Caravaggio, “Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi”, olio su tela, 1.600 circa.

Questo dipinto fu rubato nella notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969 dall’Oratorio di San Lorenzo, a Palermo.

Nacque un bimbo ebreo, lo chiamarono Gesù.

Nei giorni successivi la nascita, il figlio di Miryam (= Mariam nel Nuovo Testamento, da noi conosciuta come Maria) fu protagonista dei riti prescritti dalla tradizione ebraica: l’imposizione del nome, la circoncisione e l’offerta di animali nel Tempio di Gerusalemme.

Il primo atto civico fu la circoncisione e l’imposizione del nome. Secondo la consuetudine degli Israeliti, la circoncisione corrispondeva anche all’imposizione del nome al neonato.

“Quando furono compiuti gli otto giorni per circonciderlo, fu chiamato col suo nome Gesù" (Lc 2, 21).

L’evangelista Matteo in modo sbrigativo ci fa sapere che Giuseppe, padre legale, “chiamò il suo nome Gesù”(Mt 1, 25), in lingua ebraica Yehoshu’a” (= Giosuè, che ha il significato di “YHWH è salvezza”). Gesù è l’adattamento in lingua italiana del nome in aramaico, all’epoca diffuso tra gli Israeliti. Deriva dalla radica ebraica jasha’ (= salvare), la quale, oltre a Giosuè, genera anche i nomi Osea e persino Isaia.

Il bambino Gesù fece il suo ingresso nella comunità d’origine attraverso il rito fondamentale d’aggregazione della circoncisione del prepuzio, praticata anche da altre culture e religioni, come lo stesso islam, sia pure in diversa età, per ragioni igieniche o mediche.

Nella Genesi, invece, si afferma che la circoncisione è un segno dell’alleanza tra Israele e Dio e che dev’essere praticato all’ottavo giorno dalla nascita (17, 9 -14).

“Disse Dio ad Abramo: Da parte tua devi osservare la mia alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione. Questa è la mia alleanza che dovete osservare, alleanza tra me e voi e la tua discendenza dopo di te: sia circonciso tra di voi ogni maschio. Vi lascerete circoncidere la carne del vostro membro e ciò sarà il segno dell'alleanza tra me e voi. Quando avrà otto giorni, sarà circonciso tra di voi ogni maschio di generazione in generazione, tanto quello nato in casa come quello comperato con denaro da qualunque straniero che non sia della tua stirpe. Deve essere circonciso chi è nato in casa e chi viene comperato con denaro; così la mia alleanza sussisterà nella vostra carne come alleanza perenne. Il maschio non circonciso, di cui cioè non sarà stata circoncisa la carne del membro, sia eliminato dal suo popolo: ha violato la mia alleanza”.


Michael Pacher, “Circoncisione” (1479 – 1481), particolare della pala d’altare nella chiesa di Sankt Wolfgang (Austria)

L’evangelista Luca narra un altro evento rituale (2,22-40). Il neonato Gesù ha soltanto 40 giorni e i suoi genitori da Betlemme si spostano nella vicina Gerusalemme “per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo”. Lo stesso evangelista rimanda esplicitamente a due testi biblici: il primo riguarda il riscatto del primogenito che era per legge consacrato e assegnato a Dio (Esodo 13,2); il secondo che determina il sacrificio animale per la riammissione piena della madre nella comunità, dopo il periodo di “impurità” sacrale connesso al parto (Levitico 12,8).

Per l’offerta sacrificale erano prescritti un agnello e una colomba; ai poveri veniva evitata l’offerta dell’agnello troppo costoso, sostituendolo con una coppia di tortore o colombe. Ed è ciò che offrirono Maria e Giuseppe come rituale.

Questa famiglia entrò nel tempio eretto da Erode dal 19 a.C., Maria si avvia nell’atrio riservato alle donne, davanti alla cosiddetta “Porta di Nicanore”, dal nome del benefattore, un giudeo della diaspora di Alessandria d’Egitto, che l’aveva fatta edificare e ornare.

La narrazione ha una svolta con l’inattesa entrata in scena di due anziani ebrei nei quali Luca simboleggia l’attesa messianica dell’Israele fedele.

Il primo personaggio è Simeone, “un uomo giusto e timorato di Dio” che intona un piccolo salmo mentre stringe tra le braccia il neonato Gesù. E’ un inno festoso divenuto famoso per il suo incipit nella versione latina di san Girolamo, Nunc dimittis, usato dalla liturgia cattolica nella preghiera serale, la “Compieta”: “Ora puoi lasciare che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele” (2,29-32).

Subito dopo, però, la voce di Simeone si fa cupa ed emette un oracolo severo rivolto a Maria: “Ecco, egli [Gesù] è qui per la caduta e la risurrezioni di molti in Israele e come segno di contraddizione – a anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori” (2,34-35).

L’evangelista Luca in queste parole vede anticipato il destino di Cristo, “segno di contraddizione”, come da adulto lo stesso Gesù dichiarerà: «Pensate che sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione!» (12,51).

Dal XVI secolo, il simbolo della spada che trapassa l’anima della madre diverrà la base per la statuaria mariana della Mater dolorosa con le sette spade sul petto.

Dopo la profezia di Simeone interviene Anna, un’anziana donna di 84 anni, costante e orante nel tempio, che “lodava Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (2,38).

Liete feste !