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Discussione: Rape culture

  1. #1
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    Predefinito Rape culture

    https://www.ilreportercinico.it/rape...-di-una-donna/

    Ne sentiamo parlare spesso, ma allo stesso tempo mai abbastanza, dell’argomento che voglio affrontare oggi. Quello che arriva dall’estero con la dicitura rape culture, che è stata tradotta in italiano come cultura dello stupro.
    Il termine nasce negli anni ’70 in America dalla necessità di far comprendere che crimini come lo stupro hanno ben poco a che fare con il sesso e tutto a che fare con il potere e, soprattutto, con il potere dell’uomo sulla donna.
    Ma che cos’è la cultura dello stupro? La cultura dello stupro è un set di comportamenti, una serie di atteggiamenti profondamente insita nella nostra cultura (una cultura mondiale, in questo caso), talmente radicata da pregiudicare ogni spazio della vita della donna. Comportamenti più o meno gravi che hanno come fine ultimo quello di giustificare la violenza sulle donne.
    È un qualcosa di astratto, ma terribilmente reale, che danneggia qualsiasi tipo di lotta femminista, qualsiasi lotta per la parità di genere, che ha a che fare con un qualcosa da cui, seppur volendo, non possiamo allontanarci: la nostra storia (un interessantissimo articolo che parla della cultura dello stupro attraverso la storia), centinaia d’anni di pregiudizi e tentativi di controllo sul corpo delle donne e sul suo ruolo nella società. Il relegare la donna al ruolo di madre e moglie (a prescindere dai desideri personali) è stato per decenni il metodo migliore per tenere le donne a bada, in un contesto in cui era facile controllarle. E nonostante siamo riuscite a distaccarci un po’ da questa via univoca di vita (non “aggratis”) tutt’ora questi pregiudizi vanno a nuocere la dignità lavorativa della donna, tenendola ancora alla mercé del sostegno economico di terzi. (A riguardo vi consiglio di recuperare la puntata di questa settimana di Fuori dal Gregge in cui l’ospite Raissa Coletti parla in modo più approfondito delle problematiche femminili legate al lavoro.) La cultura dello stupro è nella testa di ognuno di noi, è qualcosa che lavora in silenzio, costantemente, e per riconoscerla c’è bisogno di un momento, solo uno, di illuminazione. Un’epifania che ci permette, da quel momento in poi, di vedere tutto con occhi più limpidi, di vedere chiaramente i comportamenti problematici, nostri e degli altri. I titoli dei giornali, a quel punto, ci fanno venire il brividino dietro la schiena. Come donne, ogni insegnamento che ci è stato dato dai nostri genitori durante l’adolescenza prende un significato totalmente diverso.
    Non indossare quel pantaloncino.
    Non uscire con amici maschi.
    Non parlare con i maschi.
    Le domande come: ma ci sono altre ragazze? La cultura dello stupro è quello che impedisce alle donne vittime di violenza di essere credute, quella che giustifica domande come “Ma cosa indossavi?” o “Ma che ci facevi lì da sola a quell’ora della notte?” o “Perché hai bevuto quel cocktail?”. O qualsiasi altro quesito che vuole solo giustificare l’atto, licenziarlo con facilità, senza dover rischiare di mettere in dubbio un’intera cultura che si basa sull’oggettificazione sessuale della donna ed evitare di mettere in discussione il modo in cui cresciamo i nostri figli.
    E parlo di figli maschi. Perché le ragazze, dalla più giovane età, sono state addestrate a vivere in un mondo in cui l’attenzione deve essere massima, sempre. Non ci si può permettere di bere un po’ di più, di indossare una gonna più corta, di distrarci un attimo.
    Non ti salvi neanche se sei minorenne, in realtà. In un paese che si dichiara sempre “dalla parte dei bambini”, le cose cambiano in fretta se sei una ragazzina. La cultura dello stupro è quello che ha impedito per così tanto tempo l’affermarsi della parola “femminicidio” che non significa solo “l’uccisione di una donna”, ma sottostà a motivazioni che trovano la fonte nel potere totale e violento dell’uomo sulla donna, che la nostra cultura dà per scontato.
    E la dà per scontato in un modo così crudele anche nel caso in cui sia l’uomo a compiere il gesto estremo di uccidere i propri figli. Anche in quel caso è la donna a rimane la sola responsabile. Perché colpevole di averlo lasciato, di aver preso una decisione personale e totalmente individuale.
    Uccidere il figlio nato da un amore che è arrivato alla fine, e successivamente suicidarsi, non è altro che l’estremo tentativo di riconquistare un potere che questi uomini sono abituati ad avere: quando gli viene sottratto si sentono persi come canne al vento. Un tentativo finale di punire la donna, con il senso di colpa. Le studentesse del liceo Socrate di Roma hanno tirato su un polverone, non è vero? Qualche post su Instagram, una mobilitazione studentesca a tutti gli effetti, ha dato la possibilità a tutti i talk show del Belpaese di invitare rappresentati del Sì minigonna, No minigonna e di riempire minutaggio di palinsesto.
    In realtà ben poco ne è uscito, da questa storia. Chi l’ha chiamata un’incomprensione, chi un’esagerazione, chi parla di strumentalizzazione (adesso i Boomers hanno scoperto questa parola e non ne usciremo più).
    Forse. Ma la frase infelice della preside del Socrate rimane ben fissa e rappresenta chiaramente quello che intendiamo con rape culture.
    La richiesta avanzata dalla preside alle sue studentesse, cioè quella di non indossare “minigonne” (che sarebbe da vedere bene, cosa si intende per minigonne) non era legata alla necessità di portare un abbigliamento decoroso in un luogo di studio come la scuola. No. La richiesta era giustificata dalla necessità di evitare che ai docenti maschi “cadesse l’occhio”.

    La strumentalizzazione, se proprio vogliamo rifletterci su, è stata fatta quando si è cominciato a parlare di questo caso come di un “errore di comunicazione”. No, non è un errore di comunicazione. È evidente che la prima cosa che viene in mente quando vediamo una ragazza con quello che si considera un abito succinto, sia l’effetto che avrà sull’uomo.
    Cosa voleva fare, questa preside? Proteggere le ragazze, dimostrando di avere dei docenti potenzialmente molestatori o pedofili? Proteggere la scuola da un potenziale scandalo?
    O semplicemente non sapeva come chiedere alle proprie ragazze di non indossare quel determinato capo di abbigliamento?
    Non è importante, in realtà. Il risultato è stato quello di sessualizzare ragazzine del liceo in un contesto che non dovrebbe essere sessualizzato, e insinuare una lettura da far rabbrividire al rapporto studente/docente.

    Bene, ora che ci siamo tolti di mezzo i casi limite, quelli che crossano la linea del newsworthy e vengono condividi sui social alla mercé dei commenti di Facebook (che ho deciso di non leggere mai più per concedermi qualche altro anno di vita), veniamo alla quotidianità.
    No, non vi salvate neanche stavolta.
    Lo so che sarebbe più facile relegare questo genere di violenze alle grandi notizie, alle violenze più dure. Perché in quel caso si potrebbe parlare di “mostri”, di “mele marce”, di “casi isolati”.
    Non lo sono.

    La violenza dell’uomo sulla donna è quotidiana, naturale come respirare.
    Tra gli atteggiamenti che caratterizzano la rape culture non c’è solo lo stupro. C’è anche la molestia, la concezione che la responsabilità dei metodi contraccettivi debba essere della donna (ma non quando si deve abortire, oh no, lì tutti devono dire la propria). Il revenge porn, lo stalking, l’invio di foto di nudo non richieste. Il cat-calling, le battute allusive, il linguaggio sessista, gli stereotipi di genere, il giudizio mediatico, lo slut-shaming e il continuo body-shaming. E tante altre più o meno piccole cose che sentiamo da tutta una vita.
    E sì, questo genere di violenza avviene anche nella coppia. Come, ad esempio, le pressioni sessuali costanti, a cui la donna, ad un certo punto, “per non sentirlo più” si presta.

    Così come le ragazze vengono cresciute con tutte le possibili armi per difendersi dalla violenza maschile, i ragazzi vengono cresciuti con una costante tendenza a giustificare le proprie piccole e grandi violenze nei confronti delle donne della loro vita.
    È divertente perché, anche quando ci troviamo davanti ad un uomo che stupra una donna, o che si macchia di altri crimini più o meno gravi, la colpa rimane della madre, che sicuramente non l’ha tirato su nel modo adatto, come se i padri avessero il solo compito di “reggere il moccolo”, come si direbbe a Roma.

    La cultura dello stupro responsabilizza le ragazze (loro, dopotutto, maturano prima) e deresponsabilizza completamente i ragazzi (che si sa, hanno solo una cosa in testa, mica si sanno controllare).
    Ora, con calma, i ragazzi non partano con “non siamo tutti così”. Lo sappiamo, certo che lo sappiamo. Ma non è la risposta che cerchiamo, nel momento in cui ci troviamo davanti ad un esempio di violenza maschile sulle donne. Non ho bisogno di ripetervi, ancora, che il patriarcato, il maschilismo e la cultura dello stupro danneggiano sia donne che uomini, vero?
    Non è più tempo di giustificare atti ingiustificabili, né di trovare alibi. Abbiamo bisogno di credere alle donne, abbiamo bisogno di insegnare il rispetto e abbiamo bisogno di quell’epifania.

  2. #2
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    Predefinito Re: Rape culture

    Che pippone stucchevole e improduttivo!
    Per quanto riguarda le scuole, io sono favorevole, e non da oggi, alla divisa scolastica, ogni istituto deve avere la sua ben riconoscibile, questo secondo me, aiuterebbe di piu a far socializzare gli studenti, oltre che ad enucleare le polemiche sul look alla fonte.
    Ai ragazzi andrebbe insegnata la difficile arte della seduzione, e alle ragazze declinare gli inviti dei ragazzi con tatto ed educazione.
    Ultimo punto degno di nota è il femminicidio, qualcuna mi saprebbe spiegare, per quale motivo dovrebbe essere più grave uccidere una donna di un uomo?
    Il resto è paccottiglia.

  3. #3
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    Predefinito Re: Rape culture

    Citazione Originariamente Scritto da Antonio Banderas Visualizza Messaggio
    Che pippone stucchevole e improduttivo!
    Per quanto riguarda le scuole, io sono favorevole, e non da oggi, alla divisa scolastica, ogni istituto deve avere la sua ben riconoscibile, questo secondo me, aiuterebbe di piu a far socializzare gli studenti, oltre che ad enucleare le polemiche sul look alla fonte.
    Ai ragazzi andrebbe insegnata la difficile arte della seduzione, e alle ragazze declinare gli inviti dei ragazzi con tatto ed educazione.
    Ultimo punto degno di nota è il femminicidio, qualcuna mi saprebbe spiegare, per quale motivo dovrebbe essere più grave uccidere una donna di un uomo?
    Il resto è paccottiglia.
    Forse a sorpresa ma sono d'accordo con tutto quello che hai scritto. Lo scopo del thread è anche generare reazioni Rape culture

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  4. #4
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    Predefinito Re: Rape culture

    C'è molta confusione su quello che è il ruolo della donna e dell'uomo e sulla immensa dignità che hanno.

    Alla donna è stato dato il dono di poter generare la vita. Anche nel Cristianesimo: se non ci fosse stata una donna il Salvatore non sarebbe venuto al mondo.
    La falsità ideologica dell'equiparazione della donna all'uomo ha tolto dignità a quella che è la donna in se stessa.
    Il compito di mandare avanti la famiglia e crescere la prole è stato svilito, perchè era più importante la carriera lavorativa, era più importante dimostrare di essere superiore all'uomo. Come se crescere un figlio impedisse la propria realizzazione. Come se farsi "mantenere" da un uomo fosse svilente.

    Ma io sono regressista...
    Socio Fondatore - Presidente in Carica - Alternativa Sociale - A.S. - "Rinnovare la Tradizione"

 

 

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