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  1. #1
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    Predefinito La ricetta per uscire dalla crisi economica mondiale

    La ricetta per uscire dalla crisi economica mondiale

    di Antonio Grego

    Per guardare oltre le "pacche e i sorrisi" del G20 in corso...


    Mentre si è completato il processo di unificazione del PDL, sfornando il partito del pensiero unico liberalcapitalista, di cui il PD è la copia ad uso degli antiberlusconiani, la crisi economica continua a peggiorare, con previsioni per i prossimi mesi e anni sempre più catastrofiche. Malgrado le continue ostentazioni di ottimismo da parte di economisti e politici e malgrado momentanei rialzi di borsa, non si riesce ad intravedere la fine del tunnel di una crisi che non accenna a regredire. Anzi, il gruppo LEAP/Europe2020 (1) ha pubblicato sul Financial Times del 24 Marzo scorso una lettera aperta ai leader del G20 (2) che si terrà il prossimo 2 Aprile.

    Il messaggio della lettera può essere riassunto da due parole inglesi: “last chance”, ovvero questa è l'ultima possibilità per i governanti del mondo di riformare l'attuale sistema internazionale, altrimenti sarà dissesto geopolitico globale.

    Si può essere certi che il G20 si chiuderà in realtà con un nulla di fatto, a parte i soliti sorrisi, pacche sulle spalle e dichiarazioni che lasciano il tempo che trovano. I principali responsabili di questa crisi molto prevedibilmente non verranno toccati, perché sono le banche e l'alta finanza, e con essi in primo luogo gli Stati Uniti che da sempre ne proteggono gli interessi. Basti pensare al recente caso dell'ebreo americano Bernard Madoff che per la sua gigantesca truffa rischia anni di carcere (ovviamente dorato, mica quello duro che viene comminato a revisionisti e dissidenti politici in Europa) ma che si può star certi sarà presto liberato, come hanno intimato le centrali sioniste di Tel Aviv minacciando in caso contrario una guerra (3). Ma in fondo Madoff è solo un capro espiatorio gettato ai mass media per far sfogare le masse, ma i veri colpevoli, ben più pericolosi di lui, stanno a piede libero e parteciperanno al G20 dove decideranno del nostro destino.

    I vari ‘Madoff a piede libero’ non sono pericolosi solo per l'Italia; tutta l'Europa purtroppo è come un animale ferito su cui si accaniscono gli sciacalli: l'Ungheria è uno Stato in bancarotta, il Belgio ha praticamente perso i requisiti per essere definito uno Stato unitario, per quanto riguarda l'Irlanda si è passati dal boom economico alla recessione in pochi anni, se non mesi. Leggendo i giornali irlandesi si apprendono molte cose interessanti e sconcertanti, come il caso di una madre di sei bambini finita in carcere per non essere riuscita a pagare un debito di poche migliaia di euro contratto con una società finanziaria, scarcerata per sovraffollamento delle carceri, e che rischia di tornare di nuovo in prigione se non riesce a trovare entro pochi giorni una somma di appena 400 euro per pagare un altro debito (4). L'Irlanda è strutturata finanziariamente come gli USA, del resto negli anni del boom è stata luogo di investimento di multinazionali e banche americane, e la possibilità di comprare qualunque cosa a credito - non solo la casa ma anche l'automobile o il telefonino - si è allargata a macchia d'olio in una popolazione da sempre povera e con pochi risparmi, ma ora che i rubinetti si chiudono gli irlandesi stanno pagando il conto ed è salatissimo. In Irlanda, a causa di un sistema giuridico e legale teso a colpire i debitori insolventi, è normale finire i carcere per debiti di poche migliaia se non centinaia di euro e ovviamente i più colpiti da questo sistema sono proprio le famiglie più povere, i ceti popolari e proletari, ogni anno sono migliaia le persone che finiscono in prigione per debiti, mentre per i ricchi una scappatoia legale si trova sempre.

    L'Irlanda rappresenta solo la spia di un processo che si sta mettendo in moto e presto colpirà tutta l'Europa, Italia compresa. Di fronte a questa situazione ci ritroviamo con una classe politica inetta e parassitaria ed un sistema economico che non è da meno. Anche a livello sovranazionale la situazione è sconfortante: ci ritroviamo un inutile parlamento europeo che perde tempo a cambiare i regolamenti per impedire a Jean-Marie Le Pen di presiedere la seduta inaugurale, dando un bell'esempio di democrazia, di quella che va esportata bombardando, invece di occuparsi della grave crisi in corso e di come risolvere i veri problemi dell'Europa che si vanno acutizzando. Eppure la ricetta per uscire da questa situazione è molto semplice, innanzitutto bisogna sbarazzarsi di questa casta di parassiti che controlla le leve del potere in Italia, non solo di quello politico, ma anche e soprattutto di quello economico e culturale, come necessaria premessa per poter intraprendere con successo qualunque tipo di azione di risanamento. Fatto questo si deve intervenire essenzialmente in due modi: in primo luogo nazionalizzare le banche e le grandi imprese di rilevanza strategica per la nazione, ma non come si è fatto finora “comprando” i debiti delle aziende e ponendo al vertice di esse dei manager che pensano solo a intascare gli utili e socializzare le perdite, ma compiendo una vera e propria nazionalizzazione, in modo che l'intera proprietà e gestione dell'azienda passi allo Stato che deve porre al vertice di essa un commissario che faccia i reali interessi del Paese, uno preparato e onesto, uno del calibro di Enrico Mattei.

    In secondo luogo inaugurare una stagione di grandi lavori pubblici, per ridare slancio all'economia e assorbire la disoccupazione creata dalla crisi economica; di pari passo ovviamente deve andare l'investimento pubblico in ricerca avanzata e istruzione, che deve essere accessibile a tutti ma meritocratica e selettiva. Infine occorre ridare fiato all'agricoltura, strangolata dai regolamenti dell'UE tesi a favorire le importazioni delle multinazionali e gli OGM. Questa in poche parole è la ricetta per uscire a livello sia nazionale che europeo dalla crisi mondiale, che, si badi bene, non è di tipo congiunturale ma si tratta di una crisi strutturale del capitalismo avanzato arrivato al suo stadio terminale. Di conseguenza, come già affermato, è necessario innanzitutto un rinnovamento radicale della società che passi per un cambiamento sostanziale del quadro politico e socio-economico, perché solo una nuova classe dirigente può invertire il senso di marcia di un'Europa sempre più vicina all'abisso. In caso contrario lo scenario sarà quello prospettato dal LEAP: guerre civili, povertà, decadenza culturale e sociale... saranno tempi duri e rischierà di avverarsi il noto aforisma di J. F. Kennedy: "Coloro che rendono impossibili le rivoluzioni pacifiche renderanno inevitabili le rivoluzioni violente".


    (1) http://www.leap2020.eu/
    (2) Il testo in italiano della lettera è disponibile a questo indirizzo: http://informazionescorretta.blogspo...rile-2009.html

    (3) Cfr. l'articolo “Israele avverte gli USA : Liberate Madoff o è rischio guerra” dal sito: http://www.effedieffe.com/index.php?...859&Itemid=152

    (4) Articolo tratto da: Irish Indipendent Weekend Review, 31/01/2009.

  2. #2
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    Citazione Originariamente Scritto da Anton Hanga Visualizza Messaggio
    Mentre si è completato il processo di unificazione del PDL, sfornando il partito del pensiero unico liberalcapitalista
    Se l'eurasiatismo italiano ignorerà la critica tremontiana al mercatismo non ci sarà bisogno di allontanare dei compagni di strada imbarazzanti.

  3. #3
    Tringeadeuroppa
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    Citazione Originariamente Scritto da Prinz Eugen Visualizza Messaggio
    Se l'eurasiatismo italiano ignorerà la critica tremontiana al mercatismo non ci sarà bisogno di allontanare dei compagni di strada imbarazzanti.
    prego?

  4. #4
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    Citazione Originariamente Scritto da Spetaktor Visualizza Messaggio
    prego?
    Il centrodestra italiano è populista più che liberale; antepone Gazprom all'aspirazione to make to world safe for democracy. Ma è preferibile che determinate frange percorse da imbarazzanti nostalgie se ne tengano a distanza, convinte di avere a che fare col "partito del pensiero unico liberalcapitalista".

  5. #5
    Si vis pacem, para bellum
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    Citazione Originariamente Scritto da Prinz Eugen Visualizza Messaggio
    Il centrodestra italiano è populista più che liberale; antepone Gazprom all'aspirazione to make to world safe for democracy. Ma è preferibile che determinate frange percorse da imbarazzanti nostalgie se ne tengano a distanza, convinte di avere a che fare col "partito del pensiero unico liberalcapitalista".
    Dove starebbero le imbarazzanti nostalgie qui dentro?

  6. #6
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    Predefinito Riferimento: La ricetta per uscire dalla crisi economica mondiale

    Citazione Originariamente Scritto da Anton Hanga Visualizza Messaggio
    Dove starebbero le imbarazzanti nostalgie qui dentro?
    In questo caso faremo sapere al premier Berlusconi che il prossimo congresso del PdL sarà improntato all'oggettiva prassi lattanziana, al geometrico ordine serraniano e alla devastante estetica malphista.

  7. #7
    Tringeadeuroppa
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    personalmente la mia posizione è questa:

    Il tramonto della geo-amicizia
    PDL “filo-russo”: scenari possibili o fantapolitica?
    Marco Bagozzi

    “Sono disposto a votare Berlusconi “Imperatore” d’Europa
    se riesce a far chiudere la Nato,
    le basi militari americane in Europa
    e a lasciare fuori dalla UE l’Inghilterra”
    Paolo De Gregorio (14/11/2008, www.ariannaeditrice.it)

    Hanno fatto discutere le dichiarazioni del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel suo viaggio diplomatico a Smirne, dove ha incontrato il presidente russo Dimitri Medvedev. Berlusconi, infatti, ha dichiarato che lo scudo anti-missile della NATO sul territorio polacco e ceko è «una provocazione alla Russia». Dichiarazioni quantomeno sballate se confrontate con le prese di posizione dottrinarie americaniste e libaral-democratiche del presidente del neonato PDL.
    Ma Berlusconi ha sempre spacciato anche una sincera amicizia con il Presidente russo Vladimir Putin, tanto da crearsi una fronda interna animata del giornalista deputato Paolo Guzzanti.
    In terra russa Berlusconi ha rincarato la dose, sostenendo illegittima anche l’indipendenza del Kosovo, riconosciuta dal governo Prodi, ma mai messa in dubbia dal ministro degli esteri Frattini, salvo poi, in una successiva conferenza stampa, smentire le precedenti dichiarazioni dicendo di non aver esposto la sua idea, ma di aver ribadito “la posizione del governo russo”. Negli ultimi tempi Berlusconi si è più volta rimangiato alcune dichiarazioni scomode (su tutte quella sulla “polizia nelle scuole”) sostenendo di essere frainteso, ma ci risulta difficile pensare che il governo russo affidi a Berlusconi il ruolo di portavoce.
    Bisogna quindi analizzare i motivi che hanno spinto il Presidente Berlusconi ad assumere questa posizione da “Dottor Jekyll e Mister Hyde”, da anti-americano a filo-americano, nel giro di pochi giorni.
    Dal mio punto di vista, nel neonato Popolo delle Libertà, si sta giungendo alla resa dei conti, che scoppierà nella selezione dei candidati in previsione della tornata elettorale delle Europee e, in seguito, per la successione al leader. L’apparente situazione di calma piatta all’interno del partito, tra i vertici di Forza Italia e quelli di Alleanza Nazionale, potrebbe essere destabilizzata proprio da scelte “scomode” di politica estera, soprattutto in questo periodo di crisi economica e finanziaria. In particolare, tramontata per insanabili posizioni anti-arabe e anti-islamiche la posizione euro-mediterranea (anche se gli accordi con Ghedafi sembrano dimostrare il contrario, ma in realtà nascondo un “consiglio” putiniano), il partito berlusconiano dovrà scegliere se attraccare al porto russo o scegliere di rimanere nella tempesta del mare burrascoso degli Stati Uniti.
    E tra questi due poli si sta barcamenando Berlusconi, senza, a mio avviso, avere una larga visuale di prospettiva, racchiuso tra il suo sentirsi “americano” e dall’altra parte la sua amicizia con Putin.
    Se, a suo tempo, l’amicizia con l’ex-premier russo era bilanciata con un sentimento simile verso il presidente americano Bush, l’elezione dell’”abbronzato” Barack Obama alla Casa Bianca, altera gli equilibri della geo-amicizia del premier italiano.
    All’interno del Partito della Libertà potrebbero a questo punto crearsi due correnti di politica estera. Una filo-russa, animata dai “pragmatici”: esponenti legati all’ambiente industriale, leggero e pesante, che legano la loro sopravvivenza alle forniture energetiche russe (in particolare gas), ed esponenti “anti-veltroniani”, che mirano ad un isolamento di Barack Obama, visto come possibile traino (scarso, dal mio punto di vista) al Partito Democratico di Veltroni.
    Dall’altra parte si schiererebbero i liberali “senza se e senza ma”, americanisti “tutto d’un pezzo”, che non si sognerebbero mai di lasciare da sola l’amata America, democratica o repubblicana, e i post-missini, per i quali la Russia è ancora la “barbara e bolscevica” potenza asiatica, plasmata da Lenin (il incretinimento anti-russo dei missini è ancora vivo e vegeto, tanto quello che immaginano i carri armati con la stella rossa uscire dalla sede del PRC!).
    Al momento le tendenze sono ancora nascoste, se si esclude le farneticazioni di Guzzanti, ma potrebbero essere un’ipotesi del futuro del maggiore partito italiano.
    Una prospettiva interessante, anche se al momento non posso non registrare come gli esponenti principali del partito sia ancora legati agli Stati Uniti (da Fini a Frattini, da Alemanno ai leghisti) e che l’eventuale “corrente filo-russa” sembra ancora una chimera.
    Una prospettiva filo-russa moderata, cioè non una scelta di campo radicale ed effettiva, ma soltanto un’alleanza su questioni economiche nel breve periodo (per intenderci l’Italia non uscirebbe dalla NATO e non riacquisterebbe la sovranità nazionale), oltre a far riallacciare i fili dell’integrazione europea “vera”, non quella burocratica di Bruxelles, potrebbe riaprire le porte ad una strategia strategica (economica e politica) euro-mediterranea, rinsaldando i rapporti con i paesi arabi (Libia, Siria, Libano) terribilmente inclinati negli ultimi 10/15 anni di gestione americanista, in stretta sinergia con gli interessi russi nell’area. In pratica l’Italia si avvantaggerebbe di riaprire le porte al mondo arabo-mediterraneo, suo naturale bacino geopolitico, e la Russia otterrebbe indiscutibili vantaggi da questo apporto italiano.
    Certamente nei prossimi anni si registrerà una minor demonizzazione del Cremlino, almeno nei giornali e nelle televisioni berlusconiane, se non altro per non creare imbarazzi al premier, o per giustificarne alcune scelte strategiche.
    Oggi, le speranze che ripongo nel PDL, sono minime, se non addirittura nulle, quasi al livello di quello che riponevo ai tempi di El’cin al Cremlino nei confronti dell’ubriacone russo. Tutti sanno come è andata a finire: dal cancro El’cin è nata la speranza Putin, e se dal “cancro” Berlusconi nascesse…la lascio finire a voi.
    Tutto ciò potrebbe essere fanta-politica. Il Partito Popolare Europeo potrebbe richiamare il PDL “all’ordine”, riavvicinandolo al Partito Repubblicano e alle direttive neo-cons, cioè di fatto, sostenendo la politica estera degli Stati Uniti, anche sotto la direttive obamiane.
    Ma come già sottolineato da più parti, Silvio Berlusconi, ha una dote politica invidiabile: ha soldi propri, molti soldi. Ed è l’unico politico italiano, forse europeo, che potrebbe, grazie alla fortuna e al potere personale (e della sua famiglia), modificare i rapporti di forza del paese che governa. Fino al momento non ha mai minimamente manifestato questa tendenza, di rottura verso l’allineamento nord-atlantico, ma potrebbe, per interessi personali (una volta sistemate le pendenze con la giustizia) rivolgersi verso “oriente”.
    Come ha già detto molte volte, Berlusconi vuole rimanere nella storia d’Italia. Di sicuro rimarrà sui libri di storia. C’è da decidere con che didascalia. La scelta è:”Il presidente/pagliaccio che ha sognato l’utopia della Rivoluzione liberale” o “Il presidente che ha regalato all’Italia la Rivoluzione europea, ancorandone i destini alla Russia”. Ora come ora la prima è una drammatica realtà, sulle spalle di lavoratori, studenti, “fannulloni”…

  8. #8
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    Predefinito Riferimento: La ricetta per uscire dalla crisi economica mondiale

    Aggiungiamoci che da sempre Berlusconi ha atteggiamenti "ducistici" anche se declinati in chiave parodistica (tra bandane e veline e corna nelle foto) e quindi con l'operazione PDL aspira, neanche troppo velatamente, alla creazione di un "partito unico" e l'obiettivo del 51% mi sembra sempre meno utopistico. Quindi Berlusconi ora, grazie al suo patrimonio personale e al potere politico, dispone di una capacita' di manovra che nessun politico ha mai sognato di avere dal dopoguerra ad oggi. Sta solo a lui la scelta tra i suoi sentimenti americanisti e la pragmaticita' che dice di rivolgersi a oriente.

  9. #9
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    Tiro su anche quest'altra discussione inserendo un recente articolo di Tiberio Graziani uscito sul sito di Eurasia all'inizio del mese:


    La crisi economica del sistema occidentale. Un approccio geopolitico
    :::: 2 Luglio 2009 :::: 4:48 T.U. :::: Analisi :::: Tiberio Graziani
    di Tiberio Graziani *



    Relativamente all’attuale crisi sono state approntate diverse analisi, quasi tutte da un punto di vista economico . In questo contesto molti studi sono stati prodotti con il fine di analizzare l’impatto della crisi sull’economia globale e sul sistema industriale mondiale. I risultati di questi studi contribuiscono a trovare soluzioni per il superamento della crisi, senza perdita di potere da parte del sistema occidentale guidato dagli Stati Uniti. Poiché adesso sembra che un nuovo sistema multipolare stia emergendo, dopo il momento unipolare a guida statunitense, è necessario pensare alle relazioni fra le diverse posizioni geopolitiche degli attori mondiali e la crisi. Prendere in considerazione le diverse strategie geopolitiche dei principali attori globali (USA, UE, Russia, Cina, India) le loro differenti identità culturali e le loro ambizioni, può aiutarci a definire migliori approcci per ricostruire (o costruire) una stabilità sociale e per trovare nuove forme di cooperazione internazionale durante la crisi.

    CRISI GLOBALE O CRISI DEL SISTEMA OCCIDENTALE?

    Generalmente ci riferiamo all’attuale terremoto finanziario (ma anche economico ed industriale) come alla ‘crisi globale’; che è un’espressione veritiera solo in parte ed in alcuni contesti. Ma, se la analizziamo da un punto di vista geopolitico, vediamo che il disastro finanziario è, prima di tutto, una crisi interna al ‘sistema occidentale’, che sta causando conseguenze in altre aree geopolitiche.
    Per esprimere meglio questo concetto, vale la pena descrivere, brevemente, cosa intendiamo per ‘sistema occidentale’ e ‘sistema globale’ ed analizzare il ruolo del cosiddetto processo di globalizzazione nel quadro geopolitico.
    Definizioni

    1 – Sistema Occidentale (SO). Da un punto di vista geopolitico, possiamo sostenere che il SO è costituito di base da Stati Uniti, Europa (UE) e Giappone (più Canada, Australia e Nuova Zelanda). Il ruolo centrale di questa larga area geopolitica è svolto dagli Stati Uniti e dal loro storico partner speciale: la Gran Bretagna. L’Europa ed il Giappone (rispettivamente la parte occidentale e orientale del Continente Eurasiatico) sono la periferia di questa zona, con un’importante funzione geostrategica rispetto continente Eurasiatico. Infatti, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e nello scenario della dottrina geopolitica statunitense, le nazioni dell’UE e il Giappone costituiscono due simmetriche teste di ponte statunitensi, con la funzione peculiare di controllare la Russia e la Cina, i due polmoni dell’Eurasia. In realtà, per ragioni storiche, geografiche e culturali, la posizione geopolitica naturale dell’Europa dovrebbe essere Eurasiatica, non Atlantica.
    Il controllo del continente eurasiatico, che porterebbe all’egemonia statunitense nell’emisfero nord del paese, ha condizionato sia la politica estera di Washington che il sistema dell’industria militare Americana, in particolare negli ultimi anni.
    Secondo Henry Kissinger, gli Stati Uniti sono un’isola al di fuori dell’Eurasia. Il già consigliere Nazionale per la Sicurezza e Segretario di Stato sotto la presidenza di Richard Nixon, riconosce che un’unica Grande Potenza che egemonizzi le due principali sfere eurasiatiche, Europa ed Asia, sarebbe un danno strategico per gli Stati Uniti. Questo genere di pericolo, chiarisce Kissinger, deve essere evitato, anche nel caso in cui la supposta Grande Potenza non mostrasse intenzioni aggressive, perché, se queste intenzioni divenissero aggressive nel futuro, Washington non potrebbe determinare gli eventi, perché l’effettiva capacità di resistenza degli Stati Uniti sarebbe diminuita. (Henry Kissinger, L’arte della diplomazia, Sperling & Kupfer Editori, Milano 2006, pp. 634-635).
    2 – Sistema Globale (SG). Nell’attuale struttura geopolitica questa espressione (che trae il suo nome dal lessico della comunicazione informatica) intende la programmatica volontà dell’Occidente di egemonizzare il pianeta, principalmente su basi finanziarie, economiche e tecnologiche. Il Sistema Globale deve essere considerato come un progetto; un obiettivo da raggiungere attraverso gli strumenti e i processi della competività economica e finanziaria. L’architrave della strategia volta alla creazione della Società Globale è l’interdipendenza economica fra gli stati a scala mondiale.
    Il tentativo di creare un Sistema Globale – a livello finanziario – riflette la ‘politica’ dei grandi gruppi finanziari.
    3 – Globalizzazione. Concordiamo con la definizione data dall’economista francese Jacques Sapir ‘ La cosiddetta globalizzazione è in relatà la combinazione di due processi. Il primo è l’estensione mondiale del capitalismo – nella sua forma industriale – verso aree che non aveva ancora toccato. Il secondo, che è in larga parte l’implementazione della politica statunitense, corrisponde a una politica volontaria di apertura commerciale e finanziaria” (Jacques Sapir, Le nouveau XXI siécle, Paris, 2008, p. 63-64). In altre parole, il ruolo del processo di globalizzazione è stato quello di una strategia statunitense per l’egemonia del mondo durante il suo ‘momento unipolare’

    La Crisi occidentale e il nuovo sistema multipolare
    Tutti noi sappiamo come la cosiddetta crisi finanziaria è, in realtà, un raggrupparsi di diverse crisi che, partendo dagli Stati Uniti, si stanno ora diffondendo in tutto il pianeta, coinvolgendo le economie nazionali e, quindi, colpendo la relativa stabilità sociale. Adottando una prospettiva geopolitica, possiamo osservare che la crisi, partendo dal centro geopolitico del sistema occidentale, ha prima cominciato a propagarsi all’interno della sua periferia, principalmente nelle nazioni dell’UE e del Giappone, e in una seconda fase si è irradiata verso l’emisfero orientale del globo. La velocità e l’intensità della diffusione della crisi è condizionata dalle differenze strutturali delle nazioni colpite.

    In linea di massima possiamo vedere che la crisi globale (occidentale) è avvenuta:
    - Durante un cambiamento geopolitico (da un sistema unipolare ad un sistema multipolare, che sembra avere le sue colonne portanti in Eurasia e Sud America, rispettivamente nell’emisfero nord orientale e in quello sud-occidentale del globo);
    - In uno specifico momento economico, in cui nuovi attori internazionali stanno emergendo in Asia (Cina ed India), economicamente, finanziariamente e industrialmente;
    - Durante la riaffermazione della Russia come potenza globale e, soprattutto, come potenza pivotale eurasiatica.

    In una situazione del genere, la crisi potrebbe non solo accelerare la transizione da un sistema unipolare ad uno multipolare, ma potrebbe anche consolidarla. Infatti, le nazioni Europee, finalmente, dovrebbero capire che i loro interessi fondamentali e specifici (forniture di energia, sicurezza, sviluppo culturale) hanno una dimensione continentale e sono strettamente connessi con quelli russi ed asiatici.
    All’interno di un contesto eurasiatico integrato, l’Europa troverebbe il suo naturale collocamento geopolitico, cooperando con queste nazioni su basi paritarie. La ‘penisola’ europea costituirebbe una sorta di area perno tra l’Asia e l’Africa e svolgerebbe il ruolo di porto eurasiatico sull’Oceano Atlantico.
    Il consolidamento del sistema multipolare richiede un cambiamento di ruolo da parte degli stati europei, da quello passivo e periferico di oggi a quello attivo all’interno della potenzialmente emergente integrazione eurasiatica. Il cambio dell’assetto geopolitico dell’Europa è una condizione essenziale al fine di superare l’attuale crisi e costruire una stabilità sociale, coerentemente alla sua cultura, fondata su principi anti individualistici.
    Analoghi segnali sembrano apparire in Giappone. Tokyo è sempre più interessata nelle crescenti relazioni politiche ed economiche con Pechino e Nuova Delhi, e, soprattutto, nel raggiungere un ruolo attivo nella collaborazione con queste due nazioni asiatiche, nella parte orientale del continente Eurasiatico.


    ‘COME SUPERARE LA CRISI’: TENSIONI ALL’INTERNO DEL MONDO OCCIDENTALE

    Riferendosi alle soluzioni deputate alla soluzioni della crisi, osserviamo come all’interno dell’area Occidentale siano scaturite alcune importanti tensioni. La crisi, in altre parole, sembra svelare le profonde differenze fra Europa e Stati Uniti, relativamente ai rispettivi comportamenti in materia economica e di welfare.
    Parigi e Berlino – pur essendo guidate da governi atlantisti (Sarkozy e la Merkel sono, infatti, l’espressione della nuova oligarchia neo-atlantista) – devono prendere in considerazione il fatto che, strutturalmente, le cosiddette dinamiche neoliberiste delle economie europee ( a parte che per la Gran Bretagna) sono basate sulla contraddizione tra comportamenti neoliberisti e pratiche ispirate da principi di solidarietà.
    Comportamenti e pratiche caratterizzate da un’attitudine di solidarietà sono, oggigiorno, ancora presenti nell’Europa Continentale e Mediterranea, nonostante le periodiche e potenti ondate di ultraliberismo degli ultimi due decenni e, soprattutto, i ricorrenti richiami (più spesso vere minacce o diktat, più che semplici richiami) presentati da alcune organizzazioni economiche internazionali (fra loro: la Banca Mondiale, Il Fondo Monetario Internazionale, L’Organizzazione Mondiale per il Commercio e alcune agenzie private di rating.)
    L’attitudine solidaristica delle nazioni europee si articola in diverse istituzioni sociali; fra queste possiamo menzionare (anche se parzialmente privatizzate negli ultimi anni) quelle strutture volte al sostegno di pensionati e disoccupati (sicurezza sociale), a fornire servizi sociali (per esempio, l’assistenza medica) a sostenere aziende di interesse strategico e, in particolare, il sistema delle piccole e medie imprese che costituisce –per alcuni aspetti – il tessuto dell’intera Unione Europea.
    Se prendiamo in considerazione quanto descritto nelle ultime righe, riusciamo a capire meglio la discrepanza che c’è stata –fra i rappresentanti di Stati Uniti ed Unione Europea – nella cornice degli incontri multilaterali dedicati alla crisi ‘globale’.
    Comunque, anche se le marcate differenze (più regole richieste dalle nazioni dell’Unione Europea; più ‘libero mercato’ richiesto dagli Stati Uniti) non hanno generato una ‘vera’ soluzione della crisi, (almeno finora) e anche se, in aggiunta, non hanno provocato una divisione fra gli Stati Uniti e le nazioni europee, queste differenze hanno di sicuro posto un grande problema all’interno della ‘casa occidentale’.
    Il sistema occidentale, amministrato dall’oligarchia atlantista, deve affrontare il fatto che le sue ‘periferie’ (le nazioni europee ed il Giappone) non sono più così affidabili come lo erano nel passato, nonostante i tanti trattati economici e militari, la profonda interdipendenza economica e la presenza delle truppe militari (NATO) largamente diffuse in Europa e nel Mar Mediterraneo. L’Europa, in particolare, potrebbe sfuggire dal controllo statunitense, se la strategia economica nord americana provasse a caricare i propri debiti sulle spalle dei cittadini europei.
    Il tornare ad un’economia ‘controllata’ dallo Stato e le cosiddette misure protezioniste adottate dagli Stati Uniti e da alcuni stati europei, lungi dall’essere vere soluzioni politiche, sembrano più temporanee vie d’uscita egoistiche e opportunistiche, adottate dalle oligarchie occidentali. In altri termini questo tipo di escamotages, basato sul coinvolgimento dello Stato nel campo economico e nel campo finanziario, ha il chiaro obiettivo di utilizzare lo stato per pagare i debiti provocati dall’irresponsabile speculazione di alcune lobby finanziarie. Non c’è né una vision politica, né una visione solidaristica dell’economia, ma, piuttosto, lo sfruttamento neoliberista dei guadagni e dei risparmi nazionali. La finanza statunitense ha bisogno della neo economia di stato, semplicemente per tirare un respiro in un momento particolare della sua storia.
    Gli obiettivi designati a pagare la crisi, sono le periferie del sistema occidentale; cioè, Europa e Giappone. Queste due aree geo-economiche sono caratterizzate, per ragioni storiche, da una cultura familiare del risparmio ancora diffusa, che invece manca completamente negli Stati Uniti. Più o meno il loro sistema economico, anche se orientato al ‘libero mercato’ e basato su comportamenti ‘neo-liberisti’, mantiene ancora qualche carattere che possiamo definire di economia sociale. Per ragioni diverse ma analoghe, le due periferie del sistema occidentale dovrebbero affrontare la crisi meglio degli Stati Uniti.

    I PROTAGONISTI EMERGENTI

    I nuovi protagonisti globali (Russia, Cina e India) dovrebbero affrontare la crisi con meno danni rispetto a agli Stati Uniti e all’Europa.
    Russia e Cina dovrebbero reagire abbastanza bene alla scossa innescata dalla speculazione finanziaria, principalmente a causa delle loro strutture politiche e della fermezza dei rispettivi poteri politici centrali. Fino a un certo punto, ci possiamo aspettare che l’ondata di shock della crisi finanziaria si possa infrangere contro il muro eurasiatico, costituito principalmente da Cina e Russia. Questo è possibile se Mosca e Pechino cominciano, nell’immediato futuro a condividere le proprie politiche economiche e monetarie.
    Per quanto riguarda l’India pensiamo che Nuova Delhi, al fine di superare la crisi senza danni profondi, dovrebbe bilanciare la debolezza del suo sistema politico rafforzando le relazioni economiche con Mosca a Pechino all’interno dello scenario di una comune visione eurasiatica. L’integrazione geopolitica dell’Eurasia potrebbe essere il miglior modo per ridurre le conseguenze della crisi e, ovviamente, per contribuire a consolidare l’emergente sistema multipolare.
    Fra i nuovi protagonisti emergenti devono essere inclusi, ovviamente, anche Brasile, Argentina e Venezuela. Come noto durante gli ultimi anni queste nazioni, situate nel subcontinente sudamericano, quello che una volta veniva chiamato ‘il cortile di casa statunitense’, ha rafforzato le relazioni strategiche con le principali nazioni eurasiatiche, Cina, Russia e alcune nazioni del medio oriente (tra cui l’Iran) per partecipare attivamente al cambiamento geopolitico mondiale, dal sistema unipolare a quello multipolare. In questo nuovo contesto di importanti relazioni fra nazioni detentrici di risorse energetiche e materie prime importanti a livello mondiale, il Brasile, il Venezuela e, per alcuni aspetti, l’Argentina, dovrebbero resistere alle conseguenze causate dalla crisi ‘globale’.

    EUROPA

    In merito alla costruzione della sicurezza e della stabilità sociale in Europa, crediamo che i governi europei debbano, prima di tutto, riconsiderare la loro struttura geopolitica, che significa acquisire piena sovranità in tutti i campi: politico, economico, militare e culturale. In generale, gli Europei dovrebbero capire che i propri interessi sono ‘interessi Eurasiatici’, non interessi statunitensi o ‘occidentali’. Per gli europei (non per le oligarchie che attualmente governano il continente) non c’è libertà economica senza sovranità continentale.
    Considerando gli elementi pratici, indichiamo solo due aspetti principali su cui i governi europei dovrebbero porre la loro attenzione:
    a) ristrutturazione del sistema bancario e
    b) costruzione di una nuova economia mista.

    Il sistema bancario, è oggi, come tutti noi sappiamo, un’istituzione “privata”, orientata all’ottenere profitto. Esso non prende in considerazione lo scenario sociale quando agisce e le conseguenze che potrebbe provocare.Il sistema bancario è ‘non responsabile’: ciò non può più essere tollerato. Per ricostruire la stabilità sociale ed economica, infatti, il sistema bancario dovrebbe divenire una istituzione ‘sociale’, con l’obiettivo di provvedere un servizio all’intera società.
    La creazione di una ‘nuova economia mista integrata’ Europea è qualcosa di veramente importante e profondamente connessa con la ristrutturazione del sistema bancario Europeo.
    E’ possibile cominciando col finanziamento pubblico di infrastrutture strategiche su scala continentale nei settori dell’energia e della comunicazione, in un contesto di cooperazione con la Russia, l’Africa del Nord e le nazioni del vicino Oriente.

    Altri importanti punti da considerare con riguardo sono:
    -Lo sviluppo integrato dell’industria militare europea;
    -Lo sviluppo integrato della ricerca europea in materia di alte tecnologie;
    -L’implementazione di strumenti utili per la crescita della giustizia sociale e la solidarietà a livello continentale, con il rispetto delle tradizioni locali;
    - La creazione di un’organizzazione collettiva per la sicurezza a livello continentale (Europa –Russia) e a livello Mediterraneo (Europa –Nord Africa);
    - Il rafforzamento delle relazioni culturali all’interno del Vecchio Continente (Europa-Asia –Africa)sulle basi della ‘Unità spirituale eurasiatica’.


    CONCLUSIONI


    La prospettiva geopolitica, per la quale la cosiddetta crisi globale è principalmente una crisi interna del sistema occidentale, ci conduce a considerare come innaturale l’assetto dell’Europa all’interno dell’area geopolitica statunitense. Quindi, la soluzione della crisi deve essere rintracciata fuori dalle pratiche ‘liberaliste’ imposte dagli Stati Uniti in quanto vincitori della Seconda Guerra Mondiale e ‘adottate’ dagli Europei negli ultimi 60 anni, in contraddizione con le loro attitudini basate sul solidarismo.
    Il riposizionamento dell’Europa all’interno del contesto Eurasiatico è da considerare come il prerequisito per costruire la sicurezza sociale e la stabilità economica seguendo il seguente principio: non c’è sviluppo sociale ed economico senza sovranità.
    Le principali strutture europee che devono essere riconsiderate e ricreate sono il sistema bancario e il sistema economico. Il passaggio del sistema bancario da privato a pubblico è fortemente richiesto. Il riorientamento del sistema economico liberale verso un sistema economico europeo misto è qui proposto.





    * relazione presentata a
    The International Conference
    “Prague Dialogue on Europe in the 21st Century”
    Prague, Czech Republic, May 13 – 15, 2009

    (traduzione dall’originale in inglese a cura di Massimo Janigro)

 

 

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