatica e abbraccia in sé tutta la nostra esistenza.

    Come mi è capitato talvolta di dire: immaginatevi di essere nella quiete della vostra casa, un Palazzo, una vecchia casa signorile, ordinata, moderatamente impolverata ma pulita. Anche la più piccola cosa ha la sua posizione, un quadro, un marmo, un abat-jour, una decorazione ornamentale, un animale impagliato: tutto è al suo posto, da sempre.

    Ebbene una notte, mentre dormite tranquilli, un branco di predoni, di ladri, di assassini, di tagliagole, da qualche porticina lasciata inavvertitamente aperta e inopinatamente incustodita, entrano nel vostro palazzo. Qualcuno della servitù viene ucciso con il padrone di casa, qualcun altro bastonato, qualcun altro brutalizzato e voi, uno dei figli, con i pochi vostri famigliari e altri servitori fedeli, quasi per miracolo, riuscite a rifugiarvi in un’ala del Palazzo praticamente inaccessibile per i ladroni, una specie di cantina-dispensa semi-sotterranea, senza vie d’uscita e con una sola via d’accesso.

    Impossibile chiedere soccorso: il Palazzo è unico, isolato, fuori dal mondo, da quel momento quella cantina, quell’interrato diventano la vostra casa, ciò che del Palazzo rimane nella disponibilità dei legittimi proprietari. Superato lo sconcerto, il senso di nausea violentissimo, l’angoscia che toglie il respiro, incominciate a sentire quel normale odore di cantina, fatto di umidità e qualche muffa, che sarà l’aria che respirerete, insieme a quella che arriva dalle grate ferrate delle piccole finestre.

    Intanto udite ora in lontananza, ora con la veemenza di un ruggito cavernoso, i rumori dei “Nuovi padroni” del palazzo che spostano, spaccano, bruciano le suppellettili, staccano gli arazzi, fanno strage dei libri della vostra biblioteca, abbattono le statue, danno fuoco alle vecchie sedie per scaldarsi, ridono, fanno ampi bagordi e orge, sfruttando le altre cantine e saccheggiando i forzieri e da ultimo parlano, parlano, parlano continuamente, inebriati dal successo della conquista e del saccheggio.

    Come quando si entra in una stanza buia e piano piano le cose ritrovano i contorni, vi accorgete che un po’ di gente della casa si è rifugiata con voi, si è nascosta con voi in quel luogo sicuro, inaccessibile, inespugnabile e di tanto in tanto qualcun altro arriva, pesto, digiuno, con i vestiti stracciati, qualcuno che è miracolosamente sfuggito ai ciurmadori.

    Da quel momento l’unico orizzonte fisico ed esistenziale è quello di questa cantina seminterrata: impossibile tentare una “riconquista”, “quelli là” sono armati fino ai denti e pronti a qualunque cosa e voi siete pochi e male in arnese.

    Certo, i veri titolari del Palazzo siete voi ma questa titolarità è impossibile da esercitare e persino da dimostrare: si possono certamente tentare sortite, tramortire qualche scherano isolato, recuperare vettovaglie senza farsi troppo notare, liberare qualche schiavo della famiglia ma nulla di più.

    Come dico SEMPRE solo i racconti immaginifici, in questi tempi di universale oblio della ragione e manomissione violentissima della natura umana, riescono a dare pieno gusto e a far assaporare il senso e il giusto di una battaglia.

    Questa è la condizione oggi del cattolico tradizionalista (o se vogliamo “integrale” che forse rende con maggior pienezza il senso di ciò che facciamo), una condizione di minorità, di sostanziale acefalia, di naufragio sociale (al di là delle patetiche suggestioni di insorgenza di taluni predicatori o “intellettuali” del nostro piccolo mondo), una condizione generale di spossessamento e spaesamento rispetto l’”occupante modernista” che col “concilio vaticano secondo” ha generato la più sorprendente sostituzione che la storia umana abbia mai visto.

    Non è un gioco, non è una storia horror per farne un film per Italia1 ma è la nostra vita di ogni giorno.

    L’arte di Giovanni Gasparro

    Non è mistero che io abbia stima e ammirazione per l’arte di Giovanni Gasparro Gliela rinnovo in questa rubrica, riverdendo una passione e una considerazione che ho giù espresso in molte sedi.

    Fuor di ogni artifizio retorico, fuori di posa encomiastica,il Gasparro rappresenta oggi, specie nei suoi quadri più felici, la punta di diamante per la rinascita di una arte figurativa sacra nelle nostre terre. In mezzo ad un deserto di raccapriccianti deformazioni postmoderne e di brutture pastellose e insignificanti, il Gasparro ci riporta alla purezza, al recupero del centro dell’arte tardo rinascimentale e barocca, ovviamente riattualizzata e rivitalizzata nelle concezioni e anche negli estri di un pittore contemporaneo. In questo pieno ritrovarsi della corporeità nella sua traboccante pienezza ma trasfigurata dalla Verità cattolica, vediamo una pista valida per la restaurazione dell’arte sacra, anch’essa immeschinita e imbrattata dalla rivoluzione conciliare, quando sul mondo saranno tornata a brillare come sole radiante le chiavi petrine.

    Non sono queste (per fortuna mia, vostra e del Gasparro) le parole di un critico d’arte ma di franco sodale nella buona battaglia. E’ quindi con questa profonda stima, con ammirazione fanciullesca di fronte alle meraviglie dell’Arte, con cordiale amicizia, arricchita da amene e al contempo profonde conversazioni e condivisioni negli anni delle prove e delle sanguinose battaglie, che vergo queste righe nella Strobosfera.

    L’unicum di Radio Spada

    Anni fa un tizio che mi intervistò con dovizia di dettagli e poi ritirò l’intervista, come una Maddalena pentita da burletta o una Donna Violante mistico-sensuale nei film di de Sica, disse che noi dicevamo “le stesse cose degli altri”.

    Si sbagliava di grosso: Radio Spada (sia come blog che come casa editrice) svolge, con le sue peculiarità e i suoi limiti, un ruolo unico all’interno della schieramento cattolico antimodernista (chiamatelo integrista o tradizionalista, son questioni importanti ma essenzialmente filologiche) di lingua italiana, sia contro i suoi nemici esterni (neomodernismo, liberalismo, massonismo, genderismo, sovversione genericamente intesa) e i suoi nemici interni (tradizionalismo degenere o spurio, rissosità entropica, microparrocchismo di ritorno caporionismo settario).

    Che questa unicità possa infastidire e produrre moti inconsulti di reazione ostile e a volte un generale ACCECAMENTO dei cuori e delle menti è comprensibile, lecito ma ma non accettabile, dal punto di vista della legittimità. Ci consola però pensare che accanto a odi inestinguibili, esacerbati e forse anche inclini alla marcescenza, incrociamo grandi amori e affetti di amici e sostenitori che sono, accanto alla spinta sovrannaturale della nostra azione, il motore più potente e inesauribile di Radio Spada.

  8. #88
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Lontani da Babele ma senza amarezza: lettera di Natale a benefattori e malfattori (di P. Seveso)



    Cari amici, lettori, benefattori e malfattori di Radio Spada,

    dopo un anno particolarmente intenso e vivace, mi corre l’obbligo piacevole di inviarvi una breve lettera augurale in concomitanza con la Natività di Nostro Signore e con la fine dell’anno civile.

    Chi mi conosce bene sa quanto io rifugga da una certa fragorosa festività natalizia, una certa sguaiata maniera di vivere l’Avvento come fosse un immenso slalom gigante tra aperitivi, cene aziendali, addobbi Swaroski, mercatini, renne con campanelli e movida gelida nelle strade dello shopping. Per me il Natale è trepido nascondimento, gioia segreta, silenzioso abbandono, fioca luce nelle tenebre accanto alla mangiatoia regale di Betlemme (Terra Santa).

    Per questo non indulgerò a trattare dei temi connessi all’Incarnazione di Nostro Signore, già ampiamente trattati sul nostro blog, vera miniera di informazione e di FORMAZIONE per le anime di moltissimi. Dirò però due parole sulla nostra casa editrice che ha continuato il suo lavoro con passione infaticabile e senza soluzione di continuità negli ultimi dodici mesi. Al lavoro editoriale (ormai ottantacinque i libri stampati, a proposito: sono gli ultimi giorni della vantaggiosissima promo natalizia… approfittatene!), alla complessa gestione di un’ attività gestionale si è affiancato un continuo lavorio di cura libraria che ha riportato alla luce tanti capolavori della letteratura e della saggistica cattolico romana, capolavori ripuliti, riordinati e portati al pubblico in una veste grafica bella, non banale, talvolta persino “artistica”. Alle opere dei grandi del passato si sono affiancate e si affiancano le opere dei giovani talenti, delle nuove voci del cattolicesimo integrale, sicura speranza per l’avvenire di queste nostre battaglie.

    Sul nostro blog, sulle nostre pagine social, sui nostri canali ogni giorno, ogni ora, OGNI ISTANTE abbiamo lasciato un segno, indicato una direzione, tracciata una via sicura non solo per la santificazione cristiana di ognuno ma anche per il corretto posizionamento di coloro che vogliano rimanere cattolici oggi di fronte alle aberrazioni del “cattolicesimo conciliare” ma anche nella politica, nella società, nella letteratura, nelle arti, nei costumi. OGNI ISTANTE siamo stati ingiuria vivente al modernismo trionfante, ai suoi lacchè e scherani, impietosi coi predoni, amorevoli verso gli ingannati, i traditi, verso le vittime portate inconsapevolmente al macello.

    L’abbiamo fatto senza concedere nulla al fronte del Male ma al contempo senza nulla concedere alla Babele sistemica seguita alla cacciata dei Pastori, sostituite da pallide figure di mercenari. A questa Babele, fatta da giullari, profeti alla fra’ Cipolla, pitonesse, spiritualisti anonimi, teologi della porta accanto, apostoli da account, Radio Spada ha sempre preferito, anche nella complessità e nell’assoluta anormalità dell’epoca che stiamo vivendo, la prudenza, la forza, la rigore della Teologia romana senza per questo precluderci la possibilità di spaziare in ogni ambito, con una libertà che sia figlia dell’Ordine.

    Siamo stati in pochi a mantenere la posizione in questi anni, siamo stati in pochissimi a mantenerla in un certo modo e con uno stile che sapesse coniugare efficacemente ed in maniera duratura la piuma e lo scudiscio. Lo sanno a memoria le schiene dei nostri nemici cui auguriamo, egualmente e con il medesimo affetto, le cose migliori per l’anno che verrà.

    Radio Spada nel 2023 entrerà in una nuova fase della sua vita: come ogni organismo vivente, dobbiamo crescere ed andare avanti. Ogni scommessa è stata vinta, ogni trappola scoperta, le mani, cupide di morte, qui “petebant animam pueri” sono state spezzate. In ultima analisi moltissimo è stato fatto e questo nessuno potrà cancellarlo ed oscurarlo ma altrettanto resta da fare e sono certo, anche in una nuova declinazione, Radio Spada potrà proseguire con rinnovata lena il suo cammino.

    Voi continuate a sostenerci con il Vostro affetto naturale e sovrannaturale, con il Vostro contributo intellettuale e morale, con il Vostro sostegno negli acquisti e nella propagazione delle sementi radiospadiste, con le Vostre preghiere che sono per me le pietre più preziose.

    Adveniat Regnum tuum! Adveniat per Mariam!

    Piergiorgio Seveso, FF Presidente SQE di Radio Spada, 13 dicembre 2022, Santa Lucia – infra l’Ottava dell’Immacolata

  9. #89
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    La Strobosfera n. 17: In morte di Joseph Ratzinger, il “migliore dei loro”. Ovvero: quello che pochi scrivono.



    dì Piergiorgio Seveso

    Non sorprenda il silenzio sostanziale di Radio Spada in questi giorni: abbiamo parlato per dieci anni su questi argomenti e potevamo permetterci di tacere, affidando a Dio l’anima del noto teologo bavarese.
    Se però volgiamo intorno lo sguardo, uno spettacolo inequivocabile aggredisce e atterrisce i nostri occhi. Memoria corta, relativismo di ritorno, volatilità sentimentale, logorrea apocalittica, non essere mai sul pezzo al momento giusto: il “tradizionalismo cattolico medio” di lingua italiana mostra in questi giorni tutti interi i suoi limiti, la sua miccia corta nella triste evenienza ormai prevedibile ed ineludibile della morte di Joseph Ratzinger (Benedetto XVI).

    Una prima premessa è che certamente qualunque parola scritta, men che meno da un privato cattolico non si possa sostituire al Giudizio di Dio che solo “conosce le reni e i cuori” di ognuno ma questo non esclude che si debbano proferire giudizi adeguati e secondo giustizia (non secondo i nostri gusti o simpatie) su personaggi pubblici che tanto hanno inciso sulla vita della Chiesa e sui destini escatologici dei singoli.

    Una seconda premessa è che, malgrado Ratzinger abbia fatto “scoprire” il “cattolicesimo” e la “tradizione” a molti (e di tutti rispettiamo, almeno per affettuosa cortesia, il percorso di “conversione” individuale), verrebbe però da domandarsi a quale cattolicesimo, a quale tradizione abbia chiamato, a quale “straordinaria” Messa, a quale mensa teologica abbia invitato, a quali fonti abbia fatto abbeverare. E se tanti piangono (alcuni sinceramente, altri in maniera nettamente coccodrillesca), bisogna che qualcuno non pianga affatto e tenga ciglia asciutte e occhi aperti sulle attuali contingenze e su “canonizzazioni” e “addottoramenti” forzati e forzosi, sui “santi subito” che ci riportano alla mente il terrificante aprile 2005. E quelli siamo noi, dobbiamo essere noi, dovremmo essere almeno noi di Radio Spada, insieme ad altre poche benemerite eccezioni.

    Anche allora, dopo la morte di Giovanni Paolo II furono in pochi a rimarcare i gravissimi errori dottrinali, di prassi ecclesiologica ed ecumenista, di weltanschauung filosofica e di azione di governo del polacco, in mezzo ad universale e avviluppante oceano di melassa. Il medesimo spettacolo si ripete diciassette anni dopo, implementato dai social media, da una rapidità dello scrivere che raggiunge il parossismo, da un web che diventa la via di mezzo tra un bagno pubblico ove scrivere sconcezze o ridicolaggini col lapis o un circolo di cuori infranti all’americana dove piangersi addosso. A questo si aggiunga l’unicum di un successore, apparentemente diverso ed “estroverso” ma sostanzialmente contiguo, già appoggiato alla Cattedra di San Pietro da quasi dieci anni, che sta per funerare, sotto ogni punto di vista, il predecessore sotto l’abside del Bernini, sfigurata da tanto sfacelo.

    Anni e anni di articoli, conferenze, saggi, convegni per denunziare la “strana teologia” del bavarese, le Assisi rinnovate, gli amori ancillari con Sinagoghe e templi protestantici, la papicida e reale abdicazione, più di cento pagine di approfondimento solo sul nostro sito, debbono forse impallidire di fronte ad uno triste e frettoloso catafalco stile Ikea, imbastito nella basilica Vaticana? Ci deve essere qualcuno a dirlo? Ci deve essere qualcuno a scriverlo o a tutti trema la mano e si intorbida lo sguardo? Qui si gioca la partita tra un tradizionalismo o meglio un integrismo che non cessa di essere bambinesco, disfasico, ciarliero, inconcludente, puramente accademico o distratto e con un inconfessabile complesso di inferiorità verso le “gerarchie moderniste” o uno maturo e sensato che ribadisca senza pressapochismi, velleità narcisistiche o avventurismi inutili (e capite benissimo a che cosa mi riferisca) la crisi abissale e verticale che stiamo vivendo.

    Joseph Ratzinger è stato quasi certamente il migliore dei LORO, un Ecolampadio del neomodernismo, un nuovo Hegel per la filosofia cristiana post “Vaticano II”, uno Swedenborg della spiritualità cristianoide, una figura, pur se umanamente gentile e affabile, sinistramente titanica e culturalmente imponente: ora gli è succeduto e gli succede un neomodernismo più agile, volgare e dozzinale, un neomodernismo per rudi e plebei, per rotocalchi e per parrucchiere delle periferie esistenziali che certamente ha modulazioni diverse, tratte però dal medesimo spartito. E cessata la sbornia esequiale, la Rivoluzione conciliare riprenderà il suo naturale cammino.
    Appunto però è dovere morale ribadirlo: era il migliore dei LORO, non dei nostri. Se la Corte celeste, la persona unanime del Papato Romano, i dottori e i theologi probati del passato prossimo e remoto sono parte integrante della nostra Acies (quella vera, non quella in doppiopetto grigio), spesso (e oggi più che mai) può sembrare che le nostre fila siano caratterizzate da soverchia e regressiva debolezza, endemica rissosità, confuse glossolalie, autocefalie grottesche. Non costringeteci quindi a dire come il maggiore Kruger nell’ultima scena del ponte di Remagen: “Chi è il nemico?”.

  10. #90
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