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Una ventata d’aria fresca soffia sul Fotografiska New York con la prospettiva femminile che mette a nudo e in discussione il corpo, insieme alla sua ricchezza e varietà di forme ed energia. Liberate da costruzioni culturali limitanti e sguardi storicamente dominanti. Insieme alla coltre di zucchero filato che investe ninfe, veneri e sirene, agitata dalla fusione di discipline fotografiche e scultoree, giocose e grintose, della australiane Prue Stent & Honey Long. Insieme ai modelli di femminilità e mascolinità che non aderiscono a standard e cliché, le trasformazioni che se ne infischiano anche del genere binario, i tabù della società dell’immagine che entrano in un museo, con tutte le artiste che animano il focus di NUDE. From a female-identifying perspective, sul corpo della fotografia contemporanea. 200 opere di trenta artiste, diverse come le prospettive dei loro obiettivi, usano la fotografia di nudo come modo di esporre ed esporsi ai cambiamenti della rappresentazione di corpo e identità, mentre le donne se ne riappropriano, insieme alle immagini mancanti di modelli più onesti, realistici e inclusivi. Donne che spogliano il corpo per sfidare le convenzioni su bellezza e vulnerabilità, potere e identità, alla stregua delle artiste proto-femministe, per non sentirsi oggetti senza voce come la ex modella e fotografa svedese Lina Scheynius che ha rivolto l’obiettivo su di sé, per documentare il diario intimo della relazione che ha con sé stessa, gli amici e ogni sguardo perso nei suoi riflessi. Diversi contributi elevano a opera d’arte le forme generosamente femminili, energiche e seducenti, con le morbidezze, i segni del tempo e quello che è considerato imperfezione, per stravolgerne valore e fascino, con gli scatti luminosi della danese Marie Hald, le intimità non censurate dell’America Malerie Marder, esaltate insieme a forza e fragilità dall’olandese Lotte van Raalte. Tutte opere d’arte per il museo, pronte a danzare insieme a quelle carnosamente marmoree della svedese Julia SH, mentre la fotografa israelo-americana Elinor Carucci, resta abbracciata al suo compagno di vita e realtà, con tutte le gioie e i dolori, del sesso, dell’amore e del tempo che passa. Qui rughe, smagliature, cicatrici, capelli bianchi e carne morbida sono tratti distintivi e il pudore è riservato alle emozioni. La sede newyorchese del museo di fotografia contemporanea, come quello di Stoccolma, apre le porte e le braccia al cambiamento, di modelli, ideali e prospettive del corpo storico dell’arte. Un caso di "divinizzazione" per il trittico Godification of Intimacy dell’italiana Alexandra von Fuerst, con la forma umana ridotta a specchio dell'eterea unione tra forze opposte in continuo movimento all'interno del mondo. Quasi una rinascita, per la slovacca Viki Kollerova, che riconduce il potere primordiale del corpo nel grembo di madre natura; o di Agua della caraibica Denisse Ariana Pérez, con il corpo immerso nella parte più profonda di sé, per restare in equilibrio con la propria natura. Soprattutto quando amplia la rappresentazione delle vibranti sfumature di nero e mascolinità, ignorate da stereotipi insidiosi e discriminanti, come l’ex stilista e fotografa americana Dana Scruggs, pronta a elevare anche la vocazione dinamica della moda a forma di profonda trasformazione. Una questione di tutti i colori, per il work in progress Humanae della brasiliana Angélica Dass, con quasi 4.000 ritratti di volontari in tutto il mondo, abbinati alle tavolozze Pantone®. Un mosaico di tonalità della pelle che, superando l’appiattimento di tonalità del bianco e nero, ne mette in discussione i costrutti razziali, valorizzando differenze e somiglianze. È la somiglianza con le donne africane della sua città in Costa d’Avorio, a spingere Joana Choumali a combinare stereotipi e realtà, per strutturare l’immagine di bellezza, ricorrendo a modelli Awoulaba (regina di bellezza), in contrasto con gli standard occidentalizzati del taille fine. La svedese Monika Macdonald, usa pose e luci dell'iconografia classica di nudo, per esaltare le differenze dalle classiche rappresentazioni di virilità e bellezza maschile. Trovando soggetti maschili da spogliare e oggettivare su Tinder, la cinese Yushi Li mette in scena anche l’inversione di ruoli e in discussione la costruzione di modelli e desideri. La 'ciliegina sulla torta' arriva in mostra con Cherry Picking della svedese Arvida Byström e ironia a grappoli, anche per il fondo schiena del suo amico Adam Pettersson, svelato dalla biancheria intima concettuale e non binaria di Lazoschmidl. Arriva dalla fotografa e modella che ha ricevuto minacce di stupro, per uno spot in cui mostra le sue gambe non rasate, insieme alla femminilità che spaventa non aderendo al modello creato e imposto dalla cultura dominante. In questo caso con intimo trasparente che stravolge i cliché su mascolinità e nature morte. Il corpo di lavoro e indagine della fotografa franco-uruguaiana Bettina Pittaluga, tocca le celebrazioni di corpi, transizioni e sintonie, rendendo più esplicita la rappresentazione degli individui cis, non binari e trans di ogni corporatura e carnagione. Un approccio fotografico che la figura enigmatica della giapponese Momo Okabe rende ancora più intimo e schietto, esplorando i suoi disturbi della personalità, la disforia di genere, i disordini degli amori e le transizioni degli amanti transgender. La ricca conversazione sui cambiamenti di prospettiva e rappresentazione di corpo e nudo, accarezza la pelle del reale con Luo Yang 罗洋, nella Cina contemporanea che affronta il cambiamento poco incline alla libertà individuale, sfidando tradizioni e oppressioni con il potere sovversivo dell’espressione personale e della connessione spirituale che instaura con le giovani donne e gli adolescenti della Generazione Z. La "nuda verità" tocca anche la violenza sessuale con le fotografie dell'artista nigeriana Jenevieve Aken, dedicate al corpo ancora caldo della ventenne Elvira Orlandini, violato e ucciso da settantacinque anni, senza che nessuno gli abbia reso giustizia. L’installazione scultorea Maman (2019) di Alix Marie, ricrea anche l’esperienza tattile e intima dell’abbraccio materno, nello spazio cinto dalle fotografie del busto della madre dell’artista francese, stampate su teli di tessuto che ne amplificato ogni piega del corpo e della relazione madre-figlia. Il corpo messo a nudo e in discussione dalla prospettiva femminile è entrato al museo, per sovvertire lo sguardo dominante con la rappresentazione delle immagini mancanti. L'inizio di un lungo viaggio.