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Prima del matrimonio il marito lo aveva visto solo in fotografia. «Non lo conoscevo. La mia famiglia e la sua si sono messe d’accordo per farci sposare. L’ho visto la prima volta il giorno delle nozze» ha raccontato ieri in un’aula di tribunale una donna di origini pakistane.
Ha 33 anni e dal 2014 al 2018 ha vissuto con un connazionale più grande di lei di quattro anni dal quale ora si sta sperando e che ha denunciato per maltrattamenti. Ribellandosi alle presunte vessazioni, fisiche e psicologiche.

«Già 15 giorni dopo essermi sposata ha iniziato a trattarmi come un oggetto. Impedendomi di vedere la mia famiglia di origine e obbligandomi a stare alle regole sue e di sua madre» ha spiegato la donna che il 22 maggio del 2018, dopo un ricovero in Pronto soccorso al Civile, ha trovato la forza di staccarsi. Ha denunciato il marito e ha ottenuto il trasferimento in una struttura protetta, portandosi dietro anche i due figli che oggi hanno sei e quattro anni. Proprio sulla nascita dei due bambini la 33enne ha parlato nella lunga e sofferta testimonianza resa ieri nel processo a carico del marito che è libero, ma che non si è presentato. «Non ero in buone condizioni di salute. In quel periodo non avrei voluto avere i figli, ma lui mi ha obbligato nonostante gli avessi detto che avrei sofferto troppo visti i miei problemi allo stomaco. Dopo un mese dal matrimonio ero già incinta. Volevo abortire, me lo ha impedito».

La coppia ha vissuto due anni in patria e altrettanti in Italia, in provincia di Brescia. «In Pakistan ero costretta a vivere con la sua famiglia. Sottostare alle decisioni di mio marito e di sua madre. Quando lui andava via mi telefonava con videochiamate e mi controllava costantemente. E poi c’erano le violenze». Ci sarebbero state anche delle minacce. «Più volte mi ha detto: "Se provi a ribellarti ti taglio la lingua" e io per paura lo assecondavo. Un giorno mi ha dato il permesso di andare a trovare i miei genitori, poi però mi ha telefonato e chiesto che abiti avessi preparato per il viaggio e ha cambiato idea vietandomi di andare a casa della mia famiglia». Una volta in Italia le condizioni di vita della donna sarebbero addirittura peggiorate, stando alla versione dei fatti fornita davanti al giudice.

«Io sono laureata in Pakistan e avrei voluto imparare l’italiano, ma mi ha vietato di partecipare a corsi di lingua» ha detto la 33enne che l’italiano lo ha così iniziato a studiare quando si è allontanata dal marito. «Le paure mie erano le stesse dei bambini. Non ci faceva uscire, non ha voluto iscrivere i bambini all’asilo. Solo pochissime volte siamo potuti andare in un parco vicino a casa. E se non avessi fatto come diceva lui, minacciava di portarmi via i figli».

A metà maggio del 2018 la situazione precipita, la donna finisce in ospedale dopo un’aggressione del marito. E decide di dire basta. Reagisce, si mette contro tutti, ma sporge denuncia e avvia le pratiche di separazione. Ora ha cambiato pure provincia e città. Per essere libera. Di scegliere della vita sua e dei suoi bambini.