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    Predefinito Ucraina, la credibilità della Nato non era mai stata così bassa

    Sono degli scarsi privilegi dell’età è di averne viste tante. E il primo forte ricordo di politica internazionale, per me, è la crisi di Cuba. Legato alla faccia terrea con cui mio padre, all’epoca capo della redazione romana del Giorno, rientrava dal lavoro mentre, giorno dopo giorno, il confronto si avvicinava al momento Stranamore. Perfino a scuola, il vostro testimone era allora in terza elementare, l’argomento era presentissimo. Le buone suore presso cui studiavo ci parlavano delle azioni e delle preghiere di Papa Giovanni, che intermediava con Mosca sui missili in Turchia, attribuendogli, ovviamente, il merito di averci salvato dalla guerra nucleare.

    Tutto questo per dire quanto lontano siamo stati stavolta dal panico e quanto fallimentare sia stata la più grande campagna propagandistica orchestrata in Occidente almeno dalla guerra in Iraq. Da novembre, dai primi allarmi apparsi sul Washington Post, ogni giorno il rimbombo dell’ammassamento di truppe russe, di possibili colpi di stato, di operazioni coperte, di sbarchi, di evacuazioni diplomatiche, di sanzioni, perfino di precisi giorni per l’invasione, martellato a reti e giornali unificati in ogni paese Nato, è caduto su orecchie sorde. Intente ad ascoltare, da noi, Sanremo, gli Open d’Australia o le Olimpiadi invernali.


    Questo tracollo di audience e di share era tutt’altro che scontato, perfino prevedibile, checché ne pensi Luciano Canfora. La guerra, e non solo quelle che ci possono riguardare, è stata uno dei grandi elementi di mobilitazione emotiva e politica delle nostre vite. In passato i movimenti pacifisti hanno riempito le piazze anche quando il loro manifestare era palesemente sbagliato, come ai tempi degli euromissili. Abbiamo seguito incollati alla tv lo spettacolo tragico e affascinante dei raid aerei, perfino il caotico ritiro da Kabul ci ha consegnato immagini potenti, fissate nell’immaginario. La crisi ucraina, nulla. Come mai?


    La spiegazione più semplice è anche la più drastica. Non c’era nulla da vedere. No beef, direbbero gli americani. I disperati tentativi di convincerci del clear and present danger si sono frantumati sull’assenza di notizie vere. Tra una propaganda che urlava al lupo al lupo e una che si camuffava da agnello, abbiamo scelto di non bere a nessun ruscello. La seconda è peggiore per l’Occidente. Nonostante la Casa Bianca, come Farouk quando veniva visto a poker, abbia detto “parola di re”, non abbiamo creduto alle mai divulgate prove sulla volontà di attaccare di Putin.

    Ucraina, Putin: “Se vogliamo la guerra? Certo che no. Pronti ai negoziati”. Scholz: “Sicurezza duratura solo con la Russia, non contro”

    La terza è ancora peggiore. Abbiamo creduto a Putin. Guardando una cartina ci è parso di vedere i nostri ai confini della Russia più che i russi ai confini dell’Europa. L’ultima è che, con uno sguardo al portafoglio, abbiamo pensato che, se il petrolio saudita può far straparlare di rinascimento, il gas russo val bene una messa nel Donbass e che tra Kashoggi e Politkovskaja, in fondo, ci sono poche differenze. Sia come sia, la credibilità di stampa e governi della Nato non era mai stata così bassa. E questa, per Putin, è una vittoria schiacciante.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/02/17/ucraina-la-credibilita-della-nato-non-era-mai-stata-cosi-bassa-una-vittoria-per-putin/6495580/

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    Predefinito Re: Ucraina, la credibilità della Nato non era mai stata così bassa

    “Vladimir Putin ha ragione? “, il più importante settimanale tedesco mostra che chi ha perso nella guerra dell’Ucraina è l’Oligarchia globalista

    NATO’s Eastward Expansion: Is Vladimir Putin Right? – DER SPIEGEL
    Umberto Pascali

    L’establishment tedesco si chiede pubblicamente: “Vladimir Putin ha ragione?”

    Der Spiegel, il più importante settimanale tedesco, mostra che chi ha perso nella “guerra dell’Ucraina” e’ l’Oligarchia globalista.

    Mentre il polverone della guerra dell’informazione dei biden/clintonisti si dirada, la Germania ha il coraggio di dire l’ovvio: Putin ha ragione.

    Nel 1989, i governi occidentali avevano assicurato la Russia che la caduta del Muro di Berlino e la fine del Patto di Varsavia avrebbe portato al congelamento della NATO e ad una collaborazione tra Est e Ovest con reciproco beneficio dei popoli finora divisi e l’un contro l’altro armati.

    Ma il Complesso Militare Industriale anglo-americano e il Deep State avevano invece seguito gli ordini dell’Oligarchia mondialista: Russia Delenda Est!

    La Russia, come voluto da Zbigniew Brzezinski— il Pigmalione di Carter Clinton e Obama — doveva essere fatta a pezzi e usata solo per il saccheggio delle materie prime nelle mani delle grandi multinazionali.

    In questo modo i cani famelici dell’Oligarchia hanno provocato trenta anni di escalation di guerre e miseria, usando gli Stati Uniti (contro la volontà e gli interessi della popolazione americana) come uno strumento di guerre senza fine e, da più di vent’anni, di demonizzazione di Vladimir Putin, colpevole di difendere gli interessi del suo popolo. Putin e’ per l’oligarchia un nemico acerrimo molto più pericoloso di qualsiasi leader sovietico con cui si poteva trattare …

    In questo modo, i grandi oligarchi luciferini e i loro strateghi nazisteggianti, hanno inflitto instabilità, destabilizzazioni, sofferenze, guerre e distruzioni.

    Soprattutto, i dottor Stranamore dell’Oligarchia, hanno fatto di tutto per impedire la naturale collaborazione economica tra Russia e Europa occidentale.

    E hanno fatto di tutto per impedire che le forze sovraniste occidentali (compreso quelle statunitensi- leggi, Trump) potessero trovare un modus vivendi e collaborandi con la Russia.

    In questa atmosfera guerrafondaia, le forze economiche e politiche europee favorevoli a una distensione sono diventate il target di attacchi di tutti i tipi. L’esempio più ributtante, l’operazione giudiziaria e di intelligence conosciuta come “Mani Pulite” e la seguente decapitazione della leadership italiana.

    Ma già da prima, le forze che volevano una distensione erano state prese di mira: da Aldo Moro, alla stagione del terrorismo in Italia, agli assassini di leader economici tedeschi culminati nel brutale assassinio a Bad Godesberg – nel novembre 1989, in concomitanza con la caduta del Muro— del presidente della Deutschmark Bank, Alfred Herrhausen.

    Herrhausen era il geniale e coraggioso consigliere ascoltatissimo del cancelliere Helmut Kohl, che aveva organizzato un piano per investimenti economici giganteschi nell’Europa dell’Est del dopo Guerra Fredda.

    La leadership russa avrebbe accettato le proposte occidentali anche e soprattutto per via delle prospettiva di pace e sviluppo economico legate al Piano Herrhausen.

    Ora, per la prima volta, la Germania sembra uscire (almeno in parte) dall’incubo della dottrina Brzezinski. La visita a Mosca del nuovo cancelliere tedesco, mentre il demente pupazzo Biden continua a parlare di invasione russa, forse dimostra che quei trent’anni di arroganza guerrafondaia sono arrivati al punto finale.

    Dear Spiegel (vedi traduzione italiana sotto) sembra essere il sobrio riconoscimento di questo dato strategico.

    https://www.spiegel.de/international/world/nato-s-eastward-expansion-is-vladimir-putin-right-a-bf318d2c-7aeb-4b59-8d5f-1d8c94e1964d

    L’espansione verso est della NATO
    Vladimir Putin insiste che l’Occidente ha imbrogliato la Russia espandendo la NATO verso est dopo la fine della guerra fredda. C’è qualcosa nelle sue affermazioni? La risposta breve: È complicato.

    Di Klaus Wiegrefe 15.02.2022, 11.13 Uhr

    Nel settembre 1993, il presidente russo Boris Eltsin scrisse una lunga lettera al presidente americano Bill Clinton. La lettera, indirizzata a “Caro Bill”, iniziava con una menzione del “candido scambio di opinioni” dei due leader. E poi Eltsin si lasciò andare.

    La Polonia, l’Ungheria e la Repubblica Ceca erano interessate ad entrare nell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (NATO), il che era una fonte di preoccupazione per il presidente russo. Naturalmente, ha notato Eltsin, ogni paese può decidere da solo di quale alleanza vorrebbe far parte. Ma l’opinione pubblica russa, ha continuato, vede l’espansione orientale della NATO come “una sorta di neo-isolamento” della Russia, un fattore, ha insistito, che deve essere preso in considerazione.

    Eltsin ha anche fatto un riferimento al trattato Due più Quattro relativo alla riunificazione della Germania nel 1990. “Lo spirito del trattato”, ha scritto, “preclude l’opzione di espandere la zona NATO all’est”. Quella lettera ha segnato la prima volta che la Russia ha accusato l’Occidente di non aver mantenuto la parola data. E nonostante il fatto che gli americani respinsero l’accusa, non è mai stata trovata una risoluzione al conflitto – una situazione che ha avuto conseguenze di vasta portata fino ai giorni nostri. Non c’è essenzialmente nessun’altra questione storica che ha avvelenato le relazioni tra Mosca e l’Occidente tanto negli ultimi tre decenni quanto il disaccordo su ciò che, precisamente, è stato concordato nel 1990. “Ci avete imbrogliato spudoratamente”

    Negli anni da quando Eltsin ha inviato la sua lettera, la NATO ha accettato 14 paesi dell’Europa orientale e sud-orientale nell’alleanza. E il Cremlino si è lamentato di essere stato ingannato ad ogni passo. Proprio di recente, l’attuale presidente russo Vladimir Putin si è lamentato: “Ci avete imbrogliato senza vergogna”. Il centro dell’ira del Cremlino non è più esclusivamente sull’accordo Due più Quattro, ma essenzialmente su tutti gli accordi negoziati dalla caduta del muro di Berlino. “Ci avete promesso negli anni ’90 che (la NATO) non si sarebbe mossa di un centimetro verso est”, ha detto Putin a fine gennaio. E sta usando quella storia per giustificare le sue attuali richieste di garanzie scritte che l’Ucraina non sarà mai accettata nell’alleanza occidentale.

    Ma non è tutto. Alla fine di gennaio, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha scritto una lettera aperta alle sue controparti occidentali in cui ha citato ulteriori intese. In particolare, si è concentrato sulla Carta per la sicurezza europea, radicata negli accordi raggiunti nel 1990. Est e Ovest avevano concordato all’epoca che ogni paese ha il diritto di scegliere liberamente l’alleanza di cui vuole far parte, sottolineando anche “l’indivisibilità della sicurezza”.

    Più tardi, questo è diventato “l’obbligo di ogni Stato di non rafforzare la propria sicurezza a spese della sicurezza di altri Stati”, come Lavrov menziona esplicitamente nella sua lettera. Quindi, ha ragione Putin nel sentire che la Russia è stata ingannata dall’espansione verso est della NATO?

    Non mancano i resoconti di diversi testimoni delle varie discussioni tra l’Occidente e Mosca dopo la caduta del muro di Berlino. Nel 1990, un vero e proprio esercito di politici e alti funzionari di Mosca, Washington, Parigi, Londra, Bonn e Berlino Est si sono incontrati per discussioni sulla riunificazione tedesca, sul disarmo sia della NATO che del Patto di Varsavia, e su una nuova carta per la Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE) – che è diventata l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) nel 1995. “Assicurazioni categoriche” Ma i ricordi delle persone coinvolte non sono sempre coerenti. Roland Dumas, che è stato ministro degli Esteri francese nel 1990, avrebbe poi detto che è stato preso l’impegno che le truppe della NATO non sarebbero avanzate più vicino al territorio dell’ex Unione Sovietica. Ma il segretario di stato americano dell’epoca, James Baker, ha negato che una tale promessa sia mai stata fatta – un’affermazione che alcuni dei suoi stessi diplomatici, tuttavia, hanno contraddetto. Jack Matlock, che era l’ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca all’epoca, ha detto che “assicurazioni categoriche” sono state date all’Unione Sovietica che la NATO non si sarebbe estesa verso est. Le versioni del discorso fornite da Mikhail Gorbaciov, l’ultimo leader dell’Unione Sovietica, sono particolarmente confuse. In un’occasione, disse che il cancelliere tedesco Helmut Kohl e gli americani gli avevano promesso che la NATO “non si muoverà di un centimetro verso est”. Ma in un’altra occasione, ha detto che “l’argomento dell’espansione della NATO non è mai stato discusso” – e tuttavia ha insistito che l’Occidente ha violato lo spirito degli accordi raggiunti all’epoca.

    Fortunatamente, ci sono molti documenti disponibili dai vari paesi che hanno preso parte ai colloqui, tra cui promemoria di conversazioni, trascrizioni di negoziati e rapporti. Secondo questi documenti, gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Germania segnalarono al Cremlino che un’adesione alla NATO di paesi come Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca era fuori questione. Nel marzo 1991, il primo ministro britannico John Major promise durante una visita a Mosca che “non accadrà nulla del genere”. Eltsin ha espresso un significativo dispiacere quando il passo è stato fatto alla fine. Ha dato la sua approvazione all’espansione verso est della NATO nel 1997, ma si è lamentato che lo stava facendo solo perché l’Occidente lo aveva costretto. Non c’è, naturalmente, nessun accordo legalmente vincolante tra le due parti dal periodo successivo alla caduta del muro di Berlino. Il verdetto sul fatto che l’Occidente non abbia mantenuto la parola data dipende interamente da quanto si crede che le assicurazioni fatte da Major e dagli altri fossero effettivamente vincolanti. La lotta per l’espansione a est della NATO è iniziata nel gennaio 1990 con un’iniziativa del ministro degli esteri tedesco Hans-Dietrich Genscher. In tutta l’Europa orientale, il popolo aveva rovesciato i governi satellite di Mosca, e Genscher era preoccupato per la possibile risposta del Cremlino. Aveva ancora vividi ricordi della rivolta del 1956 in Ungheria. Quando un elemento della ribellione cercò di ritirarsi dal Patto di Varsavia e stabilire legami più stretti con l’Occidente, i sovietici si mossero per schiacciare la ribellione. Genscher voleva evitare che si ripetesse, ed era pronto a fare ampie concessioni al Cremlino. Boris Eltsin con Bill Clinton nel 1997: ha accettato l’espansione orientale della NATO nel 1997, ma si è lamentato che l’Occidente lo ha costretto a farlo.

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    Boris Eltsin con Bill Clinton nel 1997: era d’accordo con l’espansione ad est della NATO nel 1997, ma si lamentava che l’Occidente lo aveva costretto. AP

    In un discorso del 31 gennaio 1990, propose che la NATO pubblicasse una dichiarazione che diceva: “Qualunque cosa accada al Patto di Varsavia, non ci sarà alcuna espansione del territorio della NATO a est e più vicino ai confini dell’Unione Sovietica”. Il discorso di Genscher fu ben accolto dai governi alleati in Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia e Italia. In una discussione con la sua controparte a Londra, Genscher disse che aveva bisogno di rassicurazioni che “l’Ungheria non sarebbe diventata parte dell’alleanza occidentale nel caso di un cambiamento di governo”.

    La sua controparte americana Baker “non era esattamente entusiasta” dell’idea, ma la considerava “il meglio che avevamo al momento”. La preoccupazione principale tra gli alleati occidentali era se una Germania unita sarebbe rimasta nella NATO, e non il futuro dei paesi dell’Europa orientale, che erano ancora tutti nel Patto di Varsavia. Una questione risolta All’inizio di febbraio, Genscher e Baker presentarono l’idea a Mosca indipendentemente l’uno dall’altro.

    Il ministro degli esteri tedesco assicurò al Cremlino che: “Per noi, è una certezza che la NATO non si espanderà a est. E questo vale in generale”, intendendo chiaramente oltre la Germania dell’Est. L’americano, da parte sua, ha offerto “garanzie di ferro che la giurisdizione o le forze della NATO non si sposteranno verso est”. Quando Gorbaciov disse che l’espansione della NATO era “inaccettabile”, Baker rispose: “Siamo d’accordo con questo”.

    Più tardi, Baker avrebbe detto che il suo obiettivo esclusivo era stato la Germania. Apparentemente, era a disagio per aver negoziato con i sovietici a scapito di Budapest e Varsavia. Genscher avrebbe anche minimizzato l’importanza della sua visita a Mosca, dicendo in seguito che aveva voluto “valutare” la risposta sovietica, niente di più. Poco tempo dopo iniziarono i negoziati Due più Quattro, che si protrassero fino al settembre 1990. I sovietici, ha detto Genscher, non sono mai tornati sulla questione dell’espansione della NATO in Europa orientale, un fatto che ha interpretato nel senso che la questione era stata risolta. C’è spazio per i dubbi su questa versione degli eventi. Già nel febbraio 1990, non era un segreto che alcuni paesi dell’Europa orientale avevano iniziato a sognare un’eventuale adesione alla NATO. I giornali ne scrivevano e i funzionari sovietici ne hanno parlato in diverse occasioni ai politici occidentali. Senza successo. L’Occidente fornì solo dichiarazioni generali di rassicurazione. Il presidente statunitense George H. W. Bush, per esempio, disse: “Non abbiamo intenzione, nemmeno nei nostri pensieri, di danneggiare l’Unione Sovietica in alcun modo”. Il presidente francese François Mitterrand disse a Gorbaciov che era “personalmente favorevole allo smantellamento graduale dei blocchi militari”. Il segretario generale della NATO Manfred Wörner espresse in seguito la sua chiara opposizione all’espansione dell’alleanza occidentale.

    Il messaggio era chiaro. Se Gorbaciov avesse fornito la sua acquiescenza alla riunificazione tedesca all’interno della NATO, l’Occidente avrebbe puntato a stabilire un’architettura di sicurezza occidentale che tenesse conto degli interessi di Mosca. Le assicurazioni informali non erano insolite durante la guerra fredda. Il politologo statunitense Joshua Shifrinson paragona le discussioni del 1990 con gli accordi verbali tra americani e sovietici che portarono all’attenuazione della crisi dei missili di Cuba nel 1962. Questa visione della situazione è supportata dal fatto che è stato estremamente difficile per Gorbaciov accettare l’adesione alla NATO per una Germania riunita. È difficile immaginare che il capo del Cremlino avrebbe accettato un tale passo se avesse creduto che le promesse di Bonn, Londra, Parigi o Washington fossero tutt’altro che genuine. Infatti, il governo tedesco alla fine ha dovuto accettare uno status speciale per gli stati che appartenevano alla Germania dell’Est, garantendo che la regione non avrebbe ospitato, in linea di principio, truppe dei membri dell’alleanza NATO o di qualsiasi altro paese. Dati i documenti disponibili, alcuni ipotizzano addirittura che l’Occidente abbia intenzionalmente ingannato i sovietici fin dall’inizio. Poche settimane dopo il suo viaggio al Cremlino, in ogni caso, Baker disse espressamente a Genscher che alcuni paesi dell’Europa orientale erano desiderosi di entrare nella NATO, generando la risposta di Genscher che la questione “non dovrebbe essere toccata per ora”. Una formulazione che teneva tutte le opzioni sul tavolo per dopo. L’amministrazione statunitense all’epoca includeva anche influenti integralisti come il segretario alla Difesa Dick Cheney e il suo sottosegretario di stato neo-conservatore, Paul Wolfowitz. Questi erano uomini che sognavano di sviluppare gli Stati Uniti nell’unica superpotenza globale, e vedevano la NATO principalmente come uno strumento per affermare il dominio degli Stati Uniti in Europa.

    ‘interesse mostrato dai paesi dell’Europa orientale ad unirsi all’alleanza era utile a questo proposito. Il Dipartimento della Difesa ha esortato la NATO a lasciare “la porta socchiusa”. Tali dichiarazioni sembrerebbero sostenere le affermazioni di Putin che l’Occidente ha “imbrogliato” la Russia intenzionalmente. Tuttavia, questa visione, nella sua semplicità, è errata. Gli anni ’90 sono stati il decennio delle buone intenzioni e delle grandi illusioni, da entrambe le parti. Gorbaciov promise che il Cremlino avrebbe introdotto la democrazia, rispettato i diritti umani e riconosciuto il diritto dei paesi all’autodeterminazione. Ha persino ventilato la possibilità che la stessa Unione Sovietica potesse diventare membro della NATO. Il suo successore Eltsin ha espresso una fiducia simile, affermando che “stiamo diventando un paese diverso”. Crescente sfiducia L’impero orientale sembrò per un certo periodo come se fosse pronto per la riforma. E con questa impressione in testa, Kohl, Genscher, Bush e il suo successore Clinton volevano davvero trasformare la NATO e prendere sul serio gli interessi del Cremlino. C’era, tuttavia, una contraddizione potenzialmente significativa: Da un lato, tutti i paesi erano presumibilmente uniti dalla “indivisibilità della sicurezza”, mentre dall’altro, ogni paese aveva presumibilmente il diritto di decidere a quale alleanza voleva unirsi. Tuttavia, questo sembrava all’epoca non essere altro che un problema teorico. Inoltre, Clinton, Kohl e gli altri hanno passato anni a rifiutare l’adesione alla NATO di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca. Una tale espansione era vista come troppo costosa, le nascenti democrazie di quei paesi apparivano troppo fragili e i loro eserciti erano troppo reazionari. Ma poi, il processo di riforma in Russia è rallentato e la sfiducia ha cominciato a crescere. E i repubblicani, da parte loro, si resero conto che la questione dell’espansione della NATO era utile per segnare punti politici contro Clinton. Molti americani con radici nell’Europa orientale vivevano negli stati decisivi del Midwest. Portando Clinton a decidere alla fine di espandere l’alleanza. Così facendo, l’Occidente non ha rotto alcun trattato, ma alcuni partecipanti erano comunque preoccupati. Anni dopo, Genscher disse che l’espansione andava bene da un punto di vista formalmente legale. Ma era impossibile negare, disse, che era contro lo spirito delle intese raggiunte nel 1990.

 

 

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