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La curiosa convergenza di individualismo e collettivismo è dovuta al fatto che il marxismo, in quanto Gnosi Materialista, risolve l'Essenza nell'Esistenza, il divenire. Perciò la "volontà di essenza” di un individuo, che sta nella sua bolla, non si ritrova nella visione della sua gnosi che propone solo l'esistenza e quindi non trovandovi soddisfazione anelerà al superamento di sè. Per questo lo gnostico materialista è rivoluzionario, e per questo essere materialisti vuol dire sempre essere rivoluzionari. Anche quando il materialismo può condurre all'empirismo e all'individualismo, resterà sempre rivoluzionario nella sua volontà di essenza. Da questo la perenne insoddisfazione, la rivoluzione e la rivoluzione della rivoluzione. L'uso sistematico della filosofia critica, la perenne auto-critica della sinistra, il decostruttivismo e il post-moderno, cultura della droga e il fluid gender. Un continuo andare oltre a sè.

Allo stesso modo la Gnosi Spiritualista risolve l'Esistenza nell'Essenza, e la "volontà di essenza" di un individuo, che sta nella sua bolla, si ritrova nella visione della sua gnosi che propone solo l'essenza. Per questo lo gnostico spiritualista, è sinceramente conservatore. Ma purtroppo non può esercitare questa volontà non potendo comprendere l'esistenza.
Certamente, per Del Noce.
Indubbiamente questa può essere una valida spiegazione dell'atteggiamento "psicologico" di chi aderisce a queste due varianti gnostiche che si ritrovano, anche se non sempre allo stato puro, nelle ideologie moderne e postmoderne.

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Alla fine il marxismo sta sulla carta. Nella realtà ci sono i marxisti. E a quelli che va la Pastorale. Se è condannato senza appello dalla Dottrina non sono condannati i marxisti dalla pastorale.
Se è per questo, nessun essere umano in quanto tale viene condannato. Ad essere condannati sono i peccati che eventualmente uno commette in pensieri, opere ed omissioni.

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La ragione non può portarci a stimare solo tesi "quia Cicap", però. Perchè, a pensarci bene, se applichiamo la ragione in termini non di ricerca della verità assoluta ma di ricerca di ciò che funziona, dobbiamo convenire che la lettura spirituale, escatologico-apocalittica, della Storia umana è praticata da millenni, è stata quindi vagliata da una grandissima moltitudine di spiriti, tra i quali alcuni tra i più grandi. Ha informato la mentalità occidentale, ne ha sostenuto l'anelito civilizzatore. Vivere la storia come una lotta tra bene e male con un giudizio individuale che ci attende ha reso ogni uomo migliore. Il confronto con le società non cristiane è impietoso.
A meno di non voler pensare che l'uomo occidentale è superiore non grazie ma nonostante questo pensiero religioso! Allora si può ritenere che sia tutta anticaglia superstiziosa ma si cade nel laicismo, quanto meno inconsapevole e passivo.
Si può invece, ritenere che l'uomo progredisca verso una consapevolezza sempre più piena e questo è pienamente cattolico ma allora attenzione a troppo categoriche prese di posizione sul Concilio e sul Papa.
Credo però che tu faccia l'errore di confondere un legittimo tentativo di interpretazione in senso spirituale degli avvenimenti della storia umana con quello che ho definito il complottismo esagerato in cui scadono talora alcuni autori o esponenti sia dell'area cattolica tradizionalista che della destra radicale neofascista. E a ciò va aggiunto che non si deve confondere l'interpretazione dei libri sacri sull'avvicinarsi della fine del mondo, su cui peraltro l'autorità della Chiesa ha sempre assunto un atteggiamento prudente e rigoroso, con certa paccottiglia. A livello metodologico, critico un approccio storiografico che prescinde da un'attenta disamina delle fonti storiche a disposizione e della loro credibilità, così come critico deduzioni errate ed indebite, che si risolvono in palesi non sequitur. Non mi serve il Cicap per questo: mi è sufficiente far uso della logica aristotelica.

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Il "qualcosa di buono" non sta nelle tesi ma nella volontà di ordine cui le tesi rispondono. Visto che il duce aveva risolto la questione romana durata 60 anni, che gli valse la famosa benedizione di Papa XI di "uomo della provvidenza", è chiaro che vi fosse una grandissima, e più che giustificata, considerazione nei suoi confronti. Ma l'attenzione è data allo spirito dell'uomo, che si credeva buono visto i frutti dati fino ad allora, non alle tesi. Come sempre bisogna distinguere le cose in sè, per il loro contenuto, e per sè, per ciò che rappresentano, per la volontà che dimostrano.
Non per fare il solito rompiscatole ma, a dire il vero, la citazione che ho riportato di Mussolini risale al 1927, cioè prima della risoluzione della "questione romana", il commento dei padri gesuiti risale a quello stesso periodo (1927) ed in esso non si dice che lo scritto mussoliniano era apprezzabile per la "volontà di ordine" a cui rispondeva, bensì che esprimeva proprio "verità elementari (...) nella morale cristiana": non mi sembra un giudizio sulla buona volontà, ma proprio sulla bontà della tesi espressa.
Questo non toglie che alcuni aspetti problematici del fascismo italiano siano stati tollerati dalla Chiesa proprio per il motivo che dici tu, cioè perché, nonostante gli errori, si tendeva a riconoscere una volontà d'ordine, che oltre tutto stava dando molti buoni frutti sia alla Chiesa che all'Italia.
Ma che questa tolleranza ci fosse proprio in una fase storica in cui un nazionalismo o, a maggior ragione, un razzismo malintesi potevano fuorviare fortemente le masse, anche quelle cattoliche, è indice del fatto che del buono c'era davvero. E non era poco.

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Qui basterebbe richiamare al dovere che abbiamo, tutti, politici compresi, di "fuggire le occasioni prossime di peccato" per dire che l'Enclica tedesca doveva ben mettere sull'avviso l'allora presidente del Consiglio. Probabilmente considererai troppo massimalista la mia posizione. D'accordo con te che avremo modo di approfondirla un altra volta.
Hai ragione, ma tu sai bene che ci sono occasioni prossime di peccato che sono volontarie ed altre che, invece, sono necessarie. Il famoso Asse Roma-Berlino fu una scelta dettata dall'isolamento in cui si trovò l'Italia dopo l'impresa d'Etiopia e durante la guerra civile spagnola. Fu più una necessità che una situazione voluta, per quanto, talvolta, la propaganda di entrambe le parti abbia un po' forzatamente presentato le cose in termini diversi, fermo restando che fascismo e nazionalsocialismo avevano indubbiamente punti in comune e comuni nemici.

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La Bibbia Martini, edizione del ’36 con le note di P. Sales (stimate come autorevolissime) al Cap. 9, v. 26, alla nota relativa, dice: "24-25. Maledetto Chànaan. Invece di maledire Cham, Noè maledice la posterità di lui, forse perchè non volle che venisse a cadere la maledizione sopra un figlio che Dio aveva benedetto, oppure perchè Cham stesso veniva ad essere ancora più sensibilmente punito colla punizione del suo figlio. Ad ogni modo è chiaro che, se della posterità di Cham vien nominato il figlio Chànaan, si è perchè da esso ebbero origine i Chananei, i quali caddero intanta empietà e depravazione, che per giusto castigo di Dio furono spogliati dagli Ebrei del loro territorio, e vennero sterminati. In generale tutti i popoli Camiti si abbandonarono alle più turpi dissolutezze, e benché facessero rapidi progressi nelle vie della civiltà materiale (Egizi, Fenici, ecc.), poscia decaddero, e furono dominati dai discendenti di Sem e di Iapheth.”
Da notare che una serie di Padri e studiosi, riferisce il Sales, riportano un'interpretazione rabbinica secondo la quale Canaan, e non Cam, avrebbe visto la nudità di Noè. Ciò, forse, per la ricorrente imprecisione dei termini parentali ebraici, e la colpa di Cam sarebbe di non aver ripreso il figlio. Uno spunto di riflessione interessante, ancorchè non di matrice cattolica: se ne ricava che Cam dovrebbe essere educato e non lasciato a se stesso.
Interessante che nelle sue note originali il Martini (XVIII sec.) scrive che “più che una maledizione fu una profezia”, sempre a riguardo di Canaan, mostrando un ulteriore sfumatura, più delicata, nell’esegesi biblica tradizionale.

Conclude il Sales “Checché ne sia di ciò, è da ritenere che la maledizione di Noè ebbe un carattere puramente temporale, poiché anche i discendenti di Cham furono redenti da Gesù Cristo, e sono chiamati a parte dell'eterna eredità”.


Riflessioni. La prima benedizione, quella diretta di Dio, è per la vita e la sussistenza umana. L'umanità salvata esce dall'arca e riprende possesso del mondo. Dio stringe un patto con essa e promette che mai più la distruggerà. Qualifica il patto che sia stato sancito con tutti gli animali della terra. Si tratta quindi della mera sussistenza biologica. Possiamo dire che riguarda l'anima sensitiva dell'uomo, che sia una benedizione "biologica".
La benedizione materiale vuol dire che non è lecito porre limitazioni alla sussistenza al fratello mancante, che deve essere garantita pienamente a tutte le tre progenie perchè Dio non fece distinzioni tra queste con la sua benedizione, diciamo, biologica.

La seconda benedizione, quella che Dio dà tramite Noè, è per le manifestazioni di ciò che intendiamo come anima razionale, ed è una benedizione aggiuntiva spirituale a Sem e Iafet per la discendenza messianica e il ruolo dei popoli occidentali nella storia.

La non benedizione spirituale di Cam, non equivale a una maledizione, appunto perchè di base Dio l'ha gia benedetto. È una non benedizione sull'anima razionale, ma domandiamoci, che senso spirituale ha? Perchè Dio di tre fratelli ne fa uno mancante di qualcosa?
La ragione come sempre è nella Carità. Perchè possiamo avere qualcuno da custodire.
Ciò rimanda direttamente al problema del male nel mondo, che, come sappiamo, è mancanza di bene nelle cose.
In effetti l’uomo esperimenta nella propria esistenza come sia impossibile fare del bene se non si viene spinti da una sua mancanza. Ci si ingegna e si progredisce solo perchè ci sono delle mancanze di bene nelle cose. Non siamo capaci di fare niente di buono, né verso noi stessi, né verso gli altri se non siamo spinti dalla necessità di risolvere dei problemi. È per questo che Dio permette le malattie, perchè possiamo fare il bene, da questo conosciamo il valore inestimabile che hanno i malati, che perciò sono, più di altre, figure di Cristo. Dio quindi ci ha donato un fratello con una mancanza, che è la figura di ogni fratello che ha delle mancanze.

Lo spirito cristiano con cui si deve interpretare questa inferiorità, è come spesso accade nella Bibbia, anticipato nei nomi dei protagonisti, e quindi nel nome dei personaggi biblici, in questo caso di Noè.
Noè significa "consolatore". Lo spirito di Noè è quindi quello del consolatore. Di chi conforta e aiuta. Consolatore è anche per estensione il significato di Paraclito, lo Spirito Santo dato da Cristo agli Apostoli, che in primis significa il difensore, l'avvocato. E' quindi lo spirito del custode. E questo è coerente anche con la tradizione rabbinica che vuole che sia stato Canaan a vedere Noè nudo e che Cam non abbia saputo correggerlo.
Ricordiamo cosa dice Caino "sono io il custode di mio fratello?". E' Caino stesso a dire qual'è il suo peccato, di cui l'omicidio del fratello è solo la parte conclusiva, la parte agita, l'Atto. Il non essere custode è la Potenza del prima crimine.


La maledizione, malintesa presso i protestanti, unita all’eresia della predestinazione ha prodotto il disastro storico della giustificazione della schiavitù (che è cosa ben diversa dalla servitù, ad esempio la servitù della Gleba, propria del Diritto romano), la deportazione degli africani. Una sciagura che tra le altre cose ha bloccato il progresso tecnico e scientifico per circa 5 secoli e su cui non si riflette mai abbastanza (a causa del fatto che i padroni dei media sono quelli che l'hanno praticata).
Questa digressione è molto interessante e ti ringrazio per averlo fatta perché mi ha dato l'occasione di leggere non solo le tue riflessioni in merito, ma anche la pregevole citazione del commento delle Sacre Scritture fatto da p. Sales. Preciso solo che, nella parte del mio intervento che hai quotato, non intendevo aprire l'argomento della maledizione di Canaan e della mancata benedizione di Cam, ma soltanto dire che non è certo che sia stato l'episodio della torre di Babele a generare le differenze razziali tra gli esseri umani.

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San Tommaso d'Aquino dice che non si può classificare un essere vivente in base al suo colore, ma in base al criterio se è "dotato di ragione o no".
Lo sguardo va quindi al singolo. Perchè è il singolo che deve dimostrare di avere la ragione. Mentre per il colore della pelle basta mostrare.

Va da sè poi che vi siano delle tendenze medie che formano le categorie. Le categorie esistono, questo è fuori discussione (metterle in discussione sarebbe negare la razionalità stessa, ci mancherebbe), ma le categorie devono essere funzionali al bene dell'individuo (e della società ovviamente).
Più che sulla funzionalità delle categorie, mi soffermerei sulla loro corrispondenza con la realtà, che è ciò che veramente conta. D'accordo che la nobiltà dell'essere umano non deriva dalla sua appartenenza razziale, bensì dalla sua anima spirituale ed intellettiva. Ma che questa appartenenza sia parte della sua natura è innegabile e, presa in se stessa, è un bene, com'è un bene tutto ciò che è stato creato da Dio. Il corpo non è tutto l'uomo, ma è comunque qualcosa dell'uomo.

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Prima l'individuo, a cui va il primo sguardo, e poi la società. Non è il considerare gli africani inferiori che preserva chi è superiore, ma l'impegno a prendersene cura che rende superiori. Sul piano politico la Destra veramente cristiana, deve contemplare i fratelli africani in un disegno complessivo, non può limitarsi a respingerli: "fatti loro". L'uomo superiore è un custode. Una guida.
Attenzione però che "prima l'individuo" lo dicono anche i liberali. Nei post precedenti ti ho detto quale, alla luce del Magistero della Chiesa, dev'essere il corretto inquadramento dei termini della questione su questo punto, quindi non mi ripeto. Poi sul fatto che si debba aiutare il più debole e il più sfortunato sono d'accordo, ma questo non toglie che, se la teologia morale ha sempre distinto fra la necessità comune, la necessità grave e la necessità estrema o quasi estrema, è proprio perché non ogni debolezza e non ogni bisogno è sullo stesso piano e ci sono impellenze che precedono altre.

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Coerentemente con le note del Sales in cui afferma che la “maledizione” era transitoria in vista di Cristo. Se il tutto lo si vede alla luce del concetto teologico del “già ma non ancora”, si comprende quanto non si debba indugiare ma lavorare per il suo superamento secondo una teologia dei custodi.
Certo, ma non ritengo che l'accettazione di questo fenomeno migratorio rientri in questo superamento. Questo superamento si effettua mandando frotte di missionari veramente ed integralmente cattolici a cercare di convertire gli uomini che vivono in quei paesi, non assecondando un fenomeno che, in queste circostanze, è negativo.

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Il razzismo esagerato è indubbiamente neo-pagano. Non per analogia, ma in senso proprio. Se si comprende il concetto di "bolla gnostica". Era così anche nei tempi antichi. Anche lì c'erano diversi paganesimi, quello imperiale diciamo civile, quello familiare, quello rurale e quello misterico ed esoterico, consapevolmente gnostico.

Ma anche quell'esagerato va approfondito. La pubblicazione, su l’Osservatore Romano nel gennaio 1939, della locuzione "razzismo esagerato" (dell'omelia di un vescovo): "La Chiesa ha condannato quel razzismo esagerato germanico, che pretende erigersi dottrinalmente sulla base di un sistema filosofico religioso, negatore della fede cattolica e della civiltà cristiana", fu un'operazione pastorale non dottrinale.
Davanti al crescente razzismo, che, come tu stesso ammettevi era un pericolo importante (il discorso della svolta razzista del duce, a Trieste, è del settembre '38), è chiaro che per non andare allo scontro e non ridursi le già poche possibilità di influire sulla società italiana, la Chiesa ha ammesso il termine "esagerato". Ma ogni "ismo" andrebbe evitato. Esiste un solo "ismo-esimo", che è il cristianesimo. L'"ismo" intende che si assolutizza qualcosa e quindi che si divinizza la manifestazione umana a cui la si applica. Dovrebbe essere lecito solo per quelle manifestazioni, in genere quelle "tecniche" che non rientrano sotto la dommatica morale.
All'epoca @emv non c'erano i sofistici distinguo tra dottrina e pastorale che invece abbiamo visto dal Concilio Vaticano II in poi. La cura pastorale era espressione di una visione dottrinale. Non c'erano scissioni, discrepanze o anche solo scollamenti tra la dimensione dell'insegnamento dottrinale e l'approccio nei confronti dei fedeli, così come non c'era la volontà di adattare il proprio messaggio alle presunte "esigenze del mondo" o di "scendere a colloquio" con le novità dell'epoca. L'espressione "razzismo esagerato" fu coniata da Pio XI, che la utilizzò in un discorso del 28 luglio 1938, e venne poi ripresa dai vescovi e dai sacerdoti, così come dalla stampa cattolica dell'epoca. La frase che riporti, infatti, è parte di un'omelia dell'allora vescovo di Cremona, mons. Giovanni Cazzani, che poi effettivamente fu pubblicata da "L'Osservatore Romano". Non parliamo ovviamente di pronunciamenti fatti in documenti particolarmente importanti e solenni del Magistero della Chiesa, però se Pio XI intese ricorrere a quell'espressione è perché, nell'atto di insegnare in materia di fede e di morale, la giudicò idonea ad identificare un concetto molto importante che meritava l'attenzione e la condanna della Chiesa. Così come giudicò altrettanto idonea l'altra espressione, cioè "sano razzismo", per identificare le sole forme di razzismo ammissibili in ottica cattolica. È vero che di fronte a qualsiasi nuovo "ismo" bisogna drizzare le orecchie e capisco, in tal senso, la tua obiezione ma lo stesso cattolicesimo è pieno al suo interno di "ismi": pensa ai nomi che hanno i diversi sistemi morali che sono stati ammessi dalla Chiesa, dal tuziorismo mitigato al probabilismo.
Ci si potrebbe chiedere perché la Chiesa non distinse mai fra un "sano" comunismo ed un comunismo "esagerato" o fra un "sano" socialismo ed un socialismo "esagerato" o tra un "sano" liberalismo ed un liberalismo "esagerato", mentre invece distinse fra un "sano" nazionalismo ed un nazionalismo "esagerato", così come tra un "sano" razzismo ed un razzismo "esagerato" (cosa analoga venne fatta da Pio XI quando distinse fra un "totalitarismo soggettivo", al quale potevano legittimamente aspirare lo Stato ed un particolare regime politico, ed un "totalitarismo oggettivo", la cui pretesa, da parte dello Stato, sarebbe stata moralmente illecita). L'unica risposta è che questi fenomeni, nella loro complessità, si distinguono fra quelli che, nonostante possano contenere alcune verità, sono inficiati nel nucleo essenziale delle loro idee e quelli che, pur avendo delle declinazioni storiche meritevoli di condanna, hanno un nucleo fondamentale di idee accettabile che, sfrondato da determinati errori che gli si sono attaccati come scorie o particolari deformazioni, può accordarsi con la dottrina cattolica. È possibile che questo distinguo sia stato dettato anche dal fatto che, tra i fedeli, certi termini richiamavano immediatamente ideologie che si contrapponevano alla fede, mentre invece altri no. Però questo argomento mi sembra più debole dell'altro, perché questa percezione in realtà variava a seconda dei contesti.

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I legami comunitari devono essere come condotture percorse dalla Grazia che vivifica. In se stessi, purtroppo, sono condannati dal peccato come qualsiasi altra manifestazione umana.
Qui c'è la mia visione dell'uomo, incapace persino di compiere il bene animale. Ma non va confusa con una visione luterana perchè Lutero non amava la virtù della Speranza. Invece, la grazia va sperata, continuamente pregata ma non si può dubitare che senza quel sostegno l'uomo non sopravvive a differenza dell'animale e nulla può ricavare dai suoi legami comunitari.
Intanto questi legami comunitari, che la dottrina cattolica ci insegna essere necessari, riconosciamoli e difendiamoli per rinsaldarli e migliorarli. Facciamolo da cristiani, ma facciamolo. Evitiamo, in particolar modo, l'inoperosità personale con la scusa della grazia e la minimizzazione di un male sociale d'ordine temporale con la scusa del soprannaturale.