di Costantino Ceoldo - 30/01/2022

Psicopatologia del radical chic

Fonte: Come Don Chisciotte

Roberto Giacomelli ritorna e ci delizia con un altro dei suoi piccoli ma intriganti pamphlet, questa volta su quella caricatura di essere umano che passa sotto il nome di radical chic [1].

Giacomelli ci parla del borghese annoiato che pretende di insegnare agli altri come si vive, ma scarica su di loro le inevitabili difficoltà e tutti i problemi che generano la sua vita avvolta nella bambagia. Sguardo e pensiero vanno inevitabilmente alla gauche caviar che dopo aver tradito anche Giuda, è diventata la raccattapalle del grande capitale, realizzando così la sua vera e più profonda vocazione: essere serva tra i servi.

Guerriero da salotto, da tastiera, da divano, da qualunque cosa purché non sia la cruda realtà, il radical chic si è oramai riprodotto più dei conigli dell’omonima collina e, sotto forma di un quasi sterminato gregge di pecore disagiate, è riuscito quasi a confinare i lupi ai margini della vita vera, quasi a soffocarli.

Lo si è visto bene in questi due anni covidiani all’insegna dell’assurdo e del surreale più spinti, le cui basi allucinate sono state poste, però, ben prima.

I lupi tuttavia esistono ancora e resistono, passano al bosco che è la loro casa naturale. Alla resa dei conti, non saranno le greggi di pecore satolle di cibo spazzatura, stordite da Netflix o Pornhub a restare in piedi ma coloro che si sono dati una disciplina e hanno fatto proprio uno stile di vita diverso.

Lascio la parola a Roberto Giacomelli, che come altre volte in precedenza, ha risposto con pazienza alle mie domande.

Chi è il radical chic e perché lei parla proprio di “psicopatologia”?
Il radical chic è il gendarme del pensiero corretto, un personaggio pittoresco che vive di esteriorità, pose e abitudini snob. Un annoiato che gioca alla rivoluzione a chiacchiere, in realtà un borghese con aspirazioni di successo e promozione sociale. Il comportamento di questa élite di lusso è caratterizzato dal narcisismo e dalla paranoia, ecco perché possiamo parlare di psicopatologia.

È un fenomeno solo Occidentale o riguarda tutto il mondo?
I servi del potere sono ovunque e da sempre, ma i radical chic sono il prodotto caratteristico della sottocultura americana, che come sempre ha subito attecchito in Europa. La gauche caviar in Francia e I sedicenti intellettuali impegnati in Italia e nel resto del continente. Servi sciocchi di un potere distruttivo che annienterà anche i suoi reggicoda nel mondo mostruoso che sta preparando.

Lei afferma esplicitamente che il radical chic si pone come guardiano autoproclamato del bene e del male. Può approfondire questo aspetto?
Il radical chic si ritiene unico depositario della verità, padrone dei mezzi di informazione, è l’interprete autorizzato del “pensiero unico” e lo diffonde come la incontrovertibile interpretazione della realtà.

Lei parla apertamente anche di “regressione a livello infantile”. I monopattini elettrici non ne sono forse uno dei tanti esempi lampanti?
Per i radical chic la fase ludica essenziale nello sviluppo cognitivo infantile non finisce mai, sono adulti che si comportano da eterni adolescenti. Il loro giocattoli, sono il simbolo della loro immaturità, simboli di status sociale, segni distintivi di una élite intellettuale che si vuole distaccare a tutti i costi dalle masse ignoranti che devono fare i conti tutti i giorni con la realtà.

Che cos’è il “popolo addormentato”? Perché la parola data non ha più valore?
La propaganda martellante degli intellettuali organici al Sistema, sommata al vuoto di ideali e valori caratteristici della società dei consumi, addormenta di fatto le coscienze rendendo il popolo prono ad ogni vessazione. Pronto ad accettare l’eliminazione di diritti e delle libertà civili. La mancanza di valori etici quali la dignità, l’onore, la fedeltà ad un’idea o ad una patria, fa sì che la parola data, suono sacro, in questa società sovvertita non abbia più alcun significato.

La “Sinistra” ha accettato una mutazione antropologica che la porta a difendere le banche e il grande capitale. Come è stato possibile e perché?
La mutazione antropologica della Sinistra è frutto del tradimento delle idee socialiste e della difesa delle classi subalterne. Fallita la rivoluzione marxista, che avrebbe dovuto preparare sulla Terra il paradiso dei lavoratori ed invece si è trasformata in sanguinaria dittatura, occorreva un nuovo padrone. Il radical chic non sopporta di stare con gli sconfitti della Storia, ma si è subito accomodato sul carro dei vincitori. Si schiera con il liberismo selvaggio ed il turbocapitalismo, dalla dittatura del proletariato a quella dell’alta finanza. Gli è importante stare dalla parte del Potere che paga i suoi servi.

Affrontiamo il gender e la modifica del linguaggio. Come opporsi a questa deriva distruttiva?
Per opporsi a questa follia distruttiva dobbiamo diffondere la cultura classica, la spiritualità delle origini e la voce dei liberi pensatori come Junger, Venner, Schmitt. Questa è la risposta alla confusione mentale indotta dalla cultura falsa e disfunzionale imposta dai radical chic.

Lei parla di “archetipo del guerriero” e di “passaggio al bosco”. Siamo ancora in tempo per salvarci?
Ci salverà il ritorno alla comunione con la Natura selvaggia, alle pulsioni primordiali, alla naturale aggressività umana, all’arte della guerra. Passare al bosco è l’estrema difesa contro la società della dissoluzione, ultima ribellione possibile contro il capitalismo della sorveglianza, la forma di dittatura più sottile e subdola.

Video Intervista su Rumble:

https://rumble.com/vt2x13-psicopatologia-del-radical-chic.html

NOTE

(1) = Roberto Giacomelli, Psicopatologia del Radical chic, Passaggio al Bosco edizioni