Originariamente Scritto da
Giò
Il celibato ecclesiastico non nasce da esigenze economiche, ma dal fatto che il sacerdote è tale perché è colui che celebra il rito della Messa in persona Christi.
Nostro Signore Gesù Cristo era maschio, vergine, casto e celibe. Se tutti noi siamo chiamati nella nostra vita all'imitazione di Cristo, il sacerdote più di ogni altro deve rendersi simile a Cristo. Cristo era sposato? Aveva figli? No. Pertanto, il sacerdote deve vivere la condizione più simile a questa. Siffatta condizione è appunto quella del celibato. È vero che la Chiesa ha ammesso nei secoli una prassi differente, soprattutto in Oriente: l'uomo già sposato poteva essere ordinato sacerdote ed addirittura diventare vescovo. Ma, una volta ordinato sacerdote, l'uomo doveva astenersi dall'uso del matrimonio, perlomeno nei giorni in cui doveva dedicarsi al culto e alla cura d'anime. In pratica, doveva vivere quasi come se non avesse più moglie. Ancora più emblematico è il fatto che mai la Chiesa ammisse che un uomo, una volta ordinato sacerdote, se celibe, potesse convolare a nozze. Riguardo al celibato ecclesiastico, l'Oriente cristiano (mi riferisco in particolar modo ai cattolici di rito greco-bizantino e ai cosiddetti "uniati") ha mantenuto inalterata la prassi antica. Ma questo mantenimento va letto nei termini di una concessione fatta dalla Chiesa per tolleranza di una certa debolezza umana e per rispetto di una consuetudine ormai inveterata e consolidata nei secoli. La prassi dell'Occidente cristiano è infatti quella che ha saputo esprimere ad un grado di perfezione maggiore l'ideale evangelico del sacerdozio cattolico: "(...) vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il Regno dei Cieli. Chi può capire, capisca" (Mt 19,12). Si noti bene che questa frase fu detta da Cristo in risposta a questa affermazione dei suoi discepoli: "Se questa è la condizione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi" (Mt 19,10). L'espressione "eunuchi per il Regno dei Cieli" ha ovviamente un significato metaforico, ma rende in modo efficace il significato delle parole del Messia. Il celibato ecclesiastico è quindi virtualmente raccomandato dalle Scritture e, più precisamente, da Nostro Signore Gesù Cristo in persona. Nella lettera a Tito, San Paolo non afferma che il sacerdote o il vescovo debbano essere sposati, ma che debbano essere sposati una sola volta: questo indica una limitazione al numero di matrimoni che un aspirante al sacerdozio o all'episcopato può aver contratto prima dell'ordinazione. Così d'altronde è sempre stato interpretato il significato di quei passi dell'Apostolo delle genti dalla Chiesa, sia occidentale che orientale.
È d'uopo sottolineare la grande convenienza del celibato ecclesiastico: se un uomo è sposato ed ha figli, inevitabilmente avrà maggiori occupazioni terrene di quelle che invece hanno le persone non sposate e senza figli. Un celibe ordinato sacerdote potrà dedicare molto più tempo, con conseguente maggiore libertà, alla contemplazione, alla preghiera e alla cura d'anime in confronto ad un uomo sposato ed ordinato sacerdote successivamente alle proprie nozze. Quest'ultimo, infatti, pur vivendo dal momento della sua ordinazione in poi quasi come se non avesse moglie, dovrà comunque attendere ai doveri che la sua condizione di marito ed eventualmente di padre di famiglia gli impongono, pur con l'attenzione che non intralcino il suo compito. Questo spiega peraltro perché San Paolo nelle sue epistole chiedesse espressamente che i candidati al sacerdozio o all'episcopato, se sposati, fossero padri irreprensibili e con figli particolarmente obbedienti ed onesti.
Mi permetto, infine, un'ultima osservazione: è vero che il mantenimento del celibato "integrale" suscita le obiezioni di coloro che ritengono che tale condizione perpetua implichi uno sforzo troppo grande per l'essere umano, segnato com'è dal peccato originale e, in una certa misura, dalle conseguenze dei suoi stessi peccati personali. La concupiscenza, dopo il peccato originale, inclina al peccato...ma non irresistibilmente ed invincibilmente! Questo significa che persino un pagano per sua sola virtù naturale può resistere alle seduzioni e alle tentazioni della carne. Questa sua vittoria sulle proprie tendenze disordinate non gli meriterà la salvezza eterna, ma sarà, in se stessa, un atto moralmente buono. Ora, che dire invece di chi ha ricevuto dal sacramento dell'Ordine, che l'ha reso sacerdote, le grazie di stato necessarie per adempiere gli obblighi della propria missione? La nostra volontà deve cooperare alla grazia divina e, come cristiani, abbiamo ricevuto un grandissimo e fondamentale aiuto per conseguire la nostra salvezza: i sacramenti. I sacramenti ci aiutano a meritare agli occhi di Nostro Signore. Come si può pensare che sia uno sforzo troppo grande quello della continenza per chi decide di dedicare la propria intera vita a Cristo come sacerdote? E come pensare che il sacerdozio non dia la grazia per poter affrontare la lotta contro le cattive inclinazioni? Già questa grazia è possibile ottenerla con gli altri sacramenti: battesimo, confessione, comunione e cresima. A maggior ragione chi ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale riceverà da Cristo la forza per affrontare ogni tentazione, purché il sacerdote confidi sempre in Dio e resti fedele, nell'intelletto e nella volontà, alla propria missione. Certo: è bene che per una questione di ragionevole prudenza e di necessaria cautela un candidato al sacerdozio non abbia radicate tendenze omosessuali o bisessuali oppure che, da eterosessuale, non sia frequentemente e solitamente dedito a cadere nei peccati contra sextum. Una particolare vigilanza va poi applicata, ancor di più, nel caso di persone che possono presentare tratti comportamentali riconducibili alla triste ed aberrante tendenza alla pedofilia: anch'essi devono vedersi la strada irrimediabilmente sbarrata, per quanto si possa auspicarne singolarmente la conversione e ci si debba adoperare perché lottino radicalmente contro queste loro tendenze estremamente disordinate. Ma nel caso di individui normali, che non presentano tendenze disordinate, si può confidare nel fatto che la loro buona volontà, mossa dalla grazia divina e favorita dalle particolari grazie del sacerdozio, possa affrontare e vincere questa particolare seduzione del maligno.