Uccide il padre per difendere la madre: assolto il 20enne
Il 20enne è stato assolto perché il fatto non costituisce reato. La difesa aveva chiesto la piena assoluzione per legittima difesa.
Alex Pompa è stato assolto. Il 20enne che il 30 aprile del 2020 a Collegno, comune in provincia di Torino, uccise il padre con 24 coltellate per difendere la madre e il fratello dalle violenze del genitore, è stato assolto perché il fatto non costituisce reato. A stabilirlo è stata una sentenza pronunciata dalla corte di Assise di Torino dopo una camera di consiglio durata poco meno di sei ore.
Assolto perché il fatto non sussiste
Alessandro Aghemo, il pubblico ministero che si è occupato del caso, al termine della sua requisitoria si era detto costretto a chiedere 14 anni di carcere chiedendo alla Corte d’Assise di "sollevare una questione di legittimità costituzionale sulla norma che impedisce di concedere la prevalenza delle numerose attenuanti". Mentre il legale del ragazzo, l’avvocato Claudio Strata, aveva chiesto la piena assoluzione invocando per il suo assistito la legittima difesa. La sentenza è arrivata dopo le 18 al tribunale di Torino. Presenti in aula ad ascoltare la lettura del verdetto anche la madre Maria Cotoia e il fratello Loris. L’avvocato del giovane ha così commentato quanto deciso:"Questa assoluzione è la cosa più giusta, speravo in una sentenza giusta e credo questa lo sia. Ci ho creduto dal primo giorno, da quando ho sentito i primi due o tre audio e il racconto di Alex. Non ho mai avuto un dubbio, la speranza di arrivare a questo risultato non ci ha mai abbandonato". Il legale aveva fino all’ultimo insistito sulla legittima difesa del suo assistito e ha avuto ragione.
Alex: "Devo ancora metabolizzare"
Ancora incredulo il 20enne che, con accanto la mamma in lacrime, ha ammesso:"Sono senza parole, non me l'aspettavo, devo metabolizzare, sono straniato, scusate". Il fratello Loris ha asserito di averci sempre creduto e ha aggiunto: “Sappiamo quello che abbiamo vissuto, abbiamo visto l'inferno e la morte in faccia e quando diciamo che Alex ci ha salvato la vita è perché è così. Ringraziamo questa Corte che ci ha creduto. La chiave di tutto stava negli audio, sentendoli con le minacce di morte, i vari insulti a mia madre, allora si capisce tutto". Per loro, madre e due figli, inizia adesso una nuova vita, come sottolineato dal fratello di Alex che, dopo aver ringraziato la gente che li ha supportati ed è stata loro vicino in questi mesi, spera che “adesso forse sarà una vita vera, con mia madre e con un fratello, come nelle altre famiglie".
Fonte:
https://www.ilgiornale.it/news/crona...o-1991460.html
Genova, uccisero il padre violento, due fratelli condannati e "puniti" dal Codice Rosso
Alessio e Simone condannati a 21 e 14 anni di carcere. Il papà era stato denunciato per violenze nei confronti della madre.
Il Codice Rosso, introdotto nel 2019 per punire i padri violenti che ammazzano i figli per colpire la mamma, oppure uccidono la moglie o la compagna, questa volta invece condanna i figli che difendono la madre dal papà violento. È accaduto ieri, con la Corte di Assise di Genova che ha sentenziato 21 anni di carcere per Alessio Scalamandrè e 14 anni per il fratello minore Simone. Il pubblico ministero, invece, avrebbe voluto una pena più mite.
I due giovani, rispettivamente di 30 e 22 anni, accusati e processati per avere ammazzato il padre Pasquale di 62 anni, dopo una violenta lite. E dire che la mamma ha sempre testimoniato in loro favore. E in loro sostegno amici e parenti da tempo hanno creato su Facebook la pagina "Comitato tutti per Alessio". La cronaca racconta l'accaduto nella loro casa del quartiere di San Biagio, dove vivevano con la mamma, vittima delle violenze del marito. Persino minacciata di morte, " in talune occasioni una pistola". Denuncia finita sul tavolo del pubblico ministero Giuseppe Longo. Tanto che l'ex autista dell'Amt, in pensione, era indagato anche per maltrattamenti nei confronti dei ragazzi e il pm aveva chiesto il rinvio a giudizio. L'udienza era stata fissata per il 30 settembre del 2020. Troppo tardi.
Quel giorno, il 10 agosto, un mese e mezzo prima, stando alla ricostruzione attraverso i racconti della donna e dei figli, Pasquale Scalamandrè si era recato nell'abitazione per chiedere al figlio maggiore di modificare le accuse nei suoi confronti. Ne era nata una violenta discussione, con il tragico epilogo: Alessio lo aveva colpito, prima a pugni, poi più volte con un mattarello. Dopo averlo ucciso, aveva chiamato le forze dell'ordine. Arrestato, mentre il minore dei due fratelli, Simone, indagato a piede libero. Entrambi, fin dal primo momento, accusati di omicidio volontario in concorso, aggravato dal vincolo di parentela. In una drammatica testimonianza resa al magistrato e agli agenti della Squadra Mobile in piena notte in questura, Alessio aveva raccontato: "Non volevo che si rialzasse e per questo l'ho colpito con il mattarello. Quando l'ho visto a terra sanguinante siamo rimasti io e mio fratello come statue, catatonici e non riuscivamo a capire nulla, ci siamo abbracciati e abbiamo pianto. Avevamo paura che si rialzasse da un momento all'altro».
Ieri, il pubblico ministero Francesco Cardona Albini ha chiesto la pena minima: 22 anni per Alessio e 21 per Simone. La Corte di Assise, presieduta dal giudice Massimo Cusatti, però si è trovata di fronte ad un reato (l'omicidio volontario) che potenzialmente prevede l'ergastolo. Inoltre, secondo il Codice Rosso non contempla il giudizio abbreviato, lo sconto di pena di un terzo, così come le attenuanti non possono superare le aggravanti in caso di vincolo di parentela. Perciò i difensori dei due giovani (tra cui l'avvocato Luca Rinaldi) hanno sollevato la legittimità costituzionale dell'articolo di legge previsto appunto dal Codice Rosso. Richiesta avanzata anche dal pm, che ha depositato una memoria, con lo scopo di concedere le attenuanti generiche ed abbassare la pena sotto i 21 anni. Tutto ciò in considerazione del contesto famigliare, della situazione di grave tensione, delle liti e del procedimento penale a carico del padre.
Se la Corte d'Assise avesse accolto la legittimità costituzionale, avrebbe dovuto inviare gli atti alla Corte Costituzionale e sospendere il giudizio. Così non è stato. I giudici, però, se da una parte hanno respinto l'eccezione, dall'altra non riconoscendo le "attenuanti" e le "aggravanti", sicchè, la Corte si è attenuta alla richiesta formulata dal pm, attribuendo 21 anni di carcere ad Alessio, l'esecutore materiale del delitto. Per Simone, che avrebbe partecipato all'omicidio, invece, il suo avvocato Nadia Calafato ha ottenuto l'applicazione dell'articolo 114 del Codice Penale, per cui "tra più concorrenti nella commissione di un reato in concorso qualcuno abbia dato un contributo di minima importanza". Pertanto, nel calcolo della condanna si è potuto scendere a 14 anni. Il resto, comunque, si conoscerà nella lettura delle motivazioni.
E già ora i difensori annunciano ricorso in Corte di Appello. In ogni caso, i due giovani ieri hanno assistito in silenzio alla lettura della sentenza: senza alcuna reazione e nel lasciare Palazzo di Giustizia non hanno rilasciato dichiarazioni. Gli avvocati Stefano Bertone, Irene Rebora e Greta Oliveri, di parte civile (dei parenti di Pasquale Scalamandrè) si sono mostrati soddisfatti della sentenza: " Rafforza la nostra convinzione sul fatto che i due imputati in maniera fredda e calcolata abbiano ucciso il loro padre".
Fonte:
https://genova.repubblica.it/cronaca...nni-338647764/