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  1. #71
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto


  2. #72
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Citazione Originariamente Scritto da Luca Visualizza Messaggio
    [AI PIEDI DEL TRONO VUOTO] I sottoscala dell’esistenza

    Nota di Radio Spada: Questa nuova rubrica di Radio Spada, agile collezione di appunti sparsi, schegge e notarelle epigrammatiche, non nasce senza una pretesa che, nel suo piccolissimo – per non dire infino –, ha del rivoluzionario. Per la prima volta, infatti, due laici, con toni volutamente leggeri, senza alcuna pretesa d’esaustività, consegnano ai lettori una sorta di autodiagnosi del cosiddetto mondo “sedevacantista” italiano. Lo fanno, si diceva, con quel poco di acume che Dio ha avuto la benevolenza di donare loro, consapevoli che in tempi ferrigni come quelli in cui stiamo vivendo, ormai privati di tutto, persino della dignità, l’autoironia è forse l’unica cosa che rimane: non ridarà la speranza, non risolleverà i cuori, ma almeno – si spera – strapperà un sorriso e, chissà, magari toglierà un po’ di polvere dalle menti appassite. A tal proposito è bene precisare che non è intenzione degli autori offendere nessuno. Saranno elencati numerosi limiti di un mondo marginale, angusto, a tratti persino fetido, ma un mondo a cui loro sentono irrevocabilmente d’appartenere. Ci potranno essere persino sferzate indelicate. Nel qual caso saranno date con la medesima asprezza di quelle che anche loro meriterebbero. Ogni difetto evidenziato è quindi anche e soprattutto loro, anzi, forse loro stessi sono il peggio che questo piccolo mondo antico abbia mai prodotto. Non è falsa modestia: in tempi di mediocrità diffusa come quelli in cui viviamo, essere pessimi è pur sempre un segno di distinzione.

    La presente situazione della Chiesa cattolica è cosa nota alla sparuta minoranza “sedevacantista” di lingua italiana e non avrebbe senso dilungarsi. A tal proposito basterà qualche rapido accenno.

    Da ben prima del Concilio Vaticano II, il modernismo, definibile come il più potente veleno ereticale che i laboratori della modernità agnostica abbiano mai prodotto, ha iniziato a ledere i gangli vitali della gerarchia, ottenebrando le volontà e giungendo, anno dopo anno, fino al capo del Corpo Mistico. Sono arrivati di conseguenza tempi infausti, tempi in cui ogni cosa è divenuta possibile. Caduti i confini – ultimi baluardi di libertà e sicurezza – i ponti postmoderni hanno favorito l’ingresso nella cittadella di Dio di ogni più pericolosa follia.

    Dal tono austero e, a suo modo, autorevole del modernista d’inizio XX secolo, si è passati oggi al trash carnascialesco di una ridda di profeti del sentimento, per cui la teologia, la dottrina e gli ordini – sacri o umani fa poca differenza – sono cosa suscettibile di mutamenti continui, senza problema alcuno. Tutto è messo in discussione e la religione è ormai un fattore ininfluente nella quotidianità degli uomini. La società liquida è confluita in un fiume in piena che ha travolto quasi ogni cosa e ora sta letteralmente soffocando gli ultimi sopravvissuti.

    I sedevacantisti, in altre parole, sono questi bagnanti della rivoluzione che a fatica cercano di mantenersi a galla in una distopia del presente che, purtroppo, pare destinata a durare ancora a lungo.

    Privati di tutto, di alleati intelligenti e persino di nemici autorevoli – ma certamente potenti –, non hanno nemmeno la soddisfazione di sentirsi parte di un gruppo di eletti scampato a una sorta di selezione naturale della Fede. Più che i migliori, infatti, sembra siano stati risparmiati gli scarti. Se di selezione si può parlare, essa è certamente avvenuta al contrario: nani, ballerine e mattoidi che, nei bei tempi passati, avrebbero trovato una casa accogliente (e adeguatissima) tra le bianche pareti imbottite di un manicomio, oggi sono tra noi. Peggio: SIAMO NOI. Umanamente parlando è il deserto.

    Speriamo quindi che apprezzerete la franchezza amicale ed il realismo appassionato e compassionevole con cui iniziamo questa rubrica che porterà progressivamente alla pubblicazione del nostro libro “Ai piedi del trono vuoto”. Se infatti la Provvidenza e la Grazia divina ci hanno fortunosamente chiamati al porto felice del cattolicesimo integrale, non dimentichiamo che questo porto non coincide, umanamente parlando, con delle gloriose e poetiche nuove catacombe, intrise di fede e di sangue, ma spesso con dei decorosi, angusti e pittoreschi sottoscala.

    Luca Fumagalli e Piergiorgio Seveso

  3. #73
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    https://www.radiospada.org/2021/08/podcast-nove-anni-di-radio-spada-tra-promesse-mantenute-e-nuovi-slanci/




  4. #74
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Citazione Originariamente Scritto da Guelfo Nero Visualizza Messaggio
    Buona e Santa Pasqua a tutti "Ai piedi del trono vuoto"

    Quindi (concordo che vi sia un vuoto...IL vuoto), possiamo suggerire di riempire questa manchevolezza allontanandoci dal clero rappresentato dal sig. bergoglio?

    Possiamo consigliare un culto comunitario (per oggettive ragioni parcellizzato), privatistico (se non addirittura domestico) come argine alla deprivazione e alla continua erosione del depositum fidei?
    se non ci metterai troppo io ti aspetterò tutta la vita...

  5. #75
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Scoppia la guerra nel sedevacantismo americano



    Se si dovesse usare una provocazione, ci sarebbe da parlare di fine dell’ecumenismo tra sedevacantisti USA. Ma sarebbe una provocazione poco sensata perché l’ecumenismo, inteso nel suo senso propriamente indifferentista, implica la confusione tra religioni diverse, e la conseguente negazione di verità di fede, non certo il dibattito interno tra chi si professa parte del movimento di resistenza al neomodernismo.

    Fatto sta che la guerra è scoppiata eccome e negli USA l’unità di intenti tra sedevacantisti tesisiti e sedevacantisti totalisti è andata in frantumi, tra accuse, repliche e – pare – dichiarazioni al limite dell’insulto.

    Mons. Sanborn – seguace della tesi di Cassiciacum – ha deciso di prendere la telecamera e di rispondere colpo su colpo agli attacchi di Mons. Dolan, totalista. Si conoscono da quasi 50 anni, quando erano seminaristi di Mons. Lefebvre e hanno collaborato strettamente per decenni, facendo insieme consacrazioni.

    Sanborn dice che una fonte affidabile gli ha riferito che Dolan definisce la Tesi come uno dei tentacoli del “novus ordo”, sostiene inoltre che il suo collega etichetti come “girls” i preti che hanno applicato le norme relative al lockdown e “poco coraggiosi” quelli che non parlano del Great Reset. In un recente bollettino Dolan ha inoltre attaccato la Tesi come teologicamente erronea, arrivando a dire che “sa di eresia”.

    Il vescovo tesista ha risposto che è normale che “nella Chiesa quando le cose non sono definite, si discuta”, che ci sia “disputa teologica”, come del resto ci fu “tra domenicani e gesuiti” sulla grazia, al punto che non era possibile che si chiamassero “a vicenda eretici”, per via di questa controversia. Del resto, aggiunge Sanborn: “non siamo nella situazione in cui possiamo ricorrere al Sant’Uffizio per chiarire le cose”, ed è per questo che “il movimento tradizionale ha molte discussioni in se stesso”, “dobbiamo quindi accontentarci di discutere senza avere atteggiamenti furiosi o troppo polemici, al punto di accusare il prossimo di eresia”. Seguono poi una serie di obiezioni specifiche relative al vecchio dibattito tra tesisti e totalisti. Nel frattempo, pure nei forum online è scoppiata la guerra civile tra parti contrapposte, determinando il triste spettacolo di un mondo piccolo e molto diviso.

    C’è chi potrebbe invocare – questa volta sì ecumenicamente – la dea Nemesi o, più semplicemente, se tutto questo fosse messo di fronte all’uomo della strada, sorseggiando il suo caffè con vicino la Gazzetta dello Sport, ci si sentirebbe rispondere col noto e malizioso adagio di Nenni: “A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro… che ti epura”.

    Una lezione trasferibile anche in un raggio chilometrico minore di quello implicato da questioni transoceaniche.

    Sipario Per ora.


  6. #76
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto



    A peste, fame et bello libera nos Domine: le guerre del sedevacantismo in America

    di P. Seveso

    Il sedevacantismo, nella sua versione “sedeprivazionistica” o se preferite “tesistica Cassiciacum”, è una delle anime che hanno contribuito a “fondare”, vitalizzare e potenziare Radio Spada, ne è stata e ne è una delle colonne portanti. Radio Spada ne ha tratto linfa vitale, energia, vigore e nitore, senza che per questo diventasse una realtà esclusivamente o esclusivisticamente sedevacantista come vorrebbero taluni nostri (malevoli) detrattori e senza nemmeno che l’interna posizione sedevacantistica ne risultasse impoverita, indebolita o adulterata, come vorrebbero altri nostri (inani) critici.

    Sul grande affresco radiospadista le corpose pennellate di un “recognize and resist” senza tentennamenti accordisti stanno accanto alle pennellate rosso sangue di un passione papale e papalina a trecentosessanta gradi della Tesi di Cassiciacum, una delle diagnosi più efficaci e profonde della crisi attuale della Cattolicità. Così è stato, così sarà: il tesismo in Radio Spada rimane come SEGNO, come eterno punto di riferimento dialettico e polemico che miri a preservare il Papato romano e la Chiesa da ogni contagio d’eresia, da ogni manomissione neomodernistica, oggi umanamente trionfante.

    Io stesso, che mi trovo ad essere presidente di Radio Spada da qualche anno, sono anche esponente di questa posizione. Proprio per questo ho rinunziato da tempo ad usare della mia presidenza come di un grimaldello apologetico, proprio perchè Radio Spada nel corso di questi lunghi anni, ha raccolto al suo interno, grazie all’intenso lavorio intellettuale dei carissimi ed indimenticabili Antonio Diano, Piero Nicola, Araì Daniele, e poi degli operosi Carlo di Pietro, Pietro Ferrari, Antonio Polazzo e Luca Fumagalli una così ricca messe di argomenti e documentazioni da rendere inutile qualsiasi intervento mio ulteriore.

    Rimane sempre viva e operativa la rubrica polemica di costume “Ai piedi del trono vuoto”, scritta da me e da Luca Fumagalli: si tratta, per usare un’espressione che utilizzo spesso, di una specie di “cortile di Dio”, una zona franca dove si sono regolati e si regolano i conti interni del sedevacantismo di lingua italiana ma che non ha però la pretesa di interessare l’intero pubblico dei lettori di Radio Spada.

    Oggi però devo prendere brevemente in mano la penna, fuori da questo perimetro, per una nota di ordine generale riguardo lo scontro molto duro in atto negli Stati Uniti tra le LL.EE. RR. Monsignor Daniel Dolan, esponente del sedevacantismo simplicititer, e Monsignor Donald Sanborn, esponente del sedeprivazionismo Cassiciacum. Come ripeteva un’antica invocazione della Chiesa e del popolo cristiano. “A peste, fame et bello, libera nos Domine”: mai espressione è più adatta ai tempi correnti. Mai come ora un evento spezzastoria come la Pandemia di Coronavirus si è rivelato come la Peste del XXI secolo, come un evento che ha eguagliato e forse (Dio non voglia) supererà le guerre mondiali come portata eversiva e demolitiva. Tutti ricordano gli effetti devastanti delle due guerre anche in ambito ecclesiologico con l’indebolimento della lotta antimodernistica per la prima e l’insorgere del neomodernismo per la seconda.

    Nulla è più difficile però che “scrivere la storia della contemporaneità” per l’evidente motivo che ci manca la possibilità di uno sguardo a lungo termine. Rimane però evidente, e lo si dica con buona pace di tutti, che l’evenienza pandemica abbia impattato sul mondo cattolico tradizionalista (in genere), di suo abbastanza portato alla coazione ripetitiva e alla staticità, come un uragano. Tutte le carte si sono rimescolate, tutti i confini sono diventati gassosi e fluttuanti, gran parte dei punti fermi umani son andati in frantumi, molti degli antichi e deprecatissimi nemici diventano “alleati” nella lotta contro la “dittatura sanitaria mondiale”, molti degli antichi campioni, compresi taluni vituli d’Aronne talarizzati che una certa facile opinione pubblica tradizionalistica o integristica aveva contribuito a creare, vengono gettati in fretta e furia nella forgia per essere rifusi in nuove leghe e in nuovi cannoni da usare contro poteri occulti, politici, virologi et similia.

    Come ad ogni passaggio epocale, come alla fine di ogni impero, vi è chi continua a fare pervicacemente (et in Arcadia ego) “come se nulla fosse accaduto”, o chi si getta, anima, corpo e account, nel flusso magmatico di un attualità devastante e dispersiva. Rimanendo nel mondo sedevacantistico, per i primi l’unica vera Pandemia è la vacanza della Sede apostolica (formale o totale che sia) che da circa un sessantennio devasta e depaupera il Corpo mistico (ed il Covid è solo un umano e pur sanguinoso e concreto diversivo), per i secondi l’attualità pandemica si salda con la Crisi della Chiesa, come una sorta di nuova concordanza mistica e apocalittica tra Sacerdotium et Virus con tutte le conseguenze pastorali e comunicative di questo nuovo paradigma.

    Qualsiasi osservatore non prevenuto, capirà bene che non stiamo descrivendo le nuvole o il sesso degli angeli ma stiamo parlando di ciò che ci circonda oggi, di ciò che vediamo, di ciò che tocchiamo OGNI GIORNO, OGNI ORA con mano. Persino amicizie secolari e inscalfibili come quelle tra i due vescovi americani, persino le Westfalie tra totalismo e tesismo vengono risucchiate in questo vortice di generale imbarbarimento, imbastardimento e contaminazione dottrinale che si salda con le antiche e mai sopite differenziazioni (a volte fortemente polemiche) tra sedevacantismo simpliciter e Tesi di Cassiciacum.

    Sarebbe facile e ovvio per me schierarmi e adeguarmi allo schema tesismo vs antitesismo, rinvenendo nelle posizioni di Sua Eccellenza Monsignor Sanborn (che in parte la nostra nota redazionale di ieri ha saggiamente rimarcato) le mie stesse posizioni ma non lo farò perchè mi accorgo che in questo generale sconquasso la prima vittima è la Buona battaglia, il bonum Certamen cui abbiamo consacrato la vita e a cui la stessa Radio Spada cerca di mantenersi fedele ogni giorno.

    Per questo come un semplice cronista aggiorno il mio giornale di guerra con queste notizie e con quelle che verranno, osservo i movimenti della truppe e le rovinose rotte nell’immane conflitto in corso, cerco di tracciare da storico (dilettante ma non vedo grandi titani intorno a me) percorsi e scenari possibili.

    Da ultimo ma cosa assai importante: cerco di usare solo le parole che servono.

    Tempora bona veniant, Pax Christi veniat!

  7. #77
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Mons. Sanborn (sedevacantista tesista) si pronuncia sulla “questione vaccinale”



    ora anche nel mondo “sedevacantista tesista” arriva un pronunciamento sul tema assai controverso. A presentarlo è Mons. Sanborn, spiegando che personalmente “non ritiene peccato mortale” ricorrere ai sieri attualmente proposti e che in ogni caso non vede possibile, vista la situazione in cui versa la Chiesa, dare un giudizio “vincolante”.

    Per spiegare la sua articolata posizione ha pubblicato un video (vedere sotto) e rimandato ad uno schema a domanda e risposta diffuso dal Most Holy Trinity Seminary



    Fonte: https://www.radiospada.org/2021/11/s...one-vaccinale/

  8. #78
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Citazione Originariamente Scritto da Guelfo Nero Visualizza Messaggio
    https://www.radiospada.org/2021/08/podcast-nove-anni-di-radio-spada-tra-promesse-mantenute-e-nuovi-slanci/



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  9. #79
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Citazione Originariamente Scritto da Guelfo Nero Visualizza Messaggio
    [AI PIEDI DEL TRONO VUOTO] Sede vacante e guerra civile





    di Luca Fumagalli e Piergiorgio Seveso

    Questa rubrica di Radio Spada, agile collezione di appunti sparsi, schegge e notarelle epigrammatiche, non nasce senza una pretesa che, nel suo piccolissimo – per non dire infimo –, ha del rivoluzionario. Per la prima volta, infatti, due laici, con toni volutamente leggeri, senza alcuna pretesa d’esaustività, consegnano ai lettori una sorta di autodiagnosi del cosiddetto mondo “sedevacantista” italiano. Lo fanno, si diceva, con quel poco di acume che Dio ha avuto la benevolenza di donare loro, consapevoli che in tempi ferrigni come quelli in cui stiamo vivendo, ormai privati di tutto, persino della dignità, l’autoironia è forse l’unica cosa che rimane: non ridarà la speranza, non risolleverà i cuori, ma almeno – si spera – strapperà un sorriso e, chissà, magari toglierà un po’ di polvere dalle menti appassite. A tal proposito è bene precisare che non è intenzione degli autori offendere nessuno. Saranno elencati numerosi limiti di un mondo marginale, angusto, a tratti persino fetido, ma un mondo a cui loro sentono irrevocabilmente d’appartenere. Ci potranno essere persino sferzate indelicate. Nel qual caso saranno date con la medesima asprezza di quelle che pure loro meriterebbero. Ogni difetto evidenziato è quindi anche e soprattutto loro, anzi, forse loro stessi sono il peggio che questo piccolo mondo antico abbia mai prodotto. Non è falsa modestia: in tempi di mediocrità diffusa come quelli in cui viviamo, essere pessimi è pur sempre un segno di distinzione [RS].

    L’apologetica sedevacantista è da molti anni impegnata in confronti serrati (un tempo su carta, ora più velocemente sul web) molto simili a logomachie diuturne, volti a sensibilizzare le coscienze di singoli e gruppi sull’evidenza, diremmo quasi sull’invasiva evidenza, della Sede vacante. Polemiche su polemiche, spesso fruttuose, a volte antiche rifritture tematiche in giro da più di un ventennio con interlocutori ormai ampiamente cristallizzati nelle proprie posizioni (siano esse all’interno dello stesso mondo sedevacantista oppure con i “cugini-fratelli coltelli” lefebvriani). Oggi non ci vogliamo ovviamente occupare di queste diatribe: se cliccate “sedevacantismo” sul motore di ricerca interno di Radio Spada, avrete di che leggere per almeno un annetto (forse di più). Piuttosto vogliamo occuparci in questo capitoletto di un tema poco affrontato, ovvero del “dopo”.

    Eh sì, perché, volenti o nolenti, prima o poi ci sarà un dopo-sede vacante, ovvero un momento in cui la Sede petrina tornerà pienamente occupata da un Papa cattolico, ovvero da un Papa. Il tema è sempre stato lasciato volutamente nel vago, anche perché sarebbe temerario parlarne con troppe certezze. In quest’ultimo anno abbiamo fatto molte ricerche per stanare in ambiente sedevacantista (francofono, anglofono o ispanofono) un qualche romanzo o racconto breve scritto da autore cattolico e dedicato ad una narrazione (futuribile, ucronica o utopica) della fine della sede vacante. Purtroppo non abbiamo ancora trovato nulla, ed è un vero peccato, perché i romanzi sono spesso luoghi di concretazione per le attese, i desideri e i sogni dei gruppi “di frangia” o anche per comunicare in una maniera più leggera ciò che in un saggio risulterebbe difficile o stucchevole.

    Come è noto a qualsiasi sedevacantista tesista (non da bar), due sono le vie maestre per la conclusione della Sede vacante: o per resipiscenza dell’eletto modernista (ad esempio Bergoglio o un suo successore) o per “deposizione” e sostituzione dell’eletto attraverso un conclave emergenziale (“concilium imperfectum sine papa”) convocato e composto da quel vescovo residenziale (o vescovi residenziali ex modernisti o anche altri elettori “cardinali” anch’essi resipiscenti) che avrebbe prima rivolto all’eletto modernista le monizioni canoniche (“Nemo haereticus nisi pertinax”). Entrambe le vie sono oggetto di discussione nel mondo sedevacantista (e non) ma questi dibattiti non possono essere tema del nostro articolo. A noi interessa l’impatto sociale e/o politico della fine della Sede vacante.

    Sia che il nuovo Papa cattolico venga eletto in maniera canonica, sia che venga eletto in maniera straordinaria, la sua elezione produrrebbe un’immediata riduzione secca dei cattolici al mondo di almeno il novantacinque per cento (a voler essere ottimisti), dal momento che i “neo-cattolici” si rifiuterebbero di seguire un nuovo Papa che abrogasse il Novus ordo, il Concilio Vaticano II, il codice del 1983, dichiarasse nulle le ordinazioni montiniane e tutto quello scaturito dal mondo conciliare (un po’ quello che accade al protagonista della serie tv “The Young Pope”). Il mondo cattolico ufficiale gli opporrebbe certamente un Antipapa o rimarrebbe fedele al “Papa modernista”, peraltro ben protetto dai poteri statuali nazionali e internazionali. Persino in un affascinante romanzo ucronico tipicamente lefebvriano come “Pio XIV, un papa di transizione” scritto dal salesiano don Giuseppe Pace negli anni Settanta, i primi due papi cattolici dopo il Concilio, Pio XIV e Pio XV, che tentano una via “riformistica per il ritorno alla fede cattolica”, vengono assassinati. Una certa narrativa di ambiente ratzingeriano che suggeriva un ritorno all’ortodossia per “viam accomodationis” non è risultata convincente, anche perché la rivoluzione conciliare galoppa in maniera sempre più irreversibile.

    Non è troppo credibile nemmeno una certa narrazione informale che giura che il ritorno del Papato romano possa essere accompagnato da segni prodigiosi, miracoli, apparizioni celesti, interventi angelici etc etc. L’anno di Fatima appena trascorso ha vanificato le aspettative, le speranze, le pie chimere di un certo mondo “tradizionalista”: nessun segno tangibile, nessun castigo, nessun evento spettacolare. Nada de nada. Tutto nel più grigio anonimato che ci ha richiamato più le disperanti e soffocanti atmosfere di “Roma senza Papa” di Guido Morselli (di cui parleremo in un prossimo articolo) piuttosto che le tambureggianti aspettative di Riconquista da alcuni preannunciate. Già sentiamo (sempre in taluni ambienti tradizionalisti) spostare in avanti le date dei prodigiosi interventi celesti come facevano già i Testimoni di Geova a inizio Novecento per la fine del mondo (e ci scuserete se il paragone possa sembrare irriguardoso).

    Insomma, come narrato ne “Il Padrone del mondo” di mons. R. H. Benson, i “cattolici col Papa” si troveranno, nel momento decisivo, certamente in ampia, amplissima, forse sparuta minoranza, seguendo le vie della Grazia ma anche quelle più prosaiche di una nuova prospettiva ecclesiale da gestire. Certamente risulta, umanamente parlando, facilmente prevedibile che il Papa cattolico ed i vescovi a Lui fedeli non possano prendere possesso pacifico delle rispettive sedi (Vaticano, arcivescovadi, episcopi). Le sedi dovranno essere nuove, occasionali, forse clandestine e da trovarsi, a meno che qualche Garcia Moreno (cattolico e non “ortodosso”) redivivo nel terzo Millennio possa offrire ospitalità e ricovero al Papa cattolico, evidentemente espulso, perseguitato o perlomeno ostacolato nella propria azione di governo. Avremmo quindi un “Vaticano in esilio” (stavolta fortunatamente senza “Pope” Michael a oziare sulla sedia a dondolo) con tutto quello che una situazione del genere comporta. Evidentemente negli stati ove i cattolici fedeli al Papa fossero presenti coi loro vescovi, il contrasto coi neomodernisti diventerebbe via via più forte e cruento (a meno che qualcuno pensi che il ritorno del cattolicesimo romano sulla scena della Storia possa essere derubricato dall’aconfessionalismo degli stati moderni o dalla “laicità positiva” come mero fatto privatistico). Lo scenario “guerra di religione” è certamente possibile ma in modo molto diverso rispetto al conflitto cattolico-ugonotto, dal momento che i “nuovi ugonotti” (roncallian-montinian-wojtylian-ratzingerian-bergogliani) stavolta partirebbero da una posizione di vantaggio pressochè assoluta. Per quanto una certa parte di mondo sedevacantista (non solo italiano) si possa esser dotato di alcuni fedeli (di solito provenienti dall’estrema destra ma anche di questo parleremo in un futuro articolo) in qualche caso dalla formazione paramilitare abbastanza solida, in quei frangenti ci vorrà certamente qualcosa di più “corazzato” e di più articolato per affrontare tali emergenze.

    Nel titolo abbiamo usato l’espressione “guerra civile” che rimane abbastanza iperbolica dal momento che realisticamente l’eventuale conflitto riguarderebbe solo una parte marginale delle popolazioni (almeno in queste terre), data la generale secolarizzazione e incredulità. Si potrà forse parlare meglio di “guerra per bande”. Altrove lo scontro potrebbe essere più diffuso, specie nei paesi latini americani e ancor di più nel vicino Oriente, dove il conflitto tra i “cattolici col Papa” e altre confessioni cristiane potrebbe inserirsi in una situazione bellica già endemica di quelle terre. Una cosa è certa: quell’evento spezza-Storia potrà essere per il nostro piccolo mondo l’occasione per mostrare i nostri lati peggiori (meschinità, estremismo parolaio, viltà, allucinazioni puristiche), come i nostri lati migliori (fedeltà, coraggio fisico e morale, strategia, pietà, testimonianza fino alla morte).

    Quando avverrà? Ora ci chiedete troppo. Non siamo profeti, né (checché se ne ciarli) astrologi. Alla prossima.

    Scritto nell’Ottava dei Ss. Pietro e Paolo 2018

  10. #80
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Citazione Originariamente Scritto da guelfo nero Visualizza Messaggio
    nota di radio spada: Alla vigilia del 12 gennaio e in occasione d’una nuova rappresentazione scaligera della traviata secondo la fortunata ed ormai trentennale regia di liliana cavani, proponiamo ai nostri lettori un ironico divertissment d’attualità d’un nostro redattore che rivisita alcune importanti scene dell’opera. In calce i nostri lettori potranno anche ascoltare con diletto il video dell’originale (piergiorgio seveso)

    scena tredicesima. Violetta che ritorna affannata, indi alfredo

    violetta spada:

    Invitato a qui seguirmi,

    verrà desso? Vorrà udirmi?

    Ei verrà, ché l’odio atroce

    puote in lui più di mia voce.

    Alfredo r.:

    Mi chiamaste? Che bramate?

    Violetta spada:

    Questi luoghi abbandonate.

    Un periglio vi sovrasta.

    Alfredo r.:

    Ah, comprendo! Basta, basta.

    E sì vile mi credete?

    Violetta spada:

    Ah no, mai.

    Alfredo r.:

    Ma che temete?

    Violetta spada:

    Temo sempre del barone

    alfredo r.:

    è tra noi mortal quistione.

    S’ei cadrà per mano mia

    un sol colpo vi torrìa

    coll’amante il protettore.

    V’atterrisce tal sciagura?

    Violetta spada:

    Ma s’ei fosse l’uccisore?

    Ecco l’unica sventura

    ch’io pavento a me fatale!

    Alfredo r.:

    La mia morte! Che ven cale?

    Violetta spada:

    Deh, partite, e sull’istante.

    Alfredo r.:

    Partirò, ma giura innante

    che dovunque seguirai

    i passi miei.

    Violetta spada:

    Ah, no, giammai.

    Alfredo r.:

    No! Giammai!

    Violetta spada:

    Va’, sciagurato.

    Scorda un nome ch’è infamato.

    Va’ mi lascia sul momento

    di fuggirti un giuramento

    sacro io feci

    alfredo r.:

    E chi potea?

    Violetta spada:

    Chi diritto pien ne avea.

    Alfredo r.:

    Fu corvo?

    Violetta spada: (con supremo sforzo)

    sì.

    Alfredo r.:

    Dunque l’ami?

    Violetta spada:

    Ebben, l’amo

    alfredo r.: (corre furente alla porta e grida)

    or tutti a me.

    Scena quattordicesima. Violetta, alfredo, e tutta l’assemblea dei santi che confusamente ritorna

    tutti:

    Ne appellaste? Che volete?

    Alfredo r.: (additando violetta che abbattuta si appoggia al tavolino)

    questa donna conoscete?

    Tutti:

    Chi? Violetta?

    Alfredo r.:

    Che facesse non sapete?

    Violetta spada:

    Ah, taci

    tutti:

    No.

    Alfredo r.:

    Ogni suo aver tal femmina

    per amor mio sperdea.

    Io cieco, vile, misero,

    tutto accettar potea.

    Ma è tempo ancora! Tergermi

    da tanta macchia bramo.

    Qui testimoni vi chiamo

    che qui pagata io l’ho.

    (getta con furente sprezzo un libello ai piedi di violetta, che sviene tra le braccia di piergiorgio seveso e del dottor luca fumagalli. In tal momento entra monsignor guérard des lauriers)

    scena quindicesima. Detti e monsignor guérard, ch’entra all’ultime parole

    tutti:

    Oh, infamia orribile

    tu commettesti!

    Un cor sensibile

    così uccidesti!

    Di donne ignobile

    insultator,

    di qui allontanati,

    ne desti orror.

    Guérard: (con dignitoso fuoco)

    di sprezzo degno se stesso rende

    chi pur nell’ira la donna offende.

    Dov’è mio figlio? Più non lo vedo:

    In te più alfredo – trovar non so.

    (io sol fra tanti so qual virtude

    di quella misera il sen racchiude.

    Io so che l’ama, che gli è fedele,

    eppur, crudele, – tacer dovrò!)

    alfredo r.: (da sé)

    (ah sì che feci! Ne sento orrore.

    Gelosa smania, deluso amore

    mi strazia l’alma più non ragiono.

    Da lei perdono – più non avrò.

    Volea fuggirla non ho potuto!

    Dall’ira spinto son qui venuto!

    Or che lo sdegno ho disfogato,

    me sciagurato! – rimorso n’ho.

    Violetta spada: (riavendosi)

    alfredo, alfredo, di questo core

    non puoi comprendere tutto l’amore;

    tu non conosci che fino a prezzo

    del tuo disprezzo – provato io l’ho!

    Ma verrà giorno in che il saprai:

    Com’io t’amassi confesserai.

    Dio dai rimorsi ti salvi allora;

    io spenta ancora – pur t’amerò.

    Baron corvo: (piano ad alfredo)

    a questa donna l’atroce insulto

    qui tutti offese, ma non inulto

    fia tanto oltraggio – provar vi voglio

    che tanto orgoglio – fiaccar saprò.

    Tutti (a violetta):

    Ah, quanto peni! Ma pur fa core.

    Qui soffre ognuno del tuo dolore;

    fra cari amici qui sei soltanto;

    rasciuga il pianto – che t’inondò. (fine – applausi)



    dal minuto 1.27.40
    12 gennaio

 

 
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