https://www.huffingtonpost.it/cronac...05234-P7-S1-T1

Cosa succede alla feste dove mandiamo i nostri figli adolescenti?

È una domanda retorica, perché da anni ormai lo sappiamo, i media , tv, giornali, rete, social, sono pieni di racconti dell’orrore, di “Terrazze sentimento” dove Cappuccetto Rosso viene sigillata in una stanza e violentata e torturata per ventiquattro ore. Di appartamenti dove in quattro, in cinque si accaniscono su una ragazza passandosela come una bambola di carne. Di spiagge dietro le discoteche dove quattro, dieci, dodici maschi giovani e furenti schiavizzano e stuprano una ragazzina. Di ville e villette dove le ragazze, le ragazzine, vengono invitate a una festa e sventurate rispondono Sì.

Cosa succede alle feste dove mandiamo i nostri figli adolescenti? È una domanda che sventra la pancia di ogni genitore e penso sia per questo che in pochi se la fanno. Perché è una domanda che parla dei nostri figli. Ma interpella noi genitori.

L’ultima delle storie insopportabili riguarda una ragazzina di 16 anni (sedici) , spagnola, figlia di un diplomatico, brava a scuola, che viene a Roma invitata per le vacanze di Natale da una amica, a casa della famiglia di lei. Una ragazzina che il padre dell'amica, il responsabile della sua incolumità, colui al quale la ragazzina è stata affidata, accompagna insieme a sua figlia a una festa per il Capodanno 2021, in una villetta del quartiere Primavalle. Una festa vietata, essendo in pandemia. Una festa dunque persino più attraente. Questo padre accosta al marciapiede, saluta le ragazzine, le guarda, immagino, entrare dentro il cancello. E se ne va.

Ovvio, banale, non si fa così quando si accompagnano i figli minorenni alle feste? Anzi, di solito li si fa scendere dalla macchina dietro l’angolo, perché si vergognano di essere stati portati dai genitori, come bambini piccoli. Non facevano così con noi, i nostri, di genitori? Trenta, quaranta, cinquanta anni fa vigeva ancora l’abitudine a chiedere “I genitori restano in casa?”, vigeva l’uso di chiamare al telefono la mamma del festeggiato, della festeggiata “Buonasera Signora, grazie per l’invito, lei supervisionerà, vero?”. Poi, negli anni, queste domande si sono sfilacciate. Nessuno più le fa. Ci sentiamo genitori attenti solo a ricordarci di chiedere “Mi dai l’indirizzo?”, e in pochi ancora hanno il coraggio di attirarsi l’etichetta di “Rompi" chiedendo “ a che ora pensi di tornare?”.

L’idea a cui ci abbarbichiamo è che i nostri ragazzi hanno bisogno di divertirsi, che anzi ne hanno il diritto, che il loro modo di divertirsi è diverso da quello nostro alla loro età, “Che vuoi, ormai…”.

Ormai sappiamo che “divertirsi” per i nostri figli del 2000 significa bere, e tanto (anche a 12 anni). Significa fumare hashish e marijuana (“dai, lo facevamo. anche noi alla loro età…, gli spinelli non sono droghe”. Le droghe cosiddette leggere non sono droghe? domanderei. Non sono la porta che una volta oltrepassata ti butta nel precipizio? Guardate i dati di chi entra in comunità a disintossicarsi, chiedete come ha iniziato. Però qui si parla d’altro e quindi andiamo avanti.

Una parte di noi, quella che ci toglie il fiato, sà che in ogni bicchiere che le nostre figlie avranno in mano, potrebbe esserci la droga dello stupro. Sà che in ogni stanza dove le nostre figlie potrebbero entrare, c’è un lupo schifoso, o tanti. Ma noi vogliamo respirare. E per respirare ci diciamo “Non lì, non dove mio figlio va, non alla festa dove ho appena accompagnato mia figlia”.

E invece.

Nella villetta di Primavalle, isolata ma comoda da raggiungere in motorino, un gruppo inferocito in maggioranza di minorenni (dai 14 anni in sù, solo uno aveva vent’anni) ha fatto merce di una ragazzina di 16 anni, l’ha usata come un attrezzo, come uno sfogatoio (e mi scuso per la brutalità di questa espressione, ma è l’unica adeguata all’orrore). Le ha riempito il corpo di lividi, e l’ospedale le ha dato 30 giorni di prognosi. Prima l’hanno stordita, chiaro. Prima lei aveva fumato una strana sigaretta, prima le sue amiche si erano organizzate in chat per decidere chi e come avrebbe portato alla festa la coca, le sostanze. Prima avevano bevuto, tanto. La tortura è durata tutta la notte. Le amiche non sono intervenute. Le amiche non hanno chiamato i genitori. Le amiche, chi lo sà magari la prendevano anche in giro, per come era stupida, per come era entrata in quella stanza, la sedicenne che rantolava a pochi metri da loro.

La ragazzina spagnola nulla o poco ricorda, perché la droga dello stupro i ricordi li uccide. Li cancella di mente. Restano scritti sul corpo e dentro l’anima, e per ritrovarli bisogna fare un viaggio tremendo e pensare che lo sta facendo una ragazzina che noi genitori siamo abituati a ritenere (ancora) poco più che una bambina, toglie il fiato a tutti noi, io credo.

Ma leggere che i genitori delle amiche, i genitori degli stupratori, dicono che “è stata colpa della ragazza, era ubriaca, era disponibile” a me pare che sia perfino peggio. A me pare, magari sbaglio, che questi genitori siano più vili dei loro figli, ignobili allo stesso modo. Che un padre e una madre che non hanno il coraggio di guardarsi in faccia nel loro ruolo di genitori, siano colpevoli quanto i loro figli stupratori, le loro figlie malvage, stupide, violente pur senza usare armi. Abbandonare la tua amica è un delitto, io credo, non è accettabile, non è scusabile con la paura delle conseguenze.

Io sono te e tu sei me, questo è il principio non solo della amicizia, io credo. Ma il fondameto dell’intera umanità.

E se noi genitori non siamo capaci di insegnarlo ai nostri figli, almeno apriamo gli occhi sulle “feste”, sul loro modo di “divertirsi”. Guardiamo in faccia lo schifo che abbiamo deciso di non vedere, di rimuovere, di attribuire a altri figli di altri genitori.

O no?