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Almeno due suicidi di minori nel Bresciano dall’inizio dell’anno, con sei tentativi solo nell’area di riferimento degli Spedali Civili di Brescia. E un’occupazione di posti letto nella Neuropsichiatria infantile dell’ospedale cittadino che supera regolarmente il 100%. È solo la punta dell’iceberg di un disagio giovanile che, se fino ad ora era rimasto sottotraccia, con la pandemia e il lockdown è esploso in forme eclatanti: da un lato la violenza praticata, con il moltiplicarsi di risse tra giovanissimi e di episodi di violenza; dall’altro la violenza su di sé, che prende la forma del ritiro sociale, del disturbo alimentare, dell’autolesionismo fino alla ricerca della morte.

Un disagio con cui fanno i conti gli specialisti ma anche tante famiglie. A due anni di distanza dall’inizio della pandemia, i numeri parlano chiaro. Nei primi nove mesi del 2021 - certifica la Sinpia (Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza) - il numero dei ricoveri per disturbi psichiatrici di bambini e adolescenti in Italia ha superato il totale del 2019, con un trend in crescita;tra le principali diagnosi il discontrollo degli impulsi, l’autolesività, i disturbi del comportamento alimentare. Ma il disagio giovanile spesso resta fuori dall’ospedale.

Una ricerca condotta dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza tra medici, psicologi, assistenti sociali e educatori conferma che durante la pandemia, soprattutto a partire dalla seconda ondata, c’è stato un incremento delle richieste di aiuto da parte delle famiglie o degli adolescenti stessi; i disturbi e sintomi più frequentemente riportati sono stati disturbi del comportamento alimentare, ideazione suicidaria, episodi di autolesionismo, alterazioni del ritmo sonno-veglia e ritiro sociale. I più colpiti sono stati i ragazzi in fase di passaggio da un grado di scuola all’altro con conseguente cambiamento delle relazioni di riferimento, ma anche ragazzi con disabilità, quelli in condizioni di svantaggio socio-culturale ed economico, e provenienti da percorsi di migrazione.
Frustrazione e rabbia

Per tutti, l’esito di questa situazione di insicurezza, spesso in contrasto con aspettative coltivate o sostenute dalle famiglie, è un sentimento di frustrazione che sfocia in rabbia su di sé o verso gli altri. Una lettura condivisa anche da Cristina Maggia, presidente del Tribunale dei minori di Brescia. «I nostri ragazzi hanno dentro una rabbia enorme di cui nessun adulto tiene conto. Una rabbia che a volte si manifesta con agiti violenti verso altre persone e a volte con atti autolesionistici». Rabbia che secondo il magistrato «è generata dalla cultura dell’apparire a tutti i costi che diventa ossessione: abbiamo messo davanti ai ragazzi dei modelli inarrivabili e su questi abbiamo fondato la nostra società. Non conta la classe sociale o la provenienza: tutti sentono la stessa frustrazione».

Riferendosi alla cronaca recente, Maggia spiega che «ci si preoccupa di danneggiamenti o vandalismi senza rendersi conto che con questo livello di rabbia e sofferenza i ragazzi potrebbero fare, e in certi casi fanno, molto di più». Anche sul tema dei reati offre una lettura specifica: «Furti e rapine non sono da leggere in una logica di baby gang che si organizza con l’obiettivo di raccogliere denaro ma come espressioni violente di questa rabbia che esplode verso altri». Rabbia che in altri casi «viene sfogata contro se stessi con atti autolesionistici e disturbi alimentari. I numeri sono in aumento e sono impressionanti».
In ospedale

L’aumento di casi è confermato da Elisa Fazzi, direttrice della Neuropsichiatria dell’infanzia e adolescenza al Civile e presidente Sinpia. «I casi di disturbi del comportamento alimentare sono triplicati negli ultimi tre anni, e sono in aumento esponenziale i casi di autolesionismo che richiedono un complesso percorso di cure che coinvolge il soggetto e la famiglia. I posti in Neuropsichiatria sono insufficienti, solo 394 letti su tutto il territorio nazionale con ben cinque regioni che non hanno reparti di Npi. A Brescia il nostro reparto è sempre saturo per le innumerevoli richieste (11mila casi seguiti l’anno, ndr) e per la complessità dei casi che non sempre permette un dimissione rapida. Abbiano sempre oltre il 100 % di occupazione dei posti letto fino al 106%, che vuol dire che ogni giorno 5-6 casi che seguiamo devono trovare ospitalità in altri reparti non specifici.