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Siamo ormai tutti consapevoli del fatto che quello che vediamo sui social nella maggior parte dei casi non corrisponda alla realtà. Ma quanto effettivamente siamo capaci di discernere quando quello che abbiamo davanti ai nostri occhi è un corpo modificato e ritoccato?
Soprattutto per quanto riguarda il corpo femminile, per anni è stata incolpata la moda di fornire un canone esageratamente magro e molto lontano dalla stragrande maggioranza delle donne, con conseguenze psicologiche e mediche: una critica che oggi sta finalmente trovando riscontro nella realtà, complice una maggiore sensibilità. Una consapevolezza che si scontra però con la grande contraddizione dei social, dove l'attivismo di vario genere tocca quasi tutti i profili con molto seguito, ma dove le immagini continuano a essere alterate nel nome della perfezione, anche nel caso di persone già bellissime. Un atteggiamento contrastante, che può creare soprattutto nei più giovani confusione, ma anche complessi e problematiche legati alla propria immagine. Per questo motivo, in Norvegia lo scorso anno è stato reso illegale per gli influencer condividere foto ritoccate senza che venisse specificato e ora potrebbe accadere la stessa cosa in UK. Infatti, una nuova proposta di legge chiede che venga applicato un bollino sulle fotografie "photoshoppate" con l'obiettivo di contrastare la sempre più crescente dismorfia corporea, ovvero la paura e la preoccupazione eccessiva in merito al proprio aspetto fisico, in particolare circa difetti non presenti oppure impercettibili agli occhi degli altri. Il potere di influenza che hanno le media personality non è collegato solo a ciò che dicono o sponsorizzano o vendono, ma anche anche al loro stile di vita e comportamento, che può avere un impatto più o meno forte sulle vite degli altri, in particolare sui soggetti più deboli. Per questo è necessaria una regolamentazione. In Gran Bretagna, secondo Sky, tra aprile e ottobre 2021 è stato registrato il +41% dei ricoveri per disturbi alimentari nei ragazzi under 17, che nella maggior parte dei casi durante il periodo del lockdown avevano trascorso molto più tempo sui social: questo ha fatto comprendere appieno la potenza della connessione tra le tue cose e le dirette conseguenze. Non è un caso che la proposta di legge venga da un medico, ovvero il dottore Luke Evans, deputato conservatore, che si è detto molto positivo in merito al fatto che venga accolta da tutte le parti politiche e che presto diventi effettiva. Per quanto un passo avanti, questa potenziale legge ha alcune lacune: si concentra esclusivamente sulle fotografie sponsorizzate, chiedendo a brand, inserzionisti o editori di essere chiari sulle immagini commerciali in un'ottica di etica della comunicazione pubblicitaria. Esattamente come già accade in Norvegia, a venire regolamentati sono solo i post a pagamento e non tutta la "produzione" degli influencer. Si tratta comunque di un primo step verso un'attenzione generale maggiore verso il mondo dei social, facendo luce sull'area grigia in cui spesso operano. La speranza è poi che se una legge del genere dovesse essere approvata in un paese importante come la Gran Bretagna, altre nazioni a ruota si adeguino. Sarebbe fondamentale un norma globale poiché i feed dei nostri social media sono sostanzialmente internazionali, perciò avere una diversificazione di paese in paese potrebbe creare un corto circuito, che non porterebbe sostanzialmente da nessuna parte. Lo strapotere delle reti sociali è ormai consolidato e molto forte, e nel giro di pochissimi anni ha permesso a svariati personaggi di costruire imperi, con un bacino d'ascolto ampio e soprattutto fedelissimo. Regole ma non limiti sono la chiave per garantire chiarezza e soprattutto preservare il più possibile la salute dei più giovani e dei più indifesi, principale pubblico di riferimento.