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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto



    [AI PIEDI DEL TRONO VUOTO] Quando una luce si spegne: Anthony Cekada

    I have desired to go
    Where springs not fail,
    To fields where flies no sharp and sided hail
    And a few lilies blow.
    And I have asked to be
    Where no storms come,
    Where the green swell is in the havens dumb,
    And out of the swing of the sea

    Gerald Manley Hopkins SJ

    Heaven/Haven “Wessex Poems and Other Verses (1918)”

    di Luca Fumagalli e Piergiorgio Seveso

    La nostra rubrica continua, è già in preparazione una nuova puntata colorita e pirotecnica, prima però dobbiamo fermarci un istante per prendere fiato e per inchinarci di fronte alla maestosa figura di Anthony Cekada.

    Non avendo avuto la fortuna di conoscere personalmente padre Cekada, lo facciamo traducendo in calce a questo pezzo il necrologio pubblicato, come si usa nella società americana, sul sito delle Onoranze Funebri che ne ha curato l’inumazione e curato proprio dai congiunti e dai confratelli del defunto. Il testo, proprio nella sua semplicità e nella sua freschezza tutta americana, rende bene il carattere e la natura dell’apostolato cekadiano. Sense of humor, leggerezza e lussureggianti selve dottrinali.

    Cekada è lo stesso uomo che ha potuto scrivere “Sedevacantismo: come dirlo a Zia Helen?” e un’opera monumentale come “Work of human hands”, ha affrontato anni di diatribe e dispute, sia con gli ex confratelli della Fraternità San Pio X, sia con tutti gli aspetti devianti e psicopatologici di certo sedevacantismo americano (dagli “Home Alone” alla “sindrome” di Kelly). Prima sulla rivista Sacerdotium e poi sui siti web da lui curati (tra cui Quidlibet e Fathercekada.com) ha lasciato una congerie di articoli davvero cospicua. Per fare un semplice esempio, il memorabile numero 16 di Sacerdotium della primavera 1996 che conteneva il “De papatu materiali” di Sanborn era naturalmente completato (come Dioscuri del sedevacantismo) da un articolo di Cekada in polemica con la rivista FSSPX Angelus.

    Per chi poi vorrà proprio sul nostro sito è stato reso noto al pubblico italiano il lungo e commosso ricordo dello stessso Monsignor Sanborn (uno dei “The Nine”) tradotto in spagnolo dal carissimo Juan Diego Ortega Santana sul blog “Sicut Oves”.

    Proprio l’anno scorso in questa rubrica avevamo pubblicato il divertente e surreale video dove Don Cekada si immaginava, trasportato da una macchina del tempo, a colloquio con Pio XII per confrontarsi con Lui sulle riforme “bugniniane” della liturgia dei primi anni Cinquanta e alla festa di San Pietro di quest’anno gli avevamo fatto gli auguri per i suoi quarantatre anni di sacerdozio faticosamente raggiunti.

    Si fa fatica a pensare che non sia più tra noi: come padre Noel Barbara, sembrava un uomo che col suo continuo e vulcanico impegnarsi non dovesse morire mai.

    I cinici, gli aridi, gli impietriti dalla vita sono soliti dire che “i cimiteri son pieni di persone indispensabili”: si sbagliano. Quando una luce si spegne, quando un grande lume si oscura, siamo tutti più poveri. Requiem aeternam!

    Padre Anthony Cekada è nato a La Jolla, in California, il 18 luglio 1951, figlio del defunto Frank e Eleanor (Nardi) Cekada. È cresciuto a Milwaukee, nel Wisconsin, ed è cresciuto durante gli anni rivoluzionari degli anni ’60. Privilegiato per essere dell’ultima generazione cresciuta nella vera fede cattolica, è stato educato dalle suore domenicane e nutrito spiritualmente con la Messa solenne e la dottrina quotidiana. Questa Fede lo ha formato, ispirato e inevitabilmente ha richiesto da lui molti sacrifici che ha volontariamente fatto per la Chiesa e per le anime.

    Il quattordicenne Anthony Cekada è entrato nella Seminario minore De Sales a Milwaukee per gli studi liceali, diplomandosi nel 1969. Al seminario minore è stato in grado di seguire il pianoforte e poi l’organo. Voleva imparare non solo a suonare e accompagnare la Messa, ma a comporre buona musica per contrastare la spazzatura prodotta dai cambiamenti di quegli anni.

    Tuttavia, ha fatto di più. All’età di quattordici anni iniziò anche gli studi al Milwaukee Conservatory of Music sotto la guida del famoso e poliedrico musicista Michael Hammond.

    Questi lo trasformò, secondo le sue stesse parole, “in due anni intensi, dall’essere un ignorante musicale inesperto ma desideroso a quattordici anni ad essere il compositore orchestrale compiuto e tecnicamente esperto di un’opera importante a sedici anni”. Incredibile, ma da elencare tra i suoi tanti successi della sua vita….

    Padre Cekada parlava raramente di queste cose. Era troppo impegnato a fare cose. Insegnava continuamente a se stesso qualunque disciplina il momento, i bisogni della Chiesa e delle anime, richiedessero.

    Oltre all’organo e alla composizione musicale, p. Cekada è stato professore di seminario per oltre quarant’anni, insegnando musica, canto, sacra liturgia, salmi e diritto canonico. Perché non c’era nessun altro a farlo, padre Cekada ha imparato da solo la contabilità come sacerdote appena ordinato alla St. Joseph’s House of Studies di Armada, nel Michigan.

    Le tecniche sono cambiate nel corso degli anni, ma stava ancora facendo la contabilità della chiesa lo scorso gennaio, quando iniziarono i suoi gravi problemi di salute.

    L’insegnamento era sicuramente il suo grande amore. Sebbene assistesse volentieri chiunque andasse da lui per avere guida o consiglio, la sua devozione speciale era per i giovani, per i quali avrebbe fatto qualsiasi sacrificio. Fino ai suoi ultimi mesi rispondeva quotidianamente alle e-mail non solo sulle questioni della Chiesa, ma soprattutto sulle richieste vocazionali dei giovani.

    Padre Cekada ha imparato da solo la complessa disciplina delle rubriche liturgiche quando Sua Eccellenza Monsignor Dolan fu consacrato nel 1993, e ha scritto indicazioni dettagliate per tutte le cerimonie pontificie. Durante la lunga disputa con la Fraternità Pio X, che voleva forzare una riconciliazione con la Roma modernista, padre Cekada ha imparato da solo una buona parte del diritto civile.

    Ha anche provato a progettare una chiesa quando la nuova chiesa di St. Gertrude a West Chester, Ohio, è stata costruita in un attraente stile tradizionale nel 2003. Dal 2009, p. Cekada è tornato al suo vecchio amore per la musica sacra, dirigendo il programma musicale di St. Gertrude e suonando l’organo.

    Oltre al suo insegnamento e alla cura delle anime (padre Cekada era il parroco fondatore della chiesa di Sant’Ugo di Lincoln a Milwaukee), era anche uno scrittore fertile e prolifico, su argomenti che spaziano dalla teologia alle questioni moderne, alla liturgia e alle controversie tradizionaliste . Ha curato un’accurata traduzione del Breve esame Critico di Ottaviani, Il Problema con le Preghiere della Nuova Messa (ben più di 15.000 copie vendute), e il pratico e sempre popolare “Benvenuto alla Messa Tradizionale Latina” e “Il Problema dell’Autorità”

    IL grande lavoro di una vita di Cekada è lo studio definitivo della Nuova Messa, Work of Human Hands, con quasi 5.000 copie stampate.

    I suoi numerosi video su YouTube deliziano, edificano ed educano, presentando la tradizionale posizione cattolica. Ci si chiede come abbia trovato il tempo per tutto questo.

    Quando padre. Cekada ha completato i suoi studi presso il seminario De Sales con una laurea in teologia, è entrato nei Cistercensi e ha studiato brevemente al monastero di Hautrive a Friburgo, in Svizzera. Successivamente è entrato nella Fraternità San Pio X a Écône, in Svizzera, dove è stato ordinato sacerdote dall’arcivescovo Marcel Lefebvre nel 1977.

    Padre Cekada è vice parroco di Santa Gertrude la Grande dal 1989, dopo diversi anni alla St. Pius V Chapel a Oyster Bay, New York.

    La vita di Cekada, i suoi quarantatré anni di sacerdozio, hanno prodotto risultati incredibili. Ma era un uomo straordinario. La sua autodisciplina, devozione e determinazione non erano solo eguagliate, ma superate dalla sua umiltà e dal suo senso dell’umorismo caratteristico. La sua grande erudizione faceva sì che i suoi amici lo stimassero e a volte i suoi nemici lo temessero, e tutti lo rispettassero, ma è stato il suo umorismo gentile che gli ha fatto guadagnare l’ammirazione anche da coloro che non erano d’accordo con lui.

    Mentre lo piangiamo adesso, e segnaliamo una vita straordinaria in questi giorni così difficili, dovremmo ricordarlo soprattutto, per il suo primo amore e per la durevole devozione per l’insegnamento della Fede cattolica, ai nostri giovani. Il padre l’ha detto meglio, “una testimonianza del cambiamento duraturo e profondo che un buon insegnante può fare …”

    ” Il suo riposo è ben guadagnato, “le sue opere lo seguono”.

    Requiescat in pace.

  2. #52
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Citazione Originariamente Scritto da Luca Visualizza Messaggio
    [AT THE FOOT OF THE VACANT THRONE] The notebooks of Restoration

    By Luca Fumagalli and Piergiorgio Seveso

    In our small “sedevacantist” world – but, in some ways, the discourse could apply to the entire “traditionalist” galaxy – we come across figures that we could define, in their own way, antithetical and complementary.
    The first group includes those who experience the current crisis of the Church as a fact of close relevance, linked more to the news than to history. They are often the children of the ” Bergoglian shock”. They comment with passion and legitimate indignation on Francis’ latest exit, certainly somehow they know that the crisis of the Church has now almost reached retirement age; sixty years and more, but they are continually and emotionally affected by contemporaneity: the excesses of certain parishes, the moral unrest in the modernist clergy, the alignment of the “Vatican” with the most progressive, globalist, philanthropic or “leftist” positions.

    They are the ones most at risk for a short-range historical memory: “Ratzinger was certainly better, Wojtyla was against communism and against abortion, Montini wore the tiara and John XXIII even the camauro”. The near past risks being immediately idealized by them, sweetened, stuffed or selected downwards. And it takes a lot of counterculture and counter-history of the Church to straighten out some odd ideas, some crippled benevolent reconstruction that risks transforming the “executioners of Catholicism” into moderate “damage limiters”.

    In others, more accustomed to the Good press and the reading of “our books”, a clearer, albeit brief, idea of ​​the subversion that occurred with the “Second Vatican Council” is formed. If the vision of what happened it is clear enough in them, the “how” is often bowed down by hyper-conspiracional or crudely cryptopolemological theories. They range from a single and vast Jewish-Masonic conspiracy (on the basis, of course, of meritorious and fundamental texts such as those, for example, by Maurice Pinay or Leon de Poncins, but perhaps also of less adamantine things such as the Pecorelli list, down to abstruse numerologies of some old and grotesque Italian magazine), instead of more paroxysmal and extreme visions ranging from the occult papacy of Siri to Paul VI kidnapped by mysterious forces and replaced by a double (like the “deceased” Paul McCartney after all) up to get to the contemporary Minutellian eccentricities.

    It is typical of an underground and de facto “clandestine” culture such as that of contemporary Roman Catholicism to elaborate (also) historical theories which, although starting from factual data (for example the lack of authority), insert doubtful, unproven elements, visionary (or worse “apparitionist”) and fantastic in the reconstruction of the facts. It is an inevitable, containable, correctable, but still inevitable aspect.

    These figures having a simplest and “post-working” view of the history of the Church are coupled and contrasted with those of the “historians”.

    Obviously minoritarian, because a (serious) study requires a vast availability of time and a (at least partial) freedom from servile occupations, the “historians” strive, in a more thoughtful and articulated way, to escape the pitfalls of a sectorial or partial view of the crisis of the Church, going to analyze the historical genesis of the modernist crisis and its development “under trace” in the twentieth century, but essentially going backwards, to Jansenism and the regalism of the European courts, to Protestantism and even higher to the heterodox currents of the Era of the “Renaissance” up to the ancient medieval heresies or even before the Christian heresies of the first centuries of the Christian era.

    Therefore serious studies were not lacking, from Henri Delassus to Julio Meinvielle, from Umberto Benigni to Ennio Innocenti: they are texts that in a certain sense distinguish the library of an integral Catholic, but in a piece like this, we deal more with the frame than with the picture (like it is said, a good frame is worth half the picture).

    Often the temptation of these scholars, remained standing in the midst of the ruins of Roman Catholicism, sometimes plagued, lightly dazed and covered with dust and rubble, is to start writing the “Restoration notebooks”. As in those american television series dedicated to the “insolved cases” or the profiling of serial killers, they start to trace, on an endless series of plastic whiteboards, a very dense network of contacts, historical, ideological, theological which gradually ends up cover entire walls. That is why we have come so far, exclaim the scholars, that time the Inquisition did not do its duty, that other time the bishop or the unsuspecting prince or accomplice protected that heretic, that conventicle,, that other congregation.

    Gradually the type of integralist scholar finds the most hidden heretic in the folds of history, finds conniving, comparables, substitutes and panders: in him mounts too a kind of retrospective inquisitorial spirit, which sometimes – this is the worst temptation it faces – dangerously resembles that arrogance of the “modernist” who judges, believing himself more “enlightened”, what it has been previously.

    The dramatic parable of Roman Catholicism over the centuries, the list of its internal and external enemies, the third and even the fourth ones, are written on those yellowed and sometimes greasy due to the compulsive compilation “notebooks”, full of names, dates, circumstances. forces that led us straight to contemporary abomination and apostasy. With this deepening and progressive composition of mosaic of betrayal and infidelity, the impatience towards those who do not understand the scope of the scheme, towards those who do not follow it (perhaps because it has another or does not have any) , towards those who do not grasp the absolute centrality, grows in him.

    The scholar then often sees himself surrounded by inadequacy, ignorance, perhaps even betrayal and malice. If “Vatican II Council” was the crowning glory of all these errors, you have to start over, try the ancient and modernistic perpetrators , it takes ten, a hundred, a thousand Synods cadaverica, at least virtual, to be able to start again at “Instaurare omnia in Christo “, almost to purify history and memory.

    Who will collect these “notebooks of the Restoration”? It is obvious, the newly Catholic Pope who is going to come one day (not like the current intruders or occupiers), the one according to the Immaculate Heart of Mary (and here Matteo Salvini has nothing to do with it), the one who will somehow restart the history of the Church (which of course never stopped completely but simply, taking up the apologue of Alessandro Gnocchi and Mario Palmaro sine dolo, fell into a lethargic sleep made of heritical spells). This future Pope will have on the pontifical desk, be it in the Vatican or in some catacomb on the outskirts of the world, all the “notebooks of the Restoration” written and sent by the various faithful integral scholars in these long years of vacation (and here the summer musical hits aren’t involved). They will be crumpled notebooks, glossy magazines, armored conferences, power point presentations or flowcharts. Will the Pope read them? Or like a new Alexander the Great, will he free the table with a stroke of his sword?

    We hope to be there for being able to see Him and tell you about it.

    On the Eve of the Feast of St. Pius X

    Elenco delle puntate precedenti

    Elenco delle puntate precedenti

    I sottoscala dell’esistenza

    Catacombe e osterie

    Aberrazione e abitudine

    Thuc: un vietnamita per amico

    101 personalità sedevacantiste

    Monsignor Joseph Selway un nuovo vescovo per la Sede vacante

    In morte dell’abbè Jean Siegel

    Non possumus arriva in Francia

    Non possumus arriva in Francia: una nuova puntata

    In mortem di S.E.R. Mons. Francis Slupski CSSR

    Policentrismo sedevacantista: una mappa

    Sede vacante e guerra civile

    Roma senza Papa: un romanzo di Guido Morselli

    Rocche, fortilizi e casematte

    Un nuovo vescovo sedevacantista James Carroll

    Monsignor Paul Petko (1956-2018) In memoriam

    La sindrome della trattoria semivuota

    In memoria di Padre Joseph Collins

    [At the foot of the vacant throne] “Fortresses, forts and bunkers”

    [Au pied du trône vacant] “Forteresses, Fortalices et casemates”

    [U podnóża pustego tronu] Twierdze, Forty i bunkry

    [Al pie del trono vacante] “Fortalezas, fortalices y bunkers”

    La Tesi di Cassiciacum spiegata in inglese

    I quadernetti della restaurazione

    Padre Cekada a colloquio con Pio XII sulla riforma della Settimana santa

    Puntate onorarie:

    Orgogliosi di essere la vergogna della Tradizione

    Radio Spada: cinque anni di battaglie

    Una rivisitazione della Traviata

    Fonte: https://www.radiospada.org/2019/12/a...f-restoration/
    .

  3. #53
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    [AI PIEDI DEL TRONO VUOTO] I quadernetti della Restaurazione



    Questa rubrica di Radio Spada, agile collezione di appunti sparsi, schegge e notarelle epigrammatiche, non nasce senza una pretesa che, nel suo piccolissimo – per non dire infimo –, ha del rivoluzionario. Per la prima volta, infatti, due laici, con toni volutamente leggeri, senza alcuna pretesa d’esaustività, consegnano ai lettori una sorta di autodiagnosi del cosiddetto mondo “sedevacantista” italiano. Lo fanno, si diceva, con quel poco di acume che Dio ha avuto la benevolenza di donare loro, consapevoli che in tempi ferrigni come quelli in cui stiamo vivendo, ormai privati di tutto, persino della dignità, l’autoironia è forse l’unica cosa che rimane: non ridarà la speranza, non risolleverà i cuori, ma almeno – si spera – strapperà un sorriso e, chissà, magari toglierà un po’ di polvere dalle menti appassite. A tal proposito è bene precisare che non è intenzione degli autori offendere nessuno. Saranno elencati numerosi limiti di un mondo marginale, angusto, a tratti persino fetido, ma un mondo a cui loro sentono irrevocabilmente d’appartenere. Ci potranno essere persino sferzate indelicate. Nel qual caso saranno date con la medesima asprezza di quelle che pure loro meriterebbero. Ogni difetto evidenziato è quindi anche e soprattutto loro, anzi, forse loro stessi sono il peggio che questo piccolo mondo antico abbia mai prodotto. Non è falsa modestia: in tempi di mediocrità diffusa come quelli in cui viviamo, essere pessimi è pur sempre un segno di distinzione [RS].

    di Luca Fumagalli e Piergiorgio Seveso

    Nel nostro piccolo mondo “sedevacantista” – ma, per certi versi, il discorso potrebbe applicarsi all’intera galassia “tradizionalista” – ci imbattiamo in figure che potremmo definire, a loro modo, antitetiche e complementari.
    Il primo gruppo comprende quelli che vivono l’attuale crisi della Chiesa come un fatto di stretta attualità, legato più alla cronaca che alla storia. Sono spessi i figli dello “shock bergogliano”. Commentano con passione e legittima indignazione l’ultima uscita di Francesco, certamente in qualche modo sanno che la crisi della Chiesa ormai è giunta quasi all’età pensionabile; sessant’anni e più, ma sono continuamente ed emotivamente colpiti dall’oggi: gli eccessi di certe parrocchie, i disordini morali nel clero modernista, l’allineamento del Vaticano con le posizioni più progressiste, mondialiste, filantropiche o “di sinistra”,
    Sono quelli più a rischio per una memoria storica a corto raggio: Ratzinger era certamente meglio, Wojtyla era contro il comunismo e contro l’aborto, Montini portava la tiara e Giovanni XXIII addirittura il camauro. Il passato prossimo rischia di essere subito idealizzato da costoro, edulcorato, impagliato oppure selezionato al ribasso. E ce ne vuole di controcultura e controstoria della Chiesa per raddrizzare qualche idea strampalata, qualche azzoppata ricostruzione benevola che rischia di trasformare i “carnefici del cattolicesimo” in moderati “limitatori di danni”.
    In altri, più avvezzi alla buona stampa e alla lettura dei “nostri libri”, si forma invece un’idea più chiara, per quanto sommaria, della sovversione avvenuta col “Concilio Vaticano II”. Se in loro è abbastanza chiara è la visione del cosa è avvenuto, il come è spesso infiocchettato di visioni ipercomplottiste o crudamente criptopolemologiche. Si va da un unico e vastissimo complotto ebraico-massonico (sulla scorta beninteso di testi benemeriti e fondamentali come quelli, ad esempio, di Maurice Pinay o Leon de Poncins, ma magari anche di cose meno adamantine come la lista Pecorelli, giù giù sino alle astruse numerologie di qualche vecchia e grottesca rivista italiana), a visioni invece più parossistiche ed estreme che spaziano dal papato occulto di Siri a Paolo VI rapito da forze misteriose e sostituito da un sosia (come il “defunto” Paul McCartney del resto) sino ad arrivare alle eccentricità minutelliane dell’oggi.
    E’ tipico di una cultura underground e de facto “clandestina” come quella del cattolicesimo romano integrale di oggi elaborare (anche) teorie storiche che, pur partendo da dati fattuali (ad esempio la mancanza di autorità), inseriscano elementi dubbi, non provati, visionari (o peggio “apparizionistici”) e fantastici nella ricostruzione dei fatti. É un aspetto inevitabile, contenibile, correggibile, ma pur sempre inevitabile.
    A queste figure dalla visione più semplice e dopolavoristica della storia della Chiesa si accoppiano e si contrappongono quelle degli “storici”.
    Ovviamente minoritarie, visto che lo studio (serio) richiede vastissima disponibilità di tempo e una (almeno parziale) libertà dalle occupazioni servili, queste figure si sforzano, in maniera più ponderata e articolata, di sfuggire alle insidie di una visione settoriale o parzializzata della crisi della Chiesa, portandosi ad analizzare la genesi storica della crisi modernista e il suo sviluppo “sotto traccia” nel Novecento, ma essenzialmente risalendo all’indietro, al giansenismo e al regalismo delle corti europee, al protestantesimo e ancora più su alle correnti eterodosse dell’epoca della “Rinascimento” sino alle antiche eresie medioevali o ancor prima all’eresie cristianoidi dei primi secoli dell’era cristiana. Non sono perciò mancati studi seri, dal Delassus al Meinvielle, dal Benigni all’Innocenti: sono testi che in un certo senso contraddistinguono la biblioteca di un cattolico integrale, ma in un pezzo come questo, ci occupiamo più della cornice che del quadro (come si dice, una buona cornice vale la metà del quadro).
    Spesso la tentazione di questi eruditi di oggi rimasti in piedi in mezzo alle rovine del cattolicesimo romano, a volte pesti, lievemente rintronati e coperti di polvere e calcinacci, è di iniziare a scrivere i “quaderni della Restaurazione”. Ovvero, come in quei telefim americani dedicati ai “cold case” o alla profilatura degli assassini seriali, si prende a tracciare, su una serie interminabile di lavagne in plastica, una fittissima rete di contatti, storici, ideologici, teologici che via via finisce per coprire intere pareti. Ecco perché siamo arrivati a tanto, esclamano gli eruditi, quella volta l’Inquisizione non fece il suo dovere, quell’altra volta il vescovo o il principe ignaro o complice protesse quel tal eretico, quella tal conventicola, quella tal altra congrega. Via via il tipo dell’erudito integrista scova l’eretico più nascosto nelle pieghe della storia, trova conniventi, compari, succedanei e mezzani: anche in lui monta una specie di spirito inquisitoriale retrospettivo, che a volte – questa è la peggior tentazione che si trova ad affrontare – assomiglia pericolosamente a quella supponenza del “modernista” che giudica, credendosi più “illuminato”, quanto è stato in precedenza.
    Su quei “quadernetti” ingialliti e a volte bisunti per il continuativo compulsare, fitti di nomi, date, circostanze, si scrive la drammatica parabola del cattolicesimo romano attraverso i secoli, l’elenco dei suoi nemici interni ed esterni, la terze e financo le quarte forze che ci hanno portato direttamente o indirettamente all’abominio e all’apostasia dell’oggi. Con l’approfondimento e la progressiva composizione di questo mosaico di tradimento e di infedeltà, cresce anche l’insofferenza verso chi non comprende la portata dello schema, verso chi non vi si attiene (forse perché ne ha un altro o non ne ha affatto), verso chi non ne coglie l’assoluta centralità. L’erudito allora spesso si vede circondato da inadeguatezza, ignoranza, fors’anche tradimento e malizia. Se il “Vaticano II” è stato il coronamento di tutti questi errori, bisogna ripartire da capo, processare i responsabili antichi e moderni(sti), ci vogliono dieci, cento, mille processi cadaverici, almeno virtuali, per poter ripartire ad “ Instaurare omnia in Christo”, quasi per purificare storia e memoria.
    Chi raccoglierà questi “quadernetti della Restaurazione”? E’ ovvio, il Papa nuovamente cattolico che verrà un giorno (non come gli attuali intrusi o occupanti), quello secondo il Cuore Immacolato di Maria (e qui Salvini però non c’entra), quello che in qualche modo farà ripartire la storia della Chiesa (che ovviamente non si è mai fermata del tutto ma semplicemente, riprendendo sine dolo l’apologo di Gnocchi e Palmaro, è caduta in un sonno letargico fatto di sortilegi e malie ereticali). Questo futuro Papa avrà sulla scrivania pontificia, sia essa in Vaticano o in qualche catacomba alle periferie del mondo, tutti i “quadernetti della Restaurazione” scritti e inviati dai vari fedeli studiosi integristi in questi lunghissimi anni di Vacanza (e qui non c’entrano i tormentoni estivi di Takegi e Ketra o Benji e Fede). Saranno quadernetti sgualciti, riviste patinate, conferenze blindate, presentazioni power point o diagrammi di flusso. Li leggerà il Papa? O come un novello Alessandro Magno, con un colpo di spada, libererà il tavolo?

    Speriamo di poterci essere per poterlo vedere e potervelo raccontare.

    Nella vigilia della festa di San Pio X
    2019

  4. #54
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Citazione Originariamente Scritto da Luca Visualizza Messaggio
    [RADIO SPADA] Antonio Diano: in memoriam



    di Piergiorgio Seveso, Presidente SQE di Radio Spada

    Nella mia vita ho visto morire molti che, come me, hanno scelto la lotta antimodernista e, a vario titolo, in modo più o meno convinto o efficace, il cattolicesimo romano integrale opposto all’attuale deriva ecclesiale. Non certo ho visto, per evidenti limiti anagrafici, la prima generazione di coloro che presero consapevolezza della crisi ma certamente della seconda generazione molti visi e molte storie mi passano davanti agli occhi. Di tutti conservo preziosa memoria.

    Dico sempre che un cattolico romano che voglia esser tale porta su di sé oggi tutto il dolore del mondo, sconvolto dall’errore, angustiato dalle eresie, privo della guida sicura delle chiavi del Sommo Gerarca. Lo può fare con equilibrio, a volte persino con leggerezza e con brio ma questa segreta pena (agli occhi dei più, ora ignari ora nemici) la porta sempre nel cuore. Anche Antonio Diano era così.

    Il professor Diano (l’ho sempre chiamato così sia a voce che per iscritto e lo faccio anche ora) ci ha lasciato in questi giorni per abbandonare le meschinità di questo mondo caduco e raggiungere il porto sicuro del Cielo, dove speriamo e preghiamo possa aver trovato la giusta mercede per aver tanto assiduamente lavorato nell’orto della Chiesa. Speriamo anche abbia potuto ritrovare quegli spiriti magni che l’hanno preceduto nei celesti comprensori: Papi, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici, tra tutti padre Guerard des Lauriers.

    Un “tradizionalista” quando muore, è spesso più solo degli altri, umanamente parlando: riceve (se va bene) un funerale cattolico, sepolto tra l’incomprensione di molti e l’ingratitudine di altri.

    Il professor Diano ha però lasciato in tanti il ricordo della sua polemica bonomia, della sua affabilità profonda e priva di orpelli, della sua forte e invidiabile preparazione culturale: anche quando esprimeva con forza le sue posizioni di un sedevacantismo netto ed irrevocabile, anche quando bollava a fuoco (e spesso a ragione) gli errori e le distonie del mondo tradizionalista e integrista di vicini e lontani, si sentiva in lui l’affettuosa e attenta dedizione per i suoi interlocutori, l’assoluta mancanza di considerazione di sé, la consapevolezza delle sue personali mancanze e l’essersi fatto “servo della Verità” senza rispetti umani ma anche senza personalismi.

    Non vorrei però che pensaste stia scrivendo un melenso “coccodrillo” all’insegna del “de mortuis nihil nisi bonum”: so intingere se serve il lirismo nel fiele.

    C’è però una cosa ulteriore di Antonio Diano che ricorderò sempre: l’alto concetto che aveva dell’amicizia tra gentiluomini e la profonda (e largamente immeritata) stima che nutriva nei miei riguardi. Sono state quell’amicizia e quella stima a far sì che ci consegnasse, con fiducia, la piccola “summa” del suo pensiero che si è poi concretizzata nel suo libro “Cattolico in trincea – Fragmenta collecta”.

    Tutto (e sottolineo tutto) gli avrebbe sconsigliato di farlo: rapporti personali, legami ecclesiali, iniquità di tempi e di uomini, le sue stesse posizioni nei nostri riguardi più di una volta distanti e molto critiche.

    Eppure l’ha fatto ed il suo nome ora è anche (tra le altre sue meritevoli cose) legato indissolubilmente a quello di Radio Spada. Un libro, come un diamante, è per sempre e quando tra anni e anni (speriamo quando saremo nell’Alba di tutto di bensoniana memoria) si scriverà la storia di questi tormentati e terribili decenni anche questo sarà ricordato.

    Il Professor Diano mi aveva scritto una volta, nei nostri epistolari telematici, mentre trattavamo dei nostri rapporti personali : Amicus Plato sed magis amica Veritas” ma Platone rimane comunque amico.

    Era davvero così.

    Non avevamo spesso punti di vista comuni: lui convinto assertore di una visione fascista della politica (conciliata e conciliabile storicamente) con il cattolicesimo, io localista antiunitario, reazionario tra Ottocento e Ventunesimo secolo. Lui sedevacantista simpliciter, netto nel condannare la non cattolicità assoluta della “chiesa conciliare”, io guerardiano e tesista sempre pronto però a contrastare le Erinni di un integrismo da melodramma, da dopolavoro ferroviario di beghine e begardi o da pub di tatuati.

    Lui invocava la pace, l’unità nel “nostro mondo”: testimone (straziato e amareggiato) di tante liti che spesso lo coinvolgevano, agognava le ricomposizioni nella Verità e nella Carità ma io non riuscivo a dargli completamente ragione, un po’ per realismo, un po’ per la drammatica consapevolezza della dispersione delle pecore, di tutte le pecore, una volta percosso il Pastore.

    E non riesco nemmeno ora: mi perdonerà, professor Diano, se scelgo di combattere anche oggi e sempre, per “vicoli e cunicoli”, guerre asimmetriche a trecentosessanta gradi.

    Da ultimo, spesso si scusava, con il consueto garbo, per continuare ad intervenire su tutte le piattaforme virtuali per correggere errori, marchiane sviste, esiziali imprecisioni presenti anche nel (nostro) mondo ed era affranto dal colossale analfabetismo religioso che lo opprimeva e lo assediava. Lui, il “grillo parlante” contro i pinocchi del tradizionalismo, sembrava lasciarsi andare ma poi si rialzava con una risata a tutta voce e una battuta salace. Voglio ricordarlo così.

    Sono convinto che le difficoltà di questo genere sono disseminate dal nemico che spera così di farci desistere, e/o di impedire conversioni fruttuose, ma non s’illuda. Ci si può ogni tanto riposare, ma poi si riprende la buona battaglia. Saremo sempre al nostro posto, demonio maledetto, non illuderti! Con l’aiuto indispensabile della Grazia. (Antonio Diano)

    Arrivederci, Professore!

    Fonte: https://www.radiospada.org/2019/12/r...o-in-memoriam/

  5. #55
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Octo abhinc annos: Lettera ai soci di Radio spada per l’anno 2020



    Questa lettera per i soci di Radio Spada, non avendo ricevuto obiezioni alla divulgazione da parte dei soci stessi, viene oggi offerta a tutto il pubblico del nostro blog. Buona lettura!

    Cari Soci,

    dal momento che il tesseramento di Radio Spada quest’anno ha assunto un aspetto di maggiore organicità e ha aggiunto un maggior numero di sodali alla nostra associazione, vogliate accettare da parte mia due righe di consuntivo mentre questo tormentato anno volge molto lentamente alla sua conclusione. Questa lettera è per voi ma – ove lo riteneste opportuno – diffonderemmo il presente bilancio sui nostri media per aprire, anche ai lettori, un ulteriore varco da cui osservarci. Se non manifesterete opposizione a questa ipotesi, col Consiglio Direttivo saremmo orientati a pubblicarlo sul sito già nei prossimi giorni.

    Veniamo a noi: vi risparmio un tedioso e posato “discorso della Corona” per entrare nel vivo delle questioni che tanto ci stanno a cuore. Quest’anno la nostra civiltà ha dovuto subire la più drammatica e devastante crisi che si sia vista dal Dopoguerra e ancora oggi sono incerti gli sviluppi e gli esiti di questi avvenimenti così perniciosi e tragici. Malgrado questo, la nostra casa editrice ed il nostro blog non solo non hanno arretrato di un passo, ma hanno incrementato le loro attività, garantendo al pubblico cattolico un costante presidio intellettuale e morale della realtà ecclesiale e temporale.

    Se il 2018 era stato l’anno dell’impegnativo (e impavido) mantenimento delle posizioni e il 2019 l’anno di una ripresa sempre più costante ed impetuosa, il 2020 ha segnato un ulteriore cambio di passo sotto il segno dell’incremento, della crescita, del potenziamento delle nostre attività. Radio Spada è cresciuta in tanti ambiti: sui social dove abbiamo consolidato la nostra presenza su Facebook, rafforzato la nostra presenza su Instagram e amplificato pioneristicamente la nostra presenza su Telegram. Siamo cresciuti con le nostre edizioni per le quali abbiamo dato alle stampe più di una decina di poderosi testi in un solo anno solare (sia negli ambiti dei grandi classici dell’apologetica che nell’ambito dell’attualità) e stiamo per raggiungere la fatidica quota di sessanta libri con l’ultimo saggio di Luca Fumagalli “Dio strabenedica gli inglesi. Note per una storia della letteratura cattolica britannica tra XIX e XX secolo” che uscirà a cavaliere tra fine dicembre 2020 e inizio gennaio 2021 nella collana “L’osteria volante”. Siamo cresciuti con i nostri articoli dove abbiamo spaziato in tutti gli ambiti, con uno sguardo disincantato e attento su tutto quello che sta avvenendo senza arrendevolezze ma anche senza inutili protagonismi e senza ancor più facili e redditizi isterismi. Siamo cresciuti inaugurando, prima del diluvio epidemico, l’Enciclopedia di Radio Spada, una rassegna di più di duecento sezioni e sottosezioni (e oltre duemila elementi), frutto di un lavoro diuturno e immane, e che spazia in tutti gli ambiti dello scibile apologetico e della cultura cattolica, con spiccata attenzione alla Tradizione e con felici innesti sulla contemporaneità.

    Abbiamo “cantato” sempre fuori dal coro e senza accodarci e accordarci con nessuna consorteria, nemmeno tradizionalistica, quando sarebbe stato facile “cantare” i motivetti oggi più in voga. L’abbiamo fatto però senza arroccarci in una solitaria, illusoria e in ultima analisi “tragica” suggestione di purezza ma collaborando, con classica sprezzatura integristica, con tutte quelle realtà (amiche e non) che mostrassero a qualunque titolo leale attenzione e apertura verso le nostre battaglie.

    Questa libertà ha però dei costi umani ed economici elevati: non facciamo ovviamente querule questue ma vi chiediamo di combattere con noi, pregando con noi e diffondendo alla massima potenza e con un impegno da “guerra totale” la Buona stampa, in momenti cui la peste vaticansecondista (assai più pericolosa del Coronavirus) raggiunge il suo acme durante il carnevale di morte bergogliano.

    Che cosa ci aspettiamo dal futuro? Tutto e nulla ma sappiamo una cosa: sino all’ultimo respiro, sino all’ultimo brandello delle nostre energie, sin quando l’ultimo frantume del nostro spirito riverbererà luce e Fede, ci impegneremo per combattere con Radio Spada ad maiorem Dei gloriam.

    Piergiorgio Seveso,
    Presidente

    23 novembre 2020
    San Clemente I, Papa e Martire

  6. #56
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    https://www.radiospada.org/2018/12/a...ria-semivuota/

    Gli uomini osservano le lacune dei periodi precedenti; ma le lacune corrispondenti nel proprio periodo sono letteralmente troppo grandi per essere viste.

    Gilbert Keith Chesterton – The Daily News 20 aprile 1906.



    di Luca Fumagalli e Piergiorgio Seveso

    Questa rubrica di Radio Spada, agile collezione di appunti sparsi, schegge e notarelle epigrammatiche, non nasce senza una pretesa che, nel suo piccolissimo – per non dire infimo –, ha del rivoluzionario. Per la prima volta, infatti, due laici, con toni volutamente leggeri, senza alcuna pretesa d’esaustività, consegnano ai lettori una sorta di autodiagnosi del cosiddetto mondo “sedevacantista” italiano. Lo fanno, si diceva, con quel poco di acume che Dio ha avuto la benevolenza di donare loro, consapevoli che in tempi ferrigni come quelli in cui stiamo vivendo, ormai privati di tutto, persino della dignità, l’autoironia è forse l’unica cosa che rimane: non ridarà la speranza, non risolleverà i cuori, ma almeno – si spera – strapperà un sorriso e, chissà, magari toglierà un po’ di polvere dalle menti appassite. A tal proposito è bene precisare che non è intenzione degli autori offendere nessuno. Saranno elencati numerosi limiti di un mondo marginale, angusto, a tratti persino fetido, ma un mondo a cui loro sentono irrevocabilmente d’appartenere. Ci potranno essere persino sferzate indelicate. Nel qual caso saranno date con la medesima asprezza di quelle che pure loro meriterebbero. Ogni difetto evidenziato è quindi anche e soprattutto loro, anzi, forse loro stessi sono il peggio che questo piccolo mondo antico abbia mai prodotto. Non è falsa modestia: in tempi di mediocrità diffusa come quelli in cui viviamo, essere pessimi è pur sempre un segno di distinzione [RS].

    E’ bello scrivere questo libro giorno per giorno, pezzo per pezzo, attraverso questa rubrica. All’inizio del nuovo anno liturgico ci sembra giusto riprendere il nostro cammino parlando un po’ di noi, con un pezzo volutamente “di colore”.

    Contrariamente al pragmatismo del sedevacantismo americano che in un video apologetico di qualche tempo fa presentava questa crisi della Chiesa (circa 55-60 anni senza Papa e senza veri vescovi) quasi come una normale evenienza nella storia ecclesiastica, da affrontare con relativa tranquillità, l’approccio migliore – presa coscienza dell’assoluta eccezionalità e drammaticità del momento che viviamo – rimane quello di avere uno sguardo dal “di fuori”. Questo sguardo, ben lungi dall’essere relativista, terzaforzista o proditorio (come potrebbero sostenere taluni “cani da cortile” o dottor sottili della salamella), è invece l’unico modo per mettersi al riparo da una certa autoreferenzialità comportamentale che in taluni (non in tutti ovviamente) rischia di far molti danni pratici e pastorali. Parliamo della “sindrome della trattoria semivuota”, cogliendo come al nostro solito un esempio da una divertente scena di un corto minore della produzione pozzettiana “Io tigro, tu tigri, egli tigra”, film a episodi del 1978.



    Lo sventurato protagonista, respinto dalla trattoria “Milan Inter”, che potremmo individuare come il Novus ordo (oggi universalmente diffuso, e ce lo permetterete, come tutte le soluzioni Una cum, che per comodità, calcolo, pavidità o timore intellettualistico non hanno risolto correttamente il problema dell’Autorità), si reca, un po’ suo malgrado e armato di buone intenzioni, alla Trattoria semivuota (la Messa romana non una cum). Qui, a parte il contesto un po’ disadorno e di fortuna (e Dio solo sa quanto A VOLTE possa essere vero), può rischiare di trovare molti degli atteggiamenti che avrete potuto individuare nel frammento cinematografico. Gli atteggiamenti possono essere molti e ne facciamo accurato elenco: disprezzo e sospetto verso i revenants dal neomodernismo (“meno siamo e meglio stiamo”) , primaclassismo da veterani per aver abbracciato anni o … mesi addietro la fede romana cattolica integrale (ovviamente a costo di sacrifici, guasti, incomprensioni etc etc), automatismi e istrionismi incomprensibili ad un neofita (ma talvolta anche a chiunque abbia buon senso), brutalismi e machismi da nuovi crociati della Fede (secondo le cicliche e ricorrenti “nozze mistiche” tra sedevacantismo ed estremismo politico), trionfalismi carismatici da operetta per cui l’attonito neoarrivato si vede sbalzato in un profumato Eden di verità e assolute certezze dove i conti tornano tutti e sempre (a qualsiasi livello) e gli “altri” sono nella migliore delle ipotesi, dei “cretini” o dei malfattori.

    Malgrado un sincero desiderio di fuggire dal porto delle nebbie del neomodernismo trionfante, un clima militarizzato e asseragliato ma genericamente repellente e respingente può in qualche caso soffocare anche le migliori intenzioni, ingenerando reazioni di rifiuto polemico o in qualche (non sporadico) caso di ripiego “prudenziale”. L’ottimo “minestrone” del sedevacantismo è certamente delizioso, come ne canta il baffuto avventore, ma appunto è un minestrone, gran somma di elementi diseguali e di diverso valore (cattolicesimo romano, integrismo, specimina locali) tutti mescolati tra loro, “combustibile” nutriente per tempi incerti e foschi come questi, ma appunto vivanda “emergenziale”, destinata ad essere sostituita da un vero pasto quando la crisi della Chiesa sarà finita e compiuta.

    Questo nella “trattoria semivuota” non deve mai essere dimenticato a tutti i livelli e ad esso va aggiunta la necessità di un’estetica del sedevacantismo e del Non una cum (di cui parleremo in un altro articolo) che si sostanzi in uno stile di comportamento che sappia unire integralità di fede, fortezza e giustizia.

    Nella festa di San Francesco Saverio – 3 dicembre 2018.

  7. #57
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    [AI PIEDI DEL TRONO VUOTO] Rocche, fortilizi e casematte


    “Il potere tende a corrompere, il potere assoluto tende assolutamente a corrompere”

    Lord Acton

    di Luca Fumagalli e Piergiorgio Seveso

    Anni fa ci sforzavamo insieme di spiegare a un amico un po’ perplesso (oltre ai “cattolici perplessi” e ai “conservatori perplessi”, esistono pure i “sedevacantisti perplessi”) le dinamiche interne, virtuose e spigolose, del sedevacantismo: mondo votato alla difesa del Vero, cattolicamente e integralmente, ma naturalmente mondo piccolo, guareschianamente inteso, a volte al limite del piccino. Le immagini che quella volta usammo furono quelle, abbastanza facili, della rocca assediata (tra Civitella e l’Alcazar); ma poi ce ne sovvenne una migliore e ben più efficace: quella del fortino circondato dal deserto, ben armato e abbastanza custodito, ma lontano dagli scenari della guerra principale.

    La guerra principale, il cui esito disastroso è a tutti noto, si è già conclusa negli anni Sessanta con il Concilio Vaticano II. A qual tempo la gerarchia della Chiesa ufficiale, pressoché nella sua interezza, è passata “armi, bagagli e croci pettorali” nel campo del Nemico (rigorosamente con la “N” maiuscola). Il fortino, periferico e marginale, non interessa alle forze avversarie, che già hanno purtroppo ottenuto la realizzazione di un pieno, seppur apparente, trionfo.

    I “cattolici” oggi vivono nel mondo e nella Chiesa come nell’unico mondo possibile. Qualcuno inseguirà le chimere ultra progressiste (sempre più concrete) di un “Vaticano terzo”, qualcun altro vagheggerà raddrizzamenti, ripareggiamenti, riletture e aggiustamenti, ma TUTTI sono parte del medesimo scenario, TUTTI esistono sotto l’unico sole della rivoluzione conciliare. Dai girondini ai montagnardi, dai giacobini ai dantoniani, dagli hebertisti ai monarchici moderati, TUTTI non hanno altra idea che sedere nel “parlamento della rivoluzione”. E a questi, in fondo, dei fortini rimasti al cattolicesimo romano “di prima” importa davvero poco.

    Intanto nei fortini si aspetta in armi un nemico che tarda ad arrivare, si prega il buon Dio, si spera che tutto ritorni in qualche modo all’ordine dei bei tempi che furono e nel frattempo ci si organizza. E siccome le sere son lunghe da passare, e le giornate ancora di più, qualcosa ci si deve pure inventare. Ad esempio si litiga, mandando agli altri fortini bellicosi messaggi sulla condotta da tenere di fronte al nemico trionfante, considerata ora blanda, ora arrendevole, ora inadeguata. Gli altri fortilizi, altrettanto convinti di essere pienamente pronti a ricevere l’assalto del nemico, tacciono, rispondono a suon di contro-bandi altrettanto polemici oppure, ancor più semplicemente, optano per qualche sonorità da trivio.

    Com’è naturale, senza il Papa, ognuno si arrangia e fa da sé, e se qualcuno vuole stilare i “quadernetti della Restaurazione” (cui dedicheremo una delle prossime puntate) vi sarà chi plaudirà, chi sbadiglierà, chi penserà di averli scritti meglio, assai più belli e convincenti. Ogni fortino, persino ogni casamatta (che del fortino è una versione ridotta e quasi caricaturale) pensa di essere un piccolo regno, sottoposto certamente alla Regalità di Cristo, ma ancor più a quella di chi vi governa. Et Rex in regno suo est imperator. Da questo male endemico, inevitabile, quasi connaturato ai tempi in cui viviamo, in fondo ne può venir anche del bene: lo dicevamo allora al nostro amico che ci guardava non troppo convinto. Ovviamente ne può venir anche del gran male (quod Deus avertat) se il rex muta in tiranno e manda ordini incomprensibili, perniciosi o, peggio, disumani. Son cose che son sempre avvenute e avverranno in qualunque società umana. Oggi, però, tutto si fa più problematico data la mancanza di un’autorità terza cui sottoporre questioni, ubriacature polemiche, anatemi e accusationes. Magari fosse facile come ne “L’Ammutinamento del Caine”, bellissimo film, cui rimandiamo eventualmente i nostri lettori. Se non è possibile occidere tyrannum, lì almeno si riesce a farlo (s)ragionare.

    Come unica consolazione rimane la Provvidenza. Almeno Lei, ne siamo certi, aiuterà rocche, fortini e casematte a mantenersi integri (sia moralmente che mentalmente). Perché i tartari, al contrario di quello che avviene nel racconto di Buzzati, prima o poi arriveranno.



    Nella festa del Cuore Immacolato di Maria e Ottava dell’Assunzione – 22 agosto 2018

    Pubblicato all’Angelus


  8. #58
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Citazione Originariamente Scritto da Luca Visualizza Messaggio
    [Au pied du trône vacant] Les Cahiers de la Restauration

    Par Luca Fumagalli et Piergiorgio Seveso

    Dans notre petit monde «sédévacantiste» – mais, à certains égards, le discours pourrait s’appliquer à l’ensemble de la galaxie «traditionaliste» – nous tombons sur des figures que nous pourrions définir, à leur manière, antithétiques et complémentaires.

    Le premier groupe comprend ceux qui vivent la crise actuelle de l’Église comme un fait d’une grande pertinence, plus lié à l’actualité qu’à l’histoire. Ce sont souvent les «enfants» du «choc bergoglien». Ils commentent avec passion et indignation légitime la dernière sortie de François, certainement ils savent en quelque sorte que la crise de l’Église a presque atteint l’âge de la retraite, soixante ans et plus, mais ils sont continuellement et émotionnellement affectés par la contemporanéité: les excès de certaines paroisses, les troubles moraux du clergé moderniste, l’alignement du «Vatican» sur les positions les plus progressistes, mondialistes, philanthropiques ou «gauchistes».

    Ce sont les plus menacés par une mémoire historique à court terme: «Ratzinger était certainement mieux, Wojtyla était contre le communisme et contre l’avortement, Montini portait la tiare et Jean XXIII même le camauro». Le passé proche risque d’être immédiatement idéalisé et édulcoré par eux ou transformé en animal en peluche. La contre-histoire de l’Église est nécessaire pour redresser certaines idées bizarres: une reconstruction bienveillante qui risque de transformer les “bourreaux du catholicisme” en modérés “limiteurs de dégâts”.

    Dans d’autres, plus habitués à la bonne presse et à la lecture de «nos livres», une idée plus claire, quoique brève, de la subversion qui s’est produite avec le «Concile Vatican II» se forme. Si la vision de ce qui s’est passé est assez claire en eux, le «comment» est souvent renversé par des théories hyper-conspiratrices ou grossièrement cryptopolémologiques. Ils vont d’une seule et vaste conspiration judéo-maçonnique (sur la base, bien sûr, de textes méritoires et fondamentaux comme ceux, par exemple, de Maurice Pinay ou Léon de Poncins, mais peut-être aussi de choses moins adamantines comme les listes de Pecorelli), jusqu’aux numérologies abstruses de certains vieux et grotesques magazines italiens, au lieu de visions plus paroxystiques et extrêmes allant de la papauté occulte de Siri à Paul VI enlevé par des forces mystérieuses et remplacé par un double (comme le «défunt» Paul McCartney après tous) pour arriver aux excentricités minutelliennes contemporaines.

    Il est typique d’une culture clandestine, souterraine, «underground», de facto telle que celle du catholicisme romain intégral d’aujourd’hui d’élaborer (également) des théories historiques qui, bien que partant de données factuelles (par exemple le manque d’autorité papale), insèrent des éléments douteux et non prouvés, visionnaires (ou pire “apparitionnistes”) et fantastiques dans la reconstitution des faits. C’est un aspect inévitable, contenable, corrigible, mais toujours inévitable.

    Évidemment, ce sont des figures minoritaires, car l’étude (sérieuse) nécessite une grande disponibilité de temps et une liberté (au moins partielle) des occupations serviles.

    Ces “historiens” s’efforcent, de manière plus réfléchie et articulée, de se libérer des écueils d’une vision sectorielle ou partialisée de la crise de l’Église, et ils commencent à analyser la genèse historique de la crise moderniste et son évolution au cours” du XXe siècle. Plus encore, ils remontent au jansénisme et au régalisme des Cours européennes, au protestantisme et même plus loin dans le temps aux courants hétérodoxes de la “Renaissance”, jusqu’aux anciennes hérésies médiévales, ou encore plus tôt aux hérésies pseudo-chrétiennes des premiers siècles de l’ère chrétienne.

    Des études sérieuses ne manquaient donc pas, de Delassus à Meinvielle, de Benigni à Innocenti: ce sont des textes qui distinguent en un certain sens la bibliothèque d’un catholique intégral, mais dans une pièce comme celle-ci, nous traitons plus du cadre que de l’image (comme on dit, un bon cadrage vaut la moitié de l’image).

    Souvent, la tentation de ces érudits d’aujourd’hui, laissés debout au milieu des ruines du catholicisme romain, parfois blessés, légèrement hébétés et recouverts de poussière et de gravats, est de commencer à écrire les “Cahiers de la restauration”. Autrement dit, comme dans ces téléfims américains dédiés aux «cold cases» ou au profilage de tueurs en série, ils commencent à tracer, sur une série interminable de tableaux blancs en plastique, un réseau très dense de contacts, historiques, idéologiques, théologiques qui finissent progressivement par couvrir des murs entiers.

    «Voilà pourquoi nous sommes arrivés à ce point» – s’écrient les érudits -, «Cette fois où l’Inquisition n’a pas fait son devoir, cette autre fois où l’évêque ou le prince ou le complice sans méfiance ont protégé cet hérétique, cette conventicule, cette autre congrégation».

    Peu à peu, le type de savant intégriste trouve l’hérétique le plus caché dans les plis de l’histoire, trouve des complices, des comparables, des substituts: en lui monte aussi une sorte d’esprit inquisitoire rétrospectif, qui ressemble parfois – c’est la pire tentation à laquelle il est confronté – dangereusement à cette arrogance du «moderniste» qui juge, se croyant plus «éclairé», ce qui a été auparavant.

    La parabole dramatique du Catholicisme romain au cours des siècles, la liste de ses ennemis internes et externes, les Troisièmes et peut-être même Quatrièmes forces qui nous ont conduits directement à l’Abomination et à l’Apostasie contemporaines, sont écrites sur ces “Cahiers”, jaunis et parfois graisseux à cause de la compilation compulsive, pleins de noms, de dates e de conditions.

    Avec cette composition d’approfondissement progressif du mosaïque de trahison et d’infidélité, l’impatience envers ceux qui ne comprennent pas la portée du schéma, envers ceux qui ne ne le suivent pas (peut-être parce qu’il en ont a un autre ou ils n’en ont pas), envers ceux qui n’en saisissent pas la centralité absolue, grandit en lui.

    Le savant se voit alors souvent entouré d’insuffisance, d’ignorance, peut-être même de trahison et de malveillance. Si le «Concile Vatican II» a été le couronnement de toutes ces erreurs, il faut recommencer, poursuivre les responsables anciens et modernes, il faut dix, cent, mille Synodes cadavériques, au moins virtuels, pour pouvoir recommencer à «Instaurare omnia in Christo», presque pour purifier l’Histoire et la Mémoire.

    Qui collectera ces «Cahiers de la Restauration»? Il est évident, le Pape nouvellement catholique qui va venir un jour (pas comme les intrus ou les occupants actuels), celui selon le Cœur Immaculé de Marie (et ici Matteo Salvini n’a rien à voir avec ça), celui qui va en quelque sorte relancer l’histoire de l’Église (qui bien sûr ne s’est jamais complètement arrêtée mais tout simplement, reprenant l’apologue d’Alessandro Gnocchi et de Mario Palmaro sine dolo, est tombée dans un sommeil léthargique fait de sorts et de maux hérétiques).

    Ce futur Pape aura sur le bureau pontifical, que ce soit au Vatican ou dans des catacombes à la «périphérie du monde», tous les «Cahiers de la Restauration» écrits et envoyés par les divers érudits fidèles intégraux en ces longues années de Vacance ( et ici les tubes musicaux d’été ne sont pas impliqués). Il s’agira de cahiers froissés, de magazines sur papier glacé, de conférences blindées, de présentations PowerPoint ou d’organigrammes. Le Pape les lira-t-il? Ou comme un nouvel Alexandre le Grand, va-t-il libérer la table d’un coup d’épée?

    Nous espérons être là pour pouvoir le voir et vous en parler.

    A la veille de la fête de saint Pie X

    2 septembre 2019

    Fonte: https://www.radiospada.org/2020/04/a...16_YnIC4I5EPl4

  9. #59
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Citazione Originariamente Scritto da Luca Visualizza Messaggio
    [Au pied du trône vacant] “Forteresses, Fortalices et casemates”

    Nota di Radio Spada: in queste settimane, anche grazie all’aiuto di amici francesi e francofoni, saranno pubblicate alcune puntate della rubrica “Ai piedi del trono vuoto” nel dolce idioma della “figlia prediletta della Chiesa”. Pubblichiamo questa puntata, già postata in italiano nell’Ottava dell’Assunzione, nell’Ottava dell’Immacolata Concezione in segno di omaggio filiale alla Beata Vergine.

    “Le pouvoir tend à corrompre, le pouvoir absolu tend absolument à corrompre” Lord Acton


    par Luca Fumagalli et Piergiorgio Seveso


    Il y a des années, nous avons lutté ensemble pour expliquer à un ami un peu perplexe (en plus des « catholiques perplexes » et des « conservateurs perplexes », on compte des « sédévacantistes perplexes » ) la dynamique interne, vertueuse et “nerveuse”, du sédévacantisme : un monde consacré à la défense de la Vérité, catholiquement et intégralement, mais, bien sûr, un “petit monde”, compris a la Don Camillo, parfois au bord de la mesquinerie. Les images que nous avons utilisées étaient celles, assez faciles, de la forteresse assiégée (entre Civitella et l’Alcazar) ; ou alors il y avait une image encore meilleure et plus parlant : celle du fort entouré par le désert, bien armé et assez gardé, mais loin des scénarios de la guerre principale. La guerre principale, dont le résultat désastreux est connu de tous, a déjà pris fin dans les années 1960 avec le “Concile” Vatican II”.
    L’heure où la hiérarchie de l’église officielle, presque dans son intégralité, est passée “les bras, les bagages et les croix pectorales” dans le champ de l’ennemi ( avec la lettre capitale “E”). Le “Petit Fort”, périphérique et marginal, ne concerne pas les forces opposées, qui ont malheureusement déjà obtenu la réalisation d’un triomphe complet, quoique apparent. Les «catholiques» vivent aujourd’hui dans le monde et dans l’église comme dans le seul monde possible. Quelqu’un va poursuivre les ultra progressistes (de plus en plus concret) chimères d’un “Vatican III”, quelqu’un d’autre va errer, réparer, relire et ajuster, mais tous font partie du même scénario, ils existent tous sous le seul soleil de la Révolution conciliaire. Des Girondistes aux Montagnards, des Jacobins aux Dantoniens, des Hébértistes aux Royalistes modérés, tout le monde n’a pas d’autre idée que de siéger au « Parlement de la révolution ». Pour les «catholiques», ces forts, laissés au catholicisme romain, sont très peu importants. Pendant ce temps, dans les forteresses assiégés attendent en armes un ennemi qui tarde à venir, ils prient le bon Dieu, ils espèrent que tout reviendra au bon vieux temps et ils s’organisent. Et comme les soirées sont longues à passer, et les jours encore plus, quelque chose doit être inventé. Par exemple, nous nous disputons, envoyant à d’autres forts de guerre des messages sur la conduite devant être tenue devant l’ennemi triomphant, considéré maintenant fade, maintenant cédant, maintenant insuffisant. Les autres Forteresses, toutes aussi convaincues d’être pleinement préparées à recevoir l’assaut de l’ennemi, sont silencieuses, répondent au son des contre-appels tout aussi controversés ou, encore plus simplement, optent pour des framboises (en langue italienne “pernacchie”). Naturellement, sans le pape, tout le monde s’arrange et fait pour lui-même, et si quelqu’un veut établir les “Cahiers de la restauration” (que nous dédions l’un des prochains articles), quelqu’un va applaudir, quelqu’un va bâiller, quelqu’un va penser qu’il a écrit beaucoup mieux, plus beau et plus convaincant. Chaque fortalice, même chaque casemate (qui du fort est une version réduite et presque caricaturale) pense que c’est un petit royaume, certainement soumis à la royauté du Christ, mais encore plus à celui de ceux qui le gouvernent. Et Rex in regno suo est Imperator. De ce mal endémique, inévitable, presque inné dans les jours où nous vivons, au fond peut aussi venir quelque chose de bon : nous avons dit alors à notre ami qui nous regardait pas trop convaincu. Bien sûr, il peut aussi provenir du grand mal (quod Deus avertat) si le roi se transforme en tyrann et envoie des ordres incompréhensibles, pernicieux ou, pire, inhumains. Ce sont des choses qui se sont toujours passées et qui se produiront dans toute société humaine. Aujourd’hui cependant, tout devient plus problématique puisqu’il n’y a pas d’autorité super partes. Une Autorité super partes à laquelle les questions, les disputationes, les anathèmes, les controversés des ivrognes devraient être soumis. Oh si c’était aussi facile que dans “La Mutinerie du Caïn”, un beau film auquel nous référons nos lecteurs. Si en effet ce n’est pas possible occidere tyrannum, là au moins il est possible de le rendre déraisonnable. Reste la seule Consolation. Au moins, elle, nous sommes sûrs, aidera les forteresses et casemates à rester intacts (à la fois moralement et mentalement). Parce que les Tartares, contrairement à ce qui se passe dans le conte de Buzzati, arriveront tôt ou tard.

    Dans la fête du Cœur immaculé de Marie et Huitième de l’Assomption – 22 août 2018

    Fonte: https://www.radiospada.org/2018/12/a...-et-casemates/

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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Nota di Radio Spada: Alla vigilia del 12 gennaio e in occasione d’una nuova rappresentazione scaligera della Traviata secondo la fortunata ed ormai trentennale regia di Liliana Cavani, proponiamo ai nostri lettori un ironico divertissment d’attualità d’un nostro redattore che rivisita alcune importanti scene dell’opera. In calce i nostri lettori potranno anche ascoltare con diletto il video dell’originale (Piergiorgio Seveso)

    Scena tredicesima. Violetta che ritorna affannata, indi Alfredo

    VIOLETTA SPADA:

    Invitato a qui seguirmi,

    Verrà desso? vorrà udirmi?

    Ei verrà, ché l’odio atroce

    Puote in lui più di mia voce.

    ALFREDO R.:

    Mi chiamaste? che bramate?

    VIOLETTA SPADA:

    Questi luoghi abbandonate.

    Un periglio vi sovrasta.

    ALFREDO R.:

    Ah, comprendo! Basta, basta.

    E sì vile mi credete?

    VIOLETTA SPADA:

    Ah no, mai.

    ALFREDO R.:

    Ma che temete?

    VIOLETTA SPADA:

    Temo sempre del Barone

    ALFREDO R.:

    È tra noi mortal quistione.

    S’ei cadrà per mano mia

    Un sol colpo vi torrìa

    Coll’amante il protettore.

    V’atterrisce tal sciagura?

    VIOLETTA SPADA:

    Ma s’ei fosse l’uccisore?

    Ecco l’unica sventura

    Ch’io pavento a me fatale!

    ALFREDO R.:

    La mia morte! Che ven cale?

    VIOLETTA SPADA:

    Deh, partite, e sull’istante.

    ALFREDO R.:

    Partirò, ma giura innante

    Che dovunque seguirai

    i passi miei.

    VIOLETTA SPADA:

    Ah, no, giammai.

    ALFREDO R.:

    No! giammai!

    VIOLETTA SPADA:

    Va’, sciagurato.

    Scorda un nome ch’è infamato.

    Va’ mi lascia sul momento

    Di fuggirti un giuramento

    Sacro io feci

    ALFREDO R.:

    E chi potea?

    VIOLETTA SPADA:

    Chi diritto pien ne avea.

    ALFREDO R.:

    Fu CORVO?

    VIOLETTA SPADA: (con supremo sforzo)

    Sì.

    ALFREDO R.:

    Dunque l’ami?

    VIOLETTA SPADA:

    Ebben, l’amo

    ALFREDO R.: (Corre furente alla porta e grida)

    Or tutti a me.

    Scena quattordicesima. Violetta, Alfredo, e tutta l’ASSEMBLEA DEI SANTI che confusamente ritorna

    TUTTI:

    Ne appellaste? Che volete?

    ALFREDO R.: (additando Violetta che abbattuta si appoggia al tavolino)

    Questa donna conoscete?

    TUTTI:

    Chi? Violetta?

    ALFREDO R.:

    Che facesse non sapete?

    VIOLETTA SPADA:

    Ah, taci

    TUTTI:

    No.

    ALFREDO R.:

    Ogni suo aver tal femmina

    Per amor mio sperdea.

    Io cieco, vile, misero,

    Tutto accettar potea.

    Ma è tempo ancora! tergermi

    Da tanta macchia bramo.

    Qui testimoni vi chiamo

    Che qui pagata io l’ho.

    (Getta con furente sprezzo un LIBELLO ai piedi di Violetta, che sviene tra le braccia di PIERGIORGIO SEVESO e del dottor LUCA FUMAGALLI. In tal momento entra Monsignor GUÉRARD DES LAURIERS)

    Scena quindicesima. Detti e Monsignor GUÉRARD, ch’entra all’ultime parole

    TUTTI:

    Oh, infamia orribile

    Tu commettesti!

    Un cor sensibile

    Così uccidesti!

    Di donne ignobile

    Insultator,

    Di qui allontanati,

    Ne desti orror.

    GUÉRARD: (con dignitoso fuoco)

    Di sprezzo degno se stesso rende

    Chi pur nell’ira la Donna offende.

    Dov’è mio figlio? più non lo vedo:

    In te più Alfredo – trovar non so.

    (Io sol fra tanti so qual virtude

    Di quella misera il sen racchiude.

    Io so che l’ama, che gli è fedele,

    Eppur, crudele, – tacer dovrò!)

    ALFREDO R.: (da sé)

    (Ah sì che feci! ne sento orrore.

    Gelosa smania, deluso amore

    Mi strazia l’alma più non ragiono.

    Da lei perdono – più non avrò.

    Volea fuggirla non ho potuto!

    Dall’ira spinto son qui venuto!

    Or che lo sdegno ho disfogato,

    Me sciagurato! – rimorso n’ho.

    VIOLETTA SPADA: (riavendosi)

    Alfredo, Alfredo, di questo core

    Non puoi comprendere tutto l’amore;

    Tu non conosci che fino a prezzo

    Del tuo disprezzo – provato io l’ho!

    Ma verrà giorno in che il saprai:

    Com’io t’amassi confesserai.

    Dio dai rimorsi ti salvi allora;

    Io spenta ancora – pur t’amerò.

    BARON CORVO: (piano ad Alfredo)

    A questa donna l’atroce insulto

    Qui tutti offese, ma non inulto

    Fia tanto oltraggio – provar vi voglio

    Che tanto orgoglio – fiaccar saprò.

    TUTTI (a Violetta):

    Ah, quanto peni! Ma pur fa core.

    Qui soffre ognuno del tuo dolore;

    Fra cari amici qui sei soltanto;

    Rasciuga il pianto – che t’inondò. (FINE – APPLAUSI)



    dal minuto 1.27.40

 

 
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