Da parte di coloro che cercano di creare delle discordie fra noi e i nostri vicini vengono avanzati tre argomenti principali contro la dottrina della razza.
In primo luogo si vuoi dare ad intendere che la dottrina tedesca della razza, quasi come maestra a scolari, assegni ad ogni razza un dato valore e quindi le ordini in un insieme, nel quale il primo posto spetterebbe alla razza nordica. E allora, naturalmente, razze, come per esempio, quella mediterranea, dovrebbero contentarsi di un secondo posto se non anche di una parte ancor più subordinata.
Ciò è falso. Non si contesta che in Germania e altrove sono usciti libri di varia importanza ove si affermarono idee del genere. Ma la psicologia delle razze, o psicantropologia, che, in fondo, è essa sola chiamata a decidere in ordine ai valori razziali, ha fin dall’inizio sostenuto il principio, che ogni razza è a se stessa il supremo valore. Ogni razza ha in se stessa la misura dei propri valori e della loro gerarchia e non può essere misurata con i criteri di nessun’altra razza. È privo di senso e antiscientifico voler guardare la razza mediterranea con gli occhi della razza nordica e valutarla secondo la scala nordica dei valori — così come insensato e antiscientifico sarebbe l’inverso, cioè un analogo tentativo da parte della razza, per esempio, mediterranea –. Nella vita pratica ciò si ripete sempre di nuovo ed è quasi inevitabile. Ma nell’ordine della scienza un tale procedere urta contro la logica più elementare. Giudicare circa il valore « oggettivo » di una razza umana potrebbe esser cosa solo di quell’uomo, che stesse di là da ogni razza. Ma questa è una impossibilità, perché esser uomo vuoi dire esser condizionato dalla razza. Forse Dio conosce l’ordine gerarchico delle razze. Noi no.
Il compito della scienza è di scoprire la legge, in funzione della quale si definisce la forma psichica e corporea di ogni singola razza. In tale legge di una razza è compresa una corrispondente gerarchia di valori. Si possono confrontare simili gerarchie — si può, per esempio, confrontare la gerarchia interna dei valori nordici con quelli, per esempio, mediterranei -—: Tali confronti sono anzi istruttivi, perché ogni cosa al mondo mostra più distintamente ciò che è quando è messa vicino ad un’altra cosa, che se ne distingue. Ma queste gerarchie di valori non possono, in se stesse, venir valutate da un punto di vista sopraordinato, perché un tale punto di vista ci è ignoto.
L’uomo nordico deve esser nordico e quello mediterraneo mediterraneo: così ognuno sarà se stesso, puro e schietto, secondo la sua natura propria. Questa è la persuasione della psicologia tedesca delle razze, che io rappresento; persuasione condivisa anche dalla politica razziale tedesca. L’ufficio politico-razziale del partito nazionalsocialista ha fatto stampare e diffondere nelle scuole una tavola con i vari tipi ove si legge a grandi lettere: Ogni razza costituisce a se stessa il supremo valore (1).
Il secondo errore commesso nelle obiezioni già ricordate consiste nel far credere che secondo la scienza tedesca una razza si distingua dall’altra per avere in proprio, a differenza di questa, certe qualità tipiche; onde, per esempio, la razza nordica sarebbe caratterizzata da una particolare facoltà discriminatrice, dall’attivismo, dal senso della responsabilità, dalla coscienziosità, dallo spirito eroico, capacità che invece mancherebbero in altre razze. Non si contesta, che in alcune antiche opere di antropologia, anche tedesche, si possono trovare tali vedute antipsicologiche. Ma come in fatto di calzature si interroga un calzolaio, in fatto di navigazione un marinaio, così in fatto di leggi psicologiche sarebbe bene ascoltare lo psicologo, e non il competente in anatomia e antropologia.
La psicologia tedesca delle razze già da anni ha fermamente sostenuto, che la « razza dell’anima » non risiede in questa o quella qualità. Le qualità si riferiscono agli uomini quali singoli, l’uno può aver questa qualità e un altro una diversa. Per esempio, lo spirito eroico si trova indubbiamente in molti uomini nordici, ma altrettanto positivamente anche in uomini di altra razza. Lo stesso si dica nei riguardi dell’attivismo, della facoltà di discriminazione e così via. La razza dell’anima non consiste nel fatto di possedere questa o quella dote, ma nella funzione varia che le doti hanno nei vari tipi. Lo spirito eroico di un uomo nordico e quello di un uomo mediterraneo possono essere assolutamente della stessa « grandezza », e purtuttavia hanno un volto diverso, perché si esprime nei due casi in forma e funzione diversa.
Il procedimento infantile di chi si mettesse a collezionare le qualità singole che si ritrovano nei vari esponenti di una data razza, mettiamo di quella nordica, e poi credesse di aver colto, per mezzo di tali qualità, l’essenza della razza, sarebbe paragonabile a quello di chi volesse descrivere più o meno così l’apparenza corporea, per esempio, della razza nordica: un naso, una bocca, delle braccia, delle mani. Certo, essa ha tutto questo ed altro ancora. Ma tutte le altre razze hanno parimenti naso, bocca, braccia, mani. Non è dunque qui che risiede il nucleo essenziale della razza: esso non ha a che fare con il possesso di queste o quelle parti corporee. Dalla razza dipende anzitutto la forma del naso, la forma della bocca e il modo con cui la bocca viene usata o si muove; dalla razza è determinata la forma delle braccia e delle mani e il modo in cui esse si muovono e fanno da strumenti espressivi nel tipo, che le possiede. Ora, nessuno potrà contestare che un uomo di razza mediterranea si muova in modo diverso da quello nordico, che egli cammini diversamente, balli diversamente, accompagni con altri gesti il suo dire. Nessun uomo, che abbia occhi, può contestare questo fatto. Chi porrà ora la questione circa quello dei due movimenti o dei due gesti che sia più pregevole, il mediterraneo o il nordico? Questa questione sarebbe priva di senso. Ognuno segue la sua specie, il suo stile.
I movimenti del corpo sono l’espressione del moto dell’anima. Ciò appare nel modo più chiaro nel giuoco dei muscoli del viso e nei gesti delle braccia e delle mani con cui chi parla accompagna il proprio discorso. Perché egli muove le mani proprio così e non altrimenti? Perché il moto specifico della sua anima gli prescrive esattamente quei gesti delle mani. Lo stile del moto dell’anima determina lo stile del movimento del corpo le due cose ne vanno a costituire una sola.
Un esempio banale dalla vita d’ogni giorno può chiarire l’idea. Chi è più adatto a guidare un’auto, l’uomo nordico o quello mediterraneo? Anche questa domanda è priva di senso. Né l’uomo mediterraneo né quello nordico sono, in se stessi, più adatti per una particolare attività. Devesi invece dire che all’interno delle due razze vi sono diversi uomini dotati per guidare un’auto. Se lo sono, allora quelli di razza nordica lo faranno in un modo nordico, che farà appunto trasparire la loro razza. Se essi sono invece mediterranei, lo faranno in modo mediterraneo, cosa che farà trasparire la loro natura mediterranea. E questi due modi si distinguono come segue. L’autista mediterraneo è padrone del momento: è sempre presente, in qualsiasi punto. Investe in piena velocità una curva, scarta o frena con un atto pronto, sicuro e istantaneo — più la vicenda è pazza e pericolosa, più la sente magnifica —. Su questo piano un autista nordicamente intonato non può seguirlo non perché egli non sappia guidare, ma perché la legge del suo movimento psichico e materiale lo porta ad un altro stile del guidare. L’uomo nordico non vive in quel che avviene nel momento, si preoccupa di più di quel che avverrà: egli controlla la lontananza così come il mediterraneo — nel caso in questione — è invece signore del momento. Non affronterà velocemente la curva, ma la supererà con un ampio arco; per lui la curva è « bella » se può prevederla e lasciarla indietro quasi senza darvi rilievo. Il guidatore mediterraneo ama l’impreveduto e di fronte ad esso si mantiene signore del momento. Il guidatore nordico si tiene sempre attento a quel che può sopravvenire, anche come pura possibilità. Per questo egli ha creato un ordinamento del traffico stradale che contempla ogni possibile caso e che disturberebbe un guidatore mediterraneo forse più di quel che invece non lo facilitasse. Privare un guidatore di stile mediterraneo del piacere della sorpresa, non significa per nulla andargli incontro.
Il terzo equivoco consiste nel far pensare che il popolo tedesco si identifichi con la razza nordica e quello italiano con la razza mediterranea. Ciò di solito non lo si dice espressamente, ma lo si sottintende. Invece sta di fatto che il popolo tedesco è un miscuglio di varie razze, anche se in esso l’elemento nordico predomina. In esso son presenti sangui diversi, ad esempio anche sangue mediterraneo. Del pari, il popolo italiano consta di diverse razze e nella parte meridionale della penisola può darsi che la componente mediterranea vi predomini. Ma ciò non vuoi dire che nel popolo italiano non sia presente un sangue diverso, ad esempio, un po’ di sangue nordico. Non si può pensare che i due popoli siano separati da una netta frontiera razziale, perché essi hanno invece molto di comune nel loro sangue. Questa parentela del sangue risale alla prima epoca romana e da quel tempo si è spesso rinnovata. E nelle due civiltà, in quella germanica e in quella romanica, le due leggi — quella del tipo nordico e del tipo mediterraneo — sono parimenti in giuoco, secondo azioni e reazioni: con risultati diversi per ciascuna delle due civiltà.
Ogni tentativo di mettere in cattiva luce la politica razziale tedesca e di creare un dissenso culturale fra i due popoli amici sulla base dei tre equivoci qui segnalati è dunque condannato all’insuccesso. Le conoscenze della psicologia delle razze e dottrina dell’anima delle razze trovano conferma ad ogni passo nel campo della politica internazionale e coloniale e dimostrano la loro utilità dovunque si entri in rapporto con uomini di tipo diverso. Esse non mirane a separare, ma a connettere i popoli, fornendo le basi di una comprensione scientificamente illuminata fra tipo e tipo.
Ludwig Ferdinand Clauss