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Più anziana e più fragile. La sesta edizione de "I Comuni della Lombardia" - il volume curato da Ifel-Fondazione Anci (Associazione nazionale Comuni italiani) che fotografa lo stato dei 1.506 Comuni della regione (il 70% ha meno di 5mila abitanti) - certifica il continuo invecchiamento della popolazione. Una crisi demografica che rischia nel tempo di far scomparire interi comuni.

Il saldo tra nascite e morti è negativo, con un indice peggiore di quanto ha fatto registrare l’Italia. Il tasso di incremento naturale - la differenza tra nati e morti ogni mille abitanti - in Lombardia è -6,65 contro il -5,66 nazionale. Il volume ha aggiornato anche l’indice di invecchiamento, il rapporto tra la popolazione con almeno 65 anni e il totale dei residenti, per 100; l’indice di vecchiaia, il rapporto tra la popolazione con almeno 65 anni e quella di età compresa tra 0-14 anni, per 100. E l’indice di dipendenza, il rapporto tra la popolazione in età non attiva (tra 0-14 anni e con almeno 65 anni) e la fascia in età attiva (tra i 15-64 anni), per 100. Infine l’immigrazione: i residenti, la percentuale sul totale e il tasso migratorio, il rapporto tra il saldo migratorio (iscritti meno cancellati all’anagrafe) e il totale della popolazione residente, per 1.000. Ogni mille residenti in Lombardia muoiono sei persone in più di quanto siano le nascite. L’incremento naturale è l’indicatore demografico che misura lo stato di salute della popolazione, la sua capacità di garantirsi un futuro tramite il ricambio generazionale. La Lombardia sta peggio del resto del Paese, secondo l’elaborazione Ifel-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati Istat pubblicata nella sesta edizione (2022) di “I Comuni della Lombardia”, il volume curato da Ifel-Fondazione Anci (Associazione nazionale Comuni italiani): la differenza tra nati e morti su mille abitanti è -6,65, un punto in più del dato nazionale (-5,66).

Eppure, seppur di poco, i nuovi nati ogni mille abitanti in Lombardia sono più del resto d’Italia: 6,94 contro 6,84. Ma sui decessi (sempre su mille residenti) la regione rende all’Italia poco più di un punto di differenza: 13,58 a fronte dei 12,50. Si muore di più - spiega Alessandro Rosina, professore ordinario di demografia e statistica sociale nella facoltà di economia dell’Università Cattolica di Milano - "dove c’è una struttura sociale più invecchiata. Tutti gli indicatori demografici, come rilevato nel volume dell’Anci, sono collegati: più anziani, più morti. Meno nuovi nuclei familiari e meno nascite". In Lombardia, la crisi demografica si accentua in alcune province: Cremona e Pavia presentano un saldo negativo tra tassi di nascite e mortalità a due cifre (11,17% e 10,93%). "Le due province – analizza il professor Rosina – hanno anche l’indice di vecchiaia più alto". Il rapporto tra la popolazione con almeno 65 anni e quella di età compresa tra 0-14 anni, per 100, fotografato dall’Anci è di 194,8 a Cremona e 203,9 a Pavia, più alto della media lombarda (172,3). Bergamo, Brescia, Lodi, Monza e Milano sono quelle con i valori più bassi.

"Pavia e Cremona – osserva Rosina – sono anche le due realtà dove il rapporto di fecondità per donna è più basso. A Pavia è di 1,22 figli per donna contro l’1,27 lombardo. In queste due aree le difficoltà demografiche sono più elevate perché hanno anticipato il calo di fecondità che poi ha interessato, seppur con differenze, tutto il Paese". Chi sembra avere maggiori anticorpi contro il calo della popolazione "sono i centri medi, i Comuni indicativamente tra i 10mila e i 50mila abitanti", osserva il professore di demografia dell’Università Cattolica di Milano. Il saldo tra nascite e decessi ogni mille abitanti scende sotto la media regionale di -6,65: -6,37 nella fascia 5-10mila residenti, -6,10 tra 10 e 20mila e -5,93 tra i 20 e 50mila. "Sarà interessante verificare nei prossimi anni se avranno la capacità di essere il motore di un’inversione di tendenza: i centri medi hanno una struttura meno invecchiata, garantiscono i servizi, minor traffico e prezzi più competitivi per le giovani coppie che vogliono acquistare casa. Inoltre potrebbero essere favoriti dagli investimenti infrastrutturali e digitali previsti da Pnrr".

A soffrire, secondo il report di Anci, sono soprattutto i Comuni sotto i mille abitanti, caratterizzati da tutti gli indicatori peggiori: il tasso di natalità più basso (5,89) e quello di mortalità più alto (17,70), con un incremento naturale di -11,81. Più del doppio del tasso registrato nei Comuni tra 20 e 50mila abitanti (-5,93). C’è poi la variabile immigrazione. La Lombardia conta 1.190.889 stranieri residenti, l’11,9% del totale. Una media più alta di quella nazionale (8,7%). Nel 2021 il tasso migratorio nei comuni - il rapporto tra il saldo migratorio (gli iscritti meno le persone cancellate all’anagrafe) e il totale della popolazione residente, per mille, è di 1,80, superiore all’1,48 del dato dell’Italia. "C’è bisogno di immigrazione: senza significa non crescere più – sottolinea il professor Rosina –. Va gestita. Vanno garantiti percorsi di integrazione, ma la loro presenza è sinonimo di attrattività. Non a caso i territori meno in sofferenza dal punto di vista demografico, con strutture meno anziane, hanno anche l’incidenza più alta: Milano con il 15%, Bergamo l’11%, Brescia il 12%".