Originariamente Scritto da
MrBojangles
Purtroppo l’inchiesta romana su Arcuri, che ci salvò nell’ora più buia della pandemia e perciò è dipinto da mesi come un volgare furfante, sta un po’ deludendo le attese dei fan: doveva dimostrare che Conte aveva scelto un tangentaro, i due ladroni avevano comprato
“14 anni e mezzo di mascherine” (copyright Paolo Mieli) e bene ha fatto Draghi a paracadutare il generalissimo Figliuolo.
Ora l’accusa di corruzione è caduta, perché Arcuri non ha intascato un euro.
E ne restano in piedi due piuttosto contraddittorie: peculato perché Arcuri avrebbe saputo che i due brasseur dei cinesi prendevano provvigioni e pagato la fornitura più del dovuto per farcele rientrare (cosa che lui nega); e abuso d’ufficio perché non contrattualizzò i due mediatori per pagargli le provvigioni (violando il Regio decreto 2240/1923 del 1° governo Mussolini).
Una versione giudiziaria del Comma 22.
Arcuri ha elencato ai pm tutti i politici
(Meloni, Malan, Mallegni, Mor, Pivetti), che in quei mesi convulsi di caccia mondiale al tesoro delle mascherine, gli segnalarono – alcuni meritoriamente, altri per interesse – produttori disponibili a fornirle, ma a prezzi meno vantaggiosi di quello pagato ai cinesi.
I puristi del giorno dopo, anzi dell’anno dopo, sostengono che parte di quelle mascherine fossero imperfette o pericolose perché poco filtranti.
Però
a validarle non fu Arcuri, ma il Cts, per smentire il quale servirebbe una perizia seria.
E comunque erano meglio di niente: la Lombardia, teatro della strage più grave al mondo,
impose ai cittadini di proteggersi con qualsiasi mezzo, anche sciarpe e foulard.
(copyright di Gàllera&Fontana)
Poi, nel giro di due mesi, il putribondo commissario allestì la produzione nazionale e l’Italia, unica nell’Ue, garantì protezioni gratis a tutte le scuole.
Ora
chi invocava commissioni d’inchiesta su Conte&Arcuri ritrova i suoi nella lista dei politici che raccomandavano improbabili fornitori
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