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Nell'arco di pochi anni c'è stato un prima e c'è stato un dopo. Prima: i walkman che portavamo in giro negli zaini con dentro il cd del momento, magari (se avevamo gli amici giusti) masterizzato con i successi dell'estate. Poi: solo lui, l'iPod che, per chi era adolescente nei primi anni 2000, ha rappresentato semplicemente la rivoluzione. Molto probabilmente tutti ricordiamo ancora il momento in cui abbiamo avuto tra le mani il nostro primo iPod. Magari eravamo tra i primi a scuola e tutti volevano provarlo condividendo gli auricolari o forse l'abbiamo desiderato a lungo, risparmiando i soldi della paghetta. Oggi, a 21 anni di distanza, la Apple ha annunciato che l'ultimo iPod andrà fuori produzione, sul sito italiano si legge già: «Fino a esaurimento scorte». È la fine di un'era. Nel 2001 - il 23 ottobre per la precisione - Steve Jobs ha svelato la prima versione che, a guardarla oggi, fa quasi tenerezza, sembra preistorica. Pesante, specie rispetto ai moderni iPhone, con il suo schermo in bianco e nero e una grande rotella per scorrere le canzoni con un ticchettio. Sembrava il futuro, però. Ti regalava la libertà di scegliere cosa ascoltare fuori di casa, sull'autobus, in bicicletta, facendo jogging. Non più un numero limitato di canzoni da ascoltare a ripetizione, non più l'album con le tracce in successione scelte con cura dall'autore, ma una lunga lista di brani, infinite combinazioni, ore e ore di musica a portata di pollice. Alla base c'era il formato MP3 usato per memorizzare i contenuti audio riducendone moltissimo la pesantezza: in quegli anni se ne vedevano moltissimi di lettori in circolazione, ma nessuno è riuscito mai a uguagliare l'iPod. Secondo la società di venture capital specializzata in tecnologia Loup Ventures, la Apple ne ha venduti in totale 450 milioni, modello dopo modello. Oggi gli MP3 possiamo inserirli direttamente nello smartphone, ma tanto non lo facciamo nemmeno. Abbiamo l'abbonamento a Spotify dove la libertà di scelta è ampliata esponenzialmente, una traccia per ogni minima variazione dell'umore. Così dovremmo chiederci se noi Millennial non siamo forse l'ultima generazione ad aver avuto un vero e proprio culto per questi feticci tecnologici. Il walkman, l'iPhone, il primo cellulare, il primo smartphone a colori: nell'arco di pochi anni arrivavano gadget rivoluzionari che volevamo possedere, che diventavano uno status symbol e che, di fatto, segnavano un'epoca. Oggi tutto è smaterializzato, paghiamo l'accesso alle piattaforme di streaming e ci prepariamo a fare shopping nel Metaverso. Il tempo che passa non è più incastonato in un vecchio 3310 conservato in una scatola ed è il concetto stesso di possesso a essere cambiato. Forse è per questo che ci troviamo spiazzati, ora, senza più oggetti tangibili a convogliare l'amarcord. Forse è per questo che, a dire addio all'iPhone, un po' ci sentiamo vecchi.