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Già condannato per violenza sessuale e maltrattamenti nei confronti della moglie, rimedia una condanna pesante anche per abusi sulla figlioletta. Imputato un 40enne bresciano, da tre anni in carcere a Pavia. I giudici della Seconda sezione penale – presidente, Roberto Spanò – gli hanno inflitto sei anni e mezzo di reclusione. A trascinare l’operaio di nuovo a processo, dopo che era stato appunto condannato al termine di due distinti giudizi in abbreviato a sei e due anni, è stata la figlia.

Oggi 19enne la ragazza, che già nel 2014 aveva denunciato violenze di ogni genere sulla madre, nel 2019 è tornata a puntare il dito contro il genitore. In preda a difficoltà relazionali con il fidanzato, confidò a un’assistente sociale di non avere mai superato un trauma risalente all’infanzia. Il papà, all’epoca alcolizzato, in un giorno in cui si erano ritrovati da soli in casa l’avrebbe stuprata. Un episodio singolo, di cui ha trovato il coraggio di parlare solo da adulta. Per la pm Lorena Ghibaudo la ragazza, che ha raccontato il suo vissuto in aula, è credibile; l’imputato, un uomo violento da condannare a 9 anni e sei mesi. Per la difesa rappresentata dall’avvocato Giulio Rota, la giovane ha mentito e la sua testimonianza è zeppa di contraddizioni. La difesa ha fornito un certificato medico dopo una visita in Pronto soccorso per un incidente in bici del 2005 che rese indispensabile una visita ginecologica. I medici avrebbero accertato la verginità dell’adolescente, a 11-12 anni. Di qui la richiesta di assoluzione o di una pena mite, con le attenuanti generiche. I giudici hanno però dato ragione all’accusa.